Vita e opere di Giovanni Verga

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Testo

VERGA
Vita
V. nasce a Catania nel 1840, nel 1869 lascia la Sicilia e va a Firenze, dove frequenta i circoli letterari conoscendo Capuana; dopo un breve ritorno a Catania, V. si trasferisce a Milano dal 1872 al 1893: il periodo dopo il ’90 è quello più produttivo e, proprio in questi anni, avviene l’adesione dell’autore al Verismo. A Milano V. prende le difese dell’arte naturalista francese e verista italiana, accusata di rappresentare scene scabrose, secondo lui non è l’arte ma la realtà a essere scabrosa. Nel 1893 V. torna a Catania, ma stanco e deluso si isola e diventa reazionario e conservatore; nel 1920 viene nominato senatore del Regno d’Italia e nel 1922 muore nella sua casa a Catania.
Romanzi giovanili preveristi
Le opere giovanili di V. sono caratterizzate dalla contrapposizione tra il tema dell’amore-passione e quello della famiglia.
• STORIA DI UNA CAPINERA (Firenze, 1869)
• EVA (Milano, 1872): è la storia autobiografica di un pittore siciliano (Enrico Lanti) a Firenze distrutto dall’amore-passione per una ballerina (Eva). “Eva” è il primo romanzo di V., nella sua prefazione l’autore parla della ragione economica, definita disumana perché reprime i sentimenti ed è il movente fondamentale delle azioni umane; il brano introduttivo al romanzo si regge tra l’allora, che rappresenta la civiltà greca antica e l’Italia risorgimentale, periodi duranti i quali l’arte era protagonista, e l’oggi, tempo in cui l’arte è un lusso superfluo, che non contiene più ideali, ma solo elementi materiali (poiché gli uomini pensano solo ai soldi, alle banche…), di conseguenza l’intellettuale diventa un emarginato, non è più il portatore degli ideali patriottici e civili (come durante il Romanticismo), perciò dall’intellettuale è possibile una rivolta moralista contro la società dominata dalla ragione economica: l’arte vista come polemica costituisce un atteggiamento d’avanguardia, infatti V. condivide le idee degli scapigliati milanesi.
• NEDDA (Milano, 1874): la storia è ambientata in Sicilia (non in ambienti borghesi o aristocratici). “Nedda” è considerata la prima opera del Verismo verghiano, ma non è così; tale interpretazione si basava sulla scelta dell’autore di ambientare la vicenda popolare nella campagna siciliana, ma in realtà il romanzo non presenta componenti dello stile o dei contenuti tipici del Verismo. Le scene contadine erano già diffuse nella letteratura dell’epoca, ma V. parla degli aspetti sociali non in modo impersonale, bensì sottolineando personalmente gli aspetti più pietosi (riguardanti la vita sfortunata della povera Nedda, per esempio lo scarso salario che ella riceveva) per coinvolgere il lettore, senza creare quindi distacco tra l’autore e la materia dell’opera. Infatti nel ‘74 V. non è ancora un verista vero e proprio e anche il linguaggio che egli adopera è un linguaggio “manzoneggiante” e tradizionale, non un linguaggio popolare, ma quello dello scrittore colto e borghese; “Nedda” appartiene al tardo Romanticismo sociale, perciò presenta una lingua letteraria con termini toscaneggianti, che diventano quasi comici in bocca a una contadina siciliana ignorante come Nedda, uniti a un linguaggio dialettale, usato in modo isolato per esprimere il folklore siciliano. Vi è quindi una discrepanza tra l’intellettuale colto e il mondo popolare che egli rappresenta nelle proprie opere. Nelle opere veriste, invece, c’è una regressione, cioè l’autore usa i pensieri e le parole dei personaggi.
Verismo
Nel 1878 V. scrive “Rosso Malpelo”, il suo primo vero racconto verista, che segna infatti la conversione dell’autore al Verismo.
