Latino: tematica amorosa

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Testo

Virgilio

Bucoliche
Accomunate dal tema dell’amore sono due ecloghe: la II e la X; la II è un appassionato canto d’amore del pastore Coridone per Alessi, un giovinetto che non contraccambia la sua passione. Troviamo in qs carme il tema tipicamente virgiliano della passone amorosa come follia, forza irrazionale e incontrollabile, che travolge l’uomo irresistibilmente e dolorosamente. Un altro amore infelice è al centro della X ecloga; in qs caso l’amore è lo spunto di un raffinato gioco letterario, Gallo è rappresentato in preda alla disperazione per l’infedeltà dell’amante, che egli aveva cantato nelle sue elegie; tuttavia il personaggio viene trasferito da Virgilio nel mondo bucolico ed assume i tratti di un personaggio teocriteo, dafni, il pastore che aveva preferito morire pur di non cedere alla passione amorosa. Gallo esprime in un monologo l’intenzione di abbandonare l’elegia per volgersi alla poesia pastorale, ma nel finale egli si arrende all’invincibile dio dell’amore…omnia vincit amor; et nos cedamus amori. altra ecloga che tratta di amore è l’VIII; infelicità amorosa: il pastore sfoga con accenti patetici la sua disperazione perché la fanciulla amata sta per andarre sposa a un altro, e chiude il suo canto con l’addio alla vita; un altro pastore descrive i riti magici compiuti da una donna per ricondurre a se dalla città l’amato che la ha abbandonata.
L’amore è presentato come una forma di pazzia, infatti, la passione amorosa priva chi ama del suo equilibrio interore e lo condanna a una tormentosa inquietudine.
Georgiche
Ci sono qui solo delle digressioni sull’amore, infatti egli raccomanda di tener lontani i vitelli e i puledri dai ciechi stimoli dell’amore che ne indebolirebbero le forze, infatti l’amore è considerato come una furia devastante che sconvolge e travolge uomini ed animali, provocando rovina e morte. L’eros è presentato in modo negativo, solo le api in tutto il mondo animale sfuggono per singolare beneficio divino.(ne sono indenni).
Testo: amore e morte: l’epillio di Orfeo ed Euridice. La passione amorosa è follia e causa di sofferenze insanabili.
Eneide
Il III libro è interamente dedicato alla grande storia d’amore e di morte di Didone. La regina fenicia si unisce ad Enea, abbandonandosi a una folle passione che si trasforma in odio e in rancore disperato quando l’eroe, sollecitato dagli dei, riprende il viaggio verso l’Italia: dopo aver maledetto Enea e la sua stirpe, Didone si toglie la vita.
Nel VI libro è narrata la discesa di Enea negli inferi. Nella sede dei morti suicidi per amore egli incontra Didone, che oppone alle sue parole un ostinato e ostile silenzio.
Testo: IV, vv. 296-392; la regina cartaginese viene raffigurata secondo il codice della poesia erotica, l’eroe troiano invece ubbidisce al codice epico.
Il presupposto concettuale dellìepisiodo di Didone è costituito dalla nozione negativa che Virgilio ha dell’amore. L’irrompere dell’amore porta a una distruzione di quella che è la figura di Didone, abbandonando ogni dignità, disinteressandosi dei propri compiti. Però Didone in punto di morte riacquista la propria grandezza e ritorna ad essere la Didone regina. Segue un momento di autocommiserazione, poi Didone dichiara con solenne gravità la sua volontà di morire e si augura che il suo gesto porti sventura ad Enea.
Su tutto domina (buc, georg, Eneide) la concezione virgiliana della passione amorosa come follia rovinosa, meritevole peraltro d’infinita compassione per la disperata infelicità di chi ne è colpito.

