Materie: | Appunti |
Categoria: | Storia Dell'arte |
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Data: | 30.05.2005 |
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IL MEDIO RINASCIMENTO: RAFFAELLO, GIORGIONE, TIZIANO, CORREGGIO
OSSERVA E DESCRIVI
1. Raffaello, Liberazione di San Pietro dal carcere di Gerusalemme 1511-14.
Roma, Palazzi Vaticani, Stanza di Eliodoro
La stanza di Eliodoro era destinata alle pubbliche udienze: su commissione di Giulio II Raffaello elaborò un programma iconografico volto ad esaltare e a legittimare l’operato della Chiesa Cattolica (in questi anni Giulio II promuove la Lega Santa tra Spagna, Inghilterra, Venezia e Confederazione Svizzera contro i Francesi in Italia). In questo episodio le ricerche sulla luce intraprese da Raffaello raggiungono esiti altissimi.
2. Tiziano, Danae, 1546
La Danae fu eseguita per Ottavio Farnese, durante il soggiorno romano di Tiziano. La struttura compositiva appare molto semplificata, conferendo il ruolo di protagonista al colore: la figura della donna è infatti riscaldata dal vibrare caldo del bruno, che le dona una sensualità magnifica.
3. Giorgione, I tre filosofi, 1507-10
L’opera, di difficile e controversa interpretazione per ciò che riguarda il soggetto, testimonia la predilezione per il simbolismo criptico e colto sia del pittore che della committenza veneziana.
Le principali dei personaggi sono: i tre filosofi (cui darebbe adito la caverna a sinistra, emblema del mito platonico), le tre età della vità, le tre arti (vista la caratterizzazione di ogni personaggio). Si è addirittura pensato di poter identificare i tre uomini nei tre Magi (uno di questi, è, infatti, ritratto in vesti orientali).
4. Tiziano, Pala Pesaro 1519-26
La Sacra conversazione con i donatori Pesaro, insieme all’Assunta, è realizzata da Tiziano per una delle più importanti chiese di Venezia: Santa Maria Gloriosa dei Frari. Anche in questa pala si riscontra una soluzione innovatrice: lo spazio aperto del portico in cui avviene la conversazione si definisce lungo un asse diagonale, che imprime movimento, e grazie a una visone dal basso all’alto, che garantisce maestosità sia alle figure che alle architetture.
5. Andrea del Sarto, Madonna delle Arpie 1517
La tavola deve il suo nome alle figure rappresentate sul basamento del trono, identificate come Arpie. Una recente interpretazione, tuttavia, le riconoscerebbe come cavallette, appoggiandosi ad una descrizione dell’Apocalisse di San Giovanni Evangelista. In effetti, assieme a San Francesco, è rappresentato proprio San Giovanni Evangelista, i cui piedi rappresentano un lato dell’ideale triangolo in cui si può inscrivere l’equilibratissima composizione, incentrata sulla figura della Madonna.
6. Correggio, Madonna di San Girolamo 1527-52
In questa tela il Correggio sceglie l’ormai consolidata tradizione della rappresentazione all’aperto, come conferma il paesaggio che si nota al di là della tenda rossa che incornicia i personaggi. I personaggi, disposti lungo la diagonale, sono caratterizzati da una linea flessuosa e da un modellato morbido, capaci di conferire un tono di intimità e tenerezza.
7. Raffaello, Sposalizio della Vergine 1504
In quest’opera Raffaello affronta ancora una volta il confronto col Perugino, ma al contempo raifferma orgogliosamente le sue radici culturali urbinati, come conferma la stessa firma. Il dipinto rielabora l’impianto spaziale ( vasta piazza dominata dal tempio sullo sfondo) che il Perugino aveva proposto sia nella Consegna delle chiavi a San Pietro per la Cappella Sistina, sia nella pala per la cappella del Duomo di Perugia raffigurante lo Sposalizio della Vergine.
2. Correggio, Assunzione 1526-28 cupola del Duomo di Parma
Utilizzando sempre la tecnica dello sfondato, già scelta per la raffigurazione della Visione di San Giovanni a Patmos, Correggio concepisce la scena come un tripudio di angeli che accompagnano la Vergine verso il cielo: le singole figure tendono a perdere individualità per concorrere a creare una visione d’insieme, alla cui unitarietà concorre anche la stesura del colore, leggero e fluente, in un continuum caratterizzato da ombreggiature chiaroscurali radenti.
