Brani tradotti di Lucrezio

Materie:Appunti
Categoria:Latino

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Testo

I BRANI TRADOTTI
PRIMO LIBRO:
1) L’INNO A VENERE;
2) LA DEDICA A GAIO MEMMIO;
3) ELOGIO DI Epicuro;
4) I MISFATTI DELLA RELIGIO;
Alcuni versi del TERZO libro.
1)
Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas,
Alma Venus, caeli subter labentia signa
quae mare navigerum, quae terras frugiferentis
concelebras, per te quoniam genus omne animantum
concipitur visitque exortum lumina solis:
te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli
adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus
summittit flores, tibi rident aequora ponti
placatumque nitet diffuso lumine caelum.
nam simul ac species patefactast verna diei
et reserata viget genitabilis aura favoni,
aëriae primum volucris te, diva, tuumque
significant initum perculsae corda tua vi.
inde ferae pecudes persultant pabula laeta
et rapidos tranant amnis: ita capta lepore
te sequitur cupide quo quamque inducere pergis.
denique per maria ac montis fluviosque rapacis
frondiferasque domos avium camposque virentis
omnibus incutiens blandum per pectora amorem
efficis ut cupide generatim saecla propagent.
2)
quae quoniam rerum naturam sola gubernas
nec sine te quicquam dias in luminis oras
exoritur neque fit laetum neque amabile quicquam,
te sociam studeo scribendis versibus esse,
quos ego de rerum natura pangere conor
Memmiadae nostro, quem tu, dea, tempore in omni
omnibus ornatum voluisti excellere rebus.
quo magis aeternum da dictis, diva, leporem.
effice ut interea fera moenera militiai
per maria ac terras omnis sopita quiescant;
nam tu sola potes tranquilla pace iuvare
mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors
armipotens regit, in gremium qui saepe tuum se
reiicit aeterno devictus vulnere amoris,
atque ita suspiciens tereti cervice reposta
pascit amore avidos inhians in te, dea, visus
eque tuo pendet resupini spiritus ore.
hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto
circum fusa super, suavis ex ore loquellas
funde petens placidam Romanis, incluta, pacem;
nam neque nos agere hoc patriai tempore iniquo
possumus aequo animo nec Memmi clara propago
talibus in rebus communi desse saluti.
omnis enim per se divum natura necessest
immortali aevo summa cum pace fruatur
semota ab nostris rebus seiunctaque longe;
nam privata dolore omni, privata periclis,
ipsa suis pollens opibus, nihil indiga nostri,
nec bene promeritis capitur nec tangitur ira.
3)
Humana ante oculos foede cum vita iaceret
in terris oppressa gravi sub religione,
quae caput a caeli regionibus ostendebat
horribili super aspectu mortalibus instans,
primum Graius homo mortalis tollere contra
est oculos ausus primusque obsistere contra;
quem neque fama deum nec fulmina nec minitanti
murmure compressit caelum, sed eo magis acrem
inritat animi virtutem, effringere ut arta
naturae primus portarum claustra cupiret.
ergo vivida vis animi pervicit et extra
processit longe flammantia moenia mundi
atque omne immensum peragravit mente animoque,
unde refert nobis victor quid possit oriri,
quid nequeat, finita potestas denique cuique
qua nam sit ratione atque alte terminus haerens.
quare religio pedibus subiecta vicissim
opteritur, nos exaequat victoria caelo.
4)
Illud in his rebus vereor, ne forte rearis
impia te rationis inire elementa viamque
indugredi sceleris. quod contra saepius illa
religio peperit scelerosa atque impia facta.
Aulide quo pacto Triviai virginis aram
Iphianassai turparunt sanguine foede
ductores Danaum delecti, prima virorum.
cui simul infula virgineos circum data comptus
ex utraque pari malarum parte profusast,
et maestum simul ante aras adstare parentem
sensit et hunc propter ferrum celare ministros
aspectuque suo lacrimas effundere civis,
muta metu terram genibus summissa petebat.
nec miserae prodesse in tali tempore quibat,
quod patrio princeps donarat nomine regem;
nam sublata virum manibus tremibundaque ad aras
deductast, non ut sollemni more sacrorum
perfecto posset claro comitari Hymenaeo,
sed casta inceste nubendi tempore in ipso
hostia concideret mactatu maesta parentis,
exitus ut classi felix faustusque daretur.
tantum religio potuit suadere malorum.