NEDDA e ROSSO MALPELO sono due ragazzi poveri sui quali si scatena la violenza sociale delle classi superiori:
- “Povera bambina! Che incominci a soffrire più tardi che sia possibile – disse. Le comari la chiamavano sfacciata perché non era stata ipocrita, perché non era stata snaturata”: Nedda è criticata dalle comari perché, dopo essere rimasta incinta senza marito, non aveva portato la figlia al convento, come di costume a V. ha un atteggiamento pietoso nel confronti di Nedda e la difende, seguendo la scrittura personale
- “Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzaccio malizioso e cattivo” “ vi è una regressione perché V. rappresenta l’opinione comune, non il proprio punto di vista, seguendo la poetica dell’impersonalità
Il Verismo è caratterizzato da:
. polemica antiromantica Manzoni è un idealista, si ispira alla visione religiosa della vita, invece V. è un materialista, egli studia scientificamente la realtà, non vuole insegnare, vuole solo essere obiettivo
. determinismo per i Romantici si può agire sulla storia, secondo i naturalisti e i veristi invece l’uomo dipende dalla natura ed è determinato dall’ereditarietà, dall’ambiente e dal momenti storico (v. Zola)
. studio scientifico della realtà gli uomini devono analizzare i legami causa-effetto tra le cose
. impersonalità per i romantici il centro del racconto e l’io (sentimenti e ideali), mentre i veristi sono impersonali, dopo aver preso atto dell’impotenza dell’uomo davanti alla storia e alla società
. necessità di collegare il linguaggio del romanzo all’argomento trattato, adeguando la lingua ai personaggi e alle classi sociali
. secondo Comte (padre del Positivismo), il romanzo deve contribuire allo studio umano, quindi ogni livello sociale deve essere studiato in modo diverso, partendo dalle classi popolari, che sono le più semplici da analizzare (perché sono più vicine alla natura, basti pensare ai contadini), fino a giungere ai ceti più alti; V. descrive infatti: i contadini e i pescatori (ne “I Malavoglia”), la borghesia (in “Mastro don Gesualdo”), l’aristocrazia (ne “La duchessa di Leyra”, opera rimasta incompiuta), il mondo della politica e, per finire, quello dell’arte.
Il passaggio di V. al Verismo tra il 1877 e il 1878 è dovuto a tre avvenimenti:
1. Capuana, amico di V., va a Milano e viene raggiunto da V., che si unisce ad altri artisti per dare origine al romanzo moderno ispirato a Zola; in questo periodo Capuana scrive “Zacinta” e V. “I Malavoglia”
2. inchiesta di due parlamentari, Franchetti e Sonnino, che promuovono vari sondaggi per favorire lo studio dell’Italia del sud (della Sicilia, in particolare): nell’“Inchiesta in Sicilia” V. trova le ragioni sociali dell’arretratezza e della crisi dei Malavoglia
3. pubblicazione dell’“Assomair” (=macello) di Zola, opera della quale Capuana scrive la recensione; la novità introdotta da Zola è che la forma del romanzo si riferisce al soggetto
VERGA (VERISTI)
ZOLA (NATURALISTI)
Pessimista radicale, contrario al Positivismo (sfiducia nel progresso)
Ottimista, favorevole al Positivismo
Società preindustriale dell’Italia del sud
Società francese dinamica e attiva
Romanzo ambientato in ambienti rurali
Romanzo ambientato in ambienti borghesi (città)
Regionalismo
Nazione unita politicamente e culturalmente (Francia)
“I Malavoglia”
Prefazione
La prefazione del romanzo (scritto nel 1881), tratta il tema del progresso: il progresso visto da lontano è positivo, ma in realtà sono molti i vinti durante la lotta verso il progresso (la critica al progresso nasce in Età vittoriana, in contrapposizione alla civiltà industriale). V. scrive infatti il “Ciclo dei vinti”, composto da romanzi i cui personaggi sono stati schiacciati dal meccanismo del progresso (non sono inseriti in un disegno provvidenziale, come ne “I promessi sposi” di Manzoni), progresso inteso come lotta per la vita (v. Darwin); l’intellettuale si sente tagliato fuori dal progresso, quindi egli s’identifica nei vinti. Se collettivamente il progresso è un bene, vi collaborano comunque individui egoisti, che non pensano al bene di tutti ma solo al proprio, poiché il movente dell’uomo secondo V. è il benessere fisico, immediato e personale (v. Positivismo).
Sempre nella prefazione, V. spiega perché la sua analisi della società parte dalle classi basse:
- per un’esigenza scientifica, poiché le classi basse sono meno complesse
- per un’esigenza realistica, per fornire spaccati riguardanti tutti gli strati della società italiana
La letteratura di V. fa riferimento alla letteratura filantropico-sociale, il cui fine è la creazione di un rapporto di solidarietà e di convivenza armoniosa tra classi sociali diverse (v. “Cuore”).
