La guerra fredda

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Testo

LA GUERRA FREDDA
IL MONDO DAL 1945 AL 1956
La "guerra fredda", termine utilizzato per la prima volta dal giornalista americano Walter Lippman nel 1947, rappresenta il periodo del secondo dopoguerra caratterizzato dall'antagonismo di potere tra Stati Uniti e Unione Sovietica, le due superpotenze mondiali.
Nell'analisi del secondo dopoguerra, abbiamo individuato il periodo più teso e acceso della guerra fredda, come quello che va dal 1945 al 1956, anno in cui il segretario del PCUS Nikita Kruscev diede l'avvio a quel complesso e tortuoso processo della "Distensione".
Precedentemente alla seconda guerra mondiale non vi erano stati scontri tra i due stati per vari motivi: primo, perché a difendere gli interessi economici degli isolazionisti Yankees vi erano Stati come la Gran Bretagna e gli stessi regimi fascista e nazista, secondo, l'URSS non era ancora uno stato militarmente forte e non aveva nessun appoggio dall’esterno. Ora però, la situazione stava cambiando. La vecchia Europa non era in grado di dare segni di vita, era giunta alla fine della guerra allo stremo delle forze.
Non solo, ma nel 1945, vi era tra i dirigenti sovietici e Stalin la convinzione che il conflitto col mondo capitalistico fosse alle porte, e che la seconda guerra mondiale fosse stata una parentesi.
Il possesso della bomba atomica da parte americana poi, alimentava un senso di disagio e di timore di un'aggressione statunitense all'Unione Sovietica. L'URSS mantenne schierate le sue truppe nell'Europa dell'Est anche dopo la fine della guerra per paura di un attacco: l'Europa era l'ostaggio contro la minaccia atomica.
L'URSS cercò di crearsi una sorta di cordone protettivo ("Cortina di ferro", la definirà W. Churchill).
Sull'avanzata sovietica in Europa e sul perdurare del suo esercito ad Est, gli americani basarono la loro politica della dottrina Truman e del "Contenimento" dell'espansione delle ideologie di sinistra. Truman prese chiaramente l'impegno di difendere i popoli liberi dalla minaccia armata e rivoluzionaria sovietica.
Questo clima pesante tra i due blocchi, mise in evidenza i limiti della Conferenza di Yalta, emersi tra l'altro già in quella di Potsdam.
La Conferenza di Yalta, tenutasi a Febbraio del 1945 e i cui impegni furono poi confermati a Potsdam, era servita, di fatto, a porre le basi del nuovo ordine geopolitico dell'Europa. Il mondo fu diviso in due sfere d'influenza, in due blocchi contrapposti i quali però, secondo l'allora Presidente americano Roosvelt, non avrebbero dovuto smettere di collaborare. Così invece successe: L'Unione Sovietica e gli Stati Uniti si trovarono d’accordo soltanto quando si trattò di ridurre l'Europa a un continente sottomesso e d'appoggio.
L’ONU.
Uno degli elementi più chiari che mostrano la grave crisi internazionale del dopoguerra, è rappresentato dal semi-fallimento dell’ONU (organizzazione delle nazioni unite).
Già la Carta Atlantica siglata nel 1941 tra Roosevelt e Churchill aveva tenuto a riproporre i principi della vecchia Società delle Nazioni, quali il diritto all’autodeterminazione dei popoli e l’inutilità dell’uso della forza per risolvere le controversie internazionali.
Nel 1942 i paesi alleati si erano per la prima volta definiti “Nazioni Unite”. Persino Stalin era favorevole ad una maggiore cooperazione internazionale, giungendo a sciogliere nel 1943 la Terza Internazionale per convincere gli Alleati della sua disponibilità a dialogare.
Con la Conferenza di San Francisco dell’aprile 1945, nacquero ufficialmente le Nazioni Unite. Queste avrebbero dovuto riunire tutte le Nazioni della terra, garantendo ad ognuna gli stessi diritti e in pratica, i principi che le Nazioni Unite avrebbero dovuto seguire erano quelli Wilsoniani della SdN (Società delle Nazioni).
La Conferenza di Yalta, e ancora di più quella di Potsdam, aveva obbedito però a una logica ben diversa da quella del progetto ONU.
Il meccanismo su cui si fondarono le Nazioni Unite risentì, infatti, della situazione che si stava delineando: le cinque potenze vincitrici della guerra divennero membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU, il suo organo principale, ciascuno con il diritto di veto.
L’ONU diventò in breve un oligopolio in cui USA e URSS predominavano al punto di poter bloccare decisioni risolutive delle varie tensioni internazionali solo per ostacolarsi a vicenda. Non solo, il loro strapotere porterà spesso l’ONU a ignorare i popoli e le zone della terra più bisognose, quelle dove i principi di aiuto e cooperazione internazionale avrebbero dovuto trovare applicazione.
Il piano Marshall.
Alla fine della guerra l’Europa era ridotta a un cumulo di macerie e sembrava veramente difficile prevederne una sua rinascita autonoma.
Ciò fece scattare dalla parte Americana un decisivo intervento economico, che non consiste però in qualcosa come i primi finanziamenti dell’immediato dopoguerra ma un vero e proprio progetto per la ricostruzione europea.
Ovviamente in quest'enorme progetto, chiamato PIANO MARSHALL dal nome del segretario di stato americano che lo propose, troviamo i riflessi della crisi internazionale.
Gli americani avevano, infatti, tre motivi per attivare il Piano Marshall: prima di tutto secondo la “dottrina Truman” del contenimento dell’espansionismo sovietico, si doveva cercare di eliminare il malcontento e la fame in Europa, due elementi che potevano favorire l’avvento del comunismo.
Secondo, bisognava che il blocco occidentale diventasse compatto e forte attorno all’alleato (o al padrone) americano.
Terzo motivo per finanziare l’Europa era l’interesse americano a non arrestare il vasto sviluppo industriale che il loro paese aveva avuto durante le guerra. Il fatto è dimostrato dall’investimento dei soldi del Piano Marshall nell’acquisto di prodotti americani; ciò evitò una possibile recensione economica.
Il Piano Marshall da principio non voleva escludere ne l’URSS e tanto meno l’Europa Orientale.
Ma l’Unione Sovietica temeva che un “vendersi” per fame all’occidente avrebbe determinato una crescita del dissenso verso il regime di terrore instaurato nei paesi dell’Est e una perdita dell’identità ideologica del paese, agli antipodi delle dottrine capitalistiche. Stalin si oppose all’adesione al Piano Marshall. Per tutta risposta istituì, nel 1947 il kominform (l’ufficio d’informazione dei partiti comunisti) i quali dovevano riferire a Mosca sulle situazioni dei loro paesi; nel 1949 nacque il Comecon, un’alleanza di mutua assistenza economica tra i paesi dell’Est, le così dette “democrazie popolari”.
Così, mentre il Piano Marshall favoriva ad ovest la ricostruzione dell’Europa e la lenta nascita di veri stati, liberi e democratici, ad est la repressione di qualsiasi forma di apertura verso l’occidente faceva retrocedere l’Europa Orientale verso la glaciazione.
