Aspetti sociali della realtà lavorativa

Materie:Tema
Categoria:Scienze Sociali

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ASPETTI SOCIALI DELLA REALTA’ LAVORATIVA
Nel campo delle scienze sociali più che la realtà lavorativa in sé viene analizzata l’economia e le sue tre branche fondamentali: la produzione, la distribuzione e il consumo dei beni. Gli aspetti psicosociali del lavoro oltre a riguardare il funzionamento dell’organizzazione sociale, la formazione di un’identità lavorativa e la nascita di caratteristiche di status, potere e prestigio interessano anche la sfera della socializzazione secondaria, in particolare la formazione di reti di rapporti sociali: per Marx la produzione presuppone l’interazione tra mezzi di produzione e rapporti di produzione classificando il lavoro come un’attività sociale dove diversi gruppi collaborano tra loro sebbene divisi in settori produttivi. Infatti nelle società complesse, al contrario di quelle primitive, l’attività lavorativa è divisa in tre settori: il primario si occupa di raccolta e produzione delle materie prime (es. agricoltura), il secondario è formato da industrie che lavorano i prodotti provenienti dal settore primario, nel terziario sono presenti le attività di servizio (es. scuola) e nel quaternario vi è lo sviluppo dell’informatizzazione. Le diverse concezioni sociali del lavoro nella società occidentale, dalla cultura classica che condannava il lavoro manuale al suo recupero nella cultura cristiana, hanno portato alla vera e propria formazione di ideologie che nei secoli sono diventate motore del processo economico: l’età moderna e il Rinascimento consacrano l’uomo che modifica e migliora il mondo con la sua attività; parallelamente l’etica del lavoro di Calvino e Lutero afferma la necessità di compiere un lavoro come risposta alla vocazione ed è nella società laica moderna che la figura dell’imprenditore incarna il connubio tra queste due concezioni. La massiccia industrializzazione europea, a partire dalla seconda metà del Settecento, porta a forti miglioramenti nella produzione ma anche alla nascita della classe operaia, ignorante a causa della mancata esercitazione delle proprie capacità intellettive che con l’avvento delle catene di montaggio automobilistiche Ford vengono sollecitate il meno possibile a beneficio di un lavoro ripetitivo. A questo proposito, tra taylorismo e fordismo, Freud definisce il lavoro come attività molto importante per la realizzazione psicologica personale che però può portare ad un’alienazione, ad una situazione di disagio registrata da Simone Weil nel suo “Diario dell’alienazione lavorativa” e mostrata da Charlie Chaplin nel film “Tempi moderni”. La diffusione della produzione industriale ha portato alla comparsa di campi di indagine come la sociologia dell’industria e la sociologia dell’azienda che analizzano principalmente tre aspetti come quello strutturale dei gruppi di lavoro, quello psico-sociologico di integrazione tra status lavorativo e identità e quello ideologico delle diverse visioni del mondo. L’analisi sociologica del lavoro industriale nel XIX secolo vede due concezioni a confronto: quella di Marx che sostiene il diritto a un lavoro non fruttato e non alienato e quella di Durkheim che afferma che la divisione del lavoro provoca la scomparsa della solidarietà meccanica a favore della solidarietà organica. Un fattore di svolta per lo sviluppo della concezione del lavoro è l’automazione: questo processo permette all’operaio di controllare in prima persona la macchina che lo sostituisce; l’espansione dell’automazione ha portato ad un aumento della produttività senza l’ulteriore impiego di manodopera, concentrandola nel settore terziario che ha soppiantato via via il primato dell’industria. La condizione lavorativa e il lavoro stesso si dividono in molteplici prospettive e il nuovo assetto lavorativo vede la coesistenza di sottoccupazione, lavoro nero e sfruttamento accanto all’avanzamento di culture di qualità. Il lavoro di oggi infatti vede il tramonto dell’attività dipendente a tempo pieno, gerarchicamente subordinato all’interno di un’organizzazione, e della società del lavoro a vantaggio della permanenza del lavoro domestico, dell’avvento di una sempre più ampia diversificazione dei lavori soprattutto quello professionale, autonomo e atipico. Il Welfare State, forma di organizzazione politico-sociale necessaria per tutelare le fasce deboli della società garantendo così l’equilibrio dell’intero sistema, è diventato una sorta di degenerazione dello stato (da un lato vorrebbe aiutare i soggetti favorendo l’uguaglianza, dall’altro è figlio del capitalismo che vuole correggere e ne segue i principi) le cui problematiche vanno a toccare ambiti come la corruzione e la gestione di risorse economiche e di potere ripagando la gente con l’etica, la democrazia e i servizi.. Il rapporto tra formazione scolastica e inserimento nel mondo del lavoro è divenuto molto rilevante nella nostra società nel corso del XX secolo con l’introduzione della “macchina intelligente” che richiede nuovi tecnici specializzati; è per questo che si pretende dalla scuola un legame di raccordo e continuità con il mondo del lavoro che si dovrebbe realizzare attraverso l’orientamento, la selezione e la formazione in modo da fornire le competenze necessarie ad inserire gli studenti nel mondo del lavoro sempre più esigente. Sotto alcuni aspetti la scuola rimane però arretrata rispetto ai cambiamenti socioeconomici ed è stata più volte utilizzata come “alloggio” alla disoccupazione giovanile; ancora oggi si tende a prolungare i tempi di permanenza a scuola, luogo che non sempre è in grado di realizzare un uguaglianza di opportunità. Alla scuola spetta un’attività volta allo sviluppo dell’orientamento, della cultura di base e degli atteggiamenti adeguati all’inserimento lavorativo nel prossimo futuro, superando la divisione tradizionale tra formazione generale e professionale in modo da moltiplicare la mobilità lavorativa e agevolare i piani di riconversione da una professione all’altra.

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