Temi
Il piano tematico si differenzia tra:
. tema etnologico studio del folklore siciliano (ne sono esempio i trecento proverbi contenuti nel romanzo, che rappresentano il linguaggio popolare ed esprimono la tradizione e la saggezza popolari)
. tema sociale-politico costruito sulla base dell’“Inchiesta in Sicilia” di Franchetti e Sonnino tema della piccola proprietà, dell’usura, della leva militare, della corruzione…
. tema filosofico V. non è ottimista sulla sorte dei piccoli proprietari, in quanto egli coglie gli aspetti negativi del progresso, vi è infatti la contrapposizione tra padron ‘Ntoni (che rappresenta la tradizione) e suo nipote ‘Ntoni (che rappresenta il progresso), V. è cioè contrario alla filosofia positivista proiettata all’ottimismo, sebbene sia i veristi che i positivisti siano materialisti. Ma mentre i naturalisti si muovono nella dinamica società francese che crede che con il progresso, le lotte sociali e politiche si possa migliorare la società, V. ha un pessimismo radicale, anche perché è nato e ha vissuta nel sud d’Italia, dove la realtà non è attiva ma immobile dal punto di vista socio-economico (vi sono ancora i latifondi). Il romanzo naturalista è infatti ambientato nelle città, in ambienti borghesi, invece il romanzo verista è ambientato in campagna, nell’ambiente di contadini e pescatori, poiché l’Italia del sud ha ancora una società preindustriale. Inoltre i naturalisti hanno in mente una nazione, la Francia, mentre i veristi possono far riferimento solo a una regione, perché l’Italia è stata unificata geograficamente, ma non c’è ancora un’unità linguistica, culturale e sociale (regionalismo dei veristi).
Personaggi principali
I primi dieci capitoli de “I Malavoglia” hanno come protagonista padron ‘Ntoni, il patriarca della famiglia, mentre gli ultimi cinque capitoli hanno come protagonista ‘Ntoni, nipote di padron ‘Ntoni, che torna dal servizio militare, diventa contrabbandiere e perciò viene arrestato e mandato in prigione. I due personaggi sono antitetici, hanno lo stesso nome perché rappresentano lo stesso desiderio, ovvero quello di migliorare le loro condizioni di vita: il nonno vuole dedicarsi al commercio per tentare di far fortuna ma si indebita, il nipote diventa contrabbandiere e va contro la legge. ‘Ntoni lascia il paese, che è un luogo sicuro che gli dà protezione, per affrontare il mondo della controversa modernità, ma si accorge dell’errore: egli non è, quindi, un personaggio unitario e conosce la crisi, al contrario del nonno, che è più sicuro e in lui si riconosce la saggezza del mondo arcaico-rurale, mentre il nipote è un personaggio romanzesco e non conosce la vertià.
Oltre alla contrapposizione tra il nonno e il nipote, vi è anche una contrapposizione tra i Malavoglia e tutti gli altri abitanti del paese, che assediano la famiglia Malavoglia, seguendo solo la logica del profitto, mentre i Malvoglia credono ancora nei valori della famiglia, della solidarietà, dell’onestà, tanto che, per pagare il debito contratto, padron ‘Ntoni manda in rovina l’intera famiglia vendendo la casa, perciò egli viene ridicolizzato dai compaesani.
I personaggi del romanzo si possono suddividere in:
- personaggi cinici e disonesti = abitanti di Trezza
- personaggi onesti e laboriosi = mondo di padron ‘Ntoni:
- personaggi fedeli al nonno = Alessi e Mena
- personaggi non fedeli al nonno = ‘Ntoni e Lia
Forma e Linguaggio
La forma del romanzo deve essere inerente al soggetto dell’opera (v. “Assomair” di Zola), quindi il narratore deve provenire dall’ambiente nel quale i fatti si svolgono. Ne “I Malavoglia” il narratore proviene dalla comunità arcaico-rurale del paese di Trezza, in Sicilia, dove i Malavoglia vivono; il narratore è quindi ignorante e primitivo, mentre l’autore è una persona colta.
