Heidegger: vita e exursus sui temi cardine

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

14. M. HEIDEGGER

4.2. Vita e scritti

Nasce nel 1889, nel Baden da una famiglia borghese. Nel 1909 s'iscrive all'università di Friburgo, diventando un allievo di Rickert. Nel 1915 diventa libero docente all'università di Friburgo. Nel 1916 Husserl viene chiamato all'università di Friburgo. H. ne diviene assistente. Dal '17 al '23 lavora intensamente col maestro su Kant, Aristotele, Fichte, Fenomenologia della religione. Dal '23 al '27 è professore a Marburgo, dove viene seguito dai primi allievi grazie al suo fascino come docente. Nel '27 pubblica la prima e unica parte di Essere e tempo. Rompe con la filosofia di Husserl, ma contrasti ve n'erano stati anche prima, poiché Husserl mal sopportava l'antisemitismo di H. Nel '28 gli succede a Friburgo. Nel '29 pronuncia la prolusione Che cos'è la metafisica? Pubblica anche Kant e il problema della metafisica e L'essenza del fondamento.

4.4. Essere ed esistenza

Nell’opera Essere e tempo, Heidegger si domanda Che cosa è l’essere? Ora, se ogni domanda è determinata da 3 cose, 1° ciò che si domanda, 2° ciò a cui si domanda e 3° ciò che si trova, quello che si domanda è l’essere stesso, ciò che si trova è il senso dell’essere, ma ciò che si interroga cos’è? Questo è il primo problema dell’ontologia.
Risposta: l’uomo, che possiede un primato ontologico sugli altri enti in quanto su di lui deve cadere la scelta dell’interrogato. Heidegger chiama l’uomo con il termine Esserci (Dasein). Perciò in sintesi, nel problema dell’essere abbiamo un cercato (= l’essere), un ricercato (= il senso dell’essere) e un interrogato (= l’uomo o l’Esserci).
La domanda è essenziale giacché solo interrogando l’uomo si può cercare che cos’è l’essere e trovarne il senso. Ma il modo d’essere dell’uomo è l’esistenza: l’analisi della domanda sarà quindi un’analitica esistenziale e sarà l’unica strada per giungere alla determinazione di quel senso d’essere che è il termine finale dell’ontologia.
Caratteristiche dell’esistenza:

1. esistenza come comprensione e rapporto con l’essere
2. esistenza come possibilità e progetto: l’esistenza non è una realtà fissa, ma un insieme di possibilità fra cui l’uomo deve scegliere. Mentre le cose sono ciò che sono, e perciò delle semplici-presenze, l’uomo è ciò che lui stesso progetta di essere.

Per cui, il termine esistenza, riferito all’uomo, va inteso nel senso di ex-sistere, cioè trascendere (stare al di là) la realtà scegliendo fra le varie opzioni.
L’Esserci appare così come un ente il cui essere risulta sempre in gioco, a cominciare dall’alternativa fra autenticità e inautenticità.
Ogni scelta è un problema che si pone di fronte al singolo uomo e che da luogo alla comprensione esistentiva (ontica). La comprensione esistenziale (ontologica) è invece quella che indaga le strutture dell’esistenza nel suo insieme. Ma poiché l’esistenza è sempre singola, è evidente che la stessa analitica esistenziale si radica nella condizione esistentiva od ontica dell’uomo.
La comprensione esistenziale deve assumere, come suo metodo, quello fenomenologico che concerne non l’oggetto della ricerca filosofica, ma le modalità di questa ricerca. La massima della fenomenologia: puntare direttamente sulle cose.
Il fenomeno di cui essa parla è manifestazione dell’essere. Perciò l’essenza della fenomenologia consiste nel far in modo che l’essere si riveli e si mostri, all’analisi, nelle sue strutture fondamentali, senza alterazioni. Perciò per Heidegger, la filosofia è ontologia universale e fenomenologia.
Nell’analisi di quel poter-essere che è l’uomo, Heidegger, comincia a esaminare la quotidianità dell’uomo, poiché lì l’Esserci è più presente.

