Il Malato immaginario

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano

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Testo

Jean-Baptiste Poquelin, Molière, nasce a Parigi il 15 gennaio 1622. Figlio di genitori appartenenti a due agiate famiglie di mercanti e tappezzieri.
Studia presso il collegio di Clermont, tenuto dai gesuiti, la migliore educazione umanistica di quei tempi.
A 21 anni intraprende la carriera teatrale e fonda la compagnia dell'Illustre Théâtre, che, dopo un anno e mezzo di sfortunata attività a Parigi, deve trasferirsi in provincia.
Dal 1645 al 1658 Molière affronta difficoltà di ogni genere; si esibisce sia nella tragedia sia nella farsa, redigendo egli stesso alcuni canovacci ispirati alla Commedia dell'arte italiana, e quindi le sue prime commedie: Lo stordito (1655) e Il dispetto amoroso (1656).
Conquistati successo e prestigio, ritorna a Parigi, dove, dopo il lieto esito di una recita rappresentata al Louvre al cospetto di Luigi XIV, può disporre stabilmente, dal 1658, della sala del Petit Bourbon.
Molière crea la grande commedia di costume, nella quale infonde la comicità della Commedia dell'arte; coglie il lato ridicolo dei costumi dell'epoca, esamina e ritrae l'uomo nella sua universalità.
Dopo Le preziose ridicole (1659) e La scuola dei mariti (1661), non mancano critiche e discussioni, che si rinnovano più accese quando Molière (trasferitosi nel frattempo nella sala del Palais Royal) presenta La scuola delle mogli (1662), esaltazione dei diritti inalienabili della natura e della giovinezza.
Nel 1664 mette in scena Tartufo: nella perversità del sinistro protagonista si colpiva il moralismo fanatico e bigotto ostentato da certi devoti personaggi, molto influenti a corte.
La proibizione di rappresentare la commedia determina in Molière uno stato d'animo risentito, che gli ispira un altro capolavoro: Don Giovanni o il convitato di pietra (1665), il suo testo più inquietante per lo spirito ateistico che distingue l'eversiva e anarchica figura del seduttore.
Segue Il misantropo (1666), ritratto immortale di un uomo che si rifiuta di venire a patti coi compromessi della vita.
Da ricordare, ancora: Il medico per forza (1666), l'Anfitrione (1668), George Dandin (1668), L'avaro (1668), Il borghese gentiluomo (1670), Le furbizie di Scapino (1671), Il malato immaginario (1673).
Nel 1673, il 10 febbraio, è la prima rappresentazione, nella sala del Palais-Royal, del Malato immaginario.
Il 17 febbraio, durante la quarta rappresentazione, Molière si sente male proprio sul finale della commedia, accompagnato a casa alla fine dello spettacolo, muore “quello stesso giorno, verso le dieci di sera”.
Il 21 febbraio il re ottiene dall’arcivescovo di Parigi che Molière, malgrado sia morto senza rinnegare la propria professione di attore e senza liberarsi così dalla scomunica, sia seppellito in terra consacrata.
L’inumazione ha luogo durante la notte e in assenza di sacerdoti.
Il malato immaginario (Le malate imaginaire)
Prima edizione, settembre 1976
Prima edizione SuperBur Classici, settembre 2003
Traduzione e note di Luigi Lunari.
Numero pagine edizione SuperBur Classici, 121.
Numero pagine solo commedia:103
Genere narrativo: commedia
La trama
La scena si svolge a Parigi, nella casa seicentesca di un importante uomo francese. Il luogo principale entro il quale è ambientata la commedia è la stanza di Argante.
Il protagonista è Argante, il malato immaginario.
Costui è attorniato da numerosi personaggi che approfittano della sua ipocondria*.
Come tutti quelli che soffrono di questa fobia, Argante, è preoccupato solo della sua salute, delle malattie che teme è che sente di avere tutte.
L’argomento unico delle sue conversazioni sono, appunto, le sue malattie.
