Pro Milone paragrafi 3-4-5-6

Materie:Traduzione
Categoria:Latino
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Testo

PRO MILONE, PARAGRAFO 3
Quam ob rem illa arma, centuriones, cohortes non periculum nobis, sed praesidium denuntiant; neque solum ut quieto, sed etiam ut magno animo simus hortantur; neque auxilium modo defensioni meae, verum etiam silentium pollicentur. Reliqua vero multitudo, quae quidem est civium, tota nostra est; neque eorum quisquam, quos undique intuentis, unde aliqua fori pars aspici potest, et huius exitum iudici exspectantis videtis, non cum virtuti Milonis favet, tum de se, de liberis suis, de patria, de fortunis hodierno die decertari putat. II Unum genus est adversum infestumque nobis, eorum quos P. Clodi furor rapinis et incendiis et omnibus exitiis publicis pavit: qui hesterna etiam contione incitati sunt, ut vobis voce praeirent quid iudicaretis. Quorum clamor si qui forte fuerit, admonere vos debebit, ut eum civem retineatis, qui semper genus illud hominum clamoresque maximos prae vestra salute neglexit.
TRADUZIONE:
Ecco perché la presenza di tutte quelle armi, dei centurioni e delle coorti non costituisce un pericolo per noi, ma, al contrario, ci tutela, ci induce a star tranquilli e ad avere coraggio, e garantisce appoggio e silenzio alla mia difesa. Quanto al resto della folla, composto di cittadini, esso è tutto dalla nostra parte; sin dove può estendersi lo sguardo su una qualunque parte del foro, voi potete leggere sui loro visi la trepida attesa di un equo responso da parte di questa giuria e il vivo interesse per le varie fasi del processo: in effetti, sanno bene quanto valga Milone e considerano questa una buona occasione per meglio assicurarsi, lottando, la propria salvaguardia, quella dei figli, della patria e dei propri beni. II Esiste poi una genia che ci è contraria e ostile: quella che la follia di Publio Clodio ha nutrito di rapine, incendi e pubbliche sciagure. Questi uomini, anche nel corso dell'assemblea preliminare al processo, che si è tenuta ieri, sono stati istigati a imporre con le loro grida il verdetto che voi dovete emettere. Ma le loro urla, se si leveranno, dovranno esservi più che mai di monito a non scacciare da Roma questo cittadino che non si è mai lasciato intimorire da quella gentaglia e dalle loro alte grida, a garanzia della vostra salvezza.

PRO MILONE, PARAGRAFO 4
Quam ob rem adeste animis, iudices, et timorem si quem habetis deponite. Nam--si umquam de bonis et fortibus viris, si umquam de bene meritis civibus potestas [vobis] iudicandi fuit, si denique umquam locus amplissimorum ordinum delectis viris datus est, ut sua studia erga fortis et bonos civis, quae voltu et verbis saepe significassent, re et sententiis declararent--hoc profecto tempore eam potestatem omnem vos habetis, ut statuatis utrum nos, qui semper vestrae auctoritati dediti fuimus, semper miseri lugeamus, an, diu vexati a perditissimis civibus, aliquando per vos ac per vestram fidem, virtutem, sapientiamque recreemur.
TRADUZIONE:
Quindi, non preoccupatevi, giudici, e abbandonate ogni timore, se ne avete. D'altra parte, se mai vi è capitato di giudicare uomini buoni e coraggiosi e cittadini che hanno ben meritato la vostra stima, se mai a persone scelte tra i ceti più autorevoli è stata offerta l'occasione di confermare a fatti e a parole tutta la simpatia, più volte già trapelata da sguardi e discorsi, per quegli stessi cittadini forti e valenti, ebbene, in questa circostanza avete il potere di decidere se noi, che siamo sempre stati rispettosi della vostra autorità, saremo costretti a un'infelicità eterna o se, grazie a voi, alla vostra lealtà, al vostro coraggio e alla vostra saggezza, potremo sentirci rinati, dopo tante vessazioni da parte di gente senza scrupoli.

PRO MILONE, PARAGRAFO 5
Quid enim nobis duobus, iudices, laboriosius, quid magis sollicitum, magis exercitum dici aut fingi potest, qui, spe amplissimorum praemiorum ad rein publicam adducti, metu crudelissimorum suppliciorum carere non possumus? Equidem ceteras tempestates et procellas in illis dum taxat fluctibus contionum semper putavi Miloni esse subeundas, quia semper pro bonis contra improbos senserat; in iudicio vero, et in eo consilio in quo ex cunctis ordinibus amplissimi viri iudicarent, numquam existimavi spem ullam esse habituros Milonis inimicos, ad eius non modo salutem exstinguendam, sed etiam gloriam per talis viros infringendam.
TRADUZIONE:
Che si potrebbe dire o inventare, giudici, di più molesto, infelice o doloroso per noi due che, attratti alla vita politica dalla speranza dei più alti riconoscimenti, non possiamo liberarci dal terrore delle più crudeli vendette? Certo, io ho sempre pensato che destino di Milone fosse di affrontare tempeste e uragani, almeno quelli che si scatenano in mezzo ai flutti delle assemblee popolari, perché si era sempre schierato dalla parte dei cittadini onesti contro i soprusi dei prepotenti. Ma non ho mai pensato che all'interno del tribunale, nell'ambito di un processo dove a giudicare sono gli esponenti più autorevoli dei vari ordini romani, i nemici di Milone avessero qualche speranza, attraverso uomini come voi, di mettere in pericolo la sua vita o di sminuire la sua fama.

PRO MILONE, PARAGRAFO 6
Quamquam in hac causa, iudices, T. Anni tribunatu, usque omnibus pro salute rei publicae gestis ad huius Ininis defensionern non abutemur. Nisi oculis videritis insidias Miloni a Clodio factas, nec deprecaturi sumus ut crimen hoc nobis propter multa praeclara in rem publicam merita condonetis, nec postulaturi, ut si mors P. Clodi salus vestra fuerit, idcirco eam virtuti Milonis potius quam populi Romani felicitati adsignetis. Sed si illius insidiae clariores hac luce fuerint, tum denique obsecrabo obtestaborque vos, iudices, si cetera amisimus, hoc saltem nobis ut relinquatur, ab inimicorum audacia telisque vitam ut impune liceat defendere.
TRADUZIONE:
Del resto, in questa causa non mi avvarrò, giudici, del tribunato di Tito Annio e di quanto ha fatto per la salvezza della repubblica, per difenderlo. Se non vi apparirà chiaro che è stato Clodio a tendere un tranello ai danni di Milone io non insisterò affatto che ci assolviate da questo assassinio in virtù delle nostre numerose ed eccezionali benemerenze nei riguardi dello stato; né, sebbene la morte di Publio Clodio sia stata per voi la salvezza, vi chiederò di attribuirla al coraggio di Milone anziché alla fortuna del popolo romano. Se però l'agguato di Clodio risulterà evidente e più chiaro di questa luce, allora diventerò insistente e vi supplicherò - anche se avrò perso ogni altro diritto - di lasciarci almeno difendere la nostra vita dalla prepotenza e dalle armi degli avversari, senza per questo correre il rischio di essere puniti dalla legge.

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