4.5. L’essere-nel-mondo e la visione ambientale preveggente

L’uomo è nel mondo in modo tale da progettare il mondo stesso subordinando le cose ai suoi bisogni.
Il mondo risulta costituito di cose-strumenti, che l’uomo utilizza. Il commercio che usa questi oggetti è guidato da uno specifico modo di vedere che Heidegger chiama visione ambientale preveggente, cioè la visione circospetta del mondo-ambiente.
Lo strumento serve per qualcosa, ossia rinvia a qualcos’altro. Ecco che il mondo viene visto come una totalità di rimandi e di significati con a capo l’uomo.
Per progettare le possibilità che vengono offerte l’uomo deve prima comprendere queste possibilità. Anzi, secondo Heidegger, l’uomo possiede una precomprensione, sia pure vaga e irriflessa, della realtà che lo circonda.

4.6. L’esistenza inautentica

a) Coesistenza ed esistenza anonima

L’esistenza è apetura verso il mondo e verso gli altri.
Come il rapporto tra l’uomo e le cose è un prendersi cura delle cose, cos’ il rapporto tra l’uomo e gli altri è un aver cura degli altri. L’aver cura può significare:

• sottrarre agli altri le loro cure, cioè l’uomo non si cura tanto degli altri quanto delle cose da procurar loro, perciò è la forma inautentica della coesistenza, è un puro “essere insieme”
• aiutarli ad essere liberi di assumersi le proprie cure, cioè l’uomo apre agli altri la possibilità di trovare se stessi e di realizzare il loro proprio essere, perciò è la forma autentica, il vero “coesistere”

La trascendenza esistenziale, fondandosi sulle possibilità di essere dell’uomo, è nello stesso tempo un atto di comprensione esistenziale. Ci sono 2 tipi di comprensione:

• comprensione autentica, nella quale l’uomo assume come punto di partenza se stesso
• comprensione inautentica, nelle quale l’uomo assume come punto di partenza il mondo e gli altri, che è il fondamento dell’esistenza anonima.

L’esistenza anonima è quella di tutti e di nessuno; è l’esistenza del “si dice” o “si fa”. In essa tutto è livellato e insignificante. Essa è caratterizzata da:

1. chiacchiera: il linguaggio, che è lo svelamento dell’essere, diventa chiacchiera inconsistente. Si fonda sul “si dice”
2. curiosità: un’esistenza così vuota, cerca di riempirsi in qualche modo, ed è protesa verso la novità e perciò è curiosa, curiosità non per l’essere delle cose ma per la loro apparenza visibile
3. equivoco: l’esistenza, in preda alle chiacchiere e alla curiosità, finisce per non sapere neppure di che si parla

b) La Cura

Heidegger non condanna l’esistenza anonima, ma riconosce solo la sua appartenenza alla struttura esistenziale dell’uomo ed è un suo costitutivo poter essere (possibilità). Alla base di questo poter essere c’è la deiezione, ossia la caduta dell’uomo a livello delle cose.
L’uomo è quindi gettato nel mondo in mezzo alle altre cose, al loro stesso livello, e si sente perciò abbandonato ad essere ciò che è di fatto. Questa situazione emotiva si differenzia dalla comprensione esistenziale poiché è un continuo progettare in avanti mentre l’altra è orientata all’indietro e fa perno sul fatto che l’uomo c’è ed è esistente fra gli altri.
La Cura è l’essere dell’Esserci, ovvero la struttura fondamentale dell’esistenza.
L’Esserci è una possibilità, un progettare in avanti che non fa che cadere all’indietro, su ciò che l’esistenza è di fatto, infatti tutte le possibilità lo riconducono alla situazione d’origine.
Le caratteristiche dell’Esserci come Cura sono:

• la comprensione dell’essere
• la possibilità
• il progetto
• la trascendenza
• l’essere-nel-mondo
• il prendersi cura degli utilizzabili
• la coesistenza
• l’aver cura degli altri
• la comprensione
• la situazione emotiva
• l’esser-gettato

La Cura è la totalità delle strutture (autentiche e in autentiche) dell’Esserci. La Cura esprime la situazione di un ente che, gettato nel mondo, progetta in avanti le sue possibilità.