OSSERVA E CONFRONTA
La Venere di Urbino di Tiziano, colloca la scena all’interno (differentemente da Giorgione) di un’ampia e fastosa camera da letto, con al centro Venere, raffigurata nuda in tutto il suo splendore, distesa su un letto con un cagnolino ai piedi. L’atteggiamento spavaldo della donna è provocante e nuovo, infatti questa svolge lo suardo verso lo spettatore, perfettamente consapevole della propria splendida nudità e della sua bellezza, mentre in Giorgione la dea è raffigurata dormiente. Tiziano sfrutta al meglio le capacità espressive del colore, giocando sull’accostamento per contrasto per esaltare al massimo alcuni dettagli, come il rivestimento rosso dei materassi con ricami a fiorni contrapposto al bianco caldo dei lenzuoli e dei guanciali. Allo stesso modo, il verde del tendaggio in velluto fa risaltare il corpo dorato di Venere, il suo bel viso, e i capelli biondo rame sciolti sulle spalle. Sul fondo della stanza due donne rovistano in una cassapanca; sulla destra, invece, si apre in profondità, resa grazie al tradizionale accorgimento rinascimentale del pavimento a scacchiera. La veduta d’angolo è sottolineata dalla presenza della donna in piedi, che si contrappone in ogni elemento alla figura di Venere. La stanza comunica con l’ambiente esterno mediante una finestra bifora, tipicamente veneziana, che lascia intravedere un cielo dorato al tramonto. L’opera, costruita con grande complessità compositiva, è caratterizzata da un doppio andamento: il primo, bidimensionale del primo piano si interseca infatti con quello tridimensionale dello sfondo. In primo piano il dipinto si sviluppa tutto in lunghezza per accompagnare l’allungamento del corpo della Venere sdraiata sul letto. A tale scopo, oltre che per attirare l’attenzione dello spettatore solo sulla donna, la tenda è stata posta alle spalle di Venere, così da comprimere la scena e caricarla di forte tensione sentimentale.
La Venere dormiente di Giorgione è legata anche a Tiziano dalla testimonianza del Michiel, erudito veneziano che attribuisce al cadorino l’esecuzione del paesaggio sullo sfondo. La Venere, abbandonata al sonno e come immersa in un natura serena, rivela un sottile accordo ritmico tra il corpo nudo disteso e le apparenze naturali: non solo un dipinto mitologico, ma anche un’allusione alla pretesa discendenza della famiglia veneziana da Marcello, genero di Augusto, e quindi della mitica parentela con la gens Julia, celebrata nell’Eneide come progenie della dea. Rispetto all’opera di Tiziano, si evidenziano gli stessi accordi cromatici nelle lenzuola.
PER RIASSUMERE
Quali sono gli elementi principali della pittura di Raffaello?
Sapresti citare e descrivere con precisione almeno una delle opere di Raffaello?
La Scuola di Atene è uno degli affreschi eseguiti da Raffaello tra il 1509 e il 1510, in occasione della decorazione della Stanza della Segnatura, nei palazzi Vaticani.
Nell’affresco, un edificio di poporzioni grandiose e poderoso, ispirato a esempi tardo-antichi e ai progetti del Bramante per il nuovo San Pietro, evoca l’idea del Tempio della Sapienza, dove sono accolti filosofi e saggi dell’antichità intorno alle figure di Platone e di Aristotele, in posizione eminente al sommo di una gradinata, evidenziati dalla luminosità del cielo e dall’incorniciature dell’ultimo arco. La scena si svolge all’interno di una architettura che sembra a croce greca, iscritta in un deambulatorio quadrato con cupola centrale. L’asse della composizione, indicato dalle linee prospettiche, coincide con quello di uno dei bracci, le cui volte, disponendosi l’una di seguito all’altra, determinano una profonda spazialità. Il motivo delle grandi arcate a lacunari sembra infatti recuperato dalla basilica di Massenzio. L’aprirsi della profonda navata verso lo spettatore, come in una sorta di vasto proscenio (una soluzione che ricorda quella della contemporanea scenografia prospettica), favorisce l’articolarsi dinamico dei gruppi e insieme il loro disporsi secondo principi di gerarchia simbolica, che conferiscono ordine e simmetria alla composizione, senza tuttavia alterare o imbrigliare la natuaralità della rappresentazione. Nei volti di alcuni filosofi sono riconoscibili i lineamenti di alcuni artisti contemporanei a Raffaello: ad esempio Euclide ha le sembianze di Bramante, Platone quelle di Leonardo, in Eraclito (figura per altro assente nel cartone preparatorio) quelle di Michelangelo, cui il Sanzio rende omaggio dopo lo scoprimento della prima metà della Sistina. Sembra che anche lo stesso Raffaello si sia ritratto, nella figura col cappello nero all’estremità destra della lunetta, accanto al Sodoma.
