Materie: | Tesina |
Categoria: | Storia |
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Data: | 27.05.2005 |
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Testo
LA "GUERRA FREDDA"
dal 1943 al 1963
di Enrico Martinelli
KENNEDY, John Fitzgerald
Brookline 29.5.1917 – Dallas 22.11.1963
Politico statunitense. Secondogenito di una delle famiglie più potenti degli Stati Uniti, già attiva nella vita politica statunitense, il padre Joseph infatti fu ambasciatore a Londra dal ‘37 al ’40, partì volontario per la guerra dove divenne ufficiale di una piccola unità nel pacifico che fu affondata poco dopo da un silurante giapponese. Si presentò poi a Boston, nel 1947, quale candidato della camera dei rappresentanti e nel ’53 come senatore venendo eletto in entrambi i casi grazie ad una serie di iniziative che gli procurarono fra l’altro una vasta notorietà. Sull’onda delle vittorie elettorali e spinto dal forte consenso dell’opinione pubblica si candida alle presidenziali del 1960 dove sconfigge il candidato repubblicano Richard Nixon (1913-1994) per pochi voti divenendo così il 35° presidente degli Stati uniti, il più giovane della storia e il primo cattolico.
(nella foto: il Presisdente Kennedy durante la cerimonia di insediamento alla Casa Bianca, alle sue spalle il vice Presidente L. B. Johnson)
Durante la sua presidenza intraprese un vasto programma di riforme. In politica estera proseguì la linea di netto anticomunismo dei suoi predecessori ma dopo la fallita invasione di esuli anticastristi nella Baia dei Porci si adoperò verso la ricerca nella distensione con l’URSS. Nonostante la grave crisi del ’62 con la scoperta di basi di lancio per missili a testata nucleare sovietiche sull’isola di Cuba, giunse, nell’Agosto del 1963, a un accordo per una moratoria degli esperimenti nucleari con la Russia di Kruscèv (1894-1971). Sempre in quell’anno, ampliò l’intervento americano in Vietnam con l’invio di 16.000 marines per il sostegno al governo di Saigon contro la guerriglia del nord (Vietcong). In politica interna lanciò il progetto di "Nuova Frontiera" contro la povertà e mostrò un atteggiamento di apertura verso il movimento dei diritti civili, avviò inoltre i nuovi programmi di assistenza sociale che furono in seguito portati a compimento dal suo successore Lyndon Johnson (pres. 1963-1968). Il 22 Novembre 1963, infatti, nel corso della sua compagna elettorale per le presidenziali del ’64, fu assassinato a Dallas da uno squilibrato in circostanze mai chiarite, nonostante le numerose inchieste pubbliche e giudiziarie (rapporto Warren).
KRUSCEV, Nikita Sergeevic
Kalinovka 17.4.1894 - Mosca 11.9.1971
Politico russo. Di famiglia molto povera e combattente nell’Armata Rossa, dopo una lunga carriera negli organismi subordinati del PCUS, ne diviene attivissimo primo segretario dopo la morte di Stalin avvenuta nel 1953. In particolare avviò, con il suo intervento al XX° congresso del PCUS (1956), un processo di revisione critica dei metodi politici e degli obbiettivi economici di Stalin con in seguito fu chiamata destalinizzazione non esitando però a reprimere, anche con la forza, l’ondata rinnovatrice che il suo discorso innescò nell’Europa Orientale (Polonia e Ungheria nel 1956). In politica estera numerose e significative furono le sue iniziative a favore della creazione di un clima di distensione a livello internazionale e soprattutto con gli americani. Divenuto poi presidente del consiglio nel ’58, e grazie al maggior consenso che si era creato verso di lui all’interno del partito, attuò con successo la sua politica di disgelo verso gli USA che culminarono negli incontri bilaterali del ’59 di Camp David; ma una serie di sconfitte in politica estera e interna tra il ’62 e ’63, come la crisi di Cuba e la rottura politica con la Cina, o le ingenti quantità di grano comprate agli Stati Uniti per supplire al fabbisogno nazionale portarono al suo allontanamento dal potere da parte del Praesidium del Soviet Supremo il 15 Ottobre 1964.
