Il Realismo

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Il Realismo

La tesi di una ricorrente presenza di aspetti realisti nella storia dell'arte occidentale è nata nel sec. XIX; l'uso del termine Romanticismo per denotare una tendenza artistica ha una data di nascita precisa, il 1855, anno in cui Gustave Courbet inaugurò a Parigi la sua esposizione personale "Pavillon du réalisme", che fu all'origine di un vero e proprio movimento organizzato, cui presero parte i pittori Bonvin e Gigoux, i critici Champfleury, Duranty, Castagnary, e in un primo tempo lo stesso Baudelaire.
Il movimento realista si presentava come sintesi di due tendenze.
Una prima, le cui avvisaglie erano state registrate in Inghilterra sin dall'inizio della rivoluzione industriale: il primo mutamento dell'interpretazione della realtà naturale avvenne nel paesaggismo, che dal sec. XVII, in quanto genere "minore", era banco di prova per gli artisti innovatori.
E' infatti con Joseph Wright of Derby (1734-1797) che si inaugura la tendenza a presentare la realtà industriale senza veli, attraverso il sovvertimento della concezione del paesaggio arcadico di matrice classicista.
La stessa cultura, più nettamente politicizzata, è riscontrabile, ca. 60 anni dopo, nei dipinti di Ford Madox Brown, appartenente al movimento preaffaellita, e acceso neomedievalista, che raffigura tuttavia le fasi del lavoro industriale con intenti di ripresa documentaria della realtà contemporanea.
Da Madox Brown a Courbet il passo è tuttavia lungo, benché i due pittori operino contemporaneamente e siano in contatto fra di loro.
In secondo luogo, contemporaneamente alle opere di Courbet, nella stessa Francia altri pittori, come Honoré Daumier, orientavano la propria arte verso quella particolare branca del Realismo costituita dalla caricatura politica.
La posizione di Courbet e dei realisti costituisce una sintesi, e insieme un orientamento di queste tendenze.
"Riprodurre delle realtà non è nulla: bisogna far pensare": quest'affermazione di Courbet qualifica il Realismo come una interpretazione della realtà naturale, che stimoli a sua volta nello spettatore una reazione interpretativa e critica della realtà stessa.
In questo senso, l'opera di Courbet aderisce pienamente, al tempo stesso in cui ne è alla base, alle teorizzazioni dei critici a lui contemporanei, da Taine a Champfleury, che organizzò la teoria realista del rapporto rappresentativo fra uomo e natura.
La sociologia dell'arte e le teorie marxiste hanno condotto, nel nostro secolo, alla teorizzazione ed all'individuazione di una vera e propria tendenza artistica del Realismo, di cui si sono ricercati fasi ricorrenti nella storia dell'arte occidentale.
Una linea continua parte infatti da Taine, con la concezione, solo abbozzata, del tipico, e attraverso gli scritti di Engels giunge a Lukàcs, che definisce il Realismo come riproduzione fedele di caratteri tipici in
circostanze altrettanto tipiche.
Naturalmente, tale teorizzazione presuppone un'individuazione precisa del tipico, come sintesi tra il generico e l'individuale, in momenti determinati, essenziali, di un'epoca.
Da quest'impostazione discende inevitabilmente la ricerca di fasi in cui l'arte abbia rappresentato appunto il tipico, perseguendo un equilibrio perfetto tra la natura e le esigenze di interpretazione che l'uomo pone nei suoi confronti: è quanto è stato operato da alcuni critici e sociologi dell'arte, variamente ricollegantisi al marxismo.
Si tratta in particolare di Frederick Antal, e soprattutto di Arnold Hauser che, nella sua Storia sociale dell'arte, rintraccia fasi ricorrenti di Realismo nell'arte greca del sec. V, poi nel cosiddetto "naturalismo gotico" del '400 fiorentino, in Caravaggio e nella pittura olandese del '600, e finalmente in quello che abbiamo visto essere l'unico movimento realista per definizione, e cioè nella "visione artistica anti-romantica di Gustave Courbert".
Il fascino di tale teoria è senz'altro forte, e comunque motivato da un obiettivo, periodico, ripresentarsi di riferimenti diretti alla realtà e all'accentuazione di suoi aspetti particolari.
Si guardi, solo per esempio, all'individuazione dei caratteri nel ritratto del fornaio Paquio Proculo, da Pompei (Napoli, Museo nazionale), e nel ritratto di vecchio con bambino, di Domenico del Ghirlandaio (Parigi, Louvre).
A chi ripercorra le fasi storico-artistiche ricordate da Hauser, appare però evidente che per esse è più agevole parlare di naturalismo (nel senso definito da Auerbach come mìmesis; si veda sopra), piuttosto che di una rappresentazione aderente alla natura, con la finalità conscia di sottolineare gli aspetti per farne uno strumento di mutamento sociale.
Una distinzione filosofica fra naturalismo e Realismo è stata più volte suggerita.
In particolare, Rosario Assunto ha ripercorso sistematicamente le teorie che sono alla base della tesi, qui presa in esame, di momenti ricorrenti di realismo.
Ponendo innanzitutto il problema di cosa il termine Realismo stia a denotare, egli giunge alla conclusione che, pur non esistendo una categoria metastorica del Realismo, si può tuttavia rintracciare una categoria costantemente operante nelle manifestazioni realistiche, da poter distinguere dalle varianti volta a volta presenti nelle opere.
Egli definisce dunque il Realismo, sulle orme di Auerbach, come un'idea estetica fondata su un particolare rapporto fra l'artista e la realtà della sua epoca; relazione esistenziale, quest'ultima, vissuta dall'artista accettandone la finitezza, senza cercare di metterla in rapporto con un sistema assoluto.
Le teorie di Assunto sono pressoché contemporanee ai due diversi episodi di rappresentazione del Realismo costituiti, in Italia, dal neorealismo, e in epoca più recente, in Francia, dal nouveau réalisme.
Nel primo caso, su un'istanza ancora una volta etica, suscitata dalla Resistenza, si è innestato un movimento tendente a riprodurre la realtà industriale e contadina per suscitare sentimenti ribellistici nello spettatore.
Il riferimento programmatico di tale movimento al Realismo ottocentesco non è giustificato se non dalle convinzioni politiche dei realisti francesi, convinzioni che tuttavia sconfinarono più facilmente nel positivismo che nel marxismo.
Viceversa, il neorealismo è più direttamente ricollegabile al Realismo socialista affermatosi negli anni '30 in Unione Sovietica, come corrente culturale ed artistica pilotata dal PCUS.
Il dato interessante del nouveau réalisme, sorto negli anni '60 ed appoggiato dal critico Pierre Restany, che ne è stato il principale teorico e sostenitore, è costituito invece dal rapporto attivo con la realtà contemporanea, non più rappresentata per quello che appare fenomenicamente, né, come per Assunto, come realtà tangibile al di fuori di un rapporto con l'assoluto, ma invece attraverso il trattamento, la manipolazione delle immagini obiettive, con lo scopo di offrire del reale tutti gli aspetti, nella loro articolazione.

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