Epicureismo

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Categoria:Filosofia

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Testo

Le polis perdono sempre più la loro autorità e servono solamente per problemi di burocrazia. I capi delle polis assomigliano sempre di più a quelli orientali, di conseguenza impongono sempre di più le proprie regole: applicano anche un dirigismo culturale. La grossa svolta è data dalla commistione del pensiero occidentale con quello orientale. C’è l’assenza di una filosofia sistematica e di conseguenza il cittadino perde il centro di gravità, a cui faceva riferimento.
L’etica e la politica vanno allo stesso passo nell’età classica. Nell’età ellenistica, si spezza questo legame. L’uomo è portato naturalmente a pensare a se stesso → le domande non riguardano più il bene dello Stato, ma il bene personale. È una filosofia che ruota soprattutto intorno all’etica → le indagini riferite al come conosciamo, al cosa conosciamo sono portate dall’etica. La forma istituzionale della filosofia nell’età ellenistica cambia.

Influenze ellenistiche a Roma
Mentre il popolo greco era proposto alle arti, a Roma erano generalmente contadini, quindi molto legati alla vita agricola: forte senso della coesione. La mentalità romana era profondamente aliena alle speculazioni. Temeva fortemente che il mondo romano venisse a contatto con il mondo greco. Sappiamo anche che dopo le conquiste, ci furono diversi filoni a Roma. Le filosofie ellenistiche apriranno un varco a Roma. Questo perché c’è la crisi della repubblica → c’è una forte crisi dell’individuo e dello Stato.
Nel ] sec. a.C. si comincia a capire che questa ostilità non ha più senso; ciò accade perché so comincia a sentire l’influenza dello stoicismo e dell’epicureismo a Roma. Cicerone condanna l’epicureismo (egli era un eclettico) → conosceva tutti questi pensieri e di tutti questi ne faceva una sintesi. Fu un forte nemico di Cesare.
L’epicureismo e lo stoicismo si diffondono quasi contemporaneamente. A Roma, per l’epicureismo abbiamo due grandi esponenti:
* Lucrezio → da un aspetto dottrinale, perché vive tutto il dramma delle guerre civili
* Orazio → fa parte del circolo di Mecenate: da un aspetto pratico
( Epicuro è visto come un saggio in pace con se stesso
( Opera sotto Augusto, ma non vuole essere poeta di corte
( Aurea Mediocritas
La filosofia stoica viene recepita diversamente da quella epicurea.

Epicureismo ed atomismo (meccanicismo)
Nel 155 vennero rispediti tre filosofi, fra cui anche Carneade, accusati di essere sovvertiti. Epicuro sta cercando un criterio della conoscenza, della verità. Secondo il filosofo, la conoscenza ha tre criteri: sensazione, anticipazione (prolessi) e affezione.
1. Sensazione (Aestasys). La conoscenza deriva dai sensi e avviene per contatto, fra i nostri sensi e la realtà. Nel processo conoscitivo, i nostri sensi percepiscono dei simulacri degli oggetti → la realtà è composta da atomi → la realtà è un effluvio di atomi che si imprimono nella nostra mene, come dei calchi.
2. Anticipazione (prolessi). Queste immagini, che si imprimono nella nostra anima, producono delle immagini, delle anticipazioni, nella memoria, in modo tale che noi siamo in grado di distinguere gli oggetti anche quando non li abbiamo davanti a noi. Anche il fatto che gli uomini abbiano una concezione degli dei, vuol dire che essi esistono, perché si sono impressi nelle nostra anima. (concezione atomistica).
3. Secondo Epicuro, tuttavia, la realtà è costituita da atomi e cos’ pure l’anima. Anche gli dei sono costituiti da atomi in grado i rigenerarsi negli stessi composti. A differenza di Democrito, l’atomo per Epicuro non è soltanto dotato di quantità e forma, ma introduce un altro criterio → anche la grandezza e il peso dell’atomo contribuiscono al modo di aggregarsi degli atomi.

Per Epicuro, empio non è colui che non crede negli dei ma colui che applica la concezione comune e popolare agli dei.

Lettera a Meneceo – Epicuro
Secondo Epicuro, aspirare alla felicità significa essere nella pienezza d’essere, ossia l’equilibrio delle nostre capacità (anima e corpo) → equilibrio tra gli atomi. Quando l’uomo ha raggiunto la pienezza d’essere è in perfetta salute, non prova dolore né spirituale né fisico ed è felice.
Gli uomini temono la morte, ma è errato in quanto quando ci siamo noi non c’è la morte e quando c’è la morte noi non siamo più, quindi non possiamo più percepirla. (vedi il brano di Lucrezio “La morte non è nulla per noi”)
La felicità non si risolve con il prolungamento del piacere, ma attraverso il vivere la condizione in ci siamo. Ma se noi sappiamo che il pensiero della morte come dolore è infondato non c’è bisogno di essere immortale. È anche stupido chi pena che è doloroso il pensiero della morte, perché non deve spaventarsi al pensiero della morte e chi sa che la morte non è nulla per noi vive meglio. Il volgo ha timore della morte, ma ne ha anche il desiderio come fine dei propri dolori. Il saggio, invece né teme il pensiero della morte né la desidera perché vive bene. Egli non cerca di vivere più a lungo, ma meglio. La felicità consiste nell’equilibrio. Il saggio è quindi colui che cerca di vivere nel più dolce dei modi.