Sapresti descrivere in sintesi l’opera eseguita da Raffaello nelle Stanze Vaticane?
La seconda grande impresa pittorica (dopo la Sistina) del pontificato di Giulio II sono proprio le Stanze Vaticane, vale a dire gli appartamenti papali. Raffaello interviene nella decorazione nel 1508, dopo che già pittori provenienti da diverse regioni d’Italia (Perugino, Sodoma, Baldassarre Peruzzi, il Bramantino, Lorenzo Lotto) hanno provveduto alla decorazione dei soffitti. Sanzio inizia a lavorare dalla stanza della segnatura, accanto al Sodoma, ma poi ottiene l’incarico di decorare l’intera stanza, completando il lavoro del Sodoma. Dipinge quindi le personificazioni della Teologia, della Filosofia, della Giurisprudenza, della Poesia entro i tondi che sovrastano le lunette delle pareti, mentre entro scomparti angolari raffigura l’Astronomia, il Giudizio di Salomone, il Peccato dei progenitori e Apollo e Marsia. Seguono (1509-1511) gli affreschi parietali, secondo un programma direttamente in rapporto con la funzione originaria dell’ambiente, destinato a biblioteca privata del pontefice. Il ciclo riprende quindi lo schema decorativo generale delle biblioteche medievali e rinascimentali. Alle personificazioni dipinte nella volta corrispondono sulle pareti della Stanza della Segnatura, la Disputa del Sacramento, la Scuola di Atene, il Parnaso e tre Virtù cardinali- Prudenza, Forza, Temperanza- poste sotto il governo della Giustizia. Raffaello rifiuta però lo schema sino ad allora utilizzato, puntando a coinvolgere i personaggi in un’azione che consenta di caratterizzarli attraverso i moti, le espressioni e le attitudini, anziché per mezzo di attributi. Nel 1511, certamente influenzato dagli eventi politici contemporanei, Raffaello inizia a realizzare la Stanza di Eliodoro, che aveva funzione di camera per udienze. I soggetti ribadiscono e confermano l’ideologia papale e il suo sogno di renovatio: le due scene che si fronteggiano sulle pareti non interrotte da finestre- la Cacciata di Eliodoro dal Tempio e Attila e Leone Magno- rappresentanto interventi miracolosi in favore della Chiesa contro la minaccia e le prevaricazioni di nemici interni ed esterni. Sulle altre due pareti compaiono invece il Miracolo di Bolsena e la Liberazione di San Pietro dal carcere. Dall’armonioso universo del sapere della Stanza della Segnatura, Raffaello passa dunque a rappresentazioni di bruciante immediatezza, che puntano ad un forte coinvolgimento emotivo dello spettatore: la stupefacente rapidità di trasformazione del linguaggio figurativo è sicuramente influenzata dagli affreschi di Michelangelo per la Sistina.
Sapresti citare e descrivere con precisione almeno una delle opere di Giorgione?
La tempesta, eseguita tra il 1506 e il 1508, è costituita da un vasto paesaggio campestre, nel quale sono inseriti due personaggi: a sinistra un uomo in piedi, appoggiato a un lungo bastone, lo sguardo rivolto da un lato; a destra una donna nuda, seduta su un candido lenzuolo che in parte le copre le spalle, colta nell’atto di allattare un bambino. L’interpretazione della scena rimane ancora oggi misteriosa. Tra le molte ipotesi avanzate, un riferimento a cui appoggiarsi è la testimonianza del Michiel, che lo descrisse come paesaggio su tela con tempesta, con zingara e soldato. La difficoltà nel riconoscere la storia narrata è dovuta alla scarsa importanza che Giorgione le attribuisce, per cui l’uomo e la donna non sono che una delle componenti del mondo. Essi partecipano della natura e dell’evento naturale che sta per accadere, ma l’elemento che catalizza la nostra attenzione è il lampo improvviso del fulmine che squarcia un cielo carico di nubi minacciose. Le architetture che costellano il fondo, dai particolari e allungati camini, sono tipicamente veneziane. Il dipinto, nonostante la sua apparente naturalezza, è in realtà costruito con grande sapienza compositiva. I due personaggi posti ai lati della tela fungono da quinte teatrali e introducono lo spettatore alla scena principale: la rappresentazione della natura. L’opera è costruita sfrutttando le diretttrici delle diagonali, il cui punto focale è posto nello specchio d’acqua, mentre sullo sfondo i due alberi incorniciano la luce del lampo, momento narrativo di massimo pathos. Il misterioso paesaggio concentra in sé tutta la forza della natura che è concepita come animata, e che, con palese inversione di significato, diventa la vera protagonista della scena.