(nella foto: il famoso abbraccio fra il Leader Maximo, Fidel Castro, e il premier sovietico Nikita Kruscév all'assemblea delle Nazioni Unite del 1960)
FIDEL CASTRO
Provincia di Santiago di Cuba, 1926 -
Politico cubano. Studente di giurisprudenza a l'Avana, partecipa a vari moti insurrezionali contro il governo del dittatore Fulgencio Batista a Cuba. Fonda un gruppo armato che, nel Luglio del 1953, a Santiago de Cuba tenta di assalire senza successo la caserma Moncada, in seguito viene arrestato e processato. Nel '56 torna ad animare il movimento di guerriglia attivo in Sierra Maestra, del quale fa parte anche Hernesto 'CHE' Guevara, e con la vittoria della lotta di guerriglia contro l'esercito Batista, dopo la messa in fuga di quest'ultimo, 1° gennaio 1959, diviene primo ministro della Repubblica Cubana il 15 Febbraio 1959. In politica interna avvia nel paese una rivoluzione politica e sociale, mettendo subito in atto una serie di riforme, quali la riforma agraria e la nazionalizzazione dell'industria saccarifera che provocarono aspre reazioni degli Stati Uniti e ottenendo l'appoggio dell'URSS. Nell'Aprile '61, il fallito sbarco nella Baia dei Porci di un gruppo di esuli anticastristi cubani, appoggiati dagli americani, porta Castro a stringere rapporti sempre più stretti con l'Unione Sovietica. Nell'Ottobre '62, Castro è investito da una crisi internazionale, in seguito al rilevamento americano di basi missilistiche nucleari russe nell'isola; la tensione diminuisce grazie al raggiungimento degli accordi che prevedono lo smantellamento delle basi sovietiche a Cuba e il riconoscimento dell'indipendenza cubana da parte degli americani. Da parte sua Fidel Castro appoggia per oltre un decennio i movimenti rivoluzionari dell'America Latina e ospita all'Avana nel '66 la conferenza tricontinentale in cui cerca di collegare i problemi del sottosviluppo dei tre continenti. Dopo essere stato ripetutamente confermato segretario del partito comunista, dal dicembre 1976 è presidente del consiglio di Stato. In seguito alla caduta dell'URSS e del blocco sovietico avvenuto nell'estate del 1991 e a causa dell'intensificarsi dell'embargo economico imposto dagli Stati Uniti contro l'isola, il leader cubano Fidel Castro, che è riuscito a rimanere alla guida del paese, ha intrapreso un'intensa attività diplomatica per impedire che Cuba subisca l'isolamento politico perseguito dal governo statunitense. Ha rinsaldato così le relazioni diplomatiche con l'Unione Europea, che erano state aperte ufficialmente nel 1988, ha rafforzato i suoi poteri di capo di Stato, riservandosi il diritto di un pieno controllo sull'esercito (1992), e ha continuato a presenziare a eventi pubblici di livello internazionale per mantenere viva l'attenzione sul problema cubano. Il 16 novembre 1996 Fidel Castro ha partecipato a Roma al vertice mondiale della FAO, in occasione del quale ha presentato una relazione sul problema della corsa agli armamenti come causa di mancanza di risorse alimentari negli Stati poveri del mondo. Il 19 novembre Fidel Castro ha incontrato Papa Giovanni Paolo II, aprendo così i rapporti diplomatici con Città del Vaticano. In seguito all'incontro, il governo cubano ha consentito a 40 religiosi cattolici di risiedere nell'isola e ha permesso la creazione di un'associazione di giornalisti cattolici.
IL NUCLEARE
L’energia nucleare, o meno propriamente "atomica", è quella contenuta nel nucleo dell’atomo e liberata mediante processi di reazione (scissione o fusione)provocati artificialmente. Le prime applicazioni dell’energia nucleare furono indirizzate a scopi bellici. Furono le bombe atomiche, basate sulla scissione o spaccatura del nucleo di materiali radioattivi quali il Plutonio e l’Uranio, fatte esplodere a Hiroshima e Nagasaki nell’Agosto del ’45 a porre fine alla II° Guerra Mondiale. Pochi anni più tardi, nel 1952, avrebbero cominciato ad essere sperimentate le più potenti bombe all’Idrogeno (o termonucleari), in cui l’energia è sviluppata dalla fusione di atomi dell’idrogeno o dei suoi isotopi (deuterio e tritio). L’apparizione delle bombe nucleari, col loro enorme potenziale distruttivo e con i loro disastrosi effetti a lungo periodo sugli equilibri naturali, aprì una nuova fase nella storia delle relazioni internazionali tra USA e URSS, portò un elemento di sconvolgente novità nella strategia militare e influì profondamente sugli stessi modi di pensare dei contemporanei. Dal dopo guerra, espressioni come "era nucleare" o "equilibrio nucleare" sono entrate stabilmente nel linguaggio comune di diplomatici ma anche della gente qualunque. Da un lato, l’affermarsi di due superpotenze nucleari, ciascuna delle quali dotato di un arsenale atomico in grado di distruggere l’avversario ma anche il resto del pianeta, ha dato una notevole stabilità al quadro geopolitico internazionale e ha fatto apparire più remota l’eventualità di un conflitto generale. Dall’altro, la stessa esistenza di armi capaci di alterare in modo irrimediabile gli equilibri naturali, di compromettere la salute delle generazioni future e, al limite, di distruggere ogni forma di vita sul pianeta ha introdotto un fattore di angoscia permanente che è tipico della nostra epoca, ed è completamente diverso dalla semplice paura della guerra o della morte. L’incubo della morte nucleare ha dato argomento e spazio alla tematiche pacifiste e, più di recente, ha costituito uno degli argomenti centrali delle campagne dei movimenti ecologisti (GreenPeace), che dell’energia nucleare hanno contestato anche gli usi pacifici. Le numerose centrali nucleari, costruite a partire dagli anni ’50 in molti paesi industrializzati per assicurare la produzione di energia elettrica a costi inferiori a quelli delle centrali "termiche", alimentate a carbone gas o derivati del petrolio, presentano infatti alcune inquietanti incognite, legate sia al problema delle score radioattive sia al rischio di guasti o errori umani. Incidenti come quello accaduto nella centrale statunitense di Three Mile Island nel ’79 o quello, ben più grave, verificatosi a nella centrale nucleare ucraina di Chernobyl hanno destato allarme in tutto il mondo e provocato conseguenze di cui ancora oggi è difficile valutarne l’entità.
