commercio internazionale

Materie:Appunti
Categoria:Geografia Economica

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Testo

LA GUERRA DEL COTONE
Nell’autunno del ’93 sui mercati internazionali cominciarono a circolare notizie allarmanti sulla scarsità dei raccolti di cotone nei principali paesi produttori (USA, Pakistan, India; Cina, Turchia). A dimostrazione della veridicità delle previsioni, la Cina nel ’94 da esportatrice si trasforma in importatrice per soddisfare il consumo interno, fattore che portò ulteriore scompiglio sul mercato. L’aumento di prezzo nel marzo ’94 arriva intorno al 45% e la tensione sui mercati aumenta: i paesi industrialmente forti nel tessile come l’Italia sono all’affannosa ricerca di cotone da comprare; India e Pakistan bloccano di fatto le esportazioni, la Turchia introduce una pesante tassa sull’export del cotone, gli USA devono coprire il fabbisogno interno della propria industria tessile e non dispongono di materia prima da esportare. I compratori tentano di acquistare dai paesi dell’ex Unione Sovietica(Uzbekistan e Turkmenistan) disposti a vendere a basso costo perché bisognosi di valuta pregiata, ma incontrano grosse difficoltà a causa della disorganizzazione commerciale di questi paesi ed in particolare per il cattivo funzionamento della rete dei trasporti che non consente la regolarità delle consegne. Ci sono almeno due o tre mesi di arresto totale delle consegne; gli operatori impazziscono.
A governare l’intero mondo del cotone vi è l’International Cotton Advisory Committee (ICAC), un’associazione composta dai governi che hanno interessi nella produzione, esportazione, importazione e consumo del cotone. Le funzioni dell’ICAC si possono riassumere in:
• osservatorio sulla situazione produttiva e commerciale del cotone;
• elaborazione e diffusione di statistiche aggiornate su produzione, commercio, consumo, stocks e prezzi;
• presentazione di rapporti che diano indicazioni ai governi sulle misure da adottare per armonizzare l’economia mondiale del cotone;
• costituzione di un forum di discussione intorno alla questione dei prezzi della fibra.
L’ICAC è nato sulla scia dell’Incontro Internazionale sul Cotone che si tenne a Washington nel 1939 per discutere di sovrapproduzione, eccesso di immagazzinamento e caduta dei prezzi. Vi parteciparono 10 paesi produttori: Brasile, Inghilterra e Francia (in forza del loro dominio coloniale), Messico, India (nonostante la condizione di colonia), Perù, Sudan, Unione Sovietica e USA, con l’intento di governare lo sviluppo caotico che aveva assunto il mercato della fibra e costituendo così l’ICAC che vide la luce nel 1940 inizialmente aperta solo ai paesi produttori.
Come si può intuire, da allora è cambiata la fisionomia dei paesi che costituirono inizialmente il Comitato essendosi dissolte le potenze coloniali e l’URSS.
I CIBI TRANSGENICI
Se da un lato vi è una spinta della ricerca, delle aziende, all’immissione in commercio di prodotti che richiedono meno cure nella coltivazione o nell’allevamento o che portano un vantaggio nutrizionale aggiunto, dall’altra si sta creando una forte resistenza trasversale nella società, sull’onda delle scarse conoscenze, nell’ambito della sicurezza ambientale e nutrizionale, che questi prodotti possono portare. E’ quindi naturale che vi siano pareri discordanti, non essendo ancora possibile avere dati scientificamente certi della non pericolosità degli alimenti transgenici, come dell’opposto. Qualora fosse però dimostrata la non-nocività di questi, essi potrebbero portare indubbi vantaggi; è tuttavia necessaria una legislazione di tutela verso i prodotti “tipici”, per preservare la biodiversità che questi rappresentano.
Il cibo transgenico è un alimento proveniente da un organismo geneticamente modificato, più adatto per le esigenze dell’agricoltura e della zootecnica.
Notevole è la sua diffusione nei paesi industrializzati: soprattutto negli USA, Canada e Giappone.
L’UE ha autorizzato sinora 16 organismi geneticamente modificati, tra cui: tabacco, soia, colza, mais e radicchio.