1)
Aeneadum
Genitivo plurale. Indica i "discendenti di Enea", cioè i Romani, così chiamati anche in Virgilio, En., VIII
Aeneadum… alma Venus
Accumulazione di vocativi; genetrix indica la nascita;
Voluptas
Sostantivo connesso all'avverbio volup(e) [Velle ], che indica ciò che è conforme al proprio desiderio. Qui, appunto, "oggetto del desiderio".
Alma
Connesso ad alo,is, ha il senso di "che dà la vita". Alo vuol dire "nutrire, alimentare, far crescere, sviluppare".
Caeli…signa
Complemento di luogo (subter + accusativo). Labentia è participio.
Animantum
Genitivo. Il termine, che in origine indicava anche le piante, è poi rimasto a indicare gli animali e, più in generale, gli "esseri viventi".
Exortum
C'è il senso dell'uscita da un luogo chiuso (EX-), quindi della nascita.
Genitabilis aura
L'aggettivo fa riferimento a geno, forma antica per gigno.
Perculsae
Participio di porcello, is, perculi, perculsum, percellere.
Inde… laeta
allitterazione
Lepore
Indica il senso di incanto che prende ogni essere alla vista della dea
Generatim saecla propagent
Il termine saeculum (saeclum) indica la durata di una generazione umana (33 anni circa). L'intera espressione indica l'armonioso espandersi delle stirpi in seguito all'azione della forza vitale personificata in Venere.
2)
Pangere
Indica il mettere insieme, fissando poi saldamente il tutto.
Mavors
Il termine, arcaico e poetico, indica Marte, ma anche la guerra, la battaglia, lo scontro.
Tempore iniquo
Come non pensare al "reo tempo" del Foscolo" ?
Immortali aevo
Aevum indica di per sé un tempo illimitato, ma ha anche il senso di "durata della vita" e di "epoca, età".
Semota seiunctaque
Il primo termine indica una lontananza remota, il secondo una divisione assai netta.
Pollens
Il termine indica l'energia, la potenza, il vigore; è un participio aggettivale da polleo.
Humana… iaceret
Costruzione: humana vita cum iaceret…

3)
Gravi sub religione
Riteniamo opportuno tradurre con "superstizione", adottando il punto di vista dell'autore; se si fa riferimento al punto di vista di quanti vivono "oppressi", allora va usato il termine "religione".
Primum… primusque… primus
Novità della filosofia di Epicuro.
Graius homo
Perifrasi per Epicuro.
Tollere contra…. Obsistere contra
Epifora di infinito e avverbio.
Claustra
Si tratta dei chiavistelli, delle catene,a indicare una chiusura volontaria, un divieto.
Flammantia… mundi
Perifrasi per etere.
Finita potestas
Indica i limiti entro i quali può svolgersi l'attività dell'uomo.
4)
Infula
Era una larga benda di lana che veniva usata per adornare la testa delle vittime, ma anche quella dei sacerdoti.
Profusast
Sinalefe => profusa est
Donarat
Sinalefe => donaverat
Deductas
Sinalefe => deduca est
Inceste
Avverbio (in-castus). Vuol dire "in modo non puro", ma anche "delittuosamente". In questo senso è usato da Lucrezio.
Mactatu
Fa riferimento al verbo macto, che significa "onorare", ma anche "sacrificare", mettere a morte".
Malorum
Genitivo partitivo
TRAD:
I)
Madre degli Eneadi, voluttà di uomini e dei,
Venere datrice di vita, che sotto le mobili costellazioni
fecondi il mare carico di navi e le terre dense di messi,
grazie a te in verità ogni essere vivente viene concepito
e può guardare, uscito alla vita, la luce del sole.
Davanti a te e al tuo arrivo, o dea, si placano i venti
e fuggono le nubi del cielo, per te la terra laboriosa
fa nascere fiori soavi, grazie a te sorridono le distese
del mare e sereno il cielo brilla di luce diffusa.
Infatti, non appena si svela l’aspetto primaverile dei giorni
e libero prende forza il soffio vivificante di Zefiro,
per primi gli uccelli nel cielo annunciano te e il tuo arrivo,
o Dea, colpiti nel cuore dalla tua forza vitale.
Poi fiere e armenti balzano nei prati coperti di fiori
e guadano rapidi fiumi: così, avvinto dalla tua grazia,
ognuno ti segue con ansia dovunque tu voglia condurlo.
Infine per mari, monti e fiumi impetuosi,
attraverso le frondose dimore degli uccelli e le verdi
pianure, infondendo a tutti nel petto un dolce amore,
fai sì che con desiderio rinnovino le generazioni
secondo le stirpi.