Orazio

Epodi
Ben rappresentato bell’epodo 14 il filone erotico. Qui si svolge il motivo dell’amore che dominando completamente l’autore, gli impedisce di comporre versi. Lo stesso motivo apre l’epodo 11, che svolge altri spunti topici della poesia erotica, come avidità della donna e la povertà del poeta. L’epodo 15 invece è rivolto a una donna infedele: il motivo della bella spergiura, qui presente sarà ripreso anch’esso nelle Odi.
Odi
Particolarmente cospicuo e importante è il filone eroico, in cui rientrano numerosi componimenti. A differenza di quanto avviene nella poesia elegiaca contemporanea, i carmi non tendono a collegarsi in un’unica vicenda, non sono momenti di una sola storia d’amore,ma si presentano come episodi in se conclusi e perfetti; l’occasione e la situazione prevalgono sui personaggi. Orazio col suo temperamento riflessivo e filosofico, evita il coinvolgimento affettivo e tende al distacco di una lieve ed elegante ironia.
Il filone erotico delle Odi oraziane mostra, oltre a manifeste riprese di autori greci, anche evidenti punti di contatto con al poesia d’amore contemporanea, rappresentata in primo luogo da Tibullo e da Properzio. Sia l’elegia sia Orazio ricorrono infatti a motivi e luoghi comuni simili, come la rissa amorosa degli amanti, o li’idea della militia amoris e del servitium amoris, o anche il canto dell’innamorato respinto dalla donna e chiuso fuori di casa. Mentre l’elegiaco si serve della situazione per accentuare il tono patetico e sentimentale del lamento dell’innamorato respinto, Orazio sfrutta le medesime circostanze per investire di lieve ironia sia la propria condizione sia la durezza della donna. La sua poesia erotica è posta sotto il segno della varietà e della discontinuità: i carme non tendono a convergere in un’unica vicenda amorosa come per gli elegiaci, a restano isolati in una costellazione di circostanze e occasioni disparate. Questa situazione si riflette sul carattere delle figure femminili, che non hanno la possibilità di svilupparsi in personalità complesse, ma restano fissate nei sentimenti e negli atteggiamenti di un momento circoscritto e limitato. I particolari descritti sono d’altra parte volutamente scarsi. Il poeta dunque non ci offre dei veri e propri ritratti, ma piuttosto coglie nella loro tipicità temperamenti e comportamenti che vanno dal fascino e dalla protervia della donna fatale alla fragilità indifesa della giovinetta. Questa pluralità di soggetti esclude la possibilità di sentire l’amore come un’esperienza totalizzante, che presupponga dedizione esclusiva ad un’unica persona, e orienta piuttosto a concepire la passione come violenta e irresistibile attrazione verso la fulgida bellezza dell’essere amato.