Si nutre di medicine e vive sempre in allarme intravedendo in ogni più piccolo sintomo la comparsa di terribili malattie.
Di questa fobia approfitta alla grande il dottor Purgone che gli prescrive quantità infinite di lassativi (clisteri) e sciroppi per “espellere ed evacuare la bile di sua Signoria”.
Analgesici e astringenti “per far riposare sua Signoria”.
Anche il farmacista Fleurant fa il suo gioco, si pensi che in un mese Argante può acquistare anche dodici medicine e venti clisteri.
La sua paranoia è arrivata ad un punto tale che decide di far sposare sua figlia Angelica con il giovane Diafoirus, pur di avere il medico in casa. Infatti, si è convinto di aver ancora poco da vivere.
Angelica, invece ama Cleante, che nella parte finale si scopre che è nipote di Belardo, fratello di Argante, e quindi può sposare la ragazza amata, con il consenso del suocero.
Angelica, per difendere il suo vero amore, discute animatamente con il padre rifiutando di sposarsi con il figlio del suo dottore.
Argante, arrabbiatissimo, minaccia di rinchiuderla in convento.
Angelica non si lascia abbattere e di confida con Tonina, la governante, per ottenere conforto e consiglio.
Argante ha sposato, in seconde nozze, Belina /Belinda con una donna avida di denaro che non lo ama per niente.
Belinda fa l’impossibile per impossessarsi delle ricchezze dell'uomo, facendosi nominare sua unica erede a scapito di Angelica, erede naturale.
Con intrighi e tenendo un atteggiamento mellifluo con Argante riesce, grazie all’aiuto del notaio Buonafede, convince Argante a stendere il suo testamento.
Per fortuna Tonina, la cameriera, che rappresenta la saggezza e la furbizia popolare riesce ad evitare sia le nozze di Angelica con Il figlio del dottor Diafoirus che l’intrigo di Blinda.
Grazie ad un piano escogitato con Belardo è messa in scena la morte di Argante.
L'uomo, spiando le reazioni della figlia e della moglie, riesce a capire chi veramente gli voglia bene, e grazie a ciò Angelica e Cleante possono unirsi in matrimonio.
Belardo entra in scena alla fine del secondo atto
Egli cerca in ogni modo di far capire al fratello che la sua malattia non è nient'altro che una fissazione e che i medici, i farmacisti e la stessa moglie cercano solo di truffarlo e di derubarlo delle sue ricchezze
Sarà proprio Belardo a offrire al fratello una nuova terapia che lo potrà guarire dalla sua ipocondria; gli proporrà di diventare lui stesso medico così da poter curare autonomamente i propri mali.
Il primo atto si apre con il monologo del protagonista Argante.
Nel primo intramezzo si assiste alla serenata di Pulcinella per la propria innamorata, che purtroppo non ha buoni esiti poiché interrotta più volte da ballerini, musici ed arcieri.
Il secondo intramezzo è costituito da un balletto organizzato dal fratello di Argante per distrarre il malato.
Il terzo atto si apre con una lunga discussione tra i due fratelli e la governante. Belardo costringe Argante a rifiutare una delle tante prestazioni mediche; questo fatto fa infuriare il farmacista Fleurant d il dottor Purgone che si rifiutano da questo momento di curare il malato.
L'ultimo intramezzo è interamente cantato e espone la cerimonia di laurea del protagonista interamente scritta in latino, lingua tipica dei dotti.
I temi
Secondo me i temi sviluppati nel testo sono:
☺ La paura della morte
☺ La disonestà umana
☺ L’amore vero e l’amore fasullo
☺ La necessità dell’uso di ragione e buon senso.
Il titolo è esplicativo.
Si capisce, immediatamente, che il tema del testo sarà qualcuno che si crede malato ed invece non lo è.
E’ un libro che da sola non avrei scelto di leggere, ma che comunque si è rivelato una piacevole sorpresa.
Mi è piaciuto all’inizio (atto I scena 1, quando Argante parla dei rimedi prescrittigli e fa i conti.
