Hegel

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

Voto:

1 (2)
Download:99
Data:05.03.2001
Numero di pagine:15
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
hegel_22.zip (Dimensione: 16.19 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_hegel.doc     57 Kb


Testo

HEGEL
Hegel nacque a Stoccarda nel 1770, andò all’università di Tubinga dove studiò filosofia e conobbe Schelling. Per Hegel la realtà è spirito infinito, il procedimento della vita dello spirito è la dialettica, la peculiarità della dialettica è l’elemento speculativo.
La realtà non è come la sostanza di Spinoza, ma manifestazione dell’infinito, soggetto e pensiero. Lo spirito è automovimento, è dinamico (come per Fiche), ma Hegel critica Fichte perché l’io era attività autoponentesi e poneva anche un limite (non io) che non riusciva a superare (è infinito senza fine). H dice che era un falso infinito perché è un processo irrisolto, perché l’essere e il dover essere rimangono separati, quindi egli non vuole più tale scissione. Secondo H, Schelling, nel tentativo di superare tale scissione, aveva parlato di realtà come identità indifferenziata, ma per lui aveva fatto un appiattimento perché priva di differenziazioni. Nella “Fenomenologia dello spirito” scrive che l’assoluto di Schelling è come una notte in cui tutte le vacche sono nere, tutto è indifferenziato. Per H il finito non può essere spiegato al di fuori dell’infinito in quanto la realtà coincide con esso, quindi il finito di per sé non esiste, ma esiste solo perché c’è l’infinito. H quindi prevede che lo spirito si autogeneri, generando la propria determinazione, ma la supera pienamente, quindi lo spirito è infinito, ma in maniera sempre attuatesi. L’infinito è il positivo che si realizza mediante la negazione di quella negazione (finito) che è propria di ogni finito, è il superamento del finito che si realizza sempre. Lo spirito è come un circolo dove l’essere si risolve sempre nel dover essere (tutto ciò che accade, accade perché è razionale e quindi deve accadere, la realtà è spirito che si fa). Ogni momento del reale è un momento indispensabile dell’assoluto ed è assolutamente necessario; su questo si basa la dialettica. Anche il momento negativo della realtà è necessario, il reale si autocrea e arricchisce continuamente.
-I momento della dialettica: dell’essere in sé (tesi)
-II momento: l’essere altro/fuori di sé (antitesi)
-III momento: ritorno a sé/l’essere in sé e per sé (sintesi)
La vita dello spirito è scandita in questi tre momenti che sono:
-idea
-natura
-spirito
L’idea è la soggettività, il senso idealistico che diventa altro da sé e si fa natura e diventa poi spirito, quindi la filosofia di H si divide in tre parti: LOGICA, NATURA, SPIRITO.
Nella “Filosofia del diritto” scrive: “tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale è reale” (esprime una totale identità tra realtà e ragione). C’è sempre corrispondenza tra idee ed essere e cioè essere e dover essere coincidono: ciò che è, è ciò che doveva essere e non poteva essere altrimenti: ciò che accade è frutto di determinati momenti della vita dello spirito che non potevano essere diversamente. La realtà è frutto della vita dello spirito, razionale è ciò che riguarda il pensiero. Tutto è determinazione di pensiero, che governa il mondo. Il compito della filosofia è di giustificare razionalmente la realtà che esiste (giustificazionismo). Secondo H lo spirito si autogenera, generando la propria determinazione e superandola pienamente. Lo spirito è infinito non come diceva F in modo esigenziale (doveva superare il finito) ma lo è in maniera sempre attuatesi e realizzatesi. Il finito ha un’esistenza ideale perché senza l’infinto non esiste. Lo spirito è un’unità che si ricostituisce attraverso il molteplice. Ci sono i tre momenti della dialettica; il processo con cui l’assoluto si realizza passa attraverso questi tre momenti, in base a ciò spiega tutta la realtà: l’idea si aliena e diventa natura, poi supera ciò, torna in sé e diventa spirito. L’idea è il primo momento dell’assoluto ed è il termine più idoneo per esprimerlo. L’idea assoluta si autogenera, generando anche la sua determinazione e superandola. È come un circolo in cui inizio e fine coincidono. L’infinito non è una linea retta come in F, ma un circolo.