Tibullo

Elegie
Il I libro contiene le prime tre, la quinta, la sesta che fanno riferimento alla donna amata da Tibullo, che egli canta sotto lo pseudonimo di Delia; la quarta, l’ottava e la nona si riferiscono invece ad un altro amore del poeta, per un giovinetto di nome Marato.
Anche nell’elegie per Delia troviamo molti motivi frequentemente ricorrenti nella poesia d’amore anteriore e contemporanea, in particolare la gelosia e la sofferenza causate dalle ripulse e dalle infedeltà dell’amata. Tuttavia il poeta fonde e intreccia temi a lui molto cari,che assumono toni ed accenti originali e persuasivi.nel carme che apre il libro e la raccolta Tibullo affronta il problema topico della scelta di vita, contrapponendo la propria esistenza “povera” (cioè semplice e modesta), politicamente disimpegnata e confortata dall’amore, alla vita militare, che egli rifiuta in quanto apportatrice di ricchezze, ma inconciliabile con l’amore e con la tranquillità; ed esprime il desiderio di vivere serenamente nella pace agreste, venerando gli dei rurali e godendo il dolce amore di Delia prima che sopraggiungano, inesorabili, la vecchiaia e la morte.
Anche l’amore per Nemesi, come è più quello di Delia, è fonte d’inquietudine e di sofferenza: sviluppando il tema del servitium amoris Tibullo raffigura se stesso schiavo di una padrona capricciosa e crudele. Nelle elegie per Nemesi sono svolti temi topici della poesia erotica: Tibullo sfoga la sua sofferenza per la lontananza dell’amata, ne lamenta l’avidità di denaro e l’infedeltà, impreca contro il lusso che rende venali le donne belle, maledice la mezzana che corrompe la puella.
Fra i temi comuni anche a Properzio -che saranno poi tutti ripresi da Ovidio- vi sono la schiavitù d’amore del poeta alla domina (non più padrona della casa, ma signora dell’innamorato, che è suo umile e devoto schiavo), l’infedeltà della puella e le sofferenze della gelosia, la contrapposizione fra l’amore e le ricchezze, il rifiuto della vita militare, il vagheggiamento patetico del momento ella morte confortato dalla presenza dell’amata…
Inoltre questi poeti inquadrano e interpretano le loro esperienze personali secondo schemi preesistenti non solo in omaggio alla tradizione in cui intendono inserirsi, ma anche perché evidentemente trovano nelle topica erotica strumenti validi ed efficaci per reinterpretare ed esprimere il proprio vissuto.
Delle due donne cantate da Tibullo, la figura meno evanescente è quella di Delia, dalla morbide braccia e dai lunghi capelli biondi: pur infedele (secondo le inderogabili norme del genere elegiaco), ella è tratteggiata con affettuosa tenerezza specialmente quando Tibullo la rievoca di lontano nel ricordo, soave fanciulla trepidante per la sua partenza, o la immagina in ansiosa attesa del suo ritorno, o vagheggia la speranza di una vita futura al suo fianco, nella serenità e nella pace agreste.
Nemesi presenta in modo più spiccato i tratti letterari della cortigiana avida di denaro e della domina dura e capricciosa, che si fondono e si confondono tuttavia con momenti realistici desunti da circostanze di vita vissuta, come quando il poeta ricorda con commozione la tragica morte della sorellina di lei. Nel complesso tuttavia il personaggio risulta poco convincente, quasi un mosaico di luoghi comuni più che una figura di donna dotata di una sua coerente e vivace personalità.
La poesia tibulliana risulta più vera e più efficace non quando vuole esprimere i conflitti e le drammatiche contraddizioni della passione amorosa, ma quando diventa evasione, astrazione e rifugio in un mondo soggettivo e illusorio, costruito dalla fantasia al di fuori dei confini della vita reale. Il tema che il poeta sente più congeniale è infatti l’aspirazione alla serena e pacifica vita di campagna, idealizzata secondo i moduli della poesia bucolica, ma inserito in un contesto tipicamente romano nei frequenti richiami ai valori della tradizione e della primitiva civiltà latina, dominata dalla semplice religiosità agreste. La campagna è per Tibullo come per i poeti alessandrini e per Virgilio, un luogo idillico di evasione, lontano e al riparo dai vizi, dalla corruzione e dalla violenza, dalla politica e dalla guerra: un mondo di pace e di innocenza, una sorta di paradiso perduto ove rifugiarsi con la fantasia, abbandonandosi a un sogno nostalgico. Rispetto alle bucoliche si possono rivelare da un alto un maggiore realismo nella descrizione delle occupazioni agricole, dall’altro una maggiore indeterminatezza nei riferimenti alla realtà storica da cui il poeta vuole astrarsi: non troviamo infatti la deplorazione esplicita delle guerre civili.
E’ quasi del tutto assente in Tibullo l’elemento mitologico, che tanto spazio aveva nell’elegia ellenistica e che riveste un’importanza fondamentale nell’opera del contemporaneo Properzio: Tibullo non è poeta dosctus che faccia sfoggio della sua erudizione mitologica. La sua poesia è eminentemente soggettiva; e i temi amorosi sono svolti in tono sentimentale, all’insegna della tenerezza, della malinconia, dell’autocommiserazione.