I dialoghi fra Argante e Tonina perché vivaci.
La scena più bella è, quando Argante, fintosi morto, scopre la verità; forse è un po’ banale ma quando nelle storie gli intrighi sono smascherati è sempre un bel momento.
I Personaggi
Non vi è la descrizione fisica dei personaggi).
Argante: può essere considerato come il protagonista della vicenda, perché tutto quello che succede dipende da lui.
È un uomo piuttosto ricco, che è convinto di essere gravemente malato, mentre invece è sano, o meglio è malato di ipocondria.
A causa di questa sua fobia spende gran parte del denaro per pagare le cure inutili prestategli da un dottore ed un farmacista avidi di arricchirsi alle sue spalle.
Argante ha una figlia in età da marito che vorrebbe vedere sposata ad un medico così da potersi assicurare le migliori cure gratuitamente.
Nel corso della rappresentazione, sia pure lentamente, si trasforma in un personaggio dinamico perché cambia atteggiamento nei confronti della moglie, della figlia e perfino rispetto alle sue malattie.
E’ un osso duro e le persone che gli vogliono davvero bene, faticano a convincerlo che sta sbagliando.
Provoca nel lettore sentimenti contrastanti: infastidisce la sua fissazione che lo porta a scelte assurde, ma nel contempo quando scopre che la moglie non lo ama muove tenerezza.
Si può definire come un personaggio quasi dinamico, poiché nella parte iniziale credeva che la figlia non gli volesse bene, anzi facesse di tutto per farlo stare male, mentre nella parte conclusiva si rende conto del fatto che la figlia gli vuole bene veramente.
Belinda: è la seconda moglie di Argante, una donna per la quale conta più il denaro del marito che la sua condizione fisica. Se all'apparenza può sembrare innamorata di Argante, nella parte conclusiva si dimostra al contrario interessata più ai suoi averi, e Argante non appena scopre questa sua caratteristica, la caccia.
Angelica: è la figlia di Argante, una giovane ragazza innamorata di Cleante, ma ostacolata nei suoi sentimenti dal padre che vuole a tutti i costi farle sposare Tommaso Diafoirus. È un personaggio molto attivo, che sa bene ciò che vuole ed è disposta a tutto pur di raggiungere i suoi obbiettivi. Nonostante sia spesso in contraddizione, con il padre dimostra di volergli molto bene nel momento in cui apprende la falsa notizia della morte di Argante. Si confida con Tonietta riguardo ai sentimenti sinceri che prova per Cleante.
Luigina: è la figlia minore di Argante. Compare ma senza un significato preciso.
Beraldo: è il fratello di Argante, zio di Angelica. Con Tonina escogita del piano finale per dimostrare ad Argante che i medici lo imbrogliano e che la figlia gli vuole veramente bene. È un personaggio molto dinamico perché riesce a modificare la storia e il comportamento del fratello.
E’ il personaggio più intelligente di tutta la commedia.
Cleante: è l'innamorato di Angelica, un ragazzo normale, semplice e onesto.
Alla fine della vicenda riesce a conquistare il consenso di Argante.
Nella parte finale è riconosciuto come nipote di Belardo.
Personaggio simpatico, ma non particolarmente brillante.
Il signor Diafoirus: è un medico famoso, padre del pretendente di Angelica.
È un uomo furbo, attento ai propri interessi.
Tommaso Diafoirus: è il figlio del signor Diafoirus.
E’il giovane che Argante vorrebbe che la figlia sposasse.
Si è appena laureato, ma a parte questo è un personaggio stupido, che parla in modo affettato, ma si sente che è falso.
Il signor Purgone: è il medico curante di Argante.
E’ furbissimo, infatti, si approfitta della credulità di Argante per arricchirsi alle sue spalle.
Appena il suo malato si rifiuta di prendere una medicina da lui prescrittagli, fa l’offeso e se ne va.
Il signor Fleurant: è il farmacista di Argante, complice del signor Purgone; anche lui guadagna denaro alle spalle del malato.
