Gaio Giulio Cesare

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Testo

Gaio Giulio Cesare
Gaio Giulio Cesare
Gaio Giulio Cesare (Latino: IMP·C·IVLIVS·CAESAR·DIVVS)(13 luglio, 100 AC - 15 marzo, 44 AC) generale e uomo politico romano. Le sue conquiste militari in Gallia Transalpina estesero l'Impero Romano fino all'Oceano Atlantico e al Reno. La creazione da parte sua di un governoinsieme a Gneo Pompeo e a Marco Licinio Crasso, in quello che è noto come Primo Triumvirato (si veda appresso) diede il colpo di grazia all'agonizzante Repubblica Romana. Alla morte di Crasso Cesare (Carre 53 a.C.) si scontrerà con Pompeo e la fazione degli Optimates per il controllo dello stato; sconfisse Pompeo a Farsalo (48 a.C.) e altri Optimates, tra cui Catone l'Uticense, in Africa e in Spagna. Divenuto dittatore a vita iniziò molte riforme nella società e nel governo di Roma, lavoro interrotto prematuramente dal suo assassinio. Molte di quelle riforme furono successivamente realizzate da Augusto. Le azioni militari di Cesare ci sono note in dettaglio dai "Commentarii" scritti da lui.
Indice
1 La Gens Julia
2 La gioventù
3 Prime esperienze politiche
4 Cursus honorum di Cesare
5 Cesare come persona
6 Cesare come storico e scrittore
7 Cronologia
8 Il nome Cesare
9 La memoria di Cesare
10 Collegamenti esterni
La Gens Julia
Giulio Cesare nacque a Roma da un'antica e nota famiglia patrizia (Gens Julia) che si diceva discendente da Iulo (più noto come Ascanio), figlio del principe troiano Enea, che secondo il mito era figlio di Venere. Al culmine del suo potere, nel 45 AC Cesare, per sottolineare il suo legame con la dea, dedicò a Venere Genitrice il tempio che sorgeva nel nuovo Foro di Cesare.
La famiglia di Cesare non era ricca, secondo gli standard della nobiltà romana, e questo avrebbe potuto rappresentare un serio ostacolo alla carriera di Giulio Cesare, che contrasse enormi debiti per ottenere le sue prime cariche politiche; inoltre nessun membro della sua famiglia aveva raggiunto posizioni di rilievo in tempi recenti, sebbene nella generazione del padre ci fosse una rinascita delle loro fortune.
La gioventù
Nell'86 AC morì il padre e nell'84 AC Cesare ripudiò la moglie Cossuzia per poter sposare nello stesso anno Cornelia, figlia di Lucio Cornelio Cinna. Il nuovo legame con una famiglia notoriamente schierata con i popolari , oltre che la sua parentela con Gaio Mario, erano causa di gravi problemi per il giovane Cesare negli anni della dittatura di Lucio Cornelio Silla che cercava in tutti i modi di ostacolare le ambizioni del giovane Cesare bloccandone l’entrata in carica come flamen dialis; la situazione si aggravò quando il dittatore nell'82 AC gli ordinò di divorziare da Cornelia perché questa non era patrizia; Cesare rifiutò e, temendo che Silla desse l'ordine di ucciderlo, come pare avesse effettivamente fatto, lasciò Roma, prima girando nella Sabina, poi, raggiunta la giusta età, partendo per il servizio militare in Asia come legato di Marco Minucio Termo.
Fu Minucio ad ordinare al giovane legato di recarsi presso la corte di Nicomede, sovrano del piccolo stato della Bitina. Di questa missione si parlò a lungo a Roma, dove si diceva che Cesare avesse avuto una relazione con il sovrano, e anche molto tempo dopo, i suoi soldati celebrando il trionfo della spedizione gallica cantavano “Cesare sottomise la Gallia, Nicomede sottomise Cesare”. Come legato di Minucio durante l’assedio di Mitilene Cesare partecipò per la prima volta ad uno scontro armato, distinguendosi per il suo coraggio tanto che gli fu assegnata la corona civica.
Rientrato a Roma Miniucio, Cesare rimase comunque in Asia Minore partecipando a vario titolo, in virtù del fatto di essere un patrizio romano, a diverse operazioni militari romane che si svolgevano in quella zona, come quella contro i pirati sotto il comando di Servilio Isaurico.
Prime esperienze politiche
Rientrò a Roma solo quando ebbe notizia della morte di Silla ( 78 AC ), e cominciò la sua carriera forense come pubblico accusatore e quella politica come esponente dei popolari (facilitato in ciò dall’essere nipote di Gaio Mario), nemico dichiarato degli ottimati.
