Hume

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Testo

HUME

Hume è, tra i tre filosofi empiristi inglesi (Locke, Berkeley, Hume), quello più attuale. Egli si è accorto delle contraddizioni di Locke ed ha fondato un sistema più rigoroso. Scetticismo assoluto: l’uomo non può assolutamente superare la propria esperienza, ogni tentativo di uscire dalla conoscenza umana per cercare di comprendere Dio o qualcos’altro al di fuori dell’esperienza non ha senso.
Berkeley aveva cercato di costruire una metafisica: anche se questa è fondata sull’empirismo, per Hume non è corretta, anzi, non ha assolutamente senso.
Fra le sue opere la più importante è il “Trattato sulla natura umana” che riprende la filosofia di Locke e la porta a una conclusione rigorosa. La terminologia di Hume è un po’ diversa rispetto a quella degli altri: nei filosofi precedenti “Idea” stava a indicare il contenuto della coscienza umana; Hume invece parla di percezioni.

IMPRESSIONE esperienza diretta, immediata
PERCEZIONI
IDEA percezione non diretta, è il ricordo di aver avuto
un’impressione

Hume presenta lo stesso nominalismo radicale di Berkeley: le idee non sono impressioni elaborate, sono impressioni sbiadite, meno immediate.
Il cuore della riflessione di Hume sta nell’analisi di ciò che è possibile conoscere per l’uomo. L’uomo può conoscere solo due tipi di verità:
- Possiamo conoscere i dati dell’esperienza, che sono individuali e posteriori. Hume li chiama Dati di fatto (Matters of fact)
- Possiamo avere anche conoscenze concrete, razionali, che Hume chiama Rapporti fra idee (Relations of ideas).
Questa divisione si può riportare a quella di Leibniz tra verità di ragione e verità di fatto; tuttavia Leibniz considera tra le verità di ragione anche l’esistenza di Dio, mentre nelle relations of ideas di Hume questa non è compresa poiché tutto, anche le cose più vere e innegabili, vengono dall’esperienza.
Matters of fact: a posteriori. Risultano veritiere, attendibili, solo dopo che sono verificate dall’esperienza. Di per sé non possono dare luogo a leggi, regole universali: le leggi che noi facciamo sono credenze: sono previsioni che però non hanno valore assoluto. Hume è un sostenitore radicale del metodo induttivo: noi dobbiamo
osservare vari fenomeni, e da questi ricavare una
L (credenza) legge. Tuttavia questa legge non diventa assoluta,
matematicamente valida (come per Newton e
Galilei), essa resta valida solo per i casi che abbiamo
l1 l2 l3 l4 l5 analizzato (vedi il tacchino induzionista). Non si va
(osservazioni) dal particolare all’universale, ma dal particolare al
particolare.
Le Matters of fact, dunque, sono individuali e non necessarie.
Relations of ideas: sono strutture a priori. Queste proposizioni sono sempre vere, e il loro contrario sempre falso. Sono universali e necessarie.
Esse, però, sono come gusci vuoti, non ci permettono di fare delle previsioni, non si può dare loro un contenuto empirico. Per esempio si può dire con assoluta certezza che domani o pioverà o non pioverà, ma questo non ci informa sulle condizioni meteorologiche che ci saranno domani. Le relations of ideas sono strutture astratte, formali, che non ci sono utili per la conoscenza dell’uomo e del mondo.
Se uno crede nell’esistenza di Dio, questa è una credenza. Per Hume non si può trasformarla in verità assoluta, filosofica: deve restare una credenza, e in questo senso può allora essere utile. Quando una credenza pretende di diventare verità assoluta allora si deve buttare via; quando questa vuole restare credenza, può risultare utile per la felicità e la serenità dell’uomo.
Il discorso di Hume, ripreso dalla scienza moderna, ha una debolezza di fondo: se si chiede a Hume se il suo trattato sulla natura umana è costituito da relazioni di idee o da dati di fatto, in ogni caso la risposta che darà Hume rivelerà che il suo discorso è una credenza, e allora in futuro può darsi che l’uomo troverà delle verità assolute. E Hume non può certo dire che le sue sono verità assolute, perché si smentirebbe da solo. Proprio a partire da questa debolezza, Kant cercherà di costruire un nuovo sistema di sapere assoluto.
Secondo Hume esiste una facoltà, l’immaginazione, che coordina le percezioni; è il solito discorso di Locke: è una facoltà che permette di elaborare le percezioni semplici. Quindi le impressioni vengono elaborate e divengono idee.
Per Hume tra la causa e l’effetto non c’è nessun rapporto logico, essi sono legati solo di fatto. Se ogni volta che vediamo A accade anche B, allora noi creiamo un principio di causalità, valida e assoluta, almeno così crediamo. Hume avverte che queste sono credenze, e sono legittime, se viste come ristrette ai casi osservati, illegittime se pretendono di diventare verità assolute. Le causalità sono semplici funzioni del nostro intelletto, schemi che ci costruiamo e che possono essere utili, ma che non devono essere visti come assoluti, a priori.
Hume affronta tutte e tre le dimostrazioni dell’esistenza di Dio: la prova ontologica, quella ex contingentia mundi e la prova ex fine, che dice: essendoci un’armonia nell’universo, questo ci rimanda a un artefice. Hume rifiuta tutte e tre queste prove, e in particolare per la terza egli dice che questa armonia ce la creiamo noi, è una nostra funzione che però non dimostra assolutamente nulla. Per Hume, dunque, non si può arrivare alla conoscenza di Dio.
Per quanto riguarda il concetto di sostanza, Hume dice che essa è data dalla
permanenza di qualcosa: se vediamo un cane
che attraversa la strada, vediamo infiniti cani
C C C C C C C C diversi, presi in diversi attimi. Sono una serie di
immagini che ci fanno capire che certe cose
mutano, e certe cose permangono. In questo caso permane la forma, il colore, e muta la posizione. Non è che certe caratteristiche delle cose sono stabili e ci permettono di individuare una sostanza e altre sono variabili: ci sono qualità che mutano più velocemente e altre più lentamente. E’ un po’ il discorso di Berkeley: non è valida la distinzione tra qualità primarie e secondarie. Lo stesso discorso lo possiamo applicare anche alla nostra mente, alla nostra coscienza: anch’essa varia, cambia, non è una sostanza, a noi appare uguale rispetto al giorno prima, ma anch’essa cambia come tutte le cose.
Ernest Mach riprende le tematiche di Hume e afferma che non si dovrebbe dire “Io penso”, bensì “pensa”, in terza persona, come quando si dice “piove”. Esiste un pensiero, ma non esiste una sostanza, la coscienza, vista in modo assoluto, che è il centro del pensiero. In questo modo descriveremmo le cose come realmente sono e non come noi le elaboriamo dentro di noi, influenzati fin da piccoli dalla religione o dalla metafisica. Hume era convinto di chiamarsi Hume, era sicuro della sua identità, ma questa per lui è una funzione “economica” della mente umana, che non deve trasformarsi in verità metafisica.
L’esistenza di un io, l’esistenza di Dio e l’esistenza della materia per Hume sono cose che non si possono dimostrare, anzi, è assurdo solo cercare di farlo, come aveva fatto Locke; non si può infatti uscire dall’empirismo, sarebbe come giocare a scacchi e muovere i pezzi al di fuori della scacchiera.