Il signor Buonafede: è il notaio di fiducia di Argante.
Si chiama Buonafede, ma agisce al contrario, infatti, stila un testamento tutto a favore della seconda moglie di Argante.
Tonina: è la governante con la quale Argante ha continui battibecchi.
E’ furba e dimostra di saper bene ragionare, anche se sicuramente non ha studiato.
E’ uno dei personaggi più dinamici: è attiva, simpatica e arguta (spiritosa).
Antagonista/Aiutante
I personaggi di questa commedia di possono dividere in due fazioni, quelli che vogliono bene ad Argante e quelli che lo imbrogliano.
L’antagonista di Argante è se stesso, con la sua fobia e quindi coloro che la alimentano approfittando di lui: medici e moglie.
Gli aiutanti sono coloro che cercando di aprirgli gli occhi: il fratello e la governante.
Luoghi
Il luogo è reale, è la casa di Argante, una villa seicentesca a Parigi; per lo più nella camera del malato.
Gli intramezzi si svolgono o in foreste o in strade, e comunque in luoghi aperti.
Tempo
Per stabilire il tempo ci si deve riferire a quando questa commedia è stata scritta (1673).
Le medicine prescritte, per esempio, potrebbero indicare di che periodo storico si parla anche se per dirlo con esattezza bisognerebbe avere fatto degli studi a riguardo.
L’usanza di decidere il marito per le figlie, ma questo modo di fare è ancora presente in molte culture.
La storia procede in ordine cronologico.
Gli eventi si susseguono con ordine, c’è un inizio, un centro e una parte finale senza rimandi temporali.
Non esiste un narratore, e nemmeno una voce fuori campo.
Tonina spesso si rivolge al pubblico, ma si tratta di un espediente in uso nei testi teatrali.
Caratteristiche dello stile e Linguaggio
Sono i personaggi che con la loro azione creano man mano la storia.
Non esiste un narratore; i personaggi parlano sempre ad alta voce utilizzando il discorso diretto e i monologhi.
Il linguaggio è ricco di termini medici e, a volte, di parole in simil-latino (latinismi).
Anche se si parla di funzioni corporali l’autore non scade mai nella volgarità, infatti, non usa “parolacce”.
Le frasi sono semplici, i periodi brevi.
Il linguaggio è spesso comico.
Il registro è colloquiale, tranne quello usato dai medici che cercano di dar un certo tono ai loro discorsi; tono che contrasta con il contenuto poco competente dei loro discorsi.
Ritmo
Il ritmo è incalzante, con le pause dettate dagli intermezzi che sono le parti più lente e noiose della commedia.
Punteggio
7, con gli intermezzi; 9, senza intermezzi.
Commento personale
In questa commedia si parla del momento più terribile che vive l’uomo, cioè quando in preda alla malattia sente la morte che si avvicina.
Anche se nel libro questo tema è trattato in modo comico, infatti, c’è un malato che s’immagina di essere tale, l’argomento è sempre attuale.
Come attuale è riflettere sulla medicina e sul potere che i medici esercitano sui malati.
Un potere grande perché come ci fa ben vedere Molière se questi sono disonesti e incompetenti, la loro incapacità e furberia possono incidere molto negativamente sulla vita degli altri.
Ma anche i “pazienti” sono, in qualche modo, presi in giro, soprattutto quelli che credono ciecamente ai medici, che credono cioè che la medicina sia una scienza infallibile e non esitano a sperperare il loro denaro per rimedi inutili.
Nella figura del fratello di Argante c’è la giusta via di mezzo perché è un uomo che ragiona, che non si fida di chiunque, che crede più alla logica che agli intrugli.
In Tonina, invece, parla la saggezza popolare, quella saggezza di chi, pur non avendo studiato, con il buon senso sa comprendere bene la realtà.
Realismo, buon senso e una sana logica sono, sembra dire Molière, le medicine migliori.
Da leggere perché, a parte gli intermezzi che annoiano all’infinito, è un testo che diverte.

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