(nella foto: ecco ciò che rimase di Hiroshima dopo l'esplosione atomica dell'Agosto del '45)
DALLA FINE DELLA II° GUERRA MONDIALE ALLA PRESIDENZA KENNEDY (1945-1959)
Subito dopo la fine della guerra con gli accordi di Bretton Woods e la stesura della Carta Atlantica, per il mondo si prefigurava un nuovo periodo di benessere e pace su cui si fondavano i principi di autodeterminazione, della libertà degli scambi commerciali e soprattutto della sicurezza collettiva globale. I finanziamenti per la ricostruzione provenienti dall’america avevano lo scopo di aiutare un’interdipendenza che era a vantaggio degli Stati Uniti ma che era anche utile a diffondere nel mondo stabilità e benessere e in maggior misura a prevenire che i mercati esteri fossero inglobati sotto l’influenza comunista dell’Unione Sovietica e con la conseguente formazione di aree planetari strategicamente pericolose. Gli Stati Uniti erano convinti che per garantire la sicurezza nazionale e planetaria dal ritorno di un grande disegno di potenza nella zona euro-asiatica, come lo era stato in precedenza il patto tripartito, era necessario un ferreo controllo sulle Americhe, la supremazia negli oceani, una fitta rete di basi strategiche in Europa e Asia e soprattutto il monopolio nucleare. La presidenza Truman, che guidò l’America subito dopo la fine della guerra, si diceva pronta a intessere rapporti diplomatici con la Russia fin tanto che quest’ultima si fosse mostrata disponibile ad accettare e a convivere con queste regole e soprattutto con questo rapporto di forza ma ben presto si dovette ricredere nello scoprire che la propria potenza non si traduceva matematicamente in un’influenza decisiva per i negoziati. La chiusura politica e commerciale che Stalin applicò in Europa Orientale, era vista dagli americani non tanto con timore ma più che altro con frustrazione convinti che questo fosse il risultato che scaturiva dalla scarsa considerazione che l’URSS aveva per le minacce dell’America e soprattutto vedeva che il mondo non pareva conformarsi automaticamente ai suoi ideali che tanto aveva enfatizzato negli anni della guerra e successivi. La preoccupazione più grande per gli Stati Uniti era quella che oramai la potenza Sovietica aveva raggiunto ragguardevoli standard in campo politico e militare, e visto che Stalin voleva usare la potenza "rossa" unilateralmente, ciò avrebbe portato a ripercussioni certamente ampie e gravi. Negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra infatti, il futuro della Germania era incerto e la povertà in cui versava l’Europa era emblematica: in Francia e Italia la situazione politica era complessa e non ancora ben definita, in Grecia infuriava la guerra civile mentre la Gran Bretagna, sull’orlo della bancarotta, non riusciva più ad esercitare la propria influenza sul bacino del mediterraneo; ma quel che era più importante era che tutti gli stati che furono stremati economicamente della guerra attuarono un ferreo controllo protezionistico e nazionalista delle proprie scarse risorse interne. In Oriente la potenza cinese era minacciata da un forte movimento comunista, la potenza giapponese era scomparsa e in India e Indocina i domini coloniali di Inghilterra, Francia e Olanda erano in crisi per via dell’onda indipendentista che si era formata ed era dilagata dopo la fine della guerra. L’attuale situazione delineava un sistema di relazioni internazionali altamente ingovernabile e instabile, nell’ambito del quale l’URSS avrebbe potuto ampliare le sue aree di influenza a discapito degli USA, soprattutto in Europa dove un accrescimento della potenza sovietica era inaccettabile per le regole della sicurezza mondiale dettate dagli americani. In questa situazione che si andava delineando, i segnali di distensione e moderazione che venivano da Mosca passarono inosservati a Washington che aveva ormai intrapreso la strada per arginare ogni ulteriore espansione dell’influenza della Russia. Il nuovo atteggiamento degli americani nei confronti dei sovietici, prese forma tra il ’46 e il ’47 per opera di George F. Kennan, diplomatico esperto della Russia e di stanza a Mosca e poi a Washington, e venne teorizzato nella formula del "Containment".