Dottrina dei desideri
Noi abbiamo la capacità di cambiare il nostro destino, ma non del tutto. Questo non ci deve impedire di vivere → noi non possiamo dominare tutto, ma non siamo nemmeno totalmente impotenti e in balia del destino. Epicuro rinnega il fatalismo. L’uomo deve essere consapevole dei propri limiti.

Bene » Piacere » Felicità

i desideri possono essere di due nature:
* Naturali:
- necessari (cibi, bevande)
- non necessari (cibi molto elaborati)
* Vani: non sono inerenti alla natura → superflui → non riguardano la pienezza d’essere → sono i falsi bisogni (lusso)
Un uomo è massimamente felice quando ha soddisfatto tutti i miei bisogni naturali necessari, mentre se soddisfa anche quelli vari si potrebbe procurare dei dispiaceri, dei dolori.

Tematica del piacere
C’è un criterio discriminante nella natura umane: la felicità è piacere. Ma bisogna intendere la parola piacere moto attentamente. Non è infatti detto che dobbiamo accettare tutti i beni, i piaceri perché alcuni potrebbero condurre al dolore. Ma non bisogna neanche evitare tutti i dolori per lo stesso motivo, infatti alcuni potrebbero portare al piacere
( Utilitarismo (calcolo secondo ragione) → ci deve far valutare ciò che è bene e ciò che è male per noi → non bisogna volere la quantità del piacere, ma la qualità. L’uomo è chiamato a scegliere, ma dobbiamo anche saper moderare il piacere → bisogna vedere di cosa ha realmente bisogno l’uomo.
Il piacere per Epicuro è ciò che non porta alla sofferenza → bisogna mantenere l’ autosufficienza e l’equilibrio → piacere catastematico → non è la ricerca del godimento, della libagione → è un piacere sobrio.
Bisogna anche saper eliminare il dolore , e questo è possibili solo attraverso dei calcoli. Non è possibile vivere piacevolmente se non si fanno delle scelte sulla felicità legate alla virtù; ciò implica l’uso della prudenza, cioè saper capire in anticipo quello che potrebbe recare felicità o dolore a noi. Questo è un ideale alla portata di tutti, ma la cosa più importante è che bisogna conoscere la realtà e soprattutto noi stessi.
Noi possiamo aspirare alla felicità attraverso il quadrifarmaco che “cura”:
- il timore della morte;
- il timore degli dei;
- il timore del dolore;
- il timore di raggiungere il piacere/felicità.

Secondo Epicuro, è meglio agire con buona ragione (retto giudizio) ed avere la sorte avversa che agire con “cattivo giudizio” ed avere la sorte dalla nostra parte. In definitiva, ha più valore il nostro tentativo, che la buona sorte (fortuna).

L’epicureismo in Lucrezio

* Taedium vitae: Lucrezio ha un particolare disgusto della vita; non ha spirito di sopportazione e fa fatica a vivere. L’uomo è attanagliato da una grande angoscia, dall’insoddisfazione, dall’irrequietezza d’animo che ci impedisce di aspirare alla felicità. A volte siamo anche legati dall’invidia → questi sono sentimenti che avvelenano la nostra vita, insieme alla paura della morte. Lucrezio dice: “come si può pensare di rimanere in vita, quando uomini molto più grandi, più valorosi di noi hanno lasciato la vita senza rimpianto”. Ma l’uomo, anche se non prova dolore, ha paura. Lucrezio riprende le riflessioni di Epicuro e ne coglie l’angoscia esistenziale. Lucrezio vive in una società più matura rispetto a quella greca, e ha davanti a sé la decadenza della repubblica. Bisogna quindi eliminare le paure della morte e della divinità (questi pensieri sono contenuti nei suoi scritti).
* Pene d’amore: l’amore per Lucrezio è un turbamento
“Per amore dell’amicizia bisogna saper rischiare il proprio amore”
Lucrezio lo ammette solo come principio di riproduzione, ma non come amore in cui intervengono i sentimenti. “quando si ama, si sciupano le forze” (assioma dell’amore); si crea anche la gelosia, il timore di perdere ciò che si ha (la propria amata). Gli uomini sono quindi accecati dall’apparenza delle donne (bisogna consigliare ma bisogna anche alla propria casa). L’amore concepito come attività fisiologica naturale , come equilibrio organico, come riproduzione e generazione. Lucrezio rifiuta il furore amoroso, il sentimento che ottenebra la mente. Secondo una leggenda, Lucrezio avrebbe bevuto un filtro d’amore che lo avrebbe portato poi alla follia. Questo accanimento è un po’ feroce, ed è fin tropo accanito per essere un ragionamento di solo tipo letterario. Nell’ultima pagina del Satirica, Lucrezio crede che avere una donna brutta e una donna bella sia la stessa cosa e ne descrive i vari casi.

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