Sapresti citare e descrivere con precisione almeno una delle opere della maturità di Tiziano?
L’incoronazione di spine, eseguita tra il 1542-44, appartiene alle opere del periodo maturo di Tiziano. In questi anni, come dimostra l’opera, la tavolozza del pittore cambia, vertendo verso fondi bruni e luci dorate e rossastre sui corpi che acquisiscono straordinario risalto plastico. Contribuiscono a questo processo di trasformazione i contatti che Tiziano stabilisce con la cultura del centro Italia, attraverso la presenza a Venezia di Pietro Aretino, del Vasari e del Salviati. Lo stesso soggetto fu trattato da Tiziano due volte: la prima, nel periodo della maturità, tra il 1542-44, la seconda attorno al 1570. L’opera più antica, dipinta per una cappella della chiesa milanese di Santa Maria delle Grazie, appartiene agli anni della così detta svolta manieristica, quando l’artista manifesta particolare attenzione ai valori plastici e formali della novità “romaniste” ormai diffuse in tutta l’Italia settentrionale. La composizione ostenta un’inconsueta enfasi drammatica concentrando l’attenzione sui corpi plasticamente rivelati degli aguzzini che si accaniscono contro la straziata figura di Cristo. Tutti i personaggi sono sospinti in primo piano e un complesso incrocio di diagonali, torsioni e contrapposizioni determina la dinamica struttura del dipinto illuminato da una forte luce radiante, che crea accentuati contrasti di ombre profonde e larghe chiazze luminose. La scena è ambientata contro un fondale architettonico costruito a bugnato rustico, come le architetture di Giulio Romano, con un busto di Tiberio collocato sull’architrave.
Sapresti descrivere una delle opere di Bellini?
3. La Pietà, realizzata da Giovanni Bellini nel 1460, vede in primo piano San Giovanni Evangelista, la Madonna e il Cristo, realizzati con grande impeto volumetrico, palesando elementi plastici, tipici dell’arte di Mantegna, e particolarmente evidenti nelle dure pieghe della veste della Madonna, del manto azzurro di San Giovanni Evangelista e nella resa anatomica delle parti nude. Di particolare effetto sono i lucenti riccioli di San giovanni, trattati in modo fortemente scultoreo ma resi morbidi e vitalizzati dalla calda tonalità del colore. Lo schema iconografico è di derivazione fiamminga, così come lo sono l’intonazione patetica e la tipologia della Vergine. Tutta la concentrazione drammatica della scena è però trasfigurata nella dolcezza del colore, nella luminosità diffusa dal cielo, nella morbidezza pittorica. Al pathos della scena in primo piano fa da contrappunto lo sfondo paesaggistico dolcemente digradato in lontananza, opponendosi alla concentrazione drammatica grazie alla prospettiva a volo d’uccello e l’effetto trascorrente delle nuovole. L’apparente semplicità ed essenzialità della composizione nasconde uno studio accurato e particolarmente complesso dello schema figurativo. L’equilibrio della composizione è rotto dall’allontanamento della figura di destra, che in tal modo acquista un’evidenza plastico-volumetrica paria a quella del gruppo di sinistra. L’andamento della scena segue e sottolinea il formato della tavola, amplificando e dilatando in questo modo la struttura compositiva delle figure. Il formato a mezza figura è usato come mezzo per portare il devoto il più vicino possibile alla sofferenza di Cristo e al dolore dei suoi compagni. Il taglio della composizione privilegia una visione molto ravvicinata dei personaggi, che sembrano proiettati verso allo spettatore grazie all’inclinazione rovesciata della balaustra.