(nella foto: il diplomatico americano George F. Kennan autore della teoria del "Containment" )
Kennan diceva che il regime di Mosca era poco incline ad ogni tipo di rapporto diplomatico e invece era molto più sensibile alle ragioni della forza; quindi secondo il diplomatico statunitense l’America doveva abbandonare la linea politica roosveltiana in campo internazionale e organizzarsi invece per una azione di fermo contenimento. Anche se la teoria del contenimento fu formulata in chiave politica ed economica, ben presto venne interpretata in chiave militare che portò a conseguenze quali la rivalità globale, ad alleanze contrapposte e soprattutto alla corsa agli armamenti. La teoria del contenimento però, delineò un profilo del mondo drammaticamente e seccamente diviso e diede vita a "due sistemi di vita alternativi" come Truman li definì nel ’47. la cooperazione con la Russia era archiviata, e il punto cardine della politica internazionale americana era quella che ogni minaccia di espansione da parte dei sovietici andava fermata, e ciò diveniva il punto fondamentale su cui ricostruire l’Europa, che lasciata a se stessa avrebbe comportato rischi economici e strategici eccessivi, sotto un attivo controllo da parte degli USA. Con la riorganizzazione dell’Europa occidentale a egemonia americana si sarebbero lasciati intatti l’interdipendenza liberista tra i vari stati e anche stabilizzato i governi delle nazioni democratiche e amiche, e di conseguenza si sarebbe racchiuso l’Unione Sovietica nei confini del suo vasto impero raggiungendo a livello mondiale una situazione favorevole. Il progetto di aiuti economici proposto dal segretario di stato Gen. George Marshall, era lo strumento fondamentale per attuare questa strategia. Il piano consisteva nell’elargire gratuitamente, alle nazioni europee che avessero collaborato in Europa per liberalizzare i mercati e di conseguenza aumentarne la produttività, una serie di beni necessari ad alimentare la ripresa dell’Europa.
(nella foto: l'ideatore del piano per la ricostruzione dell'Europa: il Gen. George Marshall)
Con questo progetto la potenza economica americana si proiettava prepotentemente sul vecchio continente, riorganizzandone la metà occidentale sullo stile di netto anti-comunismo e forse la crescita economica avrebbe potuto attirare anche paesi satelliti dell’URSS. Per contrastare la mossa americana, Stalin impedì ai paesi dell’Est di aderire al piano Marshall, e di conseguenza le loro economie furono inglobate in quella sovietica. Nei paesi dove il piano americano operava i partiti comunisti furono sospinti dalla Russia verso una contestazione del progetto, ma questa linea politica li rilegò definitivamente all’opposizione. Dunque ora l’Unione Sovietica pareva efficacemente vincolata all’interno dei sui confini, anche se però la sua potenza militare non era di certo diminuita, anche grazie al fatto che l’America deteneva ancora il monopolio nucleare e che questo deterrente era il fulcro del potere USA. L’ottimismo che regnava a Washington però divenne ben presto inquietudine quando si venne a sapere, nel settembre del ’49, che anche i sovietici aveva testato la loro prima bomba atomica. Successivamente anche la Cina era diventata comunista, Repubblica Popolare Cinese (1° Ottobre 1949), e di conseguenza l’area di influenza della Russia si allargava sempre di più in un continente agitato da forti tensioni anticoloniali e di conseguenza anti-americane. Il primo scontro tra le due superpotenze si ebbe con la guerra di Corea (1950-1953) quando le truppe comuniste del nord invasero, il 25 Giugno, la regione sud situata sotto il 38° parallelo.
(nella foto: soldati americani durante la guerra di Corea 1950-1953)
Lo stesso Stalin appoggiò l’invasione per sondare la reazione americana a una avanzata comunista, mentre per Truman si trattava di una sfida che l’America non poteva non raccogliere, pena il crollo della sua credibilità internazionale perché la minacciosa avanzata del comunismo a livello globale andava fermata in Corea quanto prima. L’America combatteva sotto la bandiera delle Nazioni Unite e nel breve volgere di pochi mesi, ottobre, riuscì ad invertire le sorti del conflitto e le truppe del glorioso Generale MacArthur (ricordate la guerra nel pacifico?) riuscirono a penetrare perfino nel nord del paese, sapendo di per certo che la Russia avrebbe evitato lo scontro diretto. Truman allora ordinò che la parte Nord del paese venisse liberata dall’oppressore comunista ma il massiccio intervento dell’esercito cinese, supportato dietro le quinte da quello sovietico, respinse le truppe americane fino al confine del 38° parallelo e visto che era oramai chiaro che il conflitto si sarebbe esteso, l’esercito delle Nazioni Unite si limitò a controllare militarmente il sud del paese e nel 1953 un armistizio ristabilì le posizioni antecedenti la guerra.
(nella foto: cerimonia ufficiale della nascita delle Nazioni Unite a San Francisco il 26 Giugno 1945)
Successivamente la fine del conflitto si ebbero ben chiari due punti della condotta futura delle due superpotenze nella guerra fredda: il primo che le grandi potenze non avrebbero più tentato di violare le reciproche zone di influenza e che sicuramente avrebbe evitato anche lo scontro diretto, il secondo fu che per precauzioni si innescò il riarmo anche dell’Europa Occidentale. Nell’ultimo caso fu istituito un organismo militare integrato al Patto Atlantico chiamato NATO, che aveva il compito di garantire la difesa collettiva in caso di aggressione contro uno dei paesi aderenti. L’organismo, suggerito in un primo momento da Winston Churcill (primo ministro inglese) e subito condiviso dagli americani, aveva lo scopo di contenere l’Unione Sovietica nei confini del suo impero e anche di prevenire un’eventuale risorgere della potenza militare tedesca. Dal canto loro i sovietici risposero a questo accorpamento di stati sotto un'unica bandiera con il Patto di Varsavia del 1955; d’ora in avanti le due alleanze si fronteggeranno in un’Europa fortemente militarizzata e di conseguenza la logica del Containment venne estesa anche al di fuori del vecchio continente. In questo caso il Giappone acquisiva un valore economico e strategico fondamentale dal momento che gli Stati Uniti con il trattato di pace del 1951 aumentarono gli investimenti per aumentare la crescita produttiva del "sol levante" e soprattutto per ottenere basi strategiche permanenti sul suolo nipponico assicurando disponibilità di materie prime e mantenendo la stabilità anti-comunista nell’area del Sud-Est Asiatico: in particolare finanziando la resistenza della Francia coloniale contro il movimento nazionalista vietnamita guidato dai comunisti di Ho Chi Minh.