LA DIALETTICA è alla base della sua filosofia. La dialettica degli antichi nasce con Zenone e raggiunge i suoi vertici con Platone ed è stata ripresa da Kant, riducendola ad un sistema di antinomie che restavano irrisolte. H ritiene che sia la suprema forma di conoscenza e a lui va il merito di aver riscoperti i dialoghi di Platone, che aveva dimostrato i limiti della conoscenza sensibile, elevandosi al mondo delle idee che per H sono rigide e non rispecchiano la realtà in divenire. Quindi la dialettica deve essere rivista: essa è movimento, si tratta di movimento circolare triadico, perché ha tre momenti:
-astratto o intellettivo
-dialettico
-speculativo
Il 1° momento è detto anche intellettivo perché l’intelletto è la facoltà che astrae dei concetti determinati e definisce, separa, ricerca un universale astratto. L’intelletto è un’attività che conferisce al suo contenuto la forma dell’universalità. La conoscenza che ci proviene da esso è inadeguata perché è finita, esso rimane vittima delle opposizioni che lui stesso crea, separando. 2° momento: oltre i limiti dell’intelletto va la ragione che è la facoltà che supera l’intelletto e ha un momento positivo e uno negativo. Il momento negativo è detto dialettico, la ragione cerca di superare le determinazioni dell’intelletto, che si rovesciano nel loro contrario; ciascuno di questi concetti si rovescia nell’altro da sé. Ogni finito è il superare se stesso ed è la dialettica che muove tale procedimento che è proprio di tutta la realtà; tutto si può pensare secondo la dialettica. Il 3° momento è speculativo, in cui si capisce l’unità delle determinazioni contrapposte: supera le opposizioni del 2° momento. È il momento dell’in sé e per sé. È la riaffermazione del positivo che si realizza mediante la negazione del negativo, proprio dell’antitesi dialettica. Consiste nel cogliere l’unità delle determinazioni opposte. La ragione in H è il momento in cui si supera ogni conoscenza intellettiva, coglie l’unità del reale. La dialettica dimostra come ogni finito non possa esistere in se stesso. Infatti per porre se stesso è obbligato a opporsi a qualcos’altro, quindi esso è parte dell’infinito. Il momento speculativo è quello dello aufhebung, che vuol dire superare, ma ha un duplice significato: negare e conservare. Questo è casuale perché questo significato supera quello dell’intelletto che separa, nel momento speculativo si ha una negazione che è anche un superamento perché va oltre i limiti dell’intelletto (negando questi limiti si coglie come gli opposti siano assimilabili): le proposizioni esprimono il giudizio che opera un soggetto. Ma c’è anche un nuovo senso di essa, perché la copula deve esprimere il movimento dialettico (mentre prima era il soggetto la parte più importante, ora si supera la differenza tra soggetto e predicato, il soggetto si risolve nel predicato e viceversa).
LA FENOMENOLOGIA è un’opera in cui si ha il passaggio dalla coscienza finita all’assoluto, è la storia della coscienza, sia quella singola sia intesa in senso lato. È la via che porta l’uomo all’assoluto, è un percorso fatto per tappe: è la storia della coscienza dell’individuo ma è anche un’apparire dello spirito stesso. H riteneva che il problema del metodo come se lo era posto Cartesio e della filosofia fino a K fosse un falso problema: non può esistere un’introduzione alla filosofia che non sia già filosofia. Se voglio trovare un metodo esso deve già essere filosofia, quindi la fenomenologia si può intendere come una propedeutica alla filosofia, ma lo è già, in essa le tappe sono:
-coscienza
-autocoscienza
-ragione
-spirito
-religione
-assoluto
La fenomenologia è la scienza del manifestarsi della coscienza che raggiunge l’assoluto: la prima tappa è la coscienza intesa in senso gnoseologico. È cioè quel tipo di coscienza che guarda e conosce il mondo come altro da sé e come indipendente da sé. Ci sono tre momenti:
-la certezza sensibile
-la percezione
-l’intelletto
Nel primo momento della sensazione c’è infatti il livello più basso della conoscenza e ho il particolare che appare come verità. La certezza sensibile mi rende certo di una cosa singola e cioè di un oggetto in particolare. La cosa particolare dipende però dall’io e quindi per conoscere il particolare devo conoscere il generale. Quindi si passa alla percezione in cui percepisco cos’è l’oggetto, cioè ho un rinvio all’universale (l’unità dipende dall’io, perché l’uno è fatto da una molteplicità di fattori). Si passa infine all’intelletto che vede nell’oggetto il fenomeno e riconosce che la sua essenza vera è al di là dell’oggetto. La coscienza capisce che l’oggetto dipende dall’intelletto e quindi da se stessa, mi rendo conto che l’oggetto dipende dal soggetto.
