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Categoria: | Storia |
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STATI UNITI E GIAPPONE
GLI STATI UNITI DALL’INDIPENDENZA ALLA CONQUISTA DEL WEST
Salvo le emarginate minoranze di colore e una parte dei ceti bianchi più poveri, gran parte dei coloni americani la vastità dei territori e le ricchezze delle sue risorse riservavano, infatti, maggior benessere e maggiori prospettive di ricchezza che altrove. La costituzione del 1787 garantiva alle ex colonie le norme essenziali della democrazia politica e della partecipazione popolare, anche se essa era stata espressione soprattutto degli industriali e dei grandi commercianti del nord, raccolti intorno al partito federalista, cui appartenevano i primi due presidenti. Nel 1801 la guida del paese era passata al partito repubblicano democratico di Jefferson, interprete dei piccoli proprietari terrieri, degli artigiani e dei pionieri: tutti critici del centralismo federale, gelosi dell’autonomia dei propri stati e preoccupati dell’eccessiva influenza esercitata dall’oligarchia finanziaria del nord. Cercarono di democratizzare le istituzioni e soprattutto sostennero quel nomadismo di massa che fu la colonizzazione del WEST, che raggiunse il Pacifico nel 1846. L’impetuosa crescita territoriale e la nuova fisionomia economica non tardarono a creare verso la metà del secolo profonde lacerazioni tra gli interessi dei vari stati e delle varie regioni, mentre due vecchi partiti, il federalista e il repubblicano-democratico, subivano radicali trasformazioni dando origine ai due partiti ancora oggi dominanti, quello REPUBBLICANO (ex federalista) e quello DEMOCRATICO (ex repubblicano-democratico).
NORD E SUD: IL PROBLEMA DELLA SCHIAVITU’
Per una serie di circostanze favorevoli i commerci marittimi e i due terzi della capacità industriale del paese si erano concentrati nelle regioni nord-orientali, favorendo l’intenso sviluppo di città e di molti centri di media grandezza e delineando un ampio mercato interno, alimentato dalla stessa conquista del West. Gli stati meridionali dipendevano invece in gran parte dall’estero, poiché le grandi piantagioni di cotone rifornivano l’industria europea tessile, allora in piena espansione. Tradizionali culture del riso e del tabacco la coltivazione massiccia del cotone utilizzando la manodopera degli schiavi neri, importati in gran numero dall’Africa nel corso del ‘700 e divenuti, dopo la proibizione
Della tratta dei neri nel 1808, una merce talmente preziosa che alcuni stati si specializzarono nella produzione e nell’allevamento degli schiavi. Gli schiavi erano impegnati come animali di fatica per lavorare nei campi dall’alba al tramonto, sottoposti a brutali sorveglianti o usati come servi dell’aristocrazia latifondista del sud. Anche la società bianca era fortemente gerarchizzata. La complessa situazione del sud, unitamente alle crescenti divaricazioni tra il sistema economico settentrionale e meridionale degli Stati Uniti, divenne una miscela esplosiva di cui la questione dell’abolizione della schiavitù finì per esserne la scintilla. Fino agl’anni ’30 negli stati del nord si era sviluppato un forte movimento abolizionista organizzato dal Partito repubblicano, mentre nel sud predominavano tendenze favorevoli al mantenimento della schiavitù. Sul piano economico le manifatture del nord, orientate al consumo interno, volevano forti tariffe protezionistiche, mentre gli esportatori di cotone del sud chiedevano più ampia libertà di commercio. Con la conquista del west, gli imprenditori del nord propugnavano la costruzione di strade e ferrovie, mentre il sud, pago della gran via d’acqua del bacino del Mississipi, era contrario a misure fiscali necessarie per pagare infrastrutture per esso inutili. Il problema di fondo era sul modello d’assetto economico-sociale che avrebbero dovuto avere i nuovi territori. E poiché agli stati occorrevano altre colonie rette dal sistema delle piantagioni schiavistiche, negl’anni ’50 scoppiarono sanguinosi disordini tra ABOLIZIONISTI e SCHIAVISTI.
