affinità

Materie:Appunti
Categoria:Matematica

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Testo

AFFINITA’ IN UN PIANO
Consideriamo un piano C e su di esso un sistema di coordinate cartesiane ortogonali Oxy (ai fini di quello che diremo in questo paragrafo tale ipotesi non è necessaria, ma noi la facciamo per il semplice motivo che siamo abituati a lavorare esclusivamente con tali sistemi di coordinate).
Definizione: Si chiama affinità nel piano S una corrispondenza biunivoca del piano in sé che ad ogni punto P(x,y) associa il punto P le cui coordinate, X e Y sono date da:

(0)

dove a, b, c, d, p, q sono costanti reali e 0.
La matrice A= si chiama matrice dell’affinità. Le (0) si chiamano equazioni dell’affinità.
Per quanto detto un’affinità T è una corrispondenza invertibile. Si può dimostrare che la corrispondenza inversa, quella che alla coppia (X,Y) associa la coppia (x,y), che indichiamo con T è anch’essa un’affinità.
Per le affinità valgono le seguenti proprietà (teoremi):
1. In un’affinità ad una retta corrisponde una retta (o equivalentemente, a tre punti allineati corrispondono tre punti ancora allineati).
2. In un’affinità a rette parallele corrispondono rette parallele.
3. In un’affinità a rette incidenti corrispondono rette incidenti.
4. In un’affinità è costante il rapporto delle aree corrispondenti.
Tale rapporto si chiama rapporto d’affinità e si può dimostrare che esso è uguale al valore assoluto del determinante della matrice A dell’affinità.
Si danno inoltre le seguenti definizioni:
Definizione: Un’affinità di equazioni (1) e matrice A è detta:
• positiva, o diretta, se det(A)>0; • negativa, o inversa, se det(A)0, mentre nelle (2') risulta det(A) = -a0 trattandosi di una similitudine); infatti:
==> ==> dunque la trasformazione considerata ammette uno ed un solo punto unito sse 1-k 0, ovvero sse k01.
Se invece risulta k=1 allora le equazioni (3), come facilmente si comprende, rappresentano una traslazione (trasformazione priva di punti uniti) di vettore v(p,q) se almeno uno fra i valori di p e q è diverso da zero (se p vel q(0), l’identità (o trasformazione identica) avente come punti uniti tutti i punti del piano se p=q=0. L’identità, trasformazione avente tutti i punti del piano uniti, può essere vista come una particolare omotetia, quella di rapporto 1; pertanto, a rigore, avremmo dovuto dire che le equazioni (3) costituiscono le equazioni di un’omotetia a patto che la trasformazione da esse rappresentata abbia almeno un punto unito.
Riepilogando possiamo dire che le equazioni
(3)
con k>0 e k>1 rappresentano un’omotetia di centro C (il centro di un’omotetia è il suo unico punto unito) e rapporto k. Tale omotetia essendo stata ricavata da una similitudine diretta è una omotetia diretta. Il numero k, detto rapporto di omotetia rappresenta il rapporto costante fra segmenti corrispondenti.
Se, invece, nelle (3) si pone k=1 allora tali equazioni rappresentano quelle di una particolare omotetia (priva di centro poiché dotata di infiniti punti uniti), l’identità, solo se p=q=0, in caso contrario rappresentano le equazioni di una trasformazione priva di punti uniti, la traslazione di vettore non nullo v(p,q) la quale, essendo priva di punti uniti non è un’omotetia.
Se invece nelle equazioni (1) di una similitudine poniamo α=π otteniamo:
(4) ;
posto h=pk le (4) diventano:
(5)
con h0 poiché rapporto di similitudine).
Tali equazioni rappresentano le equazioni di una omotetia a patto che la trasformazione da esse rappresentata abbia uno ed un solo punto unito (o, almeno un punto unito, se vogliamo includere l’identià); ciò accade, come facilmente si verifica, per ogni valore negativo di h (cioè sempre); infatti:
==> ==> dunque la trasformazione considerata ammette uno ed un solo punto unito poichè 1 hh0, ovvero h01, essendo nelle (5) h1 e quelle con h

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