Studio della globalizzazione

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Testo

Definire cosa sia la globalizzazione e definire il momento in cui questo fenomeno diventa rilevante nella nostra società, è molto difficile e spesso controverso. Praticamente prima degli anni ’90 questo termine non aveva alcun significato proprio, ma anzi era raramente usato come semplice aggettivo. Da aggettivo a sostantivo, troppo spesso usato ed abusato, è la realtà della parola globalizzazione ai giorni nostri. Cercando di essere molto semplici e chiari, ecco il significato vero del termine globalizzazione:
la globalizzazione è l’estensione a livello planetario di un modello unico di cultura, di un modello unico di pensiero, di un modello unico di economia.
Diversi sono stati i tentativi di globalizzazione culturale ed economica nel corso dei secoli. A lungo ci sarebbe da discutere e da ragionare riguardo alla storia dell’evoluzione umana.
Riguardo alla mondializzazione moderna, il seme da cui questa pianta si è sviluppata, risale certamente agli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale ed all’immediato dopoguerra. Fu infatti a Bretton Woods (U.S.A.), nel giugno del 1944, che i futuri vincitori del conflitto mondiale, si riunirono per porre le basi del sistema economico-finanziario internazionale postbellico. In quell’occasione fu infatti sancita la fine dell’isolamento economico statunitense e la consacrazione del predominio del dollaro sulle altre valute. Alla conclusione della conferenza, furono inoltre istituiti il Fondo Monetario Internazionale e la World Bank.
Giustamente, i paesi che avevano sostenuto maggiormente il peso militare ed economico della guerra, decretarono il nuovo corso mondiale a cui le nazioni democratiche avrebbero dovuto attenersi. Gli Stati Uniti diventarono a pieno titoli, il motore dello sviluppo occidentale.
E’ però a partire dalla metà degli anni ’60 che negli USA si registra un lento, ma inesorabile, declino del livello culturale della popolazione scolastica. Questo livellamento verso il basso della cultura media dei giovani americani, unito a diversi periodi di crisi economica, alimentano lo sviluppo di teorie economiche ultraliberaliste, che intaccano pesantemente il concetto di eguaglianza insito nelle democrazie occidentali. Tali teorie si affermano definitivamente negli anni ’80, grazie all’azione decisiva di Reagan negli Stati Uniti, e della Thatcher in Gran Bretagna; il nuovo corso ultraliberale delle politiche economiche, passa alla storia con il termine di Deregulation.
La filosofia alla base della nuova era, è emblematicamente riassunta dalla storica frase di Margaret Thatcher: «La società non esiste».
Negli Stati Uniti, Reagan diede un drastico taglio alle spese statali (specialmente in campo sociale) ed eliminò molte norme con cui lo stato interveniva a regolare il mercato e la concorrenza.
L’ultimo freno alla diffusione mondiale delle teorie inegualitarie, cadde nell’ 89 con la dissoluzione dell’ URSS e dei regimi comunisti dell’Europa orientale. L’ultraliberalismo economico poteva così riversarsi indisturbato sulla quasi totalità del globo terracqueo.
La svolta impressa dagli USA negli anni ’80, si traduce in Europa nella stipula del trattato di Maastricht, che l’ 11 dicembre 1991 definisce la nascita di un unico mercato europeo regolato da un’unica moneta europea, l’Euro.
Caduta del livello culturale negli Stati Uniti e caduta della natalità in Europa: ecco i due elementi scatenanti che hanno permesso il riemergere e lo sviluppo, di teorie economiche ormai vecchie e superate. L’ultraliberalismo “moderno”, il frutto primaverile di un’incessante progresso ed evoluzione del pensiero economico occidentale, è infatti il prodotto di un’economia scolastica che nasce nel 1776 con “La ricchezza delle nazioni” di Adam Smith. Questo tipo d’economia è infatti accomunabile alla scolastica medioevale, per la sua volontà di dedurre la realtà partendo dal suo primo principio (l’assioma dell’ homo aeconomicus).
E’ proprio della globalizzazione culturale, il voler estendere questo principio, questo assioma, a tutte le culture ed a tutte le popolazioni del pianeta. Una volta spianato il “campo culturale”, non ci saranno più freni ed ostacoli, alla libera corsa dell’economia scolastica che segue strenuamente e ciecamente, il faro della “massimizzazione del profitto”.
I frutti di questi ultimi 20 anni di globalizzazione, sono oggi visibili in ogni ambito umano, dal momento in cui ci allacciamo le scarpe al mattino, al momento in cui ci sediamo a tavola per cena, alla sera.

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