Confronto tra Thomas Hobbes e l'assolutismo di Luigi XIV

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Testo

*** Thomas Hobbes, filosofo inglese (1588-1679) è uno dei pilastri del pensiero politico del 600’ ed è l’autore della teorizzazione della monarchia assoluta come unica garanzia di pace. Il punto di partenza di Hobbes è che nello stato di natura che è in atto tra gli uomini ci sia uno stato di guerra INCESSANTE di tutti contro tutti dove non vi è nulla di giusto e di sbagliato in sè: ma dove ognuno ha diritto su tutto e su tutti e dove il più forte prevale sul più debole. Per meglio difendersi gli uomini sono costretti a stringere un contratto in forza del quale essi cedono definitivamente i loro diritti naturali allo Stato la cui sovranità diventa in conseguenza di ciò unilaterale, in quanto lo Stato coincide con il sovrano, e assoluta in molteplici sensi: in primo luogo, una volta costituito lo Stato, i cittadini non possono dissolverlo (il potere è quindi irrevocabile); inoltre il potere sovrano non può essere distribuito tra poteri diversi il giudizio sul bene e sul male (la legge civile) appartiene solo allo Stato e non ai cittadini (è quindi indivisibile); la sovranità esige obbedienza e dunque esclude la liceità del tirannicidio (è quindi intangibile); inoltre lo Stato ovvero il sovrano non è soggetto alle leggi dello Stato stesso, non ha obblighi e comprende in sé anche l’autorità religiosa (in altri termini, Chiesa e Stato coincidono). La messa in pratica della teorizzazione della monarchia assoluta di Hobbes la ritroviamo nella Francia del Re Sole che imposta appunto la sua politica sull’assolutismo del sovrano. Egli cerca di realizzare uno stato nel quale il re sia sciolto dalle leggi (legibus solutus), essendo il suo potere superiore a qualsiasi altro all'interno dello stato, che deve essere dipendente dal suo. Rende così dipendenti tutti gli altri poteri dello stato riducendo alla servitù la nobiltà che storicamente ostacolava la monarchia per paura di perdere i suoi privilegi, da cui deriva una assoluta obbedienza da parte loro al sovrano, escludendo dunque la liceità del tirannicidio: (perciò il sovrano è intangibile proprio come aveva teorizzato Hobbes); Per la completa sottomissione della nobiltà attua un sistema che è semplicemente geniale e innovativo: costruisce una sfarzosa reggia a Versailles e obbliga i nobili a trasferirsi là, lasciando i propri possedimenti. Lì i nobili, a pagamento, conducono una vita sfarzosa, con ricevimenti, danze, passatempi nobiliari e così via, facendo buon gioco al progetto del sovrano. Infatti egli in questo modo toglie loro il potere politico, inviando dei funzionari di fiducia che sono completamente dipendenti dal sovrano a governare i loro possedimenti(così fa sì che il suo potere non sia più diviso con gli altri. Il suo potere è quindi indivisibile. (altro punto che si riscontra anche nella linea politico-teorica di Hobbes).Luigi XIV scrive nelle sue "Memorie" che l'unica via possibile per il raggiungimento della felicità in uno stato sia riposta nel concentrare tutto il potere decisionale nelle mani del sovrano. E usa una metafora per questo concetto, ovvero quella del corpo umano, dove alla sola testa spetta di decidere per il bene di tutto il corpo, ma poi tutte le membra le devono ubbidire. Quindi il re, in questo modo coincide con lo stato e quindi emana la legge e ne è allo stesso tempo superiore. (è quindi Unilaterale come in Hobbes). Anche in ambito religioso, riscontriamo delle analogie tra le teorie di Hobbes e l’attuazione pratica nel regno di Luigi XIV. Il sovrano infatti nel 1682 attraverso un decreto del vescovo di Meaux, Bousset, precettore del Delfino, tende a porre sotto il proprio controllo anche la Chiesa cattolica rafforzando l’autonomia del clero francese che costituisce la chiesa gallicana, per poterla controllare meglio. Tre anni dopo con l’editto di Fontainebleu, Luigi XIV sfrutta la religione cattolica come strumento di potere (instrumentum regni); impone infatti il cattolicesimo di Stato, negando qualsiasi libertà religiosa e sopprimendo le minoranze dissenzienti come ad esempio gli ugonotti e i giansenisti, arrivando così ad una concezione teocratica, poichè si unisce al potere politico anche quello religioso.

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