Vennero imposti i partiti unici e le elezioni vennero sempre rigidamente controllate, si instaurò un regime poliziesco. Questa fu la divisione dell’Europa.

Le strategie militari: la NATO e il Patto di Varsavia.
Uno dei problemi e dell’eredità della seconda guerra mondiale fu la questione del riarmo. La strana logica della divisione in blocchi fece si che la sopravvivenza e la sicurezza di ognuno di essi fosse garantita soltanto da un armamento militare superiore all’altro. A causa di questo, iniziò una pesante militarizzazione, che comportò dal principio enormi spese economiche.
Non solo, ma da quando gli Americani persero il monopolio della bomba atomica nel 1949, iniziò una crescita delle spese destinate agli armamenti nucleari, che misero in pericolo il pianeta più di una volta.
Evidente simbolo della nuova militarizzazione è la creazione della NATO (Patto dell’Atlantico del Nord, stipulato tra Europa Occidentale, USA e Canada), e il suo equivalente Orientale, il Patto di Varsavia.
Tutte e due queste alleanze erano di tipo difensivo e miravano, nelle loro intenzioni, ad aumentare e rendere più salda la cooperazione economico-militare tra gli stati membri.
Avevano però radici e motivi diversi.
La NATO nacque nel 1949, sempre come conseguenza della Dottrina Truman, ma anche perché si temeva che le truppe dell’Armata Rossa, sempre presenti in Europa Orientale, potessero dilagare da un momento all’altro oltre la “Cortina di Ferro”. Un’Europa in cui il comunismo era visto come un incubo, specialmente nella rovinosa situazione europea del dopoguerra, rese necessaria questa alleanza con gli Stati Uniti. Questi ultimi raggiunsero così molteplici obiettivi, tra i quali un maggiore controllo dell’area europea e un ulteriore mercato per le proprie industrie militari.
L’Europa, non ancora in grado di sostenere la propria difesa, dovette per forza di cose stipulare il patto. La NATO servì inoltre come deterrente verso possibili exploits rivoluzionari in Occidente.
A Est, l’URSS impose nel 1955 il Patto di Varsavia, che più che dalla paura di un’aggressione statunitense, era motivato dall’interesse sovietico di rafforzare le proprie posizioni negli Stati Satellite.
Al di là delle alleanze militari, venne nascendo una sorta di equilibrio del terrore tra Est e Ovest, dovuto all’aumento delle spese nelle armi nucleari. Tutto questo fu incoraggiato da un’Europa stremata e da una radicale divergenza tra le diverse ideologie degli Americani e dei Russi. L’ONU non poté fare altro che assistere impotente alla corsa agli armamenti.
Comunque, e da sottolineare come da questo equilibrio del terrore scaturiranno i presupposti della coesistenza. Una guerra nucleare non avrebbe certo apportato a nessuno dei belligeranti dei vantaggi politici e finanziari.
La guerra di Corea (1950/1953).
La guerra di Corea simboleggia, nella sua durezza, uno degli episodi più crudi, cinici e significativi della Guerra Fredda e della divisione tra Est ed Ovest.
Al termine del secondo conflitto mondiale, gli Alleati avevano stabilito che il 38° parallelo dovesse separare temporaneamente la Corea in due Stati, uno filo-sovietico a Nord e uno filo-americano a Sud.
Con l’intensificarsi della crisi internazionale, nel 1950, la Corea del Nord invase la Corea del Sud. L’ONU, il cui consiglio di sicurezza era in quel periodo disertato dall’URSS (che avrebbe voluto l’inclusione alle Nazioni Unite della Cina Popolare e non della Cina di Taiwan), autorizzò gli Americani a intervenire.
Furono necessari tre anni di guerra sanguinosa per restituire il confine al 38° parallelo; da questo conflitto emerse inevitabilmente la paradossalità e l’irreversibilità che andava assumendo la Guerra Fredda. Mise in luce come uno Stato non potesse gettare liberamente le basi del proprio destino, per consentire a una delle due Super Potenze di accrescere maggiormente la propria ricchezza e il proprio potere. Era la negazione della Carta dei Diritti dell’ONU e la testimonianza del fallimento del processo di pace all’indomani della seconda guerra mondiale.
Il 1956: l’avvio della “”Distensione”
La morte di Stalin in URSS nel 1953 avviò una nuova fase della Guerra Fredda.
Il primo successore di Stalin, Malenkov, iniziò a riparlare di coesistenza pacifica tra i due blocchi. L’erede dell’avvio di stagione del dopo Stalin, divenne nel 1956 Nikita Kruscev. Innanzitutto in Russia si aprirono, per la prima volta dopo dieci anni, nuovi contatti col mondo Occidentale. Questo stava già ad indicare un sintomo di apertura.
Nel 1956 poi, all’apertura del 20° Congresso del PCUS, Kruscev denunciò i crimini e le atrocità dell’era Stalin e protese la mano agli Americani per poter rilanciare il dialogo, enunciando nuovamente la teoria della Coesistenza Pacifica e della Distensione, invitando i rappresentanti delle forze di Sinistra in Occidente a lavorare democraticamente per la conquista del potere, dimenticandosi dunque qualsiasi scelta rivoluzionaria.
I fattori che hanno provocato l’avvio della Distensione sono vari. Prima di tutto si comprese che l’inasprimento della tensione internazionale avrebbe avuto un effetto controproducente; una guerra tra capitalismo e comunismo diveniva dunque improponibile, perché avrebbe portato alla distruzione sia degli uni che degli altri.
In secondo luogo l’Unione Sovietica stava iniziando a comprendere come l’eccessiva predominanza delle spese per l’industria pesante e per gli armamenti, stesse privando la popolazione dei più elementari beni di consumo. Si delineava così l’alternativa alla Guerra Fredda, ossia una sorta di coesistenza economica competitiva.
Terzo, la stabilità ormai acquisita dai due blocchi era ormai soltanto da preservare per il futuro. Kruscev capì che da un cambiamento in questa direzione, l’URSS aveva soltanto da guadagnarci. Cercò, con la sua nuova linea politica e diplomatica di cambiare in meglio anche le condizioni di vita della popolazione, guadagnando stima e ammirazione in Occidente per la grande svolta che teorizzava.
La Distensione rappresentò questo, ossia un nuovo modo di porsi di fronte all’antagonista Americano. La coesistenza pacifica consistette nel tentativo di spostare la competizione dall’incremento degli arsenali militari allo sviluppo tecnologico (vedi la luna e la conquista dello spazio) ed economico.
SINTESI DEL DOPO “56
L’equilibrio del terrore e la stabilizzazione interna dei due blocchi favorirono l’avvio della distensione. Questo non significa che non mancarono attimi di grande tensione; già dal 1956, con la repressione della rivolta scoppiata contro il regime sovietico, si comprese come il mondo fosse lontano dalla pace.
Nel 1962, per la presenza di missili sovietici a Cuba (vicina alle coste statunitensi), ricomparve in tutta la sua durezza l’incubo della guerra nucleare.