II)
Poiché tu sola guidi la natura delle cose e nulla
senza di te può giungere alle divine regioni della luce,
desidero che tu mi sia compagna nello scriversi i versi
che mi accingo a comporre sulla natura delle cose,
per il nostro Memmio, che tu sempre, o dea, hai voluto
che eccellesse, adorno di ogni pregio. tanto più, o dea,
concedi eterno fascino ai miei versi
e fai in modo che intanto le crudeli azioni di guerra
sopite riposino, nel mare e in ogni terra. Tu sola
puoi dar gioia ai mortali con una pace duratura,
dato che guida le feroci azioni di guerra Marte, potente
in armi, che spesso si rovescia all’indietro nel tuo grembo,
vinto dall’eterna ferita d’amore
e così, guardandoti con il bel capo inclinato, sazia
in te, o dea, i suoi occhi avidi d’amore
e il respiro del dio supino sembra pendere dalla tua bocca .
Tu, dea, avvolgendo col tuo sacro corpo lui che resta
sdraiato, effondi dalle tue labbra dolci parole
e chiedi, o nobile, una lunga pace per i Romani.
Io non posso con animo sereno compiere la mia opera
in un tempo avverso alla patria e la nobile stirpe di Memmio
non può venir meno alla comune salvezza.
È scritto infatti che ogni dio con somma pace goda
di un tempo eterno, molto lontana e divisa
dalle nostre vicende. Infatti, immune dal dolore,
lontano dai pericoli, possente di per sé, senza bisogno
alcuno di noi, non è vinto dai nostri meriti
e non è toccato dall’ira.
III)
Quando la vita umana, con vergogna, giaceva a terra
oppressa dal peso della superstizione, che mostrava
il capo dalle regioni del cielo, incombendo sugli uomini,
per primo un uomo Greco osò alzare il suo sguardo
mortale e per primo osò sfidarla. Non lo trattennero
i racconti sugli dei, né i fulmini, né il cielo col minaccioso
brontolio, ma tanto più stimolarono la fiera
energia del suo animo, così che volle per primo abbattere
gli stretti serrami dell’universo. Prevalse il vivido slancio
dell’animo e avanzò lontano, oltre le mura fiammeggianti
del mondo e percorse l’intero universo con la mente
e con l’animo e da lì vincitore ci rivela che cosa possa
nascere e che cosa invece non possa, perché ognuno abbia
un potere definito e un termine profondamente infisso.
Così la superstizione, abbattuta a sua volta, è calpestata
e la vittoria ci eguaglia al cielo.
IV)
Questo io temo in siffatto argomento, che tu non pensi
di iniziarti ai principi di un’empia dottrina e di intraprendere
il cammino verso la colpa. Più spesso invece
proprio la superstizione generò azioni scellerate
ed empie, come quando in Aulide scelti duci dei Danai,
fior fiore di eroi, macchiarono turpemente col sangue
di Ifigenia l’altare della vergine Trivia. Non appena la benda,
avvolta alle giovani chiome, le ricadde eguale
su entrambe le gote ed ella si accorse che il padre
restava fermo con volto addolorato presso l’altare
e vicino a lui i sacerdoti nascondevano il pugnale sacrificale,
e nel vederla la sua gente non sapeva trattenere le lacrime,
resa muta dal terrore si lasciava cadere a terra in ginocchio.
Né in quel momento era d’aiuto alla sventurata
il fatto che per prima avesse donato al re il nome di padre.
Sollevata da mani di guerrieri fu condotta tremante
all’altare non perché, terminato il sacro rito, venisse scortata
dal luminoso Imeneo, ma perché cadesse, lei pura,
in modo empio, come vittima sventurata, immolata
dal padre, solo perché la flotta potesse partire con un fausto
presagio. A tanto male poté spingere la superstizione!
LBRO III
E tenebris tantis tam clarum extollere lumen
qui primus potuisti inlustrans commoda vitae,
te sequor, o Graiae gentis decus, inque tuis nunc
ficta pedum pono pressis vestigia signis,
non ita certandi cupidus quam propter amorem
quod te imitari aveo; quid enim contendat hirundo
cycnis, aut quid nam tremulis facere artubus haedi
consimile in cursu possint et fortis equi vis?
tu, pater, es rerum inventor, tu patria nobis
suppeditas praecepta, tuisque ex, inclute, chartis,
floriferis ut apes in saltibus omnia libant,
omnia nos itidem depascimur aurea dicta,
aurea, perpetua semper dignissima vita.
nam simul ac ratio tua coepit vociferari
naturam rerum divina mente coorta
diffugiunt animi terrores, moenia mundi
discedunt. totum video per inane geri res.
apparet divum numen sedesque quietae,
quas neque concutiunt venti nec nubila nimbis
aspergunt neque nix acri concreta pruina
cana cadens violat semper[que] innubilus aether
integit et large diffuso lumine ridet:
omnia suppeditat porro natura neque ulla
res animi pacem delibat tempore in ullo.
at contra nusquam apparent Acherusia templa,
nec tellus obstat quin omnia dispiciantur,
sub pedibus quae cumque infra per inane geruntur.
his ibi me rebus quaedam divina voluptas
percipit atque horror, quod sic natura tua vi
tam manifesta patens ex omni parte retecta est.