Cesare sostenne l’accusa contro Gneo Cornelio Dolabella per concussione e contro Gaio Antonio Ibrida per estorsione nei confronti dei Greci; entrambi gli accusati erano membri influenti del partito degli ottimati e in entrambi i casi, anche se l’accusa fu portata con dovizia, perse; Cesare in questo modo si accreditò come importante rappresentante tra i popolari, anche se l’esito per lui negativo dei processi lo convinse a lasciare Roma una seconda volta.
Mentre si recava a Rodi per i suoi studi di Filosofia fu rapito dai pirati. Egli convinse i rapitori a chiedere un riscatto molto alto, aumentando così il suo prestigio in Roma. Dopo la sua liberazione organizzò una flotta, catturò i pirati e li fece condannare a morte per crocifissione.
Dopo aver retto la carica di questore in Spagna (69 AC), Cesare fu eletto edile curule nel 65 AC, pontefice massimo nel 63 AC e pretore nel 62 AC. Se è vero che fu implicato nella cospirazione di Catilina, non ne rimase danneggiato.
Cesare era stato anche al servizio del generale Pompeo, con il quale avrebbe più tardi diviso il potere. Dopo la morte della moglie Cornelia 68 AC, sposò Pompea, nipote di Silla, solo per divorziare da lei nel 62 AC dopo uno scandalo. Nel 61 AC Cesare fu governatore della provincia della Spagna ulteriore, e nel 60 AC fu eletto console.
Cursus honorum di Cesare
Nel 59 AC, l'anno del suo consolato, Cesare formò una alleanza strategica con due altri capi politici, Crasso e Pompeo. Crasso era l'uomo più ricco di Roma; Pompeo era il generale con più successi. Cesare portò nella alleanza la sua popolarità politica e la sua guida. Pompeo sposò Giulia, la figlia di Cesare. Questa alleanza non ufficiale dagli storici fu chiamata Primo Triumvirato. Il triumvirato segnò la fine della Repubblica.
Guerra in Gallia
Nel 59 AC fu anche governatore della Gallia Narbonese, della Gallia Cisalpina e di Illiria. Come Proconsole in Gallia (58 AC - 49 AC) ingaggiò la guerra contro vari popoli, sconfiggendo gli Elvezi nel 58 AC, i Belgi ed i Nervii nel 57 AC ed i Veneti nel 56 AC. Nel 55 AC tentò una invasione della Britannia. Nel 52 AC sconfisse una coalizione di Galli guidati da Vercingetorige. I suoi commentari di questa campagne sono raccolti nel De bello gallico (La guerra Gallica).
Guerra Civile
Dopo la morte di Crasso ucciso nel 53 AC durante la guerra contro i Parti, si aprì una spaccatura fra Cesare e Pompeo. Invitato nel 50 AC dal Senato a sciogliere il suo esercito, Cesare rifiutò e scoppiò la guerra civile. Un indovino allertò Cesare circa la sua conquista. Gli fu raccomandata prudenza sul Rubicone, il fiume, nell'attuale provincia di Forlì, che allora segnava il confine che un generale non poteva passare in armi. Cesare lo traversò il 10 gennaio del 49 AC ("Alea iacta est" cioè "Il dado è tratto") ed inseguì Pompeo a Brindisi sperando di poter rimettere in piedi il loro accordo di 10 anni prima. Tuttavia Pompeo lo eludeva e Cesare compì una sorprendente marcia di 27 giorni fino in Spagna per incontrarvi il luogotenente di Pompeo. Poi si recò in oriente per sfidare Pompeo in Grecia dove il 10 luglio del 48 AC Cesare mancò di poco una catastrofica sconfitta di Pompeo. Avendolo finalmente sconfitto nella battaglia di Farsalo, in Grecia, nel 48 AC, fu nominato console per 5 anni, mentre Pompeo fuggiva in Egitto, dove fu assassinato da un sicario del re Tolomeo XIII.
Non contento del vantaggio guadagnato, Cesare andò in Egitto, qui si impegnò nel sostenere il ruolo di Cleopatra, che divenne sua moglie anche se solo per la legge egiziana. Sconfisse poi gli ultimi sostenitori di Pompeo a Tapso (46 AC) e Munda (45 AC).