Comunque la distensione inaugurò un nuovo periodo della storia del dopoguerra. Fattori rilevanti sono stati il lento declino del bipolarismo e la crescita, nel Terzo Mondo, dei paesi non allineati.
Il lento declino del bipolarismo si può spiegare con il decollo economico dell’Europa e del Giappone, che da aree depresse tornarono aree di forte sviluppo economico; la nascita della CEE (Comunità Economica Europea), escludeva nei suoi principi l’inclusione degli americani o dei russi. Altri elementi a sfavore del bipolarismo sono stati la perdita del duopolio dell’energia atomica e della bomba H; l’emergere della Cina come polo di rilevante peso economico e politico, aspramente critico, dagli anni “70, dell’Unione Sovietica; la crescita di forti movimenti nazionalistici in paesi come la Francia di De Grulle. Questi eventi testimoniano come stesse diventando stretto al mondo il pesante giogo dei due padroni.
Nel Terzo Mondo, nonostante fosse molto pressante l’influsso ideologico ed economico dei due blocchi, ci furono vari tentativi di conquistare una reale indipendenza.
L’insofferenza dei paesi di religione islamica alla politica estera americana e russa, determino forti chiusure in questi stati, gettando le basi del terrorismo come rifiuto dell’Occidentalizzazione e Sovietizzazione.
In Africa, la costante instabilità dei governi dei paesi ex-coloniali (finanziata e voluta dal Primo Mondo per interessi economici e politici), non fece mancare testimonianze come quella di Patrice Lumumba, che voleva inaugurare una via di sviluppo alternativa a quella proposta dalle due superpotenze. Lumumba venne ucciso dai guerriglieri assoldati da una compagnia mineraria belga, nel 1961.
La distensione rallentò con l’inizio dell’era Breznev in URSS. Egli fece tornare il paese in un clima da stalinismo, pur non chiudendo i rapporti diplomatici con gli occidentali. Il clima si riappesantì, e fu allora che prese piede la contestazione giovanile contro i valori propugnati dai due blocchi. Di questi anni sono le proteste contro la guerra americana in Vietnam (fino al 1975) e la rivolta contro il regime comunista in Cecoslovacchia (la primavera di Praga del 1968).
Il principio della conservazione dell’equilibrio e del mantenimento del controllo della situazione internazionale si mise luce in modo particolare nel 1979, quando l’invasione sovietica dell'Afganistan, che non trovò una reale opposizione internazionale.
L’avvento di Gorbacev in URSS nel 1985, iniziò a porre i presupposti del crollo dell’era dei blocchi. Egli perseguì una politica del “disgelo” nei confronti dell’antagonista americano, inaugurando realmente l’era del disarmo e concedendo sempre maggiore autonomia ai paesi del blocco orientale. La “Perestrojca”, la ristrutturazione, portò però al crollo l’impero sovietico, chiudendo la guerra fredda.
Gli americani avevano vinto la sfida sotto ogni profilo; con il crollo del muro di Berlino nel 1989, fu gettata la prima pietra per l’avvento di una nuova era.

KARL MARX: “IL CAPITALE” E “IL MANIFESTO”
Prima di iniziare la nostra analisi delle due opere principali di Marx, vogliamo spiegare il perché della nostra scelta, in altre parole che cosa c’entra Marx nella storia della guerra fredda.
Prima di tutto perché egli è stato il filosofo che ha teorizzato lo scontro tra il capitalismo e la classe operaia; ricordiamo per questo la celebre battuta di Kruscev nei confronti degli Americani durante una visita ufficiale: “Noi vi seppelliremo”.
Secondo, perché grazie allo stesso Marx numerose riforme sono state fatte a favore delle classi più povere nei paesi capitalisti, allo scopo di evitare una rivoluzione.
Nel dopoguerra Marx ha esercitato una notevole influenza, non solo come fonte d’ispirazione dello stato sovietico, ma anche di numerose correnti culturali dei paesi occidentali. Non dimentichiamoci la “caccia alle streghe” nei confronti dei marxisti, organizzata in America tra gli anni '40 e gli anni '50 (maccartismo).
Marx, nel bene e nel male ha influenzato la cultura del dopoguerra, sia quella americana (che ha dovuto prendere le sue contromisure), sia quella, monocolore, dei paesi del blocco orientale e della Cina.
A noi non interessa testare la validità delle sue teorie, ma mostrare il pensiero che ha conseguito paure e consensi durante la guerra fredda.
IL CAPITALE
Il Capitale è lo scritto della maturità di Marx. Egli ritiene che gli economisti classici, Smith e Ricardo, non siano riusciti a storicizzare i fenomeni economici e le loro conseguenze; egli pensa che per analizzare una società si debba partire proprio dalla struttura economica della stessa.
Secondo le sue teorie, per interpretare i fenomeni economici bisogna utilizzare la dialettica, poiché afferma che l’economia non è un processo statico e il buon comunista filosofo deve essere conscio del fatto che non esistono leggi stabili assolute in questo campo.
Marx vuole dunque analizzare a fondo le dinamiche economiche della società borghese: l’analisi è condotta scientificamente.
Prima di tutto egli inizia a studiare la merce, ritenendola alla base dell'economia capitalistica. La merce ha due valori, un valore d’uso e uno di scambio.
Il valore d’uso gli è dato dall’utilità che essa ha per l’uomo, il valore di scambio è il prezzo della merce sul mercato. Quest’ultimo è strettamente connesso al numero d'ore necessarie per produrre la merce. Ciò però non è sempre valido, poiché il prezzo può essere determinato anche dalla scarsità di una merce o dalla sua sovrabbondanza.
Il capitalismo si fonda sulla merce; il capitalista, col denaro, compra altra merce per produrre altro denaro. Questa è secondo Marx la logica capitalistica.
Il capitalista tende ad acquistare una merce del tutto particolare: l’operaio. Questa “merce umana” è pagata secondo quanto le serve per sopravvivere.
A questo punto Marx si chiede dove si trovi il profitto, ossia dove il capitalista produca il plusvalore da cui ricavare il guadagno. Supponendo che un operaio lavori dodici ore, e di queste, la metà servano per pagargli lo stipendio, il pluslavoro (le sei ore non pagate), vanno al capitalista.
E’ chiaro, secondo Marx, che il profitto è legato allo sfruttamento del lavoratore.
Marx sostiene dunque che le sei ore che servono a pagare l’operaio siano il capitale variabile; delle restanti sei una serva per pagare l’energia, le macchine e le spese della fabbrica.
Avremo cosi che:
plusvalore
saggio del plusvalore s
capitale variabile
E dunque:
plusvalore
saggio del profitto =
cap. variabile + cap. costante
Il saggio del profitto è il guadagno del capitalista.
Essendo la logica del capitalismo quella di produrre sempre più denaro, il capitalista tenderà ad aumentare il profitto in due modi: agendo sul lavoro dell’operaio, aumentandolo e mantenendo invariato il salario; agendo sul capitale costante, meccanizzando sempre di più il processo produttivo in modo da aumentare la produzione. In questo caso si otterrà un plusvalore relativo, perché vi è il costo della ricerca scientifica.
