Il barone rampante

Materie:Appunti
Categoria:Storia

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Recensione de “Il Barone Rampante” di Italo Calvino

Un immagine, un ricordo di bambino, o forse un sogno di un’eroe da romanzo di avventura “Il Barone Rampante” nasce da tutto ciò dalla nostalgia di quei classici della narrativa avventurosa che hanno alimentato i sogni di ogni ragazzo, compreso lo stesso Italo Calvino, che confessa che il suo libro ha la sua prima spinta nell’ambito lirico di quella “letteratura della memoria” che occupa tanto posto nella narrativa del Novecento. Ma l’immagine e la storia di quel ragazzo Cosimo, che un giorno s’arrampica su un albero e decide di non scendere più, si arricchiscono poi, di tanti significati e messaggi più o meno chiari, più o meno nascosti, lasciando così spazio a diverse vie interpretative delle quali “nessuna si può essere certi sia la giusta”. Resta certo solo il gusto dell’autore “per gli atteggiamenti morali, per la prova umana, per lo stile di vita”.
Indubbiamente lo stile di vita di Cosimo non potrebbe essere più eccezionale: salito sugli alberi per ribellione ad una famiglia intollerabile ed alle sue intollerabili regole, fa della sua disobbedienza una regola, una disciplina da rispettare fino in fondo con l’impegno che essa richiede.
Tuttavia è una regola, quella di vivere esclusivamente sugli alberi, che non limita la capacità di azione di Cosimo che “ con tutta la sua famosa fuga, viveva accosto a noi come prima”, ma anzi ne amplifica la possibilità e la ricchezza: il ragazzo sugli alberi vive innumerevoli avventure tra nobili spagnoli in esilio ed emozionanti quanto necessarie battute di caccia, tra insolite amicizie con briganti e alleanze con i poveri contadini, tra incendi eroicamente domati ed avventure piratesche, tra sommosse popolari e società segrete, tra totalizzanti passioni amorose e i suoi studi mai dimenticati.
Le esperienze di Cosimo si sommano e si sovrappongono nella sua eccezionale personalità: egli è intellettuale razionalista, sostiene che “Ogni cosa, a farla ragionando, aumenta il suo potere” e corrisponde con i più grandi filosofi del settecento, è un uomo politico, “era un’idea di società universale che aveva in mente”, ma pur essendo “un solitario che non sfuggiva alla gente”, è troppo speciale, troppo sensibile troppo intelligente per poter accontentarsi di ogni tipo di convivenza umana vigente ai tempi suoi, “da ciò che le sue continue parentesi di selvatichezza assoluta”.
Tutto ciò potrebbe indurre a pensare a cosimo come un’allegoria del poeta, della sua diversità sconosciuta, misteriosa ed incompresa, della sua vita sospesa, in precario equilibrio su fragili rami, tuttavia, come ci avvisa lo stesso Calvino, su questo romanzo si possono affermare con estrema sicurezza solo poche cose.
Una di questa è che, a differenza di quanto qualcuno ha affermato, “Il Barone Rampante” non è un romanzo storico, nonostante l’autore approfondisca con cura lo sfondo settecentesco su cui è proiettata la vicenda di Cosimo, incorniciandola con gli avvenimenti più rilevanti del secolo, e colorandola con la descrizione della cultura dell’epoca e del paesaggio ligure.
“Il Barone Rampante” è infatti frutto della memoria di Calvino, che avendo trscorso la propria infanzia e la propria giovinezza a San Remo, non poteva non ambientare il proprio racconto in Liguria, evocando così un paesaggio ed un’atmosfera che appartengono solo ad un lontano panato, in cui folti e intricati boschi impreziosivano la costa. E naturalmente l’ambientazione non è il solo elemento autobiografico del testo: Cosimo – cacciatore ricorda il padre di Calvino, appassionato cacciatore appunto, e ricompare nel romanzo la famiglia di proprietari terrieri di tradizione laica che fu realmente quella dell’autore: “Così la fuga del presente verso la rievocazione del mondo infantile si salda a un radicamento nel presente, che chiama a rendere conto di quel che si è imparato vivendo”.

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