Figli di Enrico VIII

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Testo

Edoardo VI (1547-1553)
Il nuovo re Edoardo VI, figlio di Jane Seymour (terza delle sei mogli di Enrico), aveva solo nove anni, quando salì al trono d'Inghilterra e quindi il potere effettivo era concentrato nelle mani del reggente e Lord Protettore, suo zio Edward Seymour, duca di Somerset (1506-1552).
Somerset era un buon amico di Cranmer e un convinto assertore della Riforma, che riprese vigore: Latimer poté nuovamente predicare, Hooper poté rientrare dall'esilio, la chiese protestanti vennero addobbate secondo il loro credo, cioè senza immagini, la Comunione veniva data sotto ambedue le forme e Cranmer poté far rientrare la moglie.
Nel 1549 fu pubblicato il Book of Common Prayer (il libro delle preghiere), compilato su richiesta di Cranmer per semplificare i libri di preghiere e di funzioni religiose in latino e risalenti al periodo medioevale. Il suo utilizzo obbligatorio venne prescritto dall'Atto di Uniformità del 1549 stesso.
Però dal punto di vista dottrinale ne risultò un miscuglio d'idee diverse (cattoliche e luterane) e non soddisfaceva nessuno: quindi, nel 1552, fu rivisto, tuttavia questa volta in un senso riformato di tipo svizzero, con l'ausilio di Calvino in persona, che scrisse a Edoardo VI e al conte di Somerset per aiutarli nella revisione.
Ma soprattutto grazie al nuovo Lord Protettore, John Dudley (1502-1553), conte di Warwick e al vescovo di Londra Nicholas Ridley, diverse personalità della Riforma svizzera zwingliano-calvinista furono chiamate in Inghilterra e diedero il proprio contributo: Martin Bucero da Strasburgo, l'italiano Pietro Martire Vermigli, professore ad Oxford, il polacco Jan Laski.
Anche nel caso di questa seconda versione, un apposito Atto d'Uniformità del 1552 ne prescrisse l'utilizzo con, in più, l'obbligo di partecipare alle funzioni religiose e la condanna per imprigionamento per la partecipazione a qualsiasi altra forma di riunione religiosa.
Infine nel 1553 vennero pubblicati i 42 Articoli (The forty-two articles), la collezione delle formule dottrinali anglicane, rimaste sulla carta per la morte del re.

Maria Tudor (1553-1558)
Infatti il 6 luglio 1553 Edoardo VI, a soli 15 anni, morì di tubercolosi, e dopo l'infelice avventura di Lady Jane Grey (1537-1554), cugina di Edoardo e regina per soli 9 giorni (poi decapitata nel 1554), salì al trono la cattolica Maria Tudor, figlia di quella Caterina d'Aragona, il cui ripudio aveva innestato lo scisma della Chiesa d'Inghilterra.
Inizialmente la regina impostò il suo regno sulla tolleranza religiosa, ma nello stesso tempo chiese ed ottenne, il 3 gennaio 1555, dal parlamento inglese il ritorno all'obbedienza a Roma, ratificato dal cardinale inglese Reginald Pole (1500-1558). Ironia della sorte, Pole, che per poco non diventò papa nel 1549 (sarebbe bastato che avesse accettato l'elezione per adorationem), fu perfino sospettato di eresia da parte del Papa Paolo IV (1555-1559) per le sue idee moderatamente riformiste.
Sul piano personale, Maria aveva sposato nel 1554 suo cugino di secondo grado, il figlio dell'imperatore Carlo V, Filippo di Spagna [il futuro Filippo II (1556-1598)], undici anni più giovane di lei: fu una delle decisioni più infelici del suo regno. Oltre all'impopolarità presso i suoi sudditi, Maria soffrì il dramma personale perché non riuscì mai ad avere il tanto aspettato erede.
Forse per l'influenza dei consiglieri cattolici spagnoli o a causa di manifestazioni protestanti anti-monarchiche o per i consigli del Lord Cancelliere, l'arcivescovo di York Stephen Gardiner (1483-1555), Maria si trasformò ben presto in una delle più feroci persecutrici della Riforma in Inghilterra, tale da meritarsi il soprannome di Maria la Sanguinaria: furono imprigionati e successivamente bruciati sul rogo Cranmer, Ridley, Latimer e Hooper. Ridley e Latimer furono addirittura arsi sulla stessa pira.
Ma il boia non si fermò qui: in tutto tra 273 e 288 (a secondo delle fonti) protestanti furono arsi sul rogo, più di 800 fuggirono (come Coverdale) in Germania e Svizzera e 2.000 preti furono espulsi perché sposati.
Maria morì il 17 novembre 1558. Qualche ora più tardi morì il cardinale Pole, il fautore del momentaneo riavvicinamento dell'Inghilterra alla Chiesa cattolica.