La Dittatura

Il c.d. busto di Acireale, attribuito a Giulio Cesare
Dopo esser stato nominato Dittatore per 10 anni nel 46 AC, fu fatto Dittatore e Console a vita l'anno seguente (45 AC), e fu chiamato Padre della Patria (Pater Patriae). Prese inoltre il titolo di Imperatore. Al mese di quintilis fu cambiato nome in suo onore ed ancora oggi si chiama "luglio". Furono poste sue statue a fianco di quelle degli antichi re ed ebbe un trono d'oro in Senato ed in Tribunato.
La questione se Cesare fosse intenzionato, o meno, ad accettare il titolo di Re, per liquidare il titolo di "Dittatore", o invece sfuggire la questione partendo per il Mediterraneo orientale per combattere i Parti, ha causato molti dibattiti accademici. È sicuro, tuttavia, che la sua evidente arroganza ed ambizione gli procurò grande impopolarità ed il sospetto dei contemporanei.
La Morte
Cesare fu assassinato nel Teatro di Pompeo (dove si riuniva il Senato dopo che la sua sede era andata distrutta in un incendio), alle Idi di marzo (15 marzo) del 44 AC. Fu accoltellato da un gruppo di cospiratori che voleva preservare la repubblica dalle sue ambizioni monarchiche. Fra i cospiratori c'era Bruto, forse suo figlio naturale. Cesare cadde ai piedi della statua di Pompeo e le sue ultime famose parole sono riportate in vario modo:
"Καὶ σὺ, τέκνον;" (Kai su, teknon? (Greco, "Anche tu, figlio?")
Tu quoque, Brute, fili mi! (Latino, "Anche tu Bruto, figlio mio!")
Et tu, Brute? (Latino, "Anche tu, Bruto?" e questa è la versione riportata da William Shakespeare nella tragedia Giulio Cesare.
Narra una leggenda che la moglie Calpurnia (che aveva sposato nel 49 AC) lo aveva messo in guardia per una premonizione, appena la notte precedente, ma Cesare aveva risposto: "Non dobbiamo aver paura che della paura".
Dopo la morte di Cesare, scoppiò una lotta di potere fra i suoi nipoti, il figlio adottivo Ottaviano, il suo luogotenente Marco Antonio ed i suoi assassini Bruto e Cassio. Ottaviano prevalse e divenne il primo Imperatore Romano, con il nome di Cesare Augusto.
Cesare come persona
Tra gli innumerevoli ritratti che di lui ci sono stati conservati, particolarmente significativi sono due, quello del suo aspetto fisico, tracciato da Svetonio nelle sue Vite dei Cesari, e quello morale, tracciato dal suo grande avversario Cicerone in un passo della seconda Filippica.
Ecco quello di Svetonio:
"Cesare era di alta statura, aveva una carnagione chiara, florida salute[...] Nella cura del corpo fu alquanto meticoloso al punto che non solo si tagliava i capelli e si radeva con diligenza, ma addirittura si depilava, cosa che alcuni gli rimproveravano. Sopportava malissimo il difetto della calvizie per la quale spesso fu offeso e deriso. Per questo si era abituato a tirare giù dalla cima del capo i pochi capelli[...] Dicono che fosse ricercato anche nel vestire: usava infatti un laticlavio frangiato fino alle mani e si cingeva sempre al di sopra di esso con una cintura assai lenta".
Non meno incisivo quello di Cicerone:
"Egli ebbe ingegno, equilibrio, memoria, cultura, attività, prontezza, diligenza. In guerra aveva compiuto gesta grandi, anche se fatali per lo stato. Non aveva avuto per molti anni altra ambizione che il potere, e con grandi fatiche e pericoli l'aveva realizzata. La moltitudine ignorante se l'era conquistata coi doni, le costruzioni, le elargizioni di viveri e banchetti. I suoi li aveva acquistati con premi, gli avversari con manifestazioni di clemenza, insomma aveva dato ad una città, ch'era stata libera, l'abitudine di servire, in parte per timore, in parte per rassegnazione".
I suoi gusti nella sfera sessuale furono spesso motivo di pettegolezzo e canzonatura da parte sia dei suoi detrattori che dei suoi stessi soldati. Si vociferava che avesse un amico di nome Nicomede. Al suo ritorno a Roma, dopo la campagna di Gallia, qualcuno ironizzò sul fatto che "Cesare ha sottomesso La Gallia ma Nicomede ha sottomesso Cesare". La sua fama di rubacuori a tutto campo veniva sintetizzata da Cicerone secondo cui egli era "il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti".