Vi sono due atteggiamenti del narratore: uno di critica e uno più solenne, per il quale V. utilizza uno stile quasi lirico, quando il narratore parla di padron ‘Ntoni, riferendosi ai valori umani perduti. Si crea quindi una contrapposizione tra V. e il Verismo, poiché egli si mostra nostalgico nei confronti di padron ‘Ntoni, V. non è quindi del tutto distaccato e il suo linguaggio non è del tutto impersonale.
“I Malavoglia” presenta sia un aspetto realistico, che fa capo al Verismo, sia un aspetto lirico-simbolico, che fa capo al Romanticismo: infatti V. utilizza due registri, uno comico-realistico (il linguaggio è quello parlato, anche se non è dialettale, con cadenze e sintassi del siciliano) per gli abitanti di Trezza (piccola comunità di pescatori) e uno lirico-simbolico per i Malavoglia, registri compresenti perché il romanzo è nato come studio della Sicilia unito alla nostalgia dell’autore per il mondo arcaico-rurale suscitata dalla distanza dalla terra natia (V. era nato a Catania, in Sicilia, ma scrive l’opera a Milano).
Il metodo narrativo di V. è sperimentale: V. abolisce la presentazione dei personaggi prima che entrino in azione, abolisce la mediazione dell’autore, quindi il lettore borghese si trova disorientato, perché deve imparare a conoscere i personaggi e il luogo in cui vivono (Trezza).
Spazio e Tempo
Lo spazio si suddivide in:
- spazio mitico = spazio dei luoghi sociali
- spazio realistico = paese chiuso e protetto
Il tempo si suddivide in:
- tempo storico (che fa riferimento al calendario civile) = rappresentato dalle tasse e dalla leva obbligatoria, che rappresentano l’unità d’Italia: la storia è quindi vista in modo negativo, poiché sottrae soldi e braccia al lavoro dei campi (Luca, nipote di padron ‘Ntoni, addirittura muore durante il servizio militare) e anche perché il paese viene travolto dal progresso
- tempo etnologico (che fa riferimento al calendario delle feste religiose, dei raccolti… e che è quindi un tempo circolare, che assorbe anche il tempo storico)
Tecnica dell’estraniamento
Un gruppo di critici del ‘900 (in particolare, i formalisti russi), studiando le opere contemporanee e quelle dell’‘800 hanno individuato tale tecnica, che consiste nel presentare come anomalo ciò che è normale; a tale scopo l’autore assume, per esempio, l’ottica di un animale per vedere il mondo degli uomini con gli occhi di un'altra creatura. Ne “I Malavoglia” la tecnica dell’estraniamento consiste nell’adozione dell’ottica paesana che rende ridicola l’umanità e l’attaccamento ai valori di padron ‘Ntoni, poiché la ragione economica presenta i valori come disvalori, ciò che dovrebbe essere normale per gli uomini (l’umanità) come anomalo.
Novelle
Le più importanti sono le “Novelle rusticane” (ambientate in Sicilia), scritte dopo “I malavoglia” e prima di “Mastro don Gesualdo”.
Anche nelle Novelle è presente il principio dell’impersonalità, quindi la mano dell’artista deve essere invisibile, l’opera deve sembrare essersi fatta da sé (v. Flaubert).
Nella prefazione alla novella “L’amante di Gramigna”, V. espone i principi basilari del modo in cui egli percepisci il Verismo:
- letteratura come documento
- linguaggio naturale
- atteggiamento scientifico (v. Zola)
- eclissi dell’autore (impersonalità)
I temi unitari delle Novelle sono:
. l’amore-passione, una passione tragica e distruttiva che si basa di solito sul triangolo marito/moglie infedele/amante; tale tema è presente in “Jeli il pastore”, “La lupa”, “Cavalleria rusticana”, ma non in “Rosso Malpelo” e “Guerra dei santi”
. la diversità, che si differenzia in diversità sociale (v. “Rosso Malpelo” e “Jeli il pastore”, dove Jeli è escluso dalla società per la sua ingenuità), diversità dovuta a ragioni sessuali (v. “La lupa”) o economiche (v. “L’amante di Gramigna”)
Nella novella “Cavalleria rusticana” il pubblico può fare il confronto tra le lotte contadine e la cavalleria borghese, assistendo inoltre al conflitto tra amore e ragione economica.