(nella foto: il presidente Nord-Vietnamita Ho Chi Minh)
Il successore di Truman, il Generale Dwight D. Eisenhower candidato per i repubblicani (1953-1960), si trovò quindi a guidare un vasto impero americano, anche se era un po’ inconsueto visto che inglobava al suo interno gran parte del mondo non comunista mediante un rete di scambi commerciali e di alleanze sempre però sotto la loro guida. Nonostante le alleanze però per assicurarsi regimi amici in zone del mondo che risultavano strategicamente cruciali, gli USA non esitarono a ricorre a metodi non troppo ortodossi come i due colpi di stato che la CIA (Central Intelligence Agency) orchestrò abilmente in Iran e Guatemala fra il ’53 e il ’54, e anche se i valori di libertà e autodeterminazione dei popoli restavano sempre la bandiera ideologica di questa potenza, gli USA davanti a rilevanti interessi economici e geopolitici cedevano il passo a una più tradizionale affermazione di potenza allo stato puro che più si addice alla storia di questo paese. Verso la fine degli anni ’50 dunque, gli Stati Uniti avevano oramai chiuso ogni varco per un ulteriore possibile avanzata del comunismo anche in zone marginali del mondo, ma ciò comportava estendere ulteriormente la portata dell’impegno assunto di stabilizzazione politico-militare ed economica. Anche in Vietnam, dopo la ritirata dei francesi messi in fuga dai Vietcong, il governo americano appoggiò il sistema filo-dittatoriale che si era instaurato nella regione del sud dopo la divisione del ’54 con capitale a Saigon. La grande rivalità del dopoguerra stava cominciando ad attenuarsi in una coesistenza bipolare che dipendeva però da una irrefrenabile corsa agli armamenti nucleari, di conseguenza i l ruolo esteso del controllo imperiale americano comportava ingenti spese e costi sempre più crescenti che andavano contro anche ai valori essenziali della cultura americana ed è anche con questi problemi che si dovette confrontare il successore di Eisenhower.
(nella foto: il Presidente repubblicano Dwight D. Eisenhower durante il discorso di insediamento alla Casa Bianca 1952-1960)
L’AMMINISTRAZIONE DI JOHN F.KENNEDY
"Noi pagheremo qualsiasi prezzo, sopporteremo ogni peso, affronteremo qualsiasi difficoltà, sosterremo ogni amico e ci opporremo ad ogni nemico, pur di assicurare la sopravvivenza e la vittoria della libertà". Con queste parole il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy si insediò alla Casa Bianca subito dopo aver vinto le elezioni del ’60 ai danni del candidato repubblicano Richard Nixon, già vice-presidente del Generale Dwight D. Eisenhower (1953-1960). Il giovane presidente in politica estera cercò con ogni mezzo di porre fine ai contrasti, che dividevano gli USA dall’URSS, anche se nei limiti realisticamente imposti dall’oramai tradizionale e bipolare spartizione del mondo; in politica interna pose risolutamente il problema di ridurre le ampie zone di povertà e di riconoscere ai cittadini di colore piena parità dei diritti con i bianchi (integrazione razziale). La rivalità con la Russia del dopo-Stalin di Nikita Kruschev, che era in forte crescita industriale e tecnologico-militare, spaziava in nuove dimensioni. Lo scontro in campo aperto fino ad allora sempre rimandato tra le due potenze non poteva continuare con il moltiplicarsi delle testate nucleari e dei pericoli che esse comportavano per i due paesi; nel ’57 il lancio dello Sputnik allarmò gli americani perché anche i russi potevano colpire il loro territorio. I nazionalismi rivoluzionari anti-coloniali aprivano nuovi terreni di scontro al fine del loro inglobamento geopolitico ed economico in uno dei due blocchi. I mutamenti in corso nel Sud-Est asiatico e in America Latina, chiamavano gli USA, garanti dell’interdipendenza dei mercati mondiali, a delineare una risposta ai problemi del sottosviluppo. Per Kennedy ed i suoi collaboratori il semplice sostegno ai regimi del terzo mondo non poteva più bastare, la lotta al comunismo andava vinta offrendo ai paesi organizzazione e democratizzazione che potessero portare al supermento della povertà e a una integrazione con l’economia, le regole e i valori dell’Occidente.