Properzio
Nell’elegia premiale Properzio si presenta subito nella situazione tipicamente elegiaca dell’innamorato infelice: compare sin dal primo verso l’aggettivo miser , che convenzionalmente qualifica chi soffre per amore. Egli fa un amaro bilancio di un anno di passione: perduta ogni dignità e ragionevolezza, è schiavo di una padrona (domina) crudele; chiede aiuto, per liberarsi, alla magia (tema caro agli alessandrini e accolto anche da Virgilio) e poi agli amici, ma sa che la sua soggezione all’amore è irrimediabile. Egli afferma più volte il nesso inscindibile e vitale fra le sue sofferenze amorose e la sua produzione poetica, che proprio dall’amore e dalla sofferenza trae alimento. La poesia è per Properzio sfogo al dolore e al tempo stesso mezzo, l’unico di cui egli dispone, per cercare di conquistare i favori della donna amata.
Nel II libro ribadisce la sua scelta, della vita e della poesia d’amore, indicando nella puella l’unica fonte della sua aspirazione. Dominano i temi erotici(la bellezza di Cinzia; lamenti, proteste e accuse per la sua infedeltà; esplosioni di gioia per la felicità piena dell’amore appagato; amore, morte…) con grande ricorso al mito.
Nel carme 7 ancora una volta viene subordinata all’amore ogni altra esigenza, nel rifiuto totale dei valori sociali e patriottici propugnanti dalla tradizione e, dunque, in clamoroso contrasto con gli orientamenti ideologici del regime augusteo.
Nel III libro ai temi erotici si affiancano altri temi: il poeta non è più esclusivamente dedito a Cinzia, ma si accosta a nuovi argomenti, forse per un certo esaurimento della topica erotica, già ampiamente utilizzata, ma indubbiamente anche per le forti sollecitazioni, che gli vengono da Mecenate, ad orientare la sua attività poetica in direzioni diverse e più impegnative.
Il libro si chiude con le due elegie dette discidium (“rottura, separazione”), in cui il poeta da l’addio alla donna amata. E’ evidente che con questi componimenti Properzio vuole comunicare ai lettori la sua intenzione da abbandonare la poesia d’amore; e ciò vale indipendentemente dal problema (insolubile) se la rottura definitiva con Cinzia fosse avvenuta davvero o si debba considerare soltanto una finzione letteraria. Vengono dunque smentite le solenni promesse tante volte ripetute da Properzio di continuare ad amare Cinzia fino alla morte e oltre, e sembra disciolto anche il nesso vita-amore-poesia: l’epilogo del III libro, al di là delle sue implicazioni, sembra segnare una svolta fondamentale nell’itinerario poetico del nostro autore.
Nel IV libro troviamo alcune elegie che appartengono al filone erotico, ma presentano tutte importanti aspetti di novità e di originalità rispetto alle esperienze precedenti.
Nel carme 7 il fantasma di Cinzia appare in sogno al poeta poco dopo la morte, lo rimprovera di averla tradita e dimenticata, afferma di essergli sempre stata fedele e gli detta le sue ultime volontà. In questo componimento Properzio riprende il grande tema di amore e morte, già sviluppato in numerose elegie dei libri precedenti. Nel carme 8 Cinzia appare, viva e vitale, impegnata in un’avventura amorosa fuori Roma; il poeta tenta di reagire organizzando una serata in compagnia di due cortigiane, ma il suo piano va a monte per l’improvviso ritorno della donna che, dopo una violenta scenata di gelosia, accetta di riconciliarsi con l’amante solo a patto d’imporgli dure condizioni. L’episodio è narrato vivacemente, con numerosi particolari attinti alla vita quotidiana→ vena realistica.
Come poeta d’amore Properzio è più intenso e appassionato di Tibullo: nei primi libri la folle passione per Cinzia, pur fonte di sofferenza e d’infelicità, è presentata come l’unica ragione di vita per il poeta e come insostituibile alimento della sua poesia. Anche il personaggio della donna amata è assai più vivo e concreto rispetto alle donne tibulliane: bellissima e spregiudicata, dotata di una forte personalità e di notevoli qualità intellettuali e culturali, oltre che fisiche, ella suscita con il suo fascino e con le sue stesse infedeltà un amore violento e travolgente di cui il poeta descrive ed esprime le gioie esaltanti e le amarezze brucianti, i conflitti, le ansie e le delusioni, le crisi e le riconciliazioni.
Properzio trova nel mito un repertorio inesauribile di exempla con cui mettere a confronto la propria situazione. Egli ricorre al mito non soltanto per far sfoggio di erudizione, ma anche e soprattutto per sottrarre la sua storia dalla banalità. Il mito diventa così parte integrante della concezione properziana dell’amore.