Il capitalista può sfruttare però meglio la manodopera, sostituendo gli operai normali con donne e bambini (ai quali è elargito un salario minore).
Nonostante ciò, secondo Marx, nel futuro ci sarebbe stata una diminuzione dei profitti del capitalista dovuta a crisi di sovrapproduzione, alla saturazione del mercato e alla guerra tra gli stessi capitalisti.
Ci sarebbe stata la “ Caduta tendenziale del saggio di profitto”:
plusvalore
C. T. S. P. =
cap. variabile + cap. costante
Marx ritiene che tutto il guadagno del capitalista stia nel plusvalore. Le crisi di sovrapproduzione costringeranno i capitalisti a licenziare gli operai, diminuendo il plusvalore e dunque il profitto.
Rimarranno cosi pochi monopolisti, i quali saranno contrapposti a un gruppo maggioritario di scontenti; alla fine si avrà lo scontro tra i due antagonisti, giungendo alla costituzione di una società di tipo comunistico.
IL CONCETTO DI ALIENAZIONE
Anche se non trattato direttamente nel Capitale, è un concetto che fa parte dell’analisi del capitalismo.
Secondo Marx l’alienazione va ricercata in quella che è la realtà economica degli individui e nelle dinamiche sociali in cui essi sono inseriti. La causa dell’alienazione (o estraniazione) è insita nel sistema di lavoro capitalistico.
Vi sono quattro tipi di alienazione:
1) L’uomo è alienato rispetto a ciò che produce, pertanto ne avverte l'estraneità in quanto non gli appartiene.
2) L’uomo è alienato nei confronti della propria essenza; nel lavoro ciclico l’uomo diventa una macchina e si disumanizza perdendo la sua personalità.
3) L’uomo è alienato nei confronti del proprio lavoro, ripetitivo e meccanico.
4) L’uomo è alienato nei confronti del prossimo e del capitalista. Egli entra perennemente in conflitto col datore di lavoro.
Questo stato di conflitto gli fa vedere il capitalista come uno sfruttatore. La causa di tutto ciò è sempre il sistema produttivo capitalistico; da qui la lotta contro il capitalismo, l'esito di tale scontro dovrà condurre a una società di tipo comunistico.

IL MANIFESTO
Il "Manifesto del Partito Comunista" pubblicato in collaborazione con F. Engels a Londra nel 1848 è senza dubbio uno dei libri che hanno più inciso sull'evoluzione storico-politica del mondo moderno, in particolare su tutte le dottrine socialiste.
In questo K. Marx si propone di esporre gli scopi e i metodi dell'azione rivoluzionaria attraverso una panoramica della concezione Marxista del mondo.
I punti salienti del documento sono:
1. l'analisi della funzione storica della borghesia;
2. il concetto della storia come "lotta di classe" e il rapporto tra proletari e comunisti;
3. la critica dei socialismi non - scientifici.
Nella prima parte del Manifesto Marx opera un'analisi della vicenda storica della borghesia enunciandone pregi e limiti.
Distingue tra essa e le altre classi dominanti: in passato le classi che hanno dominato tendevano a una conservazione statica dei modi di produzione, la borghesia al contrario, sente la necessità di rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione e l'insieme dei rapporti sociali, rivoluzione che è alla base dell'esistenza borghese. Marx dipinge dunque la borghesia come una classe dinamica che ha dissolto sia le vecchie condizioni di vita che le idee e le credenze tradizionali.
Il filosofo ritiene che la borghesia sia stata capace di portare a compimento meraviglie che superano in importanza le piramidi egiziane, gli acquedotti romani e le cattedrali gotiche: essa ha realizzato per la prima volta l'unificazione del genere umano, spinta dal bisogno di smerciare le proprie merci in tutto il mondo e portandole a percorrere il globo per intero, agevolando le comunicazioni e eliminando le barriere tra Oriente e Occidente (globalizzazione).
Tuttavia sostiene che questa classe e come una sorta di stregone che non riesce più a controllare e dominare le potenze infernali da lui evocate.
Infatti, le moderne forze produttive, sempre più sociali, si rivoltano contro i vecchi rapporti di proprietà, ancora privatistici e sottomessi alla logica del profitto personale, generando delle crisi terribili, che mettono in pericolo l'esistenza stessa del capitalismo.
In più, il proletariato, classe oppressa della società borghese non può che mettere in atto una dura lotta di classe, per il superamento del capitalismo.
Fra i concetti più significativi del Manifesto abbiamo il concetto di storia come "lotta di classe".
Marx, infatti, sosteneva:
"La storia di ogni società, esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classe. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressi e oppressori, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta".
Tuttavia Marx non si è attribuito il merito di avere "scoperto" l'esistenza delle classi ma di aver puntualizzato che:
1. l'esistenza delle classi è legata a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione;
2. le classi si definiscono essenzialmente in relazione alla proprietà o meno dei mezzi di produzione, la quale fa sì che in ogni epoca vi siano sempre due classi fondamentali;
3. la lotta di classe conduce "necessariamente" attraverso la "dittatura del proletariato", alla soppressione di tutte le classi e a una società senza classi.
Marx opera una distinzione fra la classe "in sé" e " per sé". La classe "in sé" è la classe intesa come aggregato di individui che si trovano in una situazione economico sociale pressappoco identica. La classe "per sé" è costituita da un'unità che, impadronitasi della coscienza di classe lotta in modo solidale per i medesimi obiettivi.
La frase conclusiva del Manifesto è un richiamo all'unità internazionale della lotta proletaria: "Proletari di tutti i Paesi, unitevi!"
Un'altra sezione di grande importanza è costituita dalla critica operata da Marx nei confronti dei socialismi presidenti.
Marx distingue la letteratura socialista e comunista in tre tendenze: il socialismo reazionario, il socialismo conservatore o "borghese" e il socialismo e comunismo critico-utopistici.
1. Il socialismo reazionario attacca la borghesia più secondo parametri conservatori, rivolti al passato, che secondo schemi rivoluzionari rivolti al futuro. Esso presenta tre forme:
• Il socialismo feudale che auspica il recupero del passato pre-rivoluzionario, pre-borghese e pre-capitalistico. Anche se i "feudali" cercano l'alleanza con il proletariato essi intendono soltanto sostituire l'alienazione capitalistica con un'alienazione "passata".
• Il socialismo piccolo-borghese che esprime il punto di vista della piccola borghesia rovinata dal capitalismo industriale e alla ricerca del passato pre-borghese (sistema corporativo per l'industria manifatturiera e sistema patriarcale per l'agricoltura).
• Il socialismo "tedesco" o sedicente "vero socialismo" di estrazione piccolo-borghese, rappresenta la tradizione germanica e "filosofica" del socialismo francese. Usa una terminologia classica e si riferisce più all'«Uomo» che ai proletari.