Si passa alla seconda tappa, l’autocoscienza: è la coscienza che impara a conoscersi. All’inizio si caratterizza dalla tendenza di far dipendere tutto da sé (appetito), è un desiderio di poter determinare tutto, vuole cioè togliere all’altro da sé considerandolo inessenziale e negativo. Ad un certo punto però si scontra con altre autocoscienze, scontro che è lotta per la vita e la morte attraverso cui essa si realizza (essa ha bisogno degli altri). Questo conflitto fa si che ogni autocoscienza cerchi di rendersi indipendente.
-servo e signore: il signore è colui che ha rischiato la propria vita per affermarsi, il servo è colui che ha preferito perdere la propria indipendenza. Il servo lavora per il signore ma questo rapporto poi si ribalta, perché il servo che produce è attivo, infatti col suo lavoro trasforma le cose ed è indipendente. Attraverso tre momenti:
-paura della morte
-servizio
-lavoro
La paura della morte è ciò che all’inizio lo rende schiavo. Nel servizio la coscienza si autodisciplina e si mette a servizio, nel lavoro impara a dare forma alle cose e a produrle (nelle cose imprime se stesso e quindi si rende indipendente), il servo diventa libero. Da questa figura prende spunto Marx, per spiegare la lotta del proletariato. Il signore non può più realizzarsi come autocoscienza perché ha ridotto il servo ad una cosa, il servo invece ha ancora nel padrone un polo dialettico; per realizzarsi ogni autocoscienza ha bisogno delle altre.
-stoicismo e scetticismo: lo stoicismo è la libertà della coscienza. Essa si pone al di sopra di signoria e schiavitù, perché lo stoico era colui che era indifferente e cioè la coscienza si riconosce come pensiero. Lo stoicismo voleva liberare l’uomo da impulsi e passioni, ma questa libertà per H è astratta perché isola l’uomo dalla vita. Bisogna quindi superare lo stoicismo che trapassa nello scetticismo. Lo scetticismo trasforma il distacco dal mondo degli stoici in una negazione del mondo (gli scettici mettevano in dubbio tutto e negavano tutto). Lo scetticismo svuota l’autocoscienza poiché nega tutto e lo porta ad una scissione: nega la validità del pensiero e pensa, nega i valori morali e agisce. Anche qui c’è dunque una contraddizione perché nego ciò che faccio, quindi la coscienza diventa infelice.
-coscienza infelice: si trova sdoppiata nell’aspetto immutabile e mutevole: l’aspetto immutabile coincide con un dio trascendente, quello mutevole con l’uomo. La coscienza infelice caratterizza il cristianesimo medievale che era caratterizzato dalla coscienza che cerca un oggetto irraggiungibile ed in ogni suo tentativo di accostarsi ad un mondo trascendente si rendeva conto della sua nullità. Il superamento del negativo la coscienza lo fa quando si rende conto che il trascendente non è in un atro mondo ma in sé.
Si arriva quindi alla terza tappa della fenomenologia: la ragione, che nasce con la consapevolezza della coscienza di essere ogni realtà e questa è la posizione dell’idealismo. L’autocoscienza raggiunge la consapevolezza dell’unità di pensare ed essere, cioè la realtà è un espressione del pensiero. Questa tappa consiste nel verificare quest’identità in tre momenti:
-la ragione che osserva la natura
-la ragione che agisce
-la ragione che acquisisce coscienza di essere spirito.
Nel primo punto si ha la scienza della natura che prevede che il mondo sia razionale. Deve superare tale momento e passare al momento attivo, cioè alla ragione che agisce e ripete ad un livello più alto l’autocoscienza. Infatti la ragione deve realizzarsi prima come individuo, per poi raggiungere l’unione spirituale degli individui. Le tappe di questo processo sono:
-l’uomo ricerca la felicità nel piacere e nel godimento
-l’uomo segue la legge del cuore
-l’uomo segue la virtù
Superato questo momento, la ragione si articola in tre fasi: l’uomo votato a ciò che fa, la ragione legislatrice e la ragione che critica le leggi. La ragione prima cerca di seguire la legge e poi di porsi al di sopra di essa. Si passa quindi allo spirito che serve alla ragione per realizzarsi e cioè deve essere calata all’interno della collettività dello stato.