(nella foto: il candidato J. F. Kennedy durante un discorso afferma la sua condidatura alla prossime presidenziali)
Questa brillante idea di "Nuova Frontiera" ricalcava per certi aspetti il piano Marshall attuato per la ricostruzione economica dell’Europa dopo la II° Guerra Mondiale, di cui ora si riteneva urgente e possibile una sua estensione su scala mondiale. Ma con il passare del tempo l’egemonia economica degli USA andava gravando e le basi militari, gli aiuti ad alleati e clienti, gli investimenti esteri delle aziende americane comportavano un deflusso di dollari solo in parte compensato dall’attivo degli scambi commerciali. La conseguenza fu che, nel 1959 per la prima volta da inizio secolo, la bilancia dei pagamenti americana era in passivo e per tutto il corso degli anni sessanta e settanta l’America dovette confrontarsi con i vincoli derivanti dal disporre di risorse ingenti ma purtroppo non infinite. Con passare del tempo, di conseguenza anche gli alleati che si erano rafforzati, come la Francia di De Gaulle, acquisirono una nuova fermezza nella continua ridefinizione degli equilibri politici all’interno dell’Alleanza Atlantica. Kennedy allora tentò di riaffermare gli aspetti geopolitici del contenimento e lo fece in base alla duplice fiducia della superiorità della potenza strategica americana e nella forza economica e anche culturale; per questo l’Amministrazione Kennediana, spinse al massimo la crescita dell’economia americana e avviò alcuni progetti di grande "respiro". Instaurò negoziati per ridurre le tariffe doganali e moltiplicare gli scambi commerciali, attuò nuovi programmi di aiuto per lo sviluppo, come "l’Alleanza per il Progresso" rivolto ai paesi dell’America Latina. Naturalmente perseguì un accrescimento e un ammodernamento dell’apparato militare che attrezzò l’esercito a combattere guerre locali nel Terzo Mondo (Vitenam) e quintuplico addirittura il suo potenziale atomico che in quegli anni arrivò a circa mille missili intercontinentali. Ma il problema primario che Kennedy si pose fu quella della credibilità della potenza americana agli occhi del mondo e soprattutto dei suoi oppositori.
Ovvero, il senso di fermezza, decisione e coerenza che doveva emanare la Casa Bianca per rassicurare gli alleati, attrarre i neutrali, persuadere gli incerti e per prima cosa scoraggiare gli avversari; in pratica gli ideali di libertà, ricchezza e potenza degli USA dovevano fungere da magnete verso gli altri stati e tale obbiettivo fu messo subito alla prova a Berlino e Cuba, due punti di crisi che Kenneky ereditò dal suo predecessore il Generale Dwight D. Eisenhower.
IL MURO DI BERLINO (1961)
Dopo aver ottenuto il riarmo della Germania Federale all’interno della NATO, Kruscev impose agli USA la questione ancora irrisolta dalla II° Guerra Mondiale, delle due Germanie e precisamente sulla questione di Berlino Ovest. Successivamente agli accordi di Potsdam del Luglio ’45, per USA e URSS le due Germanie erano sovrane, ma erano anche soggette al controllo delle quattro potenze vincitrici della II° Guerra Mondiale. Ciò comprendeva la questione dell’accesso dell’Occidente a Berlino Ovest che si trovava circa 150 Km entro il territorio della Germania Est. Berlino Ovest infatti era diventata una via di fuga per i tedeschi dell’Est, soprattutto professionisti ma era anche una base dalla quale gli USA potevano condurre le proprie missioni spionistiche. La minaccia di Kruscev, che impose un termine di sei mesi perché le sue condizioni fossero accettate dagli americani, era quella di riconoscere la sovranità sul proprio territorio alla Germania Orientale trasferendo il controllo sugli accessi alla città di Berlino all’amministrazione statale. Le condizioni di Potsdam saltavano e la tensione salì ulteriormente. Di fronte ad un nemico così ostinato e militarmente pericoloso, Kennedy spinse il congresso ad approvare uno stanziamento di emergenza per la difesa e riattivò i mezzi navali e aerei destinati ad andare in disarmo. La risposta di Kruscev fu sia provocatoria quanto categoricamente decisiva ai fini della crisi; fece erigere una barriera di filo spinato fra le due zone di Berlino e in seguito anche un muro. Ma alla fine nessuna delle due parti aveva ottenuto quanto sperato: i sovietici nel bloccare l’accesso a Berlino Ovest dalla zona Est e Kennedy nel negare la revisione sugli accordi della città. Quando la tensione diminuì, la famosa frase pronunciata da Kennedy nel Luglio del ’63 a Berlino confermò che quello sarebbe rimasto un test decisivo per la determinazione globale dell’Occidente. "[…] tutti gli uomini liberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino – e che, pertanto – quale uomo libero sono orgoglioso di dire: ich bin ein Berliner […]".