Visione morale e politica:

Con Hume troviamo un nuovo modo di considerare l’uomo, è il ribaltamento di ciò che diceva Cartesio.

Cartesio: Hume:

S R Ragione
R S Sentimento (istinto, funzioni biologiche)

Alone debole:sentimento
Nucleo forte: ragione

Per Hume il nucleo dell’uomo è un nucleo che comprende i principi vitali che permettono la sopravvivenza dell’individuo; all’esterno di esso esiste poi una funzione, la ragione, che però è una funzione biologica, uno strumento. E’ sicuramente più elaborata, ma non è privilegiata rispetto ad esempio ai denti che permettono di masticare ciò che mangiamo. Mentre Cartesio pensa che l’uomo si differenzia dagli animali in quanto ha la ragione, per Hume l’uomo è un animale come tutti gli altri, che però ha una facoltà razionale molto più evoluta rispetto agli altri animali.
Per Hume se vogliamo trovare un elemento che causa la nascita dello Stato non bisogna guardare alla ragione, ma al sentimento. L’uomo è portato a fuggire l’isolamento e a stare in società con gli altri uomini. E’ un atteggiamento comportato dal sentimento. Questo comporta anche la simpatia: l’uomo soffre nel vedere i suoi simili che soffrono, almeno in generale. Il sentimento è il bisogno di armonia.

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