Quando lo spirito diventa sapere assoluto ho la logica che è la scienza dell’in sé.
LA LOGICA: le figure della fenomenologia non sono scienza compiuta, ma le sue conclusioni sono un punto di partenza. Nel sapere assoluto coincidono forma e contenuto e da qui parte la logica, diversa da quella aristotelica. Infatti non è né uno strumento né un metodo, né una logica trascendentale come in Kant. La logica di H è speculativa e studia la struttura dell’intero, il suo autostrutturarsi. La tesi di fondo è che essere e pensiero coincidono, quindi la logica coincide con l’ontologia. H è d’accordo con Parmenide, per cui essere e pensiero sono la stessa cosa, aggiungendo che l’essere nel suo procedere si realizza e realizza il suo contenuto. Quindi nella storia della logica si realizza la definizione dell’assoluto: la medesima cosa viene detta in maniera sempre più ricca. Essa è il regno del pensiero ma anche esposizione di dio, inteso come assoluto perché è un processo dialettico, e la logica studia l’idea in se. L’idea in sé ha tre tappe:
-l’essere (espressione dell’assoluto)
-l’essenza (ho il principio di unità e no contraddizione)
-il concetto
Nella logica dell’essere la dialettica procede in senso orizzontale e l’ultimo termine assorbe in sé il precedente e si ha uno svilupparsi dei vari termini e un riflettersi dell’uno nell’altro. Nella logica del concetto, ciascun termine procede fino a identificarsi nell’altro termine (il pensiero a dimensione circolare). La prima parte si chiama cominciamento ed è costituita dalla prima triade con cui inizia il procedimento logico della qualità:
-essere
-nulla
-divenire
L’essere implica il non essere e il superamento è il divenire. Il punto di partenza della logica è un essere astratto e indeterminato, cioè non ha contenuto e quindi è uguale al nulla e da questa unità sorge il divenire. L’essere e il nulla sono l’opposto dell’essere determinato, la qualità infatti lo specifica. Si passa poi alla quantità e cioè all’essenza, quando l’essere pone delle relazioni:
-essenza come ragione dell’esistenza
-fenomeno
-realtà in atto

L’essenza diventa esistenza (dare l’essenza di una cosa vuol dire definirla e quindi distinguerla dalle altre. Dunque quando lo faccio le do anche ragione d’esistere). Scopro la ragione d’essere che diventa esistenza. Ciò che esiste è la realtà in atto e la trovo passando per il fenomeno che denomina l’esistenza di una cosa. Si passa alla dottrina del concetto che è soggettivo quindi puramente formale. Diventa poi oggettivo quando si manifesta nella natura e infine ho l’idea che è la ragione autocoscienze ed è la totalità della realtà.
LA FILOSOFIA DELLA NATURA: H non aveva grande considerazione della natura. Questo momento egli fatica a spiegarlo e sembra che si abbia un decadimento del sistema, infatti per lui, qualsiasi momento dello spirito umano è superiore ad ogni momento della natura. È vista come un momento in cui l’idea diventa altro da sé, diventando una negazione e anzi è una decadenza dell’idea (parla persino di impotenza della natura). La natura torna a non essere considerata come in Fichte (Schelling l’aveva invece rivalutata).
LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO: è la parte più alta e difficile ed è l’idea che diventa libertà e soggettività. Ci sono tre momenti:
-lo spirito soggettivo
-lo spirito oggettivo
-lo spirito assoluto
Il primo è lo spirito individuale che emerge dalla natura partendo dalle forme più elementari della vita psichica fino a quelle più complesse. Si divide in:
-antropologia
-fenomenologia
-psicologia.