(nella foto: J. F. Kennedy durante la sua famosa visita a Berlino del '63)
LA CRISI DEI MISSILI CUBANI (1962)
Dopo la rivoluzione cubana del ’59 che portò al potere Fidel Castro, il Leader Maximo, a Kennedy si posero due problemi: l’indipendenza dell’isola, che sarebbe stato stata però di esempio per altri paesi dell’america latina e avrebbe minato gli accordi dell’"Alleanza per il Progresso", e l’anti-americanismo di Fidel Castro che poteva offrire spazi di trattativa ad un Unione Sovietica più che compiacente vista la vicinanza dalle coste americane - Le coste delle Florida distano 150 Km dall’Avana -. In seguito alla fallita missione della CIA di appoggiare l’invasione nella Baia dei Porci di esuli Anti-castristi, Kruscev inviò aiuti militari sull’isola e inviò navi con testate nucleari. Il 16 Ottobre 1962 quando Kennedy vide le foto scattate dagli U2, aerei spia, delle basi missilistiche che i sovietici stavano installando a Cuba riunì in gran segreto un "consiglio di crisi" chiamato ExComm.
(nella foto: parata di missili balistici sulla Piazza Rossa a Mosca negli anni '60)
D'altronde una mancata reazione sarebbe stata politicamente fatale in patria e a livello mondiale avrebbe compromesso il prestigio e la credibilità del contenimento che tanto Kennedy voleva rilanciare. Il presidente scelse una prova di forza ordinando il blocco navale dell’isola e intimando ai sovietici di smantellare i missili. Inoltre allertò il dispositivo nucleare americano in Europa, in modo che fosse in grado di scatenare un attacco missilistico contro l’Unione Sovietica. Nei due giorni successivi il mondo rimase con il fiato sospeso per la paura di una guerra termonucleare. Il 24 Ottobre Kruscev ordinò l’inversione di rotta delle navi che portavano sull’isola le testate, ma nello stallo dei giorni successivi la possibilità che armi nucleari fossero ancora sull’isola rimase alta; solo il 28 Ottobre con un comunicato Kruscev decretava lo smantellamento delle basi missilistiche a Cuba, in cambio però dell’impegno assunto dall’America a non invadere l’isola.
Se all’apparenza, la fermezza imposta all’Unione Sovietica da Kennedy risultò decisiva c’è da dire che, in via riservata, gli americani si impegnavano a smantellare i propri vettori in Turchia e Italia che minacciavano da vicino la Russia.
2000: IL NUOVO PROGETTO DI GUERRE STELLARI (National missile defense)
In questi ultimi tempi è tornata di grande attualità il tema della "Guerra Fredda". Il motivo? L'installazione da parte degli Stati Uniti di uno scudo stellare per proteggersi contro i missili a lungo raggio sparati dagli stati "canaglia": Corea del Nord, Iraq, Iran, Libia o addirittura per errore dalla Russia o dalla Cina. Il timore più grande è quello di ripiombare di colpo a quarant'anni fa con i rapporti tra le potenze congelati e il mondo a fare da spettatore impotente di fronte ad un possibile inverno nucleare. Il progetto americano prevede l'installazione entro il 2005 di venti intercettori in Alaska, che saranno portati a cento nei due anni successivi; questo per fronteggiare un possibile attacco missilistico dalla Corea del Nord per un totale di venticinque missili, perché secondo l'Intelligence americana (CIA) nei prossimi cinque anni il paese più pericoloso per i suoi confini nazionali sarà proprio quello , con i suoi missili Taepo-Dong 1 e Taepo Dong 2. Altre installazione in Nord Dakota, negli anni seguenti, serviranno per fronteggiare un eventuale attacco dal Medio Oriente; ma per funzionare il sistema antimissile americano (Nmd) avrà bisogno di installazioni radar anche in Europa e soprattutto in Inghilterra ed è per questo che anche la NATO assieme alla Russia ha contro proposto agli americani uno scudo stellare parallelo per proteggere appunto la Russia e l'Europa. La nuova corsa agli armamenti si è svolta in gran segreto a partire del '98, da quando il Pentagono e l'industria militare statunitense hanno lavorato per ottenere il via libera da parte del presidente e degli organi istituzionali. Ma il problema più grosso per gli USA è quello di convincere il neopresidente russo Vladimir Putin, sulla validità e soprattutto sulla necessità dell'installazione di questo ombrello protettivo. Inoltre per avviare il programma Clinton, che oramai è alla fine del suo secondo mandato e potrebbe decidere di lasciare questa grave e difficile decisione al suo successore, aspetta i risultati del terzo test antimissilistico che è in programma nell'Oceano Pacifico per la fine di Giugno (il primo è andato a buon fine, mentre l'ultimo di Gennaio è fallito), ma anche il rapporto della Nie (National Intelligence Estimate) sulle eventuali conseguenze geopolitiche che lo scudo americano potrebbe provocare nel mondo. Incurante di questo il ministro della difesa USA, William Cohen, ha chiarito che la questione non è "se" il progetto si farà, ma solo "quando" e soprattutto "quanto" grande. Ma probabilmente questa posizione è isolata dal momento che l'opinione pubblica americana non è del tutto convinta della reale necessità di questo progetto, anche perché lo scudo verrebbe a gravare sulle casse dello stato per circa sessanta cento miliardi di dollari. Purtroppo però il senato americano e le principali industri militari appoggiano la creazione della scudo e non è difficile pensare che questo possa essere attuato visto l'enorme potere delle lobby militari in America. Inoltre la costruzione di questa difesa violerebbe il trattato firmato nel '72 da Nixon e Breznev sulla riduzione dei missili antibalistici e quindi Clinton dovrebbe ottenere una revisione consensuale anche con la Russia e questo non è facile visti i programmi per la rinasciata militare e morale che Putin ha messo come primi punti del suo mandato. Solo il tempo potrà dire se il progetto verrà attuato oppure no, anche se l'era che si aprì con la caduta del muro di Berlino, il 9 Novembre 1989, è già finita sono finite anche le speranze che aveva fatto nascere su un ordine mondiale non più basato sull'equilibrio nucleare. Lapidarie in questo senso le parole di Madaleine Albright alla rionione dei funzionari del dipartimento di stato: "Dimenticatevi che la Guerra Fredda sia finita. Gli Stati Uniti hanno ancora nemici, i nostri segreti devono ancora essere protetti e le minacce che abbiamo di fronte son più varie e meno prevedibili che mai".