Ovidio

Amores
Qui viene narrata la storia d’amore per una donna chiamata Corinna, secondo gli schemi e le convinzioni proprie del genere. La soggezione del poeta innamorato alla domina, le sofferenze per le sue infedeltà, la gelosia causata da i rivali ricchi e la contrapposizione amore-ricchezze, l’altra contrapposizione fra vita militare e milizia amorosa, la deplorazione moralistica dell’avidità e dell’incostanza delle belle donne, l’abbondante ricorso agli exempla mitologici. Egli accentua alcuni aspetti dell’elegia già presenti in Properzio; il distacco dalla materia amorosa, la ricerca di effetti scherzosi, l’ironia e l’autoironia. Non vi è infatti in Ovidio una vera partecipazione passionale, ma piuttosto una concezione dell’amore come esercizio galante, gioco stimolante e divertente da cui trarre emozioni superficiali. Questa concezione ludica dell’amore, unita al desiderio d’innovare rispetto agli illustri precedenti, si traduce non di rado in un vero e proprio ribaltamento degli atteggiamenti e dei temi tradizionali. Bisogna pur sempre notare che Ovidio anche quando non guarda all’amore con scetticismo ed ironia, mantiene pur sempre un distacco intellettuale.
Heroides
Sono lettere d’amore in distici elegiaci che s’immaginano scritte da eroine ai loro amati.opera di poesia che richiama e allude oltre che all’elegia, all’epica greca e latina, e notevolmente influenzata anche dalla tragedia.
Ars amatoria
Qui sviluppa in modo originale un tipico atteggiamento del poeta elegiaco:quello didascalico.
Qui Ovidio si fa praeceptor amoris in modo sistematico, trasponendo la materia erotica, con le sue situazioni e i suoi temi tradizionali, sul piano dell’epica didascalica, di cui adotta gli schemi e le convenzioni.
I libro: la conquista della donna. Corso per aspiranti seduttori: da precetti sul repertorio della donna da conquistare; poi si devono mettere in opera le tecniche per ottenere i favori, confinando nella certezza che nessuna puella resiste ad un abile corteggiamento. Poi passa ad illustrare le tecniche di seduzione: si deve seguire ovunque la donna amata. Nel II libro insegna le tecniche per far durare una relazione; per conservare l’amore contano l’intelligenza, la fecondia, il carattere mite ed arrendevole, l’obsequium. Gli inganni e i tradimenti sono furtivi e rimangono nascosti. Nel III libro si propone di dare alle fanciulle i mezzi con cui possono combattere ad armi pari con i maschi. I precetti rivolti alle donne consistono in pratica in una sorta di galateo.
Dal poemetto emerge una sorta di quadretto della società galante del tempo.
L’amore di cui Ovidio si fa maestro è una sorta di negazione dell’amore elegiaco, o meglio, è una simulazione dell’amore, poiché prescinde dai sentimenti e si serve della finzione e dell’inganno come strumenti di conquista: fallite fallentes, consiglia agli amanti. La vera e sincera passione amorosa, fonte di ansia e di sofferenza è completamente assentein questo gioco erotico fatto di abili schermaglie, di calcoli, di scaltri raggiri, dove la donna e l’uomo si fanno di volta in volta cacciatori e prede.
I remedia amoris dove egli elenca le terapie da attuare per liberarsi da un amore non corrisposto; un’altra opera sui cosmetici.

Esempio