L’antropologia studia lo spirito come anima e cioè tutto ciò che si manifesta come carattere e temperamento. Egli fa anche una distinzione tra l’età dell’uomo: l’infanzia è il momento in cui l’uomo è in armonia con la realtà, nella giovinezza si ha uno scontro con la realtà e nella maturità si ha una riconciliazione. La fenomenologia studia lo spirito come:
-coscienza
-autocoscienza
-ragione
Ripercorre le tappe della fenomenologia. Infine si ha la psicologia che è divisa in:
-spirito teoretico
-spirito pratico
-spirito libero
Studia lo spirito teoretico cioè l’idea che conosce gli oggetti che sono altro da sé e lo spirito pratico che è l’attività che modifica e determina gli oggetti. Lo spirito libero è una sintesi dei primi due perché ho la libertà quando conosco gli oggetti e so agire su di essi. La libertà si realizza solo nello spirito oggettivo che è quello delle istituzioni sociali:
-diritto astratto
-moralità
-eticità
Nel diritto astratto il volere libero si manifesta come volere del singolo cittadino considerato come persona che ha capacità giuridiche; coincide con il diritto privato e parte di quello penale. Si parla della proprietà che diventa tale quando ho un contratto quindi il diritto rende possibile anche la comparsa del torto e del delitto che richiede la pena (il reato è la negazione del diritto). La volontà libera deve comunque essere regolata dalle leggi, a questa forma è inadeguata alla libertà perché la legge è esteriore (mi dice cosa devo fare come un dovere), infatti la moralità non coincide con il rispetto delle leggi. È dunque importante anche l’intenzione, quindi il secondo momento è la moralità. L’intenzione deve tener conto del bene che diventa un dover essere.
Nella morale c’è distinzione tra essere e dover essere, tipica della morale kantiana. H la critica perché dice che è una moralità astratta che si basa sul dover essere (non ha dei contenuti concreti e quindi non ha contatti con la realtà). La separazione tra il soggetto e il bene si annulla nell’eticità che è la moralità sociale, cioè il bene che si realizza concretamente nelle forme istituzionali:
-famiglia
-società civile
-stato
Ho il superamento tra interiorità ed esteriorità. Infatti supero il diritto e la morale. La famiglia dovrebbe fondarsi sull’amore e sulla fiducia, i suoi momenti sono:
-matrimonio
-patrimonio
-educazione dei figli, che daranno poi vita a nuove famiglie
Con la formazione di nuove famiglie si ha la società civile, che potrebbe diventare un luogo di scontro e di incontro fra le diverse individualità (e gli interessi particolari che si trovano a dover coesistere):
-sistema dei bisogni
-amministrazione della giustizia
-polizia
Nel sistema dei bisogni, gli individui devono soddisfare i loro bisogni con la produzione di ricchezza e la divisione del lavoro da origine a tre classi: agricoltori (il patrimonio nei prodotti), artigiani e commercianti (formano e distribuiscono il prodotto), funzionari pubblici. H pone tra l’individuo e lo stato la società, e questo è importante e fu una grande intuizione. Lo stato è il momento culminante dell’eticità perché è come se fosse una famiglia in grande, in quanto si occupa del bene comune. Non serve solo a garantire la sicurezza e i diritti. H rifiuta il modello democratico perché al di fuori dello stato il popolo è solo una moltitudine informe. Lo stato deriva da se stesso la sovranità e si fonda su un concetto di bene universale e quindi è antiliberale e antidemocratico. Non sono gli individui a fondare lo stato, ma al contrario. Quando nascono gli individui lo stato c’è già ed è superiore agli individui come il tutto è superiore alla parte. H rifiuta il modello contrattualistico, cioè non nasce per un patto degli individui perché questa teoria lascia troppo potere ai cittadini. Rifiuta anche il modello giusnaturalistico che si affermò nel corso del ‘700, secondo cui l’uomo ha dei diritti naturali, garantiti poi dalle leggi, anteriori allo stato. Lo stato è per H il momento culminante e le leggi rappresentano la sua volontà e non quella dei cittadini. H non vuole però uno stato dispotico in quanto esso deve operare solo attraverso le leggi frutto della volontà dello stato stesso che governano, quindi esso si fonda sulla libertà dell’individuo e sulla proprietà. La costituzione dello stato nasce necessariamente dalla storia di un popolo e non può essere imposta a priori. Egli identifica la migliore forma di governo con la monarchia costituzionale moderna che prevede tre poteri distinti (manca il potere giudiziario perché la parte che si occupa del rispetto delle leggi la tratta nella società civile). Il potere legislativo deve determinare le leggi, incarnato in una camera bassa ed una alta, ma si mostra diffidente nei confronti del potere dei ceti medi, quindi i rappresentanti del popolo possono fare ciò che ritengono opportuno anche senza il consenso del popolo che non sempre sa cosa vuole. Il poter governativo comprende anche quello giudiziario e la polizia e tali mansioni sono svolte da funzionari. Poi c’è il potere del principe che incarna l’unità dello stato e la funzione dello stato è formale cioè ha il potere di dire si e di mettere i puntini sulle i. Lo stato è volontà divina che si realizza nel mondo e non può trovare impedimento alla sua realizzazione nelle leggi morali. Lo stato è posto sopra tutto, in quanto è frutto della storia che ha come momento strutturale la guerra che per lui è necessaria e inevitabile ed ha un alto valore morale.