Tiziano e Raffaello: la ritrattistica
Tiziano cominciò la sua brillante carriera di ritrattista attorno al 1515, ma solo a partire dal decennio successivo si affermò in questo campo presso le maggiori corti italiane ed europee. Attraverso i ritratti si fece testimone e intereprete della realtà del suo tempo, rappresentando non solo le sembianze fisiche e le peculiarità psicologiche dei protagonisti della vita politica, religiosa e culturale. Quello che riuscì a cogliere e a riprodurre è il carattere ideale dei ritratti- a differenza di Raffaello-, la concezione che dogi, papi e imperatori avevano di sé stessi e del loro ufficio e volevano proporre al mondo. Fin dai primi ritratti (il così detto Ariosto, Vincenzo Mosti, l’Uomo dal guanto) l’artista propose un nuovo modello d’immagine di prorompente presenza fisica, che si distingue rispetto alla tradizione raffaellesca per l’impostazione, l’intonazione cromatica e il nuovo rapporto tra la figura e lo spazio. Il ritratto del duca Federico II Gonzaga, ad esempio, vede la figura contro un fondo neutro che si annulla nell’oscurità, soluzione inconcepibile in Raffaello. Nel celeberrimo ritratto di Carlo V a cavallo, Tiziano ritrae un’immagine a figura intera, in cui sono messi in evidenza i lineamenti fisici e psicologici dell’uomo e i segni del potere, evidenti nella dignità regale del portamento e nella sontuosità delle vesti. Al di là delle caratteristiche proprie dei due pittori, è la concezione stessa del ritratto a differire, influenzata certo dalla diversa temperie culturale: in Raffaello il ritratto è psicologico, e si rivolge, nella prima fase di attività in questo ambito, alle famiglie della nobiltà e della borghesia privata, proprio come per Tiziano. Tuttavia, in opere come il ritratto di Agnolo Doni e il suo corrispondente ritratto di Maddalena Strozzi, del 1506 circa, rivela come lo schema compositivo prediletto sia ancora quello leonardesco della Gioconda, con taglio delle figure al di sotto delle braccia e disposizione a tre quarti del busto. Raffaello, però, trascura la complessità espressiva del ritratto leonardesco, per concentrarsi sulle caratteristiche umane, fisiche dei due personaggi effigiati. Negli anni romani i ritratti di Raffaello continuano a cogliere le qualità fisiche e psicologiche dei protagonisti, come nel ritratto di Giulio II, dove, la personalità del pontefice emerge dallo sguardo abbassato che unisce tensione emotiva alla stanchezza dei tanti anni. Come nel ritratto di Baldassarre Castiglione, Raffaello mira ad un coinvolgimento emotivo dello spettatore, cercando di metterlo in contatto diretto-attraverso espedienti pittorici come, ad esempio, sempre nel ritratto di Giulio II, tagli diagonali della figura, punti di vista ribassati; Tiziano al contrario cerca di creare sì un contatto grazie alla profonda indagine psicologica, ma al contempo anche un distacco, creato dalla rappresentazione idealizzata della figura.
Quali sono gli elementi principali della pittura di Raffaello?
Da che cosa fu caratterizzata la formazione artistica di Raffaello?
Raffaello Sanzio (SB) nacque ad Urbino nel 1483 e morì a Roma nel 1520. Ebbe una vita molto breve, ma altrettanto intensa, finitosi in appena due decenni d’attività con una delle più ricche e feconde esperienze della storia dell'arte europea.
Dotato di straordinario talenta e di un particolare senso dell'ordine armonico e dell'equilibrio formale, egli seppe raccogliere i frutti della più alta tradizione quattrocentesca, delle proprie e altrui conquiste e fonderli in una visione completa e perfettamente unitaria.
Raffaello tradusse tale visione in un linguaggio chiaro, limpido e preciso, con una maestria e una padronanza dei propri mezzi d'espressione, che lo fa il primo e più felice interprete di quello "spirito di prontezza", in cui lo storico cinquecentesco Vasari (SB) riconobbe uno dei caratteri peculiari della gran pittura del suo tempo, in altre parole della "maniera moderna"(D).
Raffaello sviluppa con chiarezza ed estrema coerenza la sua arte, attraverso tre fondamentali tappe della sua vita corrispondenti: al periodo umbro (fino al 1504), che comprende la prima formazione e il suo esordio; all’esperienza fiorentina (1504- 1508), che arricchì enormemente la sua cultura e, infine all'attività romana, che si svolge a sua volta attraverso vari stadi, dal pieno trionfo della sua arte matura, ai primi sintomi di una precoce stanchezza.
1) Periodo umbro:
Precoci furono tuttavia anche gli inizi di Raffaello, sebbene non avessero nulla di prodigioso attribuitogli dalle fonti critiche.
Essi di indicano chiaramente la via percorsa dal giovane pittore, dall'iniziale apprendistato alla scuola del padre Giovanni Santi, al breve periodo di tutela di Evangelista di Pian di Meleto, con il quale collaborava più tardi(1501) alla Pala dell'incoronazione del Beato Nicolò da Tolentino, per la chiesa di S. Agostino a Città di Castello fino al suo alunnato presso il Perugino, il suo primo vero maestro, documentabile almeno dal 1497, data della Pala di S. Maria Nova, a Fano, che reca evidente l'intervento del giovane allievo in alcune scene della predella.