LA GUERRA DI SECESSIONE: (1861- 1865)
Quando nel 1860 i repubblicani abolizionisti riuscirono a far eleggere presidente ABRAHAM LINCOLN, gli stati schiavisti risposero con l’aperta secessione e si riunirono nella Confederazione del sud sotto la presidenza del generale Jefferson Davis, stabilendo la loro capitale a Richmond, in Virginia. La guerra divenne inevitabile, e comportò perdite umane e distruzioni enormi. Sull’abilità militare dei generali sudisti prevalse la forza economica e numerica del nord. All’occupazione del sud fu accompagnata dalla sua devastazione (1865). All’indomani della vittoria, il Partito repubblicano si divise sulla questione del futuro degli stati del sud e sull’emancipazione degli schiavi. Una minoranza radicale voleva imporre una drastica riforma agraria con la redistribuzione delle grandi piantagioni tra i neri, mentre la maggioranza moderata del partito si oppose considerando la proposta un inammissibile attentato alla proprietà privata. La schiavitù fu abolita nel dicembre 1865, ma il riconoscimento dei pieni diritti politici e civili agli uomini di colore rimase sulla carta. Lo schiavismo si trasformò in separazione tra le due razze (SEGREGAZIONE) e i neri nel sud divennero per lo più braccianti. Gli industriali del nord avevano ottenuto la vittoria del loro modello di sviluppo economico con forti misure protezionistiche e in tal modo nei decenni seguenti gli Stati Uniti divennero una delle più potenti aggregazioni industriali del mondo. Una legge promulgata in piena guerra civile prevedeva la distribuzione gratuita delle terre del West ai contadini disposti a colonizzarle. I territori delle grandi praterie furono così percorsi dalle nuove linee ferroviarie e da nuove ondate di pionieri, mentre i pellerossa ingaggiavano tra il 1860 e il 1890 una disperata difesa delle loro terre, ma alla fine dovettero soccombere, ritirandosi a vivere d’assistenza nelle riserve.
GLI INIZI DELLA MODERNIZZAZIONE IN GIAPPONE
In Asia muoveva i suoi primi passi il Giappone, che era rimasto fino alla metà del XIX secolo pressoché isolato e aveva mantenuto limitati rapporti commerciali soltanto con Cina e Olanda. Dal secolo XVII il governo dell’arcipelago era poi divenuto appannaggio della famiglia Tokugawa detentrice del potere militare, mentre l’imperatore, pur essendo venerato come una divinità, era privo di reale autorità. L’oligarchia militare degli shogun si appoggiava su grandi vassalli, i quali a loro volta si avvalevano delle prestazioni amministrative e militari della casta dei samurai. Alla base della piramide sociale di tipo feudale dell’impero si collocavano le masse contadine che producevano il riso e gli altri beni di prima necessità indispensabili alla sussistenza e ai consumi dell’apparato di governo. Tra i ceti meno considerati c’erano i commercianti, costretti a vivere isolati nei ghetti cittadini, poiché la loro attività era ritenuta disdicevole. Furono gli Stati Uniti, che avevano bisogno di scali sulla rotta dei traffici con la Cina, a rompere nel 1854 l’isolamento giapponese, penetrando nella baia d’Uraga e ottenendo di poter avviare scambi commerciali. A questo punto diventava difficile per i giapponesi negare analoghe concessioni ad inglesi e russi e tenere a freno la penetrazione commerciale del mondo occidentale. Il deficit commerciale che si creava per l’eccesso d’importazioni e l’aumento conseguente dei prezzi incrinarono i precari equilibri sociali e politici interni, provocando un intollerabile peggioramento delle condizioni di vita dei contadini e un malcontento diffuso anche tra i ceti burocratico-militari al potere. A sua volta il ceto dominante si divise tra nazionalisti xenofobi, violentemente ostili agli stranieri, e i fautori di un’accelerata modernizzazione attraverso l’introduzione delle tecniche produttive, scientifiche e militari dell’Occidente. Le correnti innovatrici finirono per prevalere e puntarono sul ripristino dell’autorità imperiale per superare il frazionamento feudale provocato dallo shogunato e giungere ad una centralizzazione del potere. Così nel 1868 finì il dominio della famiglia Tokugawa ed ebbe inizio l’età della restaurazione MEIJI. Con il suo appoggio le correnti modernizzatici avviarono la trasformazione del Giappone in senso capitalistico, evitando però di intaccare l’alleanza tra corte imperiale, funzionari e ceti militari. L’industrializzazione fu avviata dall’apparato statale di origine feudale, mentre la borghesia non ebbe per niente le caratteristiche della borghesia occidentale, poiché mantenne stretti legami con i ceti tradizionali, dai quali derivò l’orientamento militaristico. L’ordinamento tedesco fu tenuto esplicitamente presente nella stesura della nuova costituzione giapponese alla fine degli anni ’80, caratterizzato dall’intreccio di gerarchie aristocratico-militare e ceti borghesi emergenti: un modello di stato al tempo stesso efficiente e aristocratico, aggressivo e rigidamente gerarchizzato, ma capace di imprimere senza scrupoli una straordinaria velocità ai processi d’industrializzazione.