Elisabetta I (1558-1603)
Nel 1558 salì sul trono d'Inghilterra Elisabetta,figlia di Anna Bolena: essa fu la vera fondatrice della Chiesa Anglicana, una sintesi dottrinale tra liturgia cattolica e dogmatismo calvinista. Il suo regno non incominciò certo nella migliore maniera: i cattolici la consideravano un'usurpatrice e l'arcivescovo di Canterbury, Nicholas Heath (m. 1578), si rifiutò perfino di incoronarla.
Tuttavia Elisabetta fu soprattutto una abile donna politica e dissimulò con cura il suo credo religioso: non si dichiarò ufficialmente protestante per non dare lo spunto ad una possibile grande alleanza tra Spagna, Francia e Scozia, ma d'altronde adottò il protestantesimo, senza usare i toni accesi dei predecessori.
I suoi primi passi furono improntati sulla diplomazia e compromesso: non si fece più chiamare, come il padre Enrico VIII, capo supremo della Chiesa d'Inghilterra, bensì più modestamente Governatore Supremo, pur negando l'autorità giuridica del papa. Nel frattempo rese obbligatorio nel 1559, con un ennesimo Atto d'Uniformità, il Prayer Book, nella seconda versione di Edoardo VI, tuttavia rivisto in senso cattolico.
Eppure la rivolta degli alti prelati cattolici era stata quasi totale: 15 vescovi, 12 decani, 15 direttori di collegi religiosi e circa 200/300 preti diedero le dimissioni o furono privati del titolo. Nel 1559 fu eletto il nuovo arcivescovo di Canterbury, Matthew Parker, un uomo moderato e conciliante, che aveva sofferto sotto Maria Tudor, ideale per Elisabetta in quella posizione, ma per la sua investitura si dovettero scomodare quattro ex prelati che erano stati vescovi nel periodo di Edoardo VI, stante la situazione sopra descritta.
I 42 articoli di Edoardo VI (1553) (le formule dottrinali anglicane) diventarono nel 1571, sotto Elisabetta I, i 39 articoli, compromesso fortemente voluto da Parker, tra elementi cattolici, luterani e calvinisti. L'altro grande teologo del regno elisabettiano fu Richard Hooker (1554-1600), spiritualista e apologista, che scrisse il ponderoso Treatise on the laws of ecclesiastical polity (trattato sulle leggi del governo ecclesiastico) a difesa della scelta episcopale nella struttura della Chiesa d'Inghilterra.
La reazione di Roma fu lenta: solo nel 1570 il Papa Pio V (1566-1572) si decise a scomunicare Elisabetta e a sciogliere gli inglesi dal dovere di obbedienza: errore gravissimo in un paese che non aveva certo bisogno di alimentare il fuoco della polemica anti-papale.
Nel 1587, sotto la minaccia dell'invasione spagnola e in seguito all'ennesima congiura per far cadere la regina e sostituirla con Maria Stuarda (1542-1587), Elisabetta fece decapitare l'ex regina di Scozia, fuggita in Inghilterra nel 1568 e detenuta in cattività fino alla sua esecuzione. La mossa aveva il preciso scopo politico di togliere di mezzo una possibile protagonista (fra l'altro diretto successore in linea gerarchica di Elisabetta) che potesse catalizzare le proteste dei cattolici inglesi.
La reazione degli spagnoli avvenne l'anno dopo, 1588, ma la disfatta della loro flotta di invasione, la famosa Invincible Armada (Invincibile Armata), mise l'Inghilterra al sicuro da ingerenze esterne.
Rimasero comunque i conflitti interni: ovviamente una politica di compromesso non poteva certo piacere agli opposti estremi. Soprattutto gli estremisti protestanti, i Puritani, benché rintuzzati spesso da Hooker, dal 1570 in avanti attaccarono le apparenze esteriori (paramenti sfarzosi, l'uso dei vescovi ecc.), secondo loro un retaggio papista, rendendo amari gli ultimi anni per l'anziana regina, che si spense nel 1603.

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