A parte una giovanile ma profonda impressione dell'arte di Piero della Francesca(SB), certamente subita al tempo del suo soggiorno a Urbino e di cui è forse da scorgere un'acerba, ma interessante testimonianza nello stendardo della Pinacoteca di Città di Castello con la Madonna della Misericordia e Crocifissione, tutta la produzione iniziale di Raffaello, attivo in questi anni a Perugia e a Città di Castello, reca infatti viva l'impronta della pittura del Perugino, della quale il giovane allievo sviluppa, in modo sempre più coerente e felice, le insite tendenze all'armonia compositiva e alla semplificazione formale, tipiche dell'indirizzo preclassicistico del Maestro
Così nella Resurrezione del museo di arte di S. Paolo databile al 1501-1502, nella Crocifissione Mond,
eseguita nel 1503 per la chiesa di S. Domenico a Città di Castello e nell'Incoronazione della Vergine, dipinta tra il 1502 e il 1504, per la chiesa di S. Francesco di Perugia, motivi e forme tipici del Perugino ed anche del Pinturicchio appaiono già dominanti con sicura mano come purificati nel disegno e nel colore e sciolti di una maggior vivezza e naturalezza di racconto, che già rivelano la particolare inclinazione del giovane artista per la pittura di storie.
Punto d'arrivo di questa prima fase del percorso stilistico di Raffaello, che possiamo definire di perfezionamento dell'arte del Perugino, e al tempo stesso primo originale capolavoro giovanile, è la Pala dello Sposalizio della Vergine, eseguita per la chiesa di S. Francesco a Città di Castello (1504).
Le figure di quest'opera, sebbene ancora atteggiate nelle sentimentali pose del Perugino, hanno forme più corrette e pure, quasi rigenerate dalla luminosità e dalla chiarezza del disegno.
2) Esperienza fiorentina:
Nell'ottobre del 1504, Raffaello si recava a Firenze, dove, dopo la crisi politica e religiosa degli ultimi anni del 1400, l'arte tornava proprio in questi anni a vivere una breve ma intensa stagione soprattutto grazie alla presenza di Leonardo(SB) e Michelangelo(SB).
Qui si presentava agli occhi del giovane pittore un mondo completamente nuovo e così ricco di esperienze passate e allo steso tempo di esperienze recenti, da disorientare anche il più esperto .
Fu pertanto grande merito di Raffaello, il non essersi abbandonato alle suggestioni dell'ambiente e piuttosto l'aver portato avanti proprie idee, come si vede nelle sue opere.
Infatti un primo riflesso dell'evoluzione culturale ed artistica del maestro si può già cogliere nella Pala degli Ansidei, eseguita per la chiesa di S. Francesco di Perugia nel 1504, che come la Pala Colonna, segna il momento di passaggio tra il periodo umbro e quello fiorentino, ma è già un capolavoro nuovo, per l'estrema chiarezza, la semplicità e l'armonia della composizione.
Agli stessi anni (1504-1506) vanno anche datati la Madonna Connestabile e i ritratti di Maddalena e di Agnolo Doni.
Posteriore è invece la numerosa serie di Madonne col Bambino e S. Giovannino, in cui Raffaello crea quel tipo di bellezza femminile che unisce in sé la grazia del Perugino e il sottile, arcano animismo di Leonardo, dall'aspetto devoto e al tempo stesso soavemente umano, rimasto esemplare nell'iconografia della pittura sacra moderna.
Inoltre, tra le più alte e felici composizioni di tipo nuovo, che valsero all'ancor giovane Raffaello la fama di pittore perfetto, sono la Madonna d'Orleans e la Madonna del Belvedere, con schema piramidale, forse in ciò ispirato al cartone della S. Anna di Leonardo.
Presentano soggetti analoghi, anche se talvolta con variazioni del tema, anche opere poco più tarde quali la Madonna del Cardellino e La bella Giardiniera mentre nella Madonna del Baldacchino, il pittore riprende lo schema tradizionale della Sacra Conversazione all'interno di una monumentale abside(D), ma con nuovi effetti di luce e di espressione delle figure, a sottolineare ancora una volta l'originalità compositiva di Raffaello.
3) Periodo romano
Artista ormai affermato e famoso, Raffaello veniva chiamato a Roma nel 1508 da Giulio II (SB), dal quale il giovane artista ebbe subito appoggio e protezione.
Raffaello risulta infatti stipendiato come pittore di palazzo con l'incarico di dipingere le quattro stanze destinate a divenire abitazione privata del papa.