2000: IL NUOVO PROGETTO DI GUERRE STELLARI (National missile defense)
In questi ultimi tempi è tornata di grande attualità il tema della "Guerra Fredda". Il motivo? L'installazione da parte degli Stati Uniti di uno scudo stellare per proteggersi contro i missili a lungo raggio sparati dagli stati "canaglia": Corea del Nord, Iraq, Iran, Libia o addirittura per errore dalla Russia o dalla Cina. Il timore più grande è quello di ripiombare di colpo a quarant'anni fa con i rapporti tra le potenze congelati e il mondo a fare da spettatore impotente di fronte ad un possibile inverno nucleare. Il progetto americano prevede l'installazione entro il 2005 di venti intercettori in Alaska, che saranno portati a cento nei due anni successivi; questo per fronteggiare un possibile attacco missilistico dalla Corea del Nord per un totale di venticinque missili, perché secondo l'Intelligence americana (CIA) nei prossimi cinque anni il paese più pericoloso per i suoi confini nazionali sarà proprio quello , con i suoi missili Taepo-Dong 1 e Taepo Dong 2. Altre installazione in Nord Dakota, negli anni seguenti, serviranno per fronteggiare un eventuale attacco dal Medio Oriente; ma per funzionare il sistema antimissile americano (Nmd) avrà bisogno di installazioni radar anche in Europa e soprattutto in Inghilterra ed è per questo che anche la NATO assieme alla Russia ha contro proposto agli americani uno scudo stellare parallelo per proteggere appunto la Russia e l'Europa. La nuova corsa agli armamenti si è svolta in gran segreto a partire del '98, da quando il Pentagono e l'industria militare statunitense hanno lavorato per ottenere il via libera da parte del presidente e degli organi istituzionali. Ma il problema più grosso per gli USA è quello di convincere il neopresidente russo Vladimir Putin, sulla validità e soprattutto sulla necessità dell'installazione di questo ombrello protettivo. Inoltre per avviare il programma Clinton, che oramai è alla fine del suo secondo mandato e potrebbe decidere di lasciare questa grave e difficile decisione al suo successore, aspetta i risultati del terzo test antimissilistico che è in programma nell'Oceano Pacifico per la fine di Giugno (il primo è andato a buon fine, mentre l'ultimo di Gennaio è fallito), ma anche il rapporto della Nie (National Intelligence Estimate) sulle eventuali conseguenze geopolitiche che lo scudo americano potrebbe provocare nel mondo. Incurante di questo il ministro della difesa USA, William Cohen, ha chiarito che la questione non è "se" il progetto si farà, ma solo "quando" e soprattutto "quanto" grande. Ma probabilmente questa posizione è isolata dal momento che l'opinione pubblica americana non è del tutto convinta della reale necessità di questo progetto, anche perché lo scudo verrebbe a gravare sulle casse dello stato per circa sessanta cento miliardi di dollari. Purtroppo però il senato americano e le principali industri militari appoggiano la creazione della scudo e non è difficile pensare che questo possa essere attuato visto l'enorme potere delle lobby militari in America. Inoltre la costruzione di questa difesa violerebbe il trattato firmato nel '72 da Nixon e Breznev sulla riduzione dei missili antibalistici e quindi Clinton dovrebbe ottenere una revisione consensuale anche con la Russia e questo non è facile visti i programmi per la rinasciata militare e morale che Putin ha messo come primi punti del suo mandato. Solo il tempo potrà dire se il progetto verrà attuato oppure no, anche se l'era che si aprì con la caduta del muro di Berlino, il 9 Novembre 1989, è già finita sono finite anche le speranze che aveva fatto nascere su un ordine mondiale non più basato sull'equilibrio nucleare. Lapidarie in questo senso le parole di Madaleine Albright alla rionione dei funzionari del dipartimento di stato: "Dimenticatevi che la Guerra Fredda sia finita. Gli Stati Uniti hanno ancora nemici, i nostri segreti devono ancora essere protetti e le minacce che abbiamo di fronte son più varie e meno prevedibili che mai".