LA FILOSOFIA DELLA STORIA: la storia in apparenza è una serie di fatti in significativi e disordinati, però può apparire tale solo ad un intelletto finito che ha una visione chiusa e non sa elevarsi alla ragione assoluta. Anzi il contenuto della storia è razionale perché scaturisce da un progetto divino, quindi risponde ad un fine: la storia è l’oggettivarsi dello spirito che si deve incarnare negli spiriti dei popoli. Lo spirito può oggettivarsi per mezzo degli individui che sono guidati dalle passioni. L’azione di un individuo sarà tanto più efficace quanto più sarà conforme al suo popolo. Gli eroi sono i veggenti che riescono a capire qual è il disegno dello spirito e sanno porsi a capo degli altri che devono loro obbedire (Napoleone). Il segno distintivo degli eroi è il successo, capaci di servire le loro passioni e i loro disegni, ma questa è un’astuzia della nazione che si serve di tali uomini per raggiungere i propri fini. Tali uomini quando non servono più alla storia e allo spirito sono portati alla rovina. Lo spirito assoluto è il momento in cui l’idea prende coscienza della propria assolutezza, tramite un processo dialettico rappresentato da:
-arte
-religione
-filosofia
Queste non differiscono per il contenuto che è l’assoluto, ma per la forma: per l’arte è l’intuizione sensibile, per la religione la rappresentazione e per la filosofia il concetto. L’arte esprime l’assoluto come intuizione, individua tre epoche. L’arte attuale è giunta ed un concetto troppo elevato che difficilmente si può esprimere con la sensibilità, nell’arte classica ha trovato la sua realizzazione. La religione è un modo più elevato ed esprime l’assoluto con la rappresentazione, ma che non è mai elevata come la razionalità pura della filosofia. In essa l’assoluto è espresso tramite il pensiero e solo con essa prende pienamente coscienza di se stesso. L’arte coglie l’assoluto in modo immediato e intuitivo perché nell’esperienza del bello, spirito e natura sono concepiti come un tutt’uno. Dialettizza la storia dell’arte in tre momenti:
-arte simbolica (orientale) in cui c’è squilibrio tra contenuto e forma e cioè incapacità di esprimere un messaggio spirituale in forme sensibili
-nell’arte classica c’è un armonico equilibrio fra contenuto e forma (figura umana)
-nell’arte romantica c’è un nuovo squilibrio, poiché il contenuto spirituale è troppo ricco ed elevato per trovare espressione in forme finite e sensibili. Ciò determina la morte dell’arte.
La religione è rappresentazione dell’assoluto (dio). Nella religione è essenziale il rapporto tra dio e la coscienza e la prima forma è l’immediatezza propria del sentimento che non è però in grado di giustificare l’esistenza di dio. Si passa dunque all’intuizione di dio che si ha nell’arte. Un passo avanti è la rappresentazione, che è il modo religioso di pensare di dio a cavallo tra l’intuizione e il concetto. Consiste nell’unire singole caratteristiche, ma tale legame non è profondo ma accidentale. Lo sviluppo della religione a quattro stadi: religione naturale, in cui dio è sepolto nella natura (panteismo orientale); religione della libertà (persiana) con visione di dio come spirito libero ma ancora in ambito naturalistico; religione dell’individualità spirituale (religione giudaica), dio appare in forma spirituale o con sembianze umane; religione assoluta (cristianesimo), dio è puro spirito. Anche il cristianesimo presenta dei limiti perché l’unico sbocco della religione è la filosofia. È la storia della filosofia in cui i vari sistemi costituiscono delle tappe precise che culminano con l’idealismo e con se stesso (l’ultima filosofia è il risultato di tutte le altre ed è la più ricca).

Esempio