NOVELLE RUSTICANE
VITA DEI CAMPI
ambiente di “Mastro don Gesualdo”
ambiente de “I Malavoglia”
Tema
motivo economico
amore-passione, tema lirico-simbolico
Stile
realistico e drammatico
epico-lirico e simbolico
Personaggi
isolati (Lupa, Jeli…) ed esclusi socialmente perché considerati diversi
gruppi sociali collettivi (rivoltosi di “Libertà”)
Nella novella “La roba” (“Novelle rusticane”) il protagonista è Mazzarò, che coincide con la figura di Mastro don Gesualdo, un uomo che si fa dal nulla, perciò quando muore si rende conto di aver gettato via la propria vita, che egli identificava con la “roba”, poiché non può portare le proprie cose nell’aldilà. L’accumulo della roba o la ragione economica sono atteggiamenti non giustificabili a livello razionale, anche se possedere oggetti che sopravvivono all’uomo, può essere considerata a livello inconscio come una angoscia profonda per la morte, come se la “roba” permettesse di allungare la vita.
La novella “Libertà” (“Vita dei campi”) è ambientata durante lo sbarco dei mille; la folla presente nella novella è presente anche nelle opere di Manzoni, ma egli la considera con una sottile ironia, con distacco, mentre in V. la folla è violenta, l’autore capisce le ragioni della folla, pur non giustificandole, poiché V. crede che la società non possa cambiare. “Libertà” apre un duplice scenario: da un lato V. rappresenta i fatti storici come sono realmente accaduti, dall’altro appare tuttavia evidente il giudizio poetico dell’autore, che propone una lettura critica dei moti rivoluzionari.
“Rosso Malpelo”
In questa novella si intrecciano temi sociologico-politici e filosofici; i primi derivano dall’“Inchiesta in Sicilia”, nella quale vi è un capitolo sulla vita dei carusi, i ragazzi minorenni che lavoravano nelle miniere siciliane, i secondi derivano invece dalle riflessioni sulla violenza che Malpelo subisce in famiglia e nella cava, una violenza che riguarda però tutta la società, poiché proviene dall’alto.
Malpelo non è solo vittima dell’ambiente, ma sa riflettere e farsi una ragione di ciò che ha attorno, è quindi un personaggio “intellettuale”, a modo suo, nel senso che riflette sulla realtà ed elabora delle conclusioni (personaggio machiavelliano). Malpelo è un personaggio complesso perché ha anche un risvolto simbolico: è un orfano che muore alla ricerca del padre, addentrandosi nella miniera, che rappresenta il grembo materno.
Le opere veriste di V. non hanno avuto successo quando sono state pubblicate, al contrario dei primi romanzi milanesi preveristi, ambientati in ambiti borghesi; “Rosso Malpelo” non ha avuto successo perché la le terribili caratteristiche di Malpelo cozzavano con l’attesa del pubblico borghese, non abituato agli aspetti violenti della società (che provocano sensi di colpa) e a come V. rappresenta la realtà, descritta così com’è, senza denuncie, ma credendo che la società non possa in alcun modo migliorare.
Lo stile usato da V. è realistico (onomatopee, forme volgari…), per rendere la voce del narratore popolare.
Il narratore è il popolo, che rappresenta il senso comune e che pensa che non esistano sentimenti disinteressati, perciò a Malpelo accadevano cose negative perché era “un ragazzaccio brutto e cattivo”; V. però non la pensa così e dice una cosa per esprimerne un’altra (antifrasi), per dire che in realtà Malpelo è un bravo ragazzo e non getta il pane ai cani per sprecare un bene di Dio, come lo accusa la voce del narratore, ma perché è disperato per la morte del padre e non riesce nemmeno a mangiare.
“Mastro don Gesualdo”
“Mastro don Gesualdo” è il secondo romanzo del “Ciclo dei vinti” ed è stato scritto nel 1889.
Spazio e Tempo
All’inizio del romanzo prevale l’azione, infatti in tutta l’opera vi è un ritmo narrativo più rapido e convulso di quello presente ne “I Malavoglia” (dove il tempo è mitico e circolare), poiché a dominare la scena sono sempre il denaro e la ragione economica. Non ci sono più nemmeno l’unità di luogo e lo spazio drammatico presenti ne “I Malavoglia” e che sono qui sostituiti dalla natura-roba, simbolo della proprietà, quindi la natura non è più vista con animo romantico, ma come ciò su cui l’uomo interviene per trarre guadagno, un uomo che non è più “uomo”, ma è un borghese legato alla proprietà (alla roba).
