Vita di Giovanni Boccaccio

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Testo

1313: nasce (ha nove anni in meno di Petrarca), figlio illegittimo del ricco mercante fiorentino Boccaccino di Chelino (riconosciuto prima del 1320, quando sposa Margherita de’ Mardoli). L’identità della madre e il luogo di nascita restano ignoti, e gli studiosi tendono a indicare in Certaldo o Firenze il luogo e a scartare come romanzesco il racconto di una nascita parigina (da una figlia del re di Francia secondo il Filocolo) contenuto in alcune sue opere minori: le povere origini della madre non consentivano al mercante in carriera di sposarla e l’autore si sforza a ricostruire e nobilitare l’immagine materna. Il padre è cambiatore al servizio della potente compagnia dei Bardi, principale finanziatrice della monarchia angioina.
1327: dopo averlo avviato a studi d’aritmetica e arte della mercatura e del cambio, lo porta con se a Napoli.
Periodo napoletano (1327-40) Influirono tre tipi d’esperienza:
1. Apprendistato commerciale e bancario nell’ambiente fiorentino dei Bardi;
2. Frequentazione dello Studio napoletano, dove il padre intendeva indirizzarlo agli studi di giurisprudenza;
3. Frequentazione alla corte angioina, dove Boccaccino è ammesso con i titoli di consigliere e ciambellano di re Roberto, e dove l’amico Nicola Acciaiuoli intraprende una brillante carriera politica che lo eleverà al rango di gran siniscalco del regno.
Matura una passione letteraria, favorita dagli interessi per l’erudizione e la poesia coltivati nell’ambiente dei giuristi dell’università partenopea. Tra questi è Cino da Pistoia (stilnovista amico di Dante e poi di Petrarca) e i primi umanisti (Giovanni Barrili, Barbato da Sulmona) in contrasto con i classici fiorentini. La biblioteca reale è frequentata da studiosi tra cui il monaco calabrese Barlaam, uno dei primi grecisti, e Dionigi da Borgo San Sepolcro, il teologo agostiniano amico di Petrarca.
1332: il padre deve recarsi a Parigi e può dedicarsi con più libertà agli studi letterari. Scrive i primi saggi in latino e le prime rime in volgare. La sua produzione si orienta verso la letteratura romanzesca e la narrativa, in ottava rima (e in terzine) o in prosa. Intorno all’amore adulterino (lei è sposata) per Fiammetta, inizialmente corrisposto, costruisce un mito parallelo a quello delle proprie origini, identificandola con Maria d’Aquino, figlia illegittima di re Roberto.
Periodo fiorentino (1341-48)
1345: compagnia Bardi fallisce, ma il padre (vedovo che si risposa con Bice Baroncelli) se ne è staccato nel 1338. Ricorda Napoli con nostalgia e vi torna alcune volte, anche dopo la morte del 1343 di re Roberto, nella speranza di ottenervi una sistemazione soddisfacente. Dopo essere stato a Ravenna, alla corte di Ostaggio da Polenta, e a Forlì, alla corte di Francesco Ordelaffi, è a Firenze nel 1348, durante la pestilenza che uccide il cronista Giovanni Villani e il poeta Senuccio del Bene e i parenti: il padre, ufficiale per l’igiene durante l’epidemia, muore, e con lui Bice. Gli nasce la terza dei cinque figli illegittimi, Violante, che morirà nel 1355 e sarà pianta nella XIV egloga.
Incarichi ufficiali per Firenze:
1350: consegna a Ravenna dieci fiorini d’oro a suor Beatrice, figlia di Dante, da parte della Compagnia di Or San Michele;
1351: raggiunge a Padova Petrarca per informarlo della revoca dei provvedimenti del 1302 a carico della sua famiglia e per offrirgli una cattedra presso lo Studio fiorentino (cattedra rifiutata);
1359: a Milano incontra Petrarca e visita la sua biblioteca;
1354: è ad Avignone dal papa Innocenzo VI in occasione della discesa in Italia dell’imperatore Carlo IV per notificargli la posizione del comune.
Innocenzo VI gli concede l’autorizzazione (nonostante sia figlio illegittimo) a esercitare il sacerdozio e a usufruire di alcuni benefici ecclesiastici. La sua carriera politica è interrotta per quattro anni da un tentativo di colpo di stato (sventato nel 1360 dagli Albizzi e dai Ricci) in cui sono coinvolti alcuni suoi amici.
1365: la conclusione favorevole della guerra di Pisa contribuisce a creare un clima più sereno a Firenze e tornano gli esuli del 1360. Va due volte da Urbano V, prima ad Avignone e a Roma per il trasferimento della Santa Sede a Roma. Continuano gli scambi con Petrarca (che vede l’ultima volta a Padova nel 1368). Rielabora il Trattatelo in laude di Dante, scrive il Corbaccio e nel 1373 tiene per un anno pubbliche letture della Commedia nella chiesa di Santo Stefano di Badia. È afflitto da obesità e diabete. Nel 1374 scrive l’ultimo sonetto per la morte di Petrarca. Muore a Certaldo il 21 dicembre del 1375.

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