Cesare come storico e scrittore
La sua opera di scrittore pone Giulio Cesare tra i più grandi maestri di stile della prosa latina, considerando anche i suoi commentari della guerra in Gallia (De bello gallico) e della guerra civile contro Pompeo e il Senato (De bello civili).
Queste narrazioni, apparentemente semplici ed in stile diretto, sono di fatto un annuncio molto sofisticato del suo programma politico, in modo particolare per i lettori di media cultura e la piccola aristocrazia in Italia e nelle province dell'Impero.
Le altre sue principali opere letterarie sopravvissute sono:
I Commentari delle campagne per sottomettere i Galli: "La guerra in Gallia" (relativo al De bello gallico, 58 AC - 52 AC)) consta di sette libri, più un libro ottavo, composto probabilmente dal luogotenente di Cesare, Aulo Irzio, per completare il resoconto della campagna gallica;
I commentari sulla Guerra civile contro le forze di Pompeo e del Senato: in tre libri Giulio Cesare spiega la guerra civile del 49 AC ed il suo rifiuto di ubbidire al Senato (De bello civili);
un epigramma in versi su Terenzio (frammento)
Le opere perdute riguardano diverse orazioni (in una di esse - l'elogio funebre della zia Giulia - si affermava la discendenza della gens Iulia da Iulo-Ascanio e quindi da Enea e Venere), un trattato su problemi di lingua e stile (De analògia), terminato nell'estate del 54, vari componimenti poetici giovanili, una raccolta di detti memorabili e un poema sulla spedizione in Spagna nel 45; un pamphlet in due libri contro la memoria di Catone Uticense, scritto in polemica con l'elogio di Catone composto da Cicerone.
Infine, opere spurie sono, oltre al libro ottavo del De bello gallico, le ultime tre opere del cosiddetto Corpus Caesarianum, ossia
De Bello Hispaniensis Sulla guerra in Spagna
De Bello Africo Sulla guerra in Africa
De Bello Alexandrino Sulla guerra in Medio Oriente ed Egitto
e i resoconti degli ultimi avvenimenti della guerra civile, composti da ufficiali di Cesare.Pare che gli autori di queste opere spurie siano dei luogotenenti molto fedeli a Cesare. In particolare, si crede che l'autore dell'VIII libro del De Bello Gallico abbia avuto l'intento di coprire con la sua opera il lasso di tempo storico che intercorre fra il De bello Gallico e il De bello civili.

Il nome Cesare
Il nome "Cesare" rimane in molte lingue come sinonimo di Comandante, leader; il tedesco Kaiser ed il russo Zar derivano dal nome di Cesare, e ci furono molti successivi Imperatori con quel nome. Pare che la pronuncia latina del nome fosse qualche cosa di simile a "kai-sahr".
La radice stessa potrebbe non essere di origine latina: nella stele di Rosetta si trova un geroglifico egiziano che è stato trascritto come k-e-s-r-s e si suppone correlato al senso latino. Più interessante, è stato detto che il latino Cesare potrebbe essere di derivazione persiana Kasrá=Chosroës e della sua forma plurale Akásirah (titolo di quattro grandi dinastie di Re Persiani), fra cui Ahasuerus o Khshayarsha (Serse I, nipote di Ciro il Grande); eventuali relazioni con kisri e kasra sono state considerate come meno significative, anche perché più riferite ad epoche posteriori (Sassanidi).
Nota: il praenomen "Gaio" è forma corretta rispetto al pur comune "Caio". La forma "Caio", infatti, si è diffusa a seguito di una errata interpretazione dell'abbreviazione epigrafica "C." (cfr., tra gli altri, Conte, Pianezzola, Ranucci, Dizionario della lingua latina, sub voce Gaius: «il fraintendimento dell'abbr., in cui la G si scriveva, per conservazione di grafia arcaica, C., ha generato la forma Caio»).

La memoria di Cesare
Foro Romano, omaggi al tempio del Divo Giulio
L'umanesimo e il Rinascimento costruirono, nella cultura classica europea, un'immagine assai forte della storia romana e dei suoi personaggi, che per secoli furono vissuti come modello, esempio e paradigma di sentimenti sia privati che politici (basti pensare a Shakespeare), e che perdurò fino al periodo romantico.
Questo è particolarmente vero per Cesare, come si vede nella foto: unico tra i romani antichi, ai resti della sua ara nel Foro romano vengono costantemente presentati ancor oggi, in ogni stagione, piccoli omaggi floreali, soprattutto da parte di giovani, soprattutto stranieri.
Forse (anche) per memoria e gratitudine del suo latino così limpido.

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