Il paesaggio del romanzo è labile e sa di morte, è minaccioso; l’idea di morte si percepisce anche nel dialogo tra Gesualdo e un vecchio che gli dice “avete tanti soldi e vendete l’anima al diavolo”, infatti Gesualdo cede la propria anima, i propri sentimenti, la propria umanità per seguire il successo e la proprietà, per esempio decidendo di non sposare la donna che amava ma organizzando un matrimonio con una nobile (Bianca). La corsa al successo diventa quindi la corsa alla morte (allegoria della morte, il cui simbolo principale è la polvere).
Romanzo dell’alienazione
“Mastro don Gesualdo” è un romanzo dell’alienazione, poiché il desiderio di arricchimento comporta lo sconvolgimento degli elementi fondamentali della vita umana, primo tra tutti la famiglia (valore fondamentale per padron ‘Ntoni de “I Malavoglia”): la figlia (Isabella) avuta da Bianca, non è figlia legittima di Gesualdo, anche se lui la crede tale, infatti la ragazza lo disprezza e si vergogna di lui. Gesualdo non ha una famiglia, ma vive in solitudine.
Linguaggio e Stile
Vengono meno la coralità e il linguaggio arcaico-rurale presenti ne “I Malavoglia”.
La voce narrante in “Mastro don Gesualdo” è una voce borghese di provincia, intermedia tra il piccolo-borghese e il grande proprietario terriero, quindi è più vicina all’autore. Non vi è più comunque una voce unitaria, poiché in “Mastro don Gesualdo” è presente una diversità di realtà sociali, che si rispecchia nella polifonia, ovvero l’autore descrive punti di vista diversi a seconda delle classi sociali, punti di vista espressi anche con linguaggi diversi. Invece ne “I Malavoglia” la voce del narratore mantiene sempre la stessa visione del mondo, la stessa ideologia, quindi V. usa sempre lo stesso linguaggio.
La struttura de “I Malavoglia” è organica, una struttura epico-lirica e circolare, mentre quella di “Mastro don Gesualdo” è frantumata e si scompone in episodi, suddivisi nelle quattro parti del romanzo; il montaggio dei vari episodi si basa sulla tesi che “nella roba non c’è salvezza”, sebbene la roba porti alla sconfitta, e chi non segue la logica della roba è considerato un romantico.
Protagonista
La logica della roba estranea Gesualdo sia dagli umili che dagli aristocratici; anche nel suo nome “mastro don” è contenuto il tentato passaggio di Gesualdo dalla condizione di umile “mastro” a quella di più ricco e importante “don”, ma alla fine la sua origine resta bassa e comunque non è accettato dai nobili.
Il conflitto che c’era tra la famiglia Malavoglia e il resto del paese, qui è interiorizzato nella coscienza di Gesualdo, nella quale si contrappongono il sentimento e la ragione economica: tale conflitto interiore porterà il protagonista ad ammalarsi di cancro (allo stomaco).
La morte del protagonista è una morte epica al contrario, ovvero non c’è compianto, poiché anche se Gesualdo è un eroe che combatte e vince, egli muore in solitudine. Il cancro è la materializzazione delle preoccupazioni per la roba, quindi ciò che egli ha fatto (culto della roba) si rivolta verso di lui. La morte di Gesualdo è rappresentata dal malevolo punto di vista di un servitore, la morte è considerata un capriccio ridicolo ed è profanata dai servitori (tecnica dell’estraniamento), inoltre essa non lascia eredità di affetti (al contrario della morte ne “I Malavoglia”).
Secondo molti critici, V. ha smesso di scrivere, lasciando inconcluso il “Ciclo dei vinti” e “La duchessa di Leyra”, perché il suo pessimismo era sempre più radicale, quindi i suoi personaggi sarebbero stati infinitamente negativi, rispetto a quelli di “Mastro don Gesualdo” e de “I Malavoglia”, romanzi nei quali è ancora presente anche una dialettica con la natura.

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