2. Il socialismo conservatore o "borghese" rappresentato da economisti, filantropi e umanitari che vorrebbero rimediare agli inconvenienti del capitalismo senza distruggerlo. A questo proposito Marx sostiene che il capitalismo non debba essere "curato", ma al contrario distrutto.
3. Il socialismo e il comunismo critico utopistico è costituito da quella feconda corrente di idee pre-marxiane che hanno avuto il merito di scorgere l'antagonismo fra le classi e gli elementi di contraddizione esistenti ne mondo moderno ma che non hanno saputo riconoscere al proletariato una funzione storica e rivoluzionaria autonoma.
Hanno quindi il limite di fare appello a tutti i membri della società, compresi i ceti dominanti, per una pacifica azione di riforme, in una dimensione moralistica e utopistica.
A queste forme Marx contrappone il proprio socialismo scientifico, basato sull'analisi critica scientifica dei meccanismi sociali del capitalismo e sull'individuazione del proletariato come forza rivoluzionaria destinata ad abbattere il sistema borghese.

THE SECOND POST-WAR: THE ENGLISH DECLINE
After the end of World War II, English rule in the world started to decline. In studying the cold war, we analysed the two principal events that marked the British post-war years: the loss of Empire(and, consequently, her submission to a new imperialist nation, USA); and the question of Northern Ireland.
THE LOSS OF THE EMPIRE
The idea that Britain was going into a slow but inevitable decline, spread during the war. Reasons for this thesis are exactly three: first, the involvement in the European war of the USA, that had an ancient colonial link with Great Britain; second, the birth in the colonies of numerous nationalist movements, that wanted independence from England(we can also say that England didn’t fight these movements because of the hindrace of the war); third, the disastrous conditions in which Britain was during and after the war. After 1945, Britain had to face an economic and social fabric entirely destroyed. Consequently to these three factors of the loss of the Empire, there are various implications. Britain became dependent on the financial and military help of USA, that, consequently, were the most powerful nation in the world.
After an age in which democracy was absent for many states of the world, the birth of U. N. marked the beginning of a new era in which every nation could be free and independent(also if U. N. are an associations of ideas, not of facts). The war brought with her the idea of freedom. Britain had to face also the interests of USA and USSR, that opposed colonial power; USA for economic advantage; USSR for political advantage.
Britain was an ancient nation with an old Empire, that wanted to be free.
THE COLONIAL INDEPENDENCE
Independence of colonies started in 1947 in the Indian sub-continent. After a period of 27 years, the indians’leader Ghandy, with his policy of non-violent protest, gave independence to India and Pakistan, followed by Ceylon in 1948.
Violence undermined hopes of maintaining an Empire. In 1948 Britain had to leave Palestine.
Britain was inexorably losing its power and prestige. In the fifties started the protest against English rule in Africa. A wave against England took place in Ghana(by Kwame Nkrumah), to which police responded with violence. Ghana became independent in 1957.
During a period of thirty years, almost all nations were independent from the English government. It's impossible to remember the date of independence of every state, but it's important to know the lenght of this process. It needed necessary 30 years to make independent every nation.. The last important state was Zimbabwe in 1980.
Britain has mantained a relationship with the ex-colonies in an alliance: the Commonwealth. The loss of the Empire and decline of England are two of the events that have characterized the second part of the century.
We think that Britain, also if she hasn't now important colonial departments, it has to admit its responsability in the dramatic conditions in which the ex-colonies, especially in Africa and India, are; her duty, now, must be to help these areas, but not only with an economic help, also with precise social engagements, as sanity and education.
Britain has to remedy to the age of heavy exploitation of the third world.
The Irish question in the post-war
In 1949, when the Republic of Ireland left the Commonwealth, the Catholics of Ulster felt that they were discriminated by the Protestants, that were a majority. The Catholics wanted to reunite with the Irish Republic.
When they started to demand equal rights with the Protestants, they were attacked by Protestant extremists. Police failed to protect Catholics.
This situations of discrimination and racism, made that violence increased on both sides.
Violence and tension became particularly intense after 1960, when the economic recession affected the poor classes of Great Britain. In Ulster, poor classes were composed by Catholics. In 1968, the drastic reduction of the number of workers was the principal cause of disorders and protests.
In 1969 British troops were ordered into Northern Ireland to protect Catholics, but they failed their mission.
IRA, the Irish Republican Army, split into two wings: Provisionals and Officials. The seconds were in favour of a peaceful resolution for the crisis; the Provisionals started a campaign of bombing and violence against the English government.
Provisionals were condamned as criminals, and the British government responded with decision.
IRA(and Provisionals) gained support in 1972, when, during a peaceful march of Catholics, the English army killed 13 people. The progressive deterioration of military and politic situation brought the English government to repeal the autonomy of Ulster. Nevertheless, hostility didn’t stop.
From 1969 to 1985, 2461 people remained killed. In 1981, ten young catholic militants, started a non vilence protest against the English government; they were ruled by Bobby Sands.
In 1983 the mains parties of Ulster started to discuss about a possible resolution for the reunion with EIRE, but their purpose was rejected by English parliament.
In 1985 the Anglo-Irish treaty was signed: the British and Irish governments agreed to work together against terrorism. England recognized to the Irish government a consultative rule to put resolutions in the dramatic question of Northern Ireland. Also if in 1993 and 1998 greater autonomy was granted to Catholics and Protestants in Ulster, various announcements of cease fire were ineffectual.
Ireland is still the centre of a vicious circle of violence.

LA LUNA.
Da sempre l'uomo ha rivolto il suo sguardo verso il cielo e non ha potuto fare a meno di ammirare e di essere catturato dalla bellezza della Luna.
Vi è sempre stata una certa attrazione tra la Luna e chi da quaggiù l'ammirava, attrazione alimentata da quell'aria misteriosa che da sempre ha attivato nell'uomo il sogno di raggiungerla per iniziare a svelare alcuni segreti dell'universo, mettendo piede in una realtà extraterrestre.
Così, durante la guerra fredda, il conflitto in atto tra USA e URSS ebbe un riflesso anche sulla conquista dello spazio.
La competizione tra i due paesi li portò a utilizzare le più avanzate tecnologie e ad applicarle a questo nuovo progetto che vedeva come principale obiettivo la conquista della Luna.
Questo clima di competizione e la corsa contro il tempo portarono alla messa in orbita attorno alla terra dello Sputnik (primo satellite artificiale) da parte dell'URSS nel 1957 e al primo viaggio di un russo sulla capsula Vostok nel 1961: Jurij Gagarin.
Dopo una prima fase in cui, come si è visto, i Russi erano ampiamente in vantaggio, gli USA decisero di aumentare il loro impegno e lo stesso presidente J. F. Kennedy, profeta della nuova frontiera, durante la sua breve presidenza (1960 - 1963), proclamò come obiettivo nazionale quello di mandare un americano sulla Luna e farlo ritornare sano e salvo sulla Terra entro il 1970.
L'obiettivo fu raggiunto in tempo: il 21 luglio 1969 l'Apollo 11 esegue l'allunaggio nel Mare della Tranquillità.