La decorazione de queste stanze si presentò come l'impresa più impegnativa della vita del maestro e si risolse con la più alta affermazione del suo genio artistico.
Egli non seguì l'ordine di successione delle quattro stanze, perciò in base alla sua suddivisione, i soggetti risultavano così distribuiti:
Stanza dell'incendio di borgo (1514-1517);
Stanza della Segnatura (1509-1511);
Stanza di Elidoro (1511-1514);
Sala di Costantino (1520-1524).
Ogni elemento di questi capolavori, assume un particolare significato rispetto all'insieme, e tutto è in funzione di quell'equilibrio tra figura e gruppo, tra gruppo e spazio ambientale, tra pieni e vuoti e in particolare è in funzione di quell'armonia generale di rapporti che rappresentò la meta più ambita della pittura classicista(D).
Un primo esempio di questa sapienza compositiva propria di Raffaello, lo offre l'affresco della Disputa del Sacramento, nella stanza della Segnatura, che rappresenta una vera e propria architettura di figure disposte in tre emicicli sovrapposti e concentrici, a formare una grandiosa abside sul cui centro figurano le tre persone della trinità e l'Ostia Sacramentale, punto di convergenza di tutta la prospettiva e oggetto specifico dell'argomento.
Un altro importante affresco della stanza della Segnature, è rappresentato dalla scuola di Atene, dove sono rappresentate le figure dei filosofi e dei saggi dell'antichità.
Al centro si evidenziano con maestosa dignità le figure di Platone, che indica il cielo con un dito e Aristotele, che stende il palmo della mano verso terra; due semplici gesta che esprimono la dottrina delle rispettive materie filosofiche.
E' qui un esempio particolare della virtù del poeta di saper far parlare i suoi personaggi "in modo così facile e pronto che gareggiava con l'efficacia della parola scritta" (Vasari).
Quest'opera suscitò un'impressione enorme per la sua stessa interpretazione storica, poiché porta con sé un inno alla filosofia antica, un trionfo pieno della ragione umana, un'esaltazione dello spirito oltre che della forma classica, che anche al culmine del Rinascimento(D) sembrò un po' ardito celebrare nella stanza di un papa.
Negli anni appena posteriori, Raffaello si concentra sugli affreschi della seconda stanza, che prendono il nome della Cacciata di Elidoro, dove il maestro sa ancora fondere l'influenza esterna del Buonarroti, fatto testimoniato pure da un altro affresco della stanza di Elidoro, che mostra la rappresentazione della Messa di Bolsena e dalla rappresentazione della Liberazione di S. Pietro.
In questi anni inoltre, Raffaello non fu impegnato solamente nel lavoro delle stanze, ma eseguì molte opere per committenti privati, tra cui numerosi ritratti come quello di un Cardinale e di Baldassarre Castiglione.
Allo stesso modo eseguì alcuni dei suoi più celebri dipinti di soggetto sacro come la Madonna di Foligno, la Madonna della Seggiola e la Madonna Sistina, che rappresenta un'originalissima composizione tutta mossa dai panneggi delle vesti e dal movimento circolare , a sottolineare armonia e compostezza.
Nel 1520, ultimo periodo della sua vita, Raffaello dipinge la Trasfigurazione, che pur portando ancora il fascino della sua arte, mostra mancanza di unità e incoerenza stilistica, per la sovrapposizione di due episodi distinti: in alto la Trasfigurazione di Cristo, in basso la Guarigione dell’ Ossesso.
Questa fu l'ultima opera del maestro, che moriva a trentasette anni a Roma, anche se la sua arte iniziava allora la progressiva conquista dell'Italia e dell'intera Europa.
L'importanza di Raffaello nella storia dell'arte è senza dubbio pari a quella di un Giotto(SB) o di un Masaccio(SB), salvo la differenza per cui, se questi avevano sbalordito la loro età con l'affermazione di idee e di forme radicalmente nuove, Raffaello stupì il mondo più per la perfezione che per la novità della sua arte.
Egli inoltre è considerato interprete della cultura, della storia e del costume di un civiltà ormai giunta al culmine dello sviluppo, fu amato e ammirato da papi, principi, umanisti, poeti e letterati come il Castiglione, l'Aretino e il Bembo(SB), il quale ne dettò infatti l'epigrafe in termini più che elogiativi.
Caratteristiche e vita del Correggio
Pittore italiano (Correggio 1489 circa - 1534).