4.7. L’esistenza autentica

a) La morte

La morte, per Heidegger, non è la fine dell’esistenza dell’uomo, ma è la possibilità dell’Esserci:

• più propria, in quanto concerne l’essere stesso
• incondizionata, perché appartiene all’uomo visto come singolo, isolato
• certa.
• e, come tale, indeterminata e insuperabile, in quanto l’estrema possibilità dell’esistenza è la sua rinuncia a sé stessa

Soltanto nel riconoscere la possibilità della morte, nell’assumerla su di sé come scelta anticipatrice, l’uomo ritrova il suo essere autentico e comprende veramente se stesso.
Il sentimento che accompagna la comprensione della morte è l’angoscia. L’angoscia, che Heidegger distingue dalla paura (riguardante solo gli enti definiti), è quella situazione in cui l’Esserci si trova di fronte al nulla della possibile impossibilità dell’esistenza. Perciò l’angoscia nullifica l’esistenza.
L’esistenza quotidiana è una continua fuga di fronte alla morte. L’individuo la considera come una caso fra tanti e cerca di dimenticarla. La decisione anticipatrice progetta invece l’esistenza come un essere-per-la-morte. Non significa suicidio e neppure attesa, ma significa abbandonarsi alle possibilità del destino.

b) La “voce della coscienza”

è un richiamo all’uomo che gli dice di fare una scelta piuttosto che un’altra.

4.8. Il tempo e la storia

Appurato che l’essere dell’Esserci (essere all’interno del tempo) è la Cura, Heidegger si chiede: qual è il senso della Cura? Il senso della Cura è la temporalità, in quanto è “essere-avanti-a-sé” (progetto), “essere-già-in” (gettatezza) ed “essere-presso” (deiezione).
La storicità è l’assunzione dell’eredità del passato, ossia la ripetizione delle possibilità tramandate.
Nella storicità inautentica, l’uomo, attento alle novità immediate, ha già dimenticato l’antico.

La critica della razionalità occidentale

Heidegger insieme a Nietsche prendono in esame la metafisica occidentale a partire da Platone. Essa è una metafisica incentrata su scienza e tecnica. Egli, come Husserl, vede nella razionalità occidentale il lasciar perdere i valori della filosofia a favore di: numero, pianificazione, efficienza. Perciò critica la modernità e il suo pensiero calcolante, il quale ha abbandonato la questione filosofica. Il problema del senso scompare nella razionalità tecnica e scientifica. L’Essere, secondo Heidegger, non viene più ascoltato (ascoltare = porsi il problema dell’Essere). Bisogna sostituire il pensiero calcolante con il pensiero rammemorante, non razionale, un pensiero che si apre alla verità attraverso la poesia e il linguaggio. Infatti è nella poesia che l’Essere si manifesta. La verità, come nella radura di un bosco, mostra l’apertura alla luminosità, ma convive anche con l’oscurità.

La critica della metafisica

Le radici della crisi sono all’origine della metafisica occidentale (chiave per la comprensione della storia). Fino a Platone la verità = autorivelazione dell’essere. Dopo Platone la verità = esattezza dello sguardo dell’uomo = colui che vede l’idea ossia il veduto. Questo spostamento dell’asse verso il soggetto sta all’origine della malattia della metafisica. Nell’età moderna si parlerà invece da Cartesio in poi, di centralità del sogg conoscente. Tutto il periodo della metafisica viene chiamato dell’oblio dell’essere.

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