Il primo uomo a posare piede sulla Luna è l'americano N. Armstrong, mentre scendeva la scaletta del Modulo Lunare LEM e metteva piede sul suolo lunare, pronunciò la famosa frase che lo consegnò agli annali della storia: "Un piccolo passo per un uomo, un balzo da gigante per l'umanità…".
Con lui scese sul suolo lunare anche E. E. Aldrin mentre M. Collins li attende in orbita. Al termine della missione, ritornarono con la consapevolezza di aver realizzato un sogno e con numerosi campioni di rocce e polvere.
Fu lasciato sulla superficie lunare un sismografo, inoltre numerosi esperimenti effettuati con le missioni successive, permisero di conoscere meglio il nostro "satellite": la Luna.

LUNA: SATELLITE O PICCOLO PIANETA.
La Luna, unico "satellite naturale" del nostro pianeta, è anche il più interno fra tutti quelli del nostro sistema planetario; il primo che notiamo procedendo dal Sole verso l'esterno.
La sua massa totale è 1/81 di quella della Terra, è privo di luce propria ed è costituito da materiali allo stato solido.
Massa e dimensioni della Luna sono modeste in confronto a quelle di tanti altri corpi celesti dell'universo, ma considerevoli rispetto agli altri satelliti del nostro Sistema solare (S. S.) esclusi tre satelliti di Giove, uno di Saturno e uno di Nettuno.
Possiamo addirittura considerare la Luna come un "pianeta" se teniamo conto del rapporto tra la sua massa e quella della terra, che è ampiamente maggiore rispetto al rapporto tra le masse degli altri pianeti e dei loro satelliti.
Anche ad occhio nudo è possibile accorgersi della sua forma pressoché sferica, caratteristica non comune a tutti gli altri satelliti.
Con l'ausilio dei più moderni telescopi si è stabilito che il globo lunare ha un raggio di circa 1738 Km (1/4 del raggio medio terrestre); la sua superficie è di 38 milioni di Km quadrati (circa 1/14 di quella terrestre), il suo volume è pari a 1/49 circa di quello della Terra.
Le fotografie ottenute, grazie ai potenti telescopi e le riprese fornite dalle sonde spaziali, ci hanno però dimostrato che la Luna non è perfettamente sferica ma è un ellissoide a tre assi, con l'asse maggiore equatoriale (diametro massimo) rivolto verso la Terra.
La densità o massa volumica della luna è di circa 3,3g /cm 3 e rappresenta il rapporto tra la massa e il volume.
Il valore della densità sembrerebbe dimostrare l'ipotesi dell'origine della Luna dalla Terra (a causa della veloce rotazione terrestre e dall'attrazione operata dal Sole); infatti, il valore della densità è leggermente maggiore di quello delle rocce della crosta terrestre anche se inferiore a quello della Terra nel suo complesso.
Il valore dell'accelerazione di gravità sulla superficie della Luna è uguale a 1/6 di quello della superficie della Terra.
Se nei due corpi dovessero manifestarsi fenomeni vulcanici eruttivi con la stessa intensità, noteremo la maggior violenza sviluppata sul nostro "satellite", per tanto, tenendo conto della parità di massa dei materiali proiettati e della minore gravità lunare, ne risulterebbe che gli stessi sarebbero proiettati a maggior altezza.
La Luna è priva d'atmosfera e d'idrosfera, il che impedisce lo svilupparsi della vita sul "satellite".
In epoche passate, sulla Luna, si sono avute certamente temperature tali da produrre nelle molecole degli eventuali gas presenti (ammesso che la Luna abbia avuto un'atmosfera) velocità senz'altro maggiori di quella di fuga; questo perché sulla Luna, dove la forza d'attrazione gravitazionale presenta un valore basso, la velocità di fuga è piuttosto piccola (2,4Km/s).
Riguardo all'idrosfera sappiamo che l'acqua eventualmente presente sarebbe sottoposta a continua evaporazione, come sul nostro pianeta, disperdendosi nello spazio a causa della piccola velocità di fuga.
Potrebbero tuttavia conservarsi piccole quantità d'acqua allo stato solido in luoghi protetti dall'insolazione.
Sulla Luna non vi sono fenomeni crepuscolari a causa dell'assenza d'atmosfera e il passaggio dall'illuminazione all'oscurità è molto brusco.
I periodi d'illuminazione e d'oscurità durano circa 15 giorni ciascuno.
A causa dell'assenza d'atmosfera il suolo lunare si riscalda rapidamente durante il periodo d'insolazione e si raffredda sensibilmente durante il periodo d'oscurità.
La Luna presenta temperature che oscillano dai 110° C circa del "dì" ai -150° C della "notte".
La luminosità della Luna durante le fasi di "Luna piena" è circa 400.000 volte minore di quella del Sole. Il suo potere riflettente (albedo) è di circa 0,07, cioè il 7% della luce solare è riflessa verso di noi mentre il restante 93% assorbito dal suolo, trasformato in calore, è disperso rapidamente.
IL PAESAGGIO LUNARE.
Una delle caratteristiche più evidenti della superficie lunare, specie nella "faccia" della Luna rivolta verso di noi, è la presenza di grandi macchie scure che sono erroneamente indicate come mari.
Uno studio scientifico avviato dal grande GALILEO GALILEI (1564 -1642) mostrò le grandi differenze con le superfici marine terrestri.
I mari occupano aree molto ampie, nelle quali è possibile scorgere grandi espandimenti lavici solidificati.
I mari si presentano a fondo quasi piatto, ricoperti da una coltre di polvere, cenere e detrito lanciata da vulcani, caduta a distanza venne in seguito rimescolata a causa degli urti dei meteoriti e leggermente elaborata dal vento solare.
La polvere dei mari è un miscuglio di particelle provenienti da luoghi vicini e lontani; questo è dovuto all'ampiezza della parabola delle particelle lanciate che è molto ampia a causa del basso valore dell'accelerazione di gravità.
Lo studio dei campioni prelevati dal suolo lunare durante le missioni Apollo ci ha dimostrato che una buona parte di particelle è costituita da rocce simili alle nostre rocce ignee (o magmatiche).
Oltre ai mari possiamo rilevare le terre alte (regioni più chiare) le quali costituiscono più del 70% della "faccia" a noi rivolta e quasi la totalità della "faccia" a noi oscura; coprendo così l'85% della superficie lunare. Vengono anche chiamate altipiani.
I rilievi hanno forme diverse (catene montuose, orli di circhi e di crateri, colline) ed altitudini che superano i 9.000 m risultando più alti dei nostri anche se sulla Luna non vi è nessun punto di riferimento per l'altitudine e la profondità che sulla terra è rappresentato dal "livello medio del mare".
Le catene montuose sorgono in prossimità dei grandi mari e degli oceani.
I crateri e i circhi o sono buchi causati dalla caduta di meteoriti oppure sono eredità dell'intensa azione vulcanica; infatti, assomigliano ai nostri crateri e hanno sui fianchi ampie colate di lava. I crateri presentano svariate dimensioni che vanno da qualche centimetro a centinaia di chilometri.
