Inno a Venere - Trionfo di Epicuro, Lucrezio

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Testo

Lucrezio – Inno a Venere p. 29

O progenitrice dei discendenti di Enea, o voluttà degli uomini e degli dei, o Venere datrice di vita, che sotto i rotanti astri del cielo vivifichi il mare, portatore di navi, e la terra produttrice di messi, poiché per causa (opera) tua, ogni specie di essere vivente viene concepita, e nascendo vede la luce del sole: Te o dea, te fuggono i venti al tuo arrivo, fuggono le nubi del cielo, per te l’artefice terra fa spuntare i leggiadri fiori, per te ridono le distese del mare e il cielo rasserenato risplende di luce diffusa. Infatti non temo appena si dischiude l’aspetto primaverile e disserrato del tempo, prende vita il soffio fecondo del favonio, gli aerei uccelli annunciano te, o dea, e il tuo arrivo col cuore scosso dalla tua potenza (gli uccelli scossi nel cuore dalla tua potenza), quindi gli anziani selvaggi balzano per i pascoli rigogliosi e passano a nuoto i fiumi e così ogni animale preso dalla tua seduzione, ti segue bramosamente dovunque tu vuoi condurlo (dove tu vuoi condurrò ognuno). Infine attraverso i mari e i monti e i fiumi travolgenti e le fronzute dimore degli uccelli e per le verdi pianure infondendo in tutti attraverso il petto il dolce amore, fai si che bramosamente propaghino le generazioni secondo la specie. E poiché tu sola governi la natura e senza di te nulla emerge nelle divine regioni della luce e nulla si produce di fiorente e di amabile, desidero che tu mi assista nello scrivere i versi che io cerco di comporre sulla natura per il nostro discendente dei Memmi, che tu, o Dea, hai voluto che in ogni tempo eccellesse dotato di ogni virtù. A maggior ragione, concedi, o Dea, eterno fascino alle mie parole. Fai in modo che, nel frattempo le feroci opere della guerra abbiano tregua per mare e per terra. Infatti tu sola puoi aiutare gli uomini con una sicura pace poiché Marte, signore delle armi, governa le feroci opere della guerra. Marte, signore della guerra, che spesso vinto dalla ferita dell’amore si abbandona nel tuo grembo e così guardando in alto, col tornito collo arrovesciato nutre d’amore gli avidi sguardi, anelando verso te, o dea, e il respiro di lui supino, pende dalla tua bocca. Tu, o Dea, piegandoti col tuo corpo divino su di lui sdraiato effondi dolci parole dalla bocca, chiedendo, o gloriosa, una placida pace per i romani. Infatti noi non possiamo in tempi iniqui per la patria compiere quest’opera con animo sereno, né l’illustre rampollo dei Memmi, può in simili frangenti, venir meno alla comune salvezza.

Lucrezio – Argomento del poema p. 35

Per il resto, presta libere orecchie e mente attenta, separato dalle preoccupazioni, alla vera scienza, e non abbandonare, dopo averli disprezzati (=contempta), i miei doni preparati per te con premurosa attenzione, prima che essi siano stati capiti. Infatti incomincerò a parlarti della somma regola del cielo e degli dei e ti rivelerò i principi delle cose, dai quali la natura crea, accresce e nutre ogni cosa, e in cui la natura risolve le medesime cose dopo averle distrutte (=perempta), i quali (principi), noi, nell’esporre la nostra dottrina, siamo soliti chiamare materia e corpi generatori delle cose, e siamo soliti definirli semi delle cose, e chiamare queste medesime cose corpi primi, poiché da essi primi hanno origine tutte le cose.

Il trionfo di Epicuro p. 36

Quando la vita umana giaceva con turpe spettacolo (davanti agli occhi) oppressa sulla terra sotto la pesante religione che mostrava il capo dalle regioni del cielo incombendo sui mortali col suo orribile aspetto, per la prima volta un uomo greco osò levare contro gli occhi mortali e per primo (osò) opporsi; (uomo) che né le voci sugli dei, né i fulmini, né il cielo col suo minaccioso rimbombo arrestarono, ma tanto più stimolarono l’animosa virtù del suo spirito che egli per primo bramò spezzare le serrate sbarre delle porte della natura.
Quindi la vigorosa forza del suo spirito trionfò e si spinse lontano oltre le fiammeggianti mura del mondo e percorse con la mente e con l’ingegno tutto l’infinito, da dove vittorioso riporta a noi che cosa possa e che cosa non possa nascere, e infine secondo quale legge ogni cosa ha facoltà determinate e un limite saldamente infisso.
Perciò la religione messa sotto i piedi a sua volta viene calpestata, e la vittoria ci eguaglia al cielo.

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