Gli animali transgenici sono animali nati da una cellula uovo fecondata, in cui è stato inserito un gene proveniente da un’altra specie, allo scopo di modificarne le caratteristiche e far loro sviluppare capacità che non avrebbero mai potuto acquistare spontaneamente. In genere servono per l’alimentazione umana, per la produzione di farmaci e per i trapianti.
Le piante transgeniche sono piante utili per colture di interesse agricolo. Sono modificate geneticamente per ottenere una maggiore resistenza all’ambiente o per incrementare la produzione. In genere sono sviluppate per:
• fornire raccolti più abbondanti;
• essere più resistenti ai parassiti;
• essere arricchite con nuove caratteristiche ambientali;
• essere più conservabili a lungo;
• essere resistenti agli erbicidi;
• essere autofertilizzanti.
In Italia non vi sono organismi di controllo operativi sul territorio, esiste solo il Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie.
Per essere autorizzato un alimento transgenico nell’Unione Europea, bisogna che siano rispettate le procedure di sicurezza ambientale, di sicurezza agricola e di sicurezza alimentare. In pratica i nuovi vegetali dovrebbero comportarsi come quelli tradizionali, producendo semi e frutti sostanzialmente equivalenti a quelli di sempre; non provocare resistenza agli antibiotici e non scatenare allergie.
Negli anni ’80 in Europa venne vietato l’utilizzo di ormoni negli allevamenti industriali e, di conseguenza , i paesi membri cominciarono a prendere misure per difendersi dal commercio di animali trattati con ormoni. Il primo febbraio 1989 la Cee vietò l’importazione di carne Usa e gli Usa reagirono colpendo, con dazi molto elevati, una serie di prodotti europei come il vino e i pomodori conservati, e citando in giudizio l’Unione Europea. Nel 1998 il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) ha accettato la tesi americana, intimando all’UE di eliminare il bando entro il 13 maggio 1999. In seguito alla non eliminazione del bando, il 12 luglio 1999 il WTO ha stabilito il valore delle sanzioni applicabili annualmente da USA (116,8 milioni di $) e Canada (11,3 milioni).
LA GUERRA DELLE BANANE
Alla fine degli anni ’90, l’Europa s’è vista coinvolta in una “guerra delle banane”. Il WTO ha infatti accusato l’Unione Europea di avere “regole contrarie al libero scambio” a causa degli accordi per l’importazione di banane che garantiscono sicuri livelli di reddito a molti paesi di Africa Caraibi e Pacifico.
Infatti le banane che mangiamo provengono in gran parte da alcuni paesi ex colonie europee ai quali l’Unione è legata in base a un accordo commerciale: la Convenzione di Lomè. Considerato il loro basso livello di sviluppo, infatti, l’UE decise alcuni anni fa di privilegiare (pagando prezzi più elevati rispetto al mercato mondiale) le importazioni di banane provenienti da quei paesi, soprattutto caraibici e africani, proprio per dar loro una possibilità di effettuare esportazioni vantaggiose.
Ma al WTO tutto ciò viene considerato protezionismo, un’alterazione al libero commercio, e per ciò l’Unione è stata posta sotto accusa dagli Stati Uniti e da altri quattro paesi latinoamericani (Messico, Honduras, Ecuador e Guatemala) che dicono di ricevere un danno da queste preferenze europee. Subito il WTO ha dato ragione agli Stati Uniti e all’Unione Europea non è rimasto che fare ricorso che, però, ha perso. All’Europa non è restato che prendere atto di questa situazione, e di pagare come sanzione 200 milioni di dollari all’anno agli USA fino a che la normativa non sarà modificata.
In pratica però questa difesa al libero commercio si è rivelata un sostegno alle multinazionali del settore, alcune con sede in America (Dole, Chiquita, Del Monte) e capaci di monopolizzare il commercio della frutta sul mercato dei paesi avanzati. E’ vero che le banane delle multinazionali potrebbero costare un po’ meno di quelle importate dai paesi favoriti dall’UE, ma è anche probabile che dopo aver ottenuto il monopolio, le grandi imprese potrebbero praticare prezzi più alti a proprio vantaggio. Altri paesi produttori entrerebbero in crisi, aggravando le loro condizioni di sottosviluppo.
ONU