Altre forme tipiche della superficie lunare sono i solchi, interpretati in vario modo: come fessure dovute ad una diminuzione di volume a causa del raffreddamento, come linee di fuoruscita di masse gassose, come canali scavati dallo scorrere della lava o come vere e proprie faglie.
In corrispondenza dei mari sono state trovate zone che provocano perturbazioni nel tragitto dei satelliti artificiali in orbita attorno alla Luna, per un maggiore effetto del campo gravitazionale, come se vi fossero masse più dense: i Mascons (dall'inglese mass concentrations: concentrazione di massa). Anche per i Mascons esistono due ipotesi diverse: secondo alcuni si tratterebbe di nuclei metallici dell'impatto meteoritico sepolti nel sottosuolo lunare; secondo altri invece essi sarebbero i resti d'antiche camere magmatiche contenenti rocce ignee più dense.
SUPERFICIE E INTERNO DELLA LUNA.
Gran merito delle missioni lunari risiede nel materiale raccolto e portato sulla Terra. Dalle analisi di questi materiali lunari non sono state rinvenute tracce di vita (attuale o estinta); i composti organici semplici scoperti (carburi e metano) vengono attribuiti ad agenti esterni quali il vento solare e le meteoriti.
Le rocce lunari possono essere paragonate ai "basalti" terrestri (lave solidificate) anche per la loro composizione chimica e mineralogica simile alle nostre rocce ignee. Le rocce delle terre alte vengono identificate con le "anortositi" (rare sulla Terra): sono più chiare e mostrano caratteri delle rocce intrusive.
I sismografi lasciati sulla superficie lunare hanno registrato dei terremoti (lunamoti) d'intensità ridotta. Alcune di queste scosse potrebbero essere dovute a frane sulla superficie lunare; altre a veri e propri assestamenti della crosta.
Si è notato inoltre, che alcune scosse si registrano periodicamente quando la Luna si trova alla distanza minima e alla distanza massima dalla Terra; tale fenomeno si spiega con la deformazione della massa del "satellite" dovuta all'attrazione del nostro pianeta. Il comportamento sismico lunare è molto più pacato di quello terrestre.
L'interno della Luna è composto da una sottile crosta (con uno spessore che va dai 30 ai 100 Km); dal mantello che si divide a sua volta in una "litosfera" rigida e in una "astenosfera" (debolmente plastica e meno rilevante) ed infine da un nucleo centrale, essenzialmente non metallico.
IL SISTEMA TERRA - LUNA.
E' un sistema di due corpi che interagiscono fra loro, esercitando una forza d'attrazione l'uno sull'altro; oltre a girare attorno al Sole e a partecipare a tutti i movimenti del Sistema solare, della Galassia e dell'Universo, esso si muove subendo numerose perturbazioni a causa dell'attrazione gravitazionale degli altri astri.
Si distinguono diversi movimenti (simultanei) della Luna, fra questi i principali sono:
1) il moto di rotazione che la Luna compie intorno al proprio asse;
2) il moto di rivoluzione intorno alla Terra;
3) il moto di traslazione assieme alla Terra intorno al Sole.
Il movimento di rotazione che si compie intorno all'asse lunare ha una durata di 27d 7h 43m 12s uguale a quella del moto di rivoluzione. Segue lo stesso senso della rotazione terrestre (da Ovest verso Est) con una velocità media angolare di circa 13 gradi al giorno. Il fatto che il movimento di rotazione coincida, come durata, con quello di rivoluzione, spiega il perché la Luna ci rivolga sempre la stessa "faccia".
La rotazione della Luna non è perfettamente uniforme a causa della forma non propriamente sferica ma ellissoidale.
Le librazioni, oscillazioni di lieve entità, sono provocate dalla maggiore attrazione che il nostro pianeta esercita sul rigonfiamento equatoriale rispetto alle zone polari della Luna; oscillazioni che, unite ad altre più consistenti, ci consentono di vedere il 59% della superficie lunare. Queste sono, di fatto, librazioni apparenti; non appartengono alla Luna poiché derivano o dalle diverse posizioni e velocità con cui essa descrive la sua orbita attorno alla Terra o dallo spostamento che quest'ultima compie nello spazio o, infine, dal luogo in cui ci troviamo quando osserviamo la Luna.
Nel corso della rivoluzione lunare, dalla terra vediamo alternativamente il Polo Nord e il Polo Sud della Luna, cioè un po' più del suo emisfero settentrionale o un po' più di quello meridionale.
A causa della nostra posizione sulla superficie della Terra e a causa del nostro involontario spostamento dovuto alla rotazione terrestre, risulta che: circa il 18% della superficie della Luna è a noi alternativamente visibile e invisibile, mentre del restante 82% una metà la vediamo e l'altra ci è sempre nascosta.
Il movimento di rivoluzione della Luna si effettua in senso antiorario lungo un'orbita ellittica di cui la Terra occupa uno dei fuochi.
Durante la rivoluzione, la Luna non si trova sempre alla stessa distanza da noi: il punto più vicino alla Terra detto perigeo, è a circa 356.000 Km dalla Terra e quello più lontano, chiamato apogeo, a circa 407.000 Km.
La velocità con cui la Luna compie il suo moto di rivoluzione attorno alla Terra si aggira intorno a 1 Km/s.
Se la rivoluzione viene riferita a una stella della Sfera celeste abbiamo la cosiddetta rivoluzione siderea (o mese sidereo) che ha una durata di 27d 7h 43m 12s mentre nel caso in cui viene riferita all'allineamento Terra - Sole abbiamo la rivoluzione sinodica (o mese sinodico) che ha una durata di 29d 12h 44m 3s.
La rivoluzione avviene su un piano orbitale inclinato di 5° e 9' rispetto al piano dell'eclittica.
I punti dove l'orbita lunare interseca il piano dell'eclittica si chiamano nodi: quando la Luna si trova su uno di questi due punti, essa giace sul piano orbitale della Terra.
Se esaminiamo attentamente gli spostamenti della Luna rispetto alla Terra, si comprende come in realtà entrambe si muovano intorno a un punto comune, ossia intorno al baricentro o centro di massa del sistema che esse costituiscono. Il baricentro si trova a 4670 Km dal centro della Terra (questo dipende dalla maggiore massa del nostro pianeta), perciò, il moto di rivoluzione della Luna può essere considerato poco diverso da quello che si avrebbe se essa girasse realmente attorno al centro della Terra.
Il movimento di traslazione deriva dal moto che la Luna compie, insieme con la Terra, intorno al Sole: si compie con la stessa velocità angolare e nello stesso senso con cui la Terra compie il suo moto di rivoluzione.
La traiettoria lunare è riferita al Sole e paragonabile a una sorta di ovale deformata che taglia l'orbita terrestre 24 - 25 volte; questa è chiamata epicicloide: la sua orbita, come quella dei pianeti, è sempre concava verso il Sole.
ORIGINI DELLA LUNA.
Per quanto riguarda le origini della Luna esistono tre teorie:
- la teoria della fissione;
- la teoria della cattura;
- la teoria dell'accrescimento.