Ben poco è noto della sua giovinezza; allievo forse del Bianchi Ferrari, si formò probabilmente a Mantova nella tradizione del Mantegna e tra le sue prime opere sono appunto affreschi in Sant'Andrea a Mantova, oltre ad alcuni dipinti di più diretta derivazione mantegnesca: Madonna col Bambino e angeli (Firenze, Uffizi); Natività (Milano, Brera). La sua prima opera datata è la pala della Madonna di san Francesco(Dresda, Staatliche Gemäldegalerie) del 1514-1515; dopo un periodo di intensa maturazione del suo linguaggio pittorico con suggestioni da Leonardo e dopo un viaggio a Roma, l'artista sviluppò la sua cultura con la visione diretta delle opere di Raffaello e di Michelangelo; in questo periodo di transizione si collocano opere quali la Madonna Campori (Modena, Galleria Estense), la Madonna col Bambino e san Giovannino (Madrid, Prado), la Zingarella (Napoli, Pinacoteca di Capodimonte), ma soprattutto la camera del convento di San Paolo a Parma, derivata da esemplari del Mantegna e di Raffaello, già originalmente rivissuti con la volta decorata a pergolato traforato da oculi entro i quali, sullo sfondo del cielo, si agitano, in scorci arditissimi, mirabili immagini di putti. La maturazione della personalità del Correggio è raggiunta però soprattutto nella cupola di San Giovanni Evangelista a Parma, eseguita fra il 1520 e il 1523. La pittura del maestro, fra il 1520 e il 1530, si fece più attenta al paesaggio, più ricca di colore e acquistò soprattutto in armonia di composizione: Ecce Homo (Londra, National Gallery), Sposalizio mistico di santa Caterina (Parigi, Louvre), Madonna di san Sebastiano (Dresda, Staatliche Gemäldegalerie), Martirio dei santi Flavia e Placido (Parma, Galleria nazionale). Tra il 1526 e il 1530 l'artista eseguì la decorazione della cupola del duomo di Parma, punto centrale della sua attività per la vastità del tema (Gloria del Paradiso), che sviluppa il motivo della cupola di San Giovanni Evangelista. Il medesimo vigore fantastico e la medesima ricchezza di “invenzioni” luminose caratterizzano le grandi pale d'altare dipinte tra le due cupole e negli anni successivi: la Madonna della scodella e la Madonna di san Girolamo nella Galleria nazionale di Parma, Natività, detta la Notte, e la Madonna di san Giorgio nella Pinacoteca di Dresda. Per Federico Gonzaga eseguì la serie di dipinti mitologici sugli “amori di Giove”: Giove e Antiope (Parigi, Louvre); Ganimede, Io (Vienna, Kunsthistorisches Museum); Danae(Roma, Galleria Borghese); Leda (Berlino, Musei di Stato [Staatliche Museen]), nei quali liberamente si spiega la sua predilezione per forme luminose e fluenti. Profonda fu l'influenza del Correggio sulla pittura dell'Italia settentrionale, e il suo gusto, insieme con numerosi motivi e particolarità tecniche, fu ripreso e sviluppato soprattutto dai Carracci e dai loro seguaci.
Giorgione
Castelfranco Veneto 1477 ca - Venezia 1510) Nome con il quale è conosciuto il pittore Giorgio da Castelfranco. È il primo dei grandi pittori veneti del Cinquecento. Le sue opere certe sono poche, scarsi i documenti che lo riguardano. Le notizie più attendibili sulla sua vita e su alcune caratteristiche della sua pittura provengono dall'opera di G. Vasari, che lo considera iniziatore di una riforma della pittura basata sull'uso del colore. Nei suoi dipinti grande importanza assunse il colore e di conseguenza il paesaggio naturale. Infatti, Giorgione non definisce lo spazio mediante un'intelaiatura prospettica, ma contrapponendo, per esempio, i colori freddi dello sfondo a quelli caldi del primo piano. Tra le opere a lui concordemente attribuite, si ricordano la Pala con la Madonna, il Bambino e i santi Liberale e Francesco (1504 - 1505, Castelfranco Veneto, duomo), Adorazione dei pastori (Washington, National Gallery), Ritratto di giovane donna (1506, Kunsthistorisches Museum), Ritratto d'uomo (museo di San Diego in California), La tempesta (1506, Venezia, Galleria dell'Accademia), I tre filosofi (1508, Vienna, Kunsthistorisches Museum), Concerto campestre (in collaborazione con Tiziano, Parigi, Louvre), Venere dormiente (1510, terminata da Tiziano, Dresda, Gemäldegalerie).
Giorgia Morisetti
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