L’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) sono state fondate il 24 ottobre 1945 da 51 nazioni impegnate a preservare la pace e la sicurezza collettiva grazie alla cooperazione internazionale. Oggi, praticamente, fa parte dell’ONU ogni nazione del pianeta; in totale 188 Paesi.
Quando una Stato diviene Membro delle Nazioni Unite, esso stabilisce di accettare degli obblighi dello Statuto ONU, un trattato internazionale che fissa i principi fondamentali delle relazioni internazionali:
• mantenere la pace e la sicurezza internazionali;
• sviluppare relazioni amichevoli fra le nazioni;
• cooperare nella risoluzione dei problemi internazionali e nella promozione del rispetto per i diritti umani;
• rappresentare un centro per l’armonizzazione delle diverse iniziative nazionali.
Le Nazioni Unite non sono un governo mondiale e non legiferano. Esse forniscono i mezzi per aiutare a risolvere i conflitti internazionali e formulano politiche appropriate su questioni di interesse comune.
Tutti gli Stati Membri fanno sentire la propria voce e votano per dar forma alle politiche della comunità internazionale.
Gli organi principali dell’ONU sono:
• L’Assemblea generale: tutti gli Stati Membri dell’ONU sono rappresentati nell’Assemblea Generale, una specie di parlamento delle nazioni che si riunisce per esaminare i problemi mondiali più pressanti. Ogni Stato Membro dispone di un voto.
• Il Consiglio di Sicurezza: lo Statuto delle Nazioni Unite affida al Consiglio di Sicurezza la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. È composto da 15 membri: cinque di essi – Cina, Francia, Federazione Russa, Gran Bretagna e Stati Uniti – sono membri permanenti, gli altri 10 vengono eletti dall’Assemblea con un mandato biennale.
• Il Segretario (Koffi Annan): svolge il lavoro amministrativo della Nazioni Unite, seguendo le direttive dell’Assemblea Generale, del Consiglio di Sicurezza e degli altri organi. È guidato dal Segretario Generale che nomina il personale e si occupa della guida amministrativa generale.
• Il Consiglio Economico e Sociale: coordina l’attività economica e sociale dell’ONU. Riveste un ruolo chiave nello stimolare la cooperazione internazionale per lo sviluppo, ed ha consultazioni con le organizzazioni non governative (ONG), mantenendo così un legame vitale tra le Nazioni Unite e la società civile. Del consiglio fanno parte 54 membri eletti dall’Assemblea Generale con un mandato triennale.
• Il Consiglio di Amministrazione Fiduciaria: è stato costituito per fornire un controllo internazionale agli 11 territori sotto amministrazione fiduciaria amministrati da 7 Stati Membri e garantire che vengano adottate tutte le misure necessarie a preparare questi territori all’autonomia od all’indipendenza.
• La Corte Internazionale di giustizia: conosciuta anche come la Corte Mondiale, è il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite. Composta da 15 giudici eletti dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza, la Corte delibera sulle controversie fra Stati.
• Il Sistema ONU: Il Fondo Monetario Internazionale, Il Gruppo Banca Mondiale e altre dodici organizzazioni indipendenti conosciute come “agenzie specializzate” sono collegate all’ONU mediante accordi di collaborazione. Sono organismi autonomi che hanno delle responsabilità internazionali a largo raggio nel campo economico, sociale, culturale, educativo, sanitario e nei settori collegati. Ne sono un esempio:
- l’UNCTAD con il compito di formulare politiche di intervento economico nei confronti dei paesi sottosviluppati;
- la FAO che si occupa di assicurare aiuti alimentari ai paesi che ne hanno necessità e cura lo sviluppo dell’agricoltura;
- l’UNESCO che ha come scopo lo sviluppo dell’educazione, della scienza e della cultura;
- l’UNICEF che si occupa dell’infanzia;
- l’ILO che si impegna sul fronte del lavoro per il raggiungimento di una piena occupazione.

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