La prima teoria presuppone che la Luna abbia avuto origine dalla Terra allo stato fuso per separazione di una parte di fluido. In corrispondenza dell'equatore terrestre, dove la velocità angolare è maggiore, si sarebbe staccata piano piano una "goccia" di materia allo stato fluido.
Quest'ipotesi è interessante perché conferma la minor densità della Luna rispetto alla Terra in quanto originata da materiale più leggero proveniente dagli strati esterni del nostro pianeta.
Secondo la teoria della cattura, invece, la Luna era un corpo in movimento nel sistema solare che fu catturato dal campo gravitazionale terrestre. Tale teoria pone dei dubbi nel metodo di cattura in quanto la Luna, per essere attirata, avrebbe dovuto trovarsi ad una distanza più vicina del valore di adesso.
Infine la teoria di accrescimento afferma che la Luna sarebbe un'aggregazione di materiali che erano in orbita attorno al nostro pianeta.
In seguito è stata formulata un'ulteriore teoria nata dall'idea che un protopianeta delle dimensioni di Marte sia entrato in collisione con la terra 4,5 miliardi di anni fa; da entrambi i corpi sarebbe schizzato del materiale, parte del quale si sarebbe posto in orbita attorno alla Terra.
Poiché le prime due teorie non giustificano la diversa composizione delle rocce e la terza non tiene conto delle loro affinità, è l'ipotesi dell'impatto ad avere maggior credito.
I dati in possesso, in ogni modo, fanno ritenere che i materiali lunari abbiano la stessa provenienza di quelli terrestri.

LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE
Dal principio d'inerzia sappiamo che un oggetto, su cui non è applicata alcuna forza, continua a muoversi in linea retta e a velocità costante. I pianeti non si muovono in linea retta, ma percorrono un'orbita chiusa intorno al sole; questo indica che su di essi agisce una forza. La stessa cosa si può dire per i satelliti che girano intorno ai pianeti e in particolare per la Luna. Su di essa deve agire una forza che incurva continuamente la sua traiettoria: questa forza è l'attrazione di gravità della Terra.
Riconoscere che la Luna è trattenuta nella sua orbita, dalla stessa forza che fa cadere un sasso sulla superficie terrestre, ha rappresentato un passo enorme nella storia del pensiero scientifico.
Newton si chiese se la forza d'attrazione della terra, che fa cadere la mela e che sembra estendere la sua azione tutt'intorno alla Terra, non possa giungere fino alla Luna; Newton formulò l'ipotesi poi confermata da moltissimi esperimenti e osservazioni astronomiche, che l'intensità F della forza gravitazionale con cui si attraggono due punti materiali di massa inerziale m1 e m2, che si trovano ad una distanza r, si data da:
m1 . m2
F = G ;
r2
G si chiama "costante di gravitazione universale" ed è una quantità che ha sempre lo stesso valore per tutti i corpi, indipendentemente dalla loro massa e dal luogo in cui essi si trovano.
Vi è una forza che ha diverse somiglianze con quella di gravitazione universale: è la forza di Coulomb tra corpi elettricamente carichi.
La legge di Coulomb afferma che la forza d'attrazione o di repulsione, che si esercita tra due corpi puntiformi elettrizzati, è direttamente proporzionale al prodotto delle cariche possedute dai due corpi e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Indicando con F0 l'intensità della forza (attrattiva o repulsiva) che ciascuno dei due corpi esercita sull'altro nel vuoto, con Q1 e Q2 le loro cariche elettriche con r la loro distanza, la legge di Coulomb si scrive:
Q1 . Q2
F0 = K0
r2
La direzione della forza F0 è quella della retta che congiunge due corpi.
La formula della legge di Coulomb indica anche se la forza che si esercita tra Q1 e Q2 è attrattiva oppure repulsiva. Se, infatti, si adotta la convenzione di considerare positive le forze repulsive e negative quelle attrattive, il prodotto Q1. Q2 è positivo se Q1 e Q2 hanno lo stesso segno: la forza F0 è allora positiva cioè è repulsiva. Se invece Q1 e Q2 hanno segno opposto, il loro prodotto è negativo: F0 è negativa, cioè è una forza attrattiva.
Il coefficiente di proporzionalità K0 è uguale a :

N . m2
K0 = 8,99 x 109
C2
Questo valore numerico non può essere ricavato da alcun ragionamento ed è, per questo, quello che si chiama una costante naturale.
Quando ci riferiamo a cariche poste nel vuoto la costante K0 compare come:
1
K0 =
4 π ε0
Dove ε0 si chiama costante dielettrica del vuoto. Il suo valore numerico è:
C2
ε0 = 8,854 x 10-12
N . m2
Possiamo quindi scrivere la legge di Coulomb per cariche poste nel vuoto come:
1 Q1 . Q2
F0 = .
4 π ε0 r2
Analogie e differenze tra forze elettriche e forze gravitazionali
• Le proprietà comuni alle due forze
Sia la forza elettrica sia la forza gravitazionale sono forze che agiscono tra corpi posti a distanza l'uno dall'altro. Inoltre entrambe decrescono in proporzione inversa al quadrato della distanza. Nel caso delle forze gravitazionali ed elettriche non c'è alcun contatto materiale.
• Le differenze tra le due forze
Nonostante le proprietà comuni, le due forze sono profondamente diverse. Mentre la forza gravitazionale è sempre attrattiva, quell'elettrica è sia attrattiva sia repulsiva, a seconda del segno delle cariche.
Quest'ultima caratteristica fa sì che in ambito elettrico vi siano comportamenti che non hanno un parallelo nei fenomeni gravitazionali. Un esempio è la forza elettrica che si misura tra due cariche puntiformi q e Q poste in un mezzo materiale isolante. Tale mezzo è composto da cariche positive e da cariche negative, in eguali quantità, che interagiscono con le cariche q e Q.
L'esperimento non può misurare altro che la forza totale che agisce sulle due cariche. Così la forza misurata risulta minore, per un fattore εr , della forza che si misurerebbe nel vuoto tra le stesse cariche poste alla stessa distanza. L'interazione gravitazionale, per la quale non esistono "masse negative" e " masse positive", non può dare origine ad alcun fenomeno di questo tipo. Le due forze hanno anche origini completamente diverse. La forza gravitazionale si esercita tra qualsiasi coppia di corpi, come conseguenza del fatto che essi hanno una massa, mentre la forza Coulombiana agisce soltanto fra corpi dotati di carica elettrica e scompare se essi sono privati di questa carica. Infine, le due forze hanno valori dell'intensità molto diversi.
Per avere un termine di riferimento si possono confrontare la forza elettrica e la forza gravitazionale con cui si attraggono il protone e l'elettrone di un atomo d'idrogeno. La forza elettrica, in tale esempio, è 1039 volte più grande che quella gravitazionale.

Esempio



  


  1. Antonella Tripaldi

    Stocercando appunti sulla guerra fredda per l'esame di storia, studio all'università di Lecce alla facoltà di scienze politiche.