Amore e arte di amare

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Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Ogni popolo e ogni tempo ha raffigurato l’amore secondo il proprio credo religioso e i propri costumi.
Nei vasi attici, l’amore è presentato come potenza fallica e segno di fecondità piuttosto che come sentimento.
Non fa meraviglia dato che esso significava, per una civiltà ancora agreste, la continuità della vita e la fertilità dell’universo.
Negli stessi mosaici romani di piazza Armerina o sulle pareti delle case di Pompei non mancano scene erotiche, a volte spinte.
Non mancano nemmeno raffigurazioni antiche e toccanti di amore coniugale, dalle coppie regali dell’antico Egitto a quel sarcofago Etrusco di Cerveteri (oggi a Roma) che eterna l’abbraccio sorridente di due coniugi, o alla figura elegante e malinconica di Procura, ritratto con la moglie in una pittura pompeiana.
Poesia e letteratura sono state molto più ricche che non le arte nell’alludere o descrivere situazioni d’amore.
Da Saffo ad Alceo, da Catullo a Parodio, l’amore come sentimento e come sesso, ha avuto un largo spazio, con risultati che hanno sfidato i secoli.
Nella mitologia era rappresentato come un bambino alato e nudo, sia perché si esprime senza intermediari sia perché non cerca di nascondersi.
Perché un bambino?
Per indicare l’eterna giovinezza degli amori profondi, ma anche l’irresponsabilità verso chi colpisce, con il suo piccolo corredo di archi, frecce e benda sugli occhi.
Com’è nato?
Secondo la cosmogonia orfica Amore è nato dal principio del mondo da un immenso uovo, e dalle due metà dei gusci che lo contenevano si sono formati il cielo e la terra.
Nella teogonia, Esodo lo definisce il più bello e splendente degli dei, colui che spezza le membra, che esalta e sfianca, che dà vita alla vita.
Nel Convivio, Platone lo descrive come un dio dalla doppia natura, insinuando così, fin dai tempi antichi, che l’amore ha due volti, spesso inconciliabili: violento, irrazionale, incontrollabile se frutto dell’unione tra Mercurio Ermes e Afrodite Pandemos, la dea del desiderio sessuale; tenero, razionale, sublimato se nato dall’amore tra Mercurio Ermes e Afrodite Urania, la dea degli amori eterei.
Il risveglio della mitologia classica si ha dall’influenza esercitata sul nostro pensiero dall’oriente, che si esprime in metafore, segni magici, misteriose allusioni di una infinita e sempre più penetrante suggestione.
Non dimentichiamo che l’oriente non ha mai avuto i nostri tabù, tanto che all’amore si è dedicato addirittura e che bassorilievi, sculture e miniature di soggetto erotico costituiscono un patrimonio dell’umanità.
Nella cultura occidentale invece, dal Medio Evo in su, la disinvoltura amorosa, specie se raffigurata è apparsa intollerabile.
la nostra tradizione nasce da una lacerazione profonda tra mondo pagano e messaggio cristiano, e solo pochi elementi del rimo sono stati assimilati dal secondo.
AMOR CHE MUOVE IL SOLE E LE ALTRE STELLE diceva Dante, in armonia con le filosofie cristiane.
Nella nostra cultura l’uomo e la donna sono identificati con la coppia di progenitori. Che cosa rappresentano?
Adamo è l’uomo per eccellenza, il primo tra i primi, immagine di Dio e anello tra Dio e la creazione. Però, proprio quando vuole identificarsi col creatore, diventa il primo anche nella colpa, con tutte le conseguenze che essa comporta.
Adamo è dunque simbolo della colpa originale, e anche della perversione dello spirito, dell’uso assurdo della libertà, del rifiuto di ogni dipendenza: con una grave perdita, perché la dipendenza dal creatore è la condizione stessa della vita, e sena di questa non c’è che morte.
In tutte le tradizioni, non a caso, l’uomo che cerca di eguagliare Dio, è punito con castighi terribili.
Eva, che è una parte di Adamo, rappresenta l’anima, o meglio ancora la sensibilità, l’irrazionalità o via via la carne e la concupiscenza, secondo i pensiero sempre più misogino dei Padri della Chiesa.
Devoluti a illustrare al popolo la storia dell’antico e nuovo testamento, gli artisti hanno raffigurato spesso la coppia di progenitori.
Costantemente nudi, nell’attimo della creazione, come nell’affresco di Michelangelo sulla volta della cappella Sistina; o nell’atto di cogliere il frutto proibito e di mangiarlo (è sempre Eva a porgerlo al compagno, Eva la tentatrice, tentata a sua volta dal serpente e con esso identificata addirittura).
Oppure ombre disperate dopo la caduta, le mani sugli occhi, come nel drammatico affresco di Masaccio.
L’arte è però sempre lo specchio del pensiero e del costume di un’epoca (e in particolare del suo atteggiamento religioso), per secoli l’amore ci è stato presentato attraverso una immagine sublimata, quella di Maria e Giuseppe, simboli della famiglia che protegge il divino bambino.
Maria è il prototipo della donna-sposa-madre, dal destino misterioso e fatale, una creatura che fa favoleggiare la fantasia e il pennello degli artisti.
Però di amore come sentimento e come passione non ci sono tracce, mai, nell’arte sacra. Come unione profonda tra uomo e donna ( e non soltanto come appropriazione) l’amore è mirabilmente illustrato da Apuleio nel mito di Psiche e Eros, un mito così complesso, raffinato e ricco di simboli da essere riuscito a sopravvivere attraverso l’epoca cristiana per arrivare a noi. La lettura del mito:
eros è il simbolo del desiderio sessuale e Psiche impersona invece l’anima, lo spirito, che è tentato di conoscere l’amore. Aver accettato il fatto di non vederlo in volto significa aver accettato un limite. La disperata ricerca che Psiche fa di Eros indica tuttavia che nell’amore lo spirito non esclude il desiderio sessuale, come del resto quest’ultimo non esclude la spiritualità; e lo dimostra la conclusione di tutta la vicenda, quando le nozze tra Eros e Psiche avvengono con la benedizione di Zeus.
Tutte queste implicazioni rendono attuale il mito, basti pensare alla sua fortuna dal neoclassicismo in su, specialmente tra i simbolisti e i surrealisti.
Nel rinascimento miti sono stati i oggetti alternativi dell’arte sacra.
Tiziano li chiamava POESIE: piccoli dipinti che i principi chiedevano e contemplavano in forma privatissima.
Senza l’alibi della mitologia non sarebbe stato possibile dipingere una donna nuda, che per convenzione doveva essere una Venere o Danae.
Ottocento con l’amore angelicato che riscopre l’amore impossibile di Romeo e Giulietta.
L’avviluppante bacio di Klimt, suprema sintesi di eleganza e passione.
Il delirante amplesso di Egon Schiele, il turbine amoroso che travolge Kokoschka e Alma Mahler nella sposa del vento segnano il graduale maturare dell’espressionismo alla vigilia del primo conflitto.
Ma più moderno che mai è il mito di Amore e Psiche: che sia davvero questo l’amore, un avvicinamento graduale di due esseri che non si incontreranno mai.

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