TRAD:
O tu, che in mezzo a così grandi tenebre primo potesti
levare una luce tanto chiara, illuminando le gioie della vita,
io seguo te, o onore della gente greca, e nelle orme
da te impresse pongo ora ferme le piante dei miei piedi,
non tanto perché io voglia gareggiare con te, quanto perché anelo
a imitarti per amore. Come potrebbe infatti contendere la rondine
coi cigni? O come potrebbero mai i capretti dalle tremule
membra emulare nella corsa l'impeto di un forte cavallo?
Tu padre sei, scopritore del vero; tu paterni precetti
ci prodighi, e, come le api nei pascoli fioriti
suggono per ogni dove, così noi nei tuoi scritti,
o glorioso, ci pasciamo di tutti gli aurei detti,
aurei, sempre degnissimi di vita perpetua.
Infatti, appena la tua dottrina comincia a svelare a gran voce
si svolge sotto i miei piedi, laggiù, attraverso il vuoto.
Per queste cose mi prende allora un certo divino piacere
Tenebris.. lumen
Contrapposizione buio (ignoranza) luce (conoscenza)
Allitterazione Clarum, extollere, lumen.
Tenebris tantis / tam clarum lumen => chiasmo
Inlunstrans
Participio.
O Graiae gentis decus
Vocativi riferiti a Epicuro.
Vestigia signis
Metafore per indicare il percorso filosofico di Epicuro.
Non ita… aveo
Lucrezio specifica che intraprende il cammino di Epicuro non per competere, ma per imitarlo per amore (propter amorem= a causa dell’amore => complemento di causa).
Quid
Pronome interrogativo = quomodo
Hirundo
La rondine (Lucrezio)
Tremulis
Onomatopea.
Artubus
4° declinazione come arcus; terminano in us e fanno ubus all’ablativo e dativo plurale.
Tu… tu… tuis…
Anafora e poliptoto.
Floriferis… aurea dicta
Metafora delle api che si nutrono dei fiori e dei discepoli che si nutrono delle sue auree parole.
Perpetua vita
Ablativo; dipende da dignus.
Coorta
Participio.
Mente divina
Ablativo di provenienza.
la natura quale è sorta dalla tua mente divina,
fuggon via i terrori dell'animo, le mura del mondo
si disserrano, vedo le cose svolgersi attraverso tutto il vuoto.Appaiono la potenza degli dèi e le sedi quiete,
che né venti scuotono, né nuvole cospargono
di piogge, né neve vìola, condensata da gelo acuto,
candida cadendo; ‹ma› un etere sempre senza nubi
le ricopre, e ride di luce largamente diffusa.
E tutto fornisce la natura, né alcuna
cosa in alcun tempo intacca la pace dell'animo.
Ma per contro in nessun luogo appaiono le regioni acherontee,
né la terra impedisce che si discerna tutto quanto
e un brivido, perché così per la potenza della tua mente la natura,
tanto manifestamente dischiudendosi, in ogni parte è stata rivelata
TRAD:
O tu, che in mezzo a così grandi tenebre primo potesti
levare una luce tanto chiara, illuminando le gioie della vita,
io seguo te, o onore della gente greca, e nelle orme
da te impresse pongo ora ferme le piante dei miei piedi,
non tanto perché io voglia gareggiare con te, quanto perché anelo
a imitarti per amore. Come potrebbe infatti contendere la rondine
coi cigni? O come potrebbero mai i capretti dalle tremule
membra emulare nella corsa l'impeto di un forte cavallo?
Tu padre sei, scopritore del vero; tu paterni precetti
ci prodighi, e, come le api nei pascoli fioriti
suggono per ogni dove, così noi nei tuoi scritti,
o glorioso, ci pasciamo di tutti gli aurei detti,
aurei, sempre degnissimi di vita perpetua.
Infatti, appena la tua dottrina comincia a svelare a gran voce
la natura quale è sorta dalla tua mente divina,
fuggon via i terrori dell'animo, le mura del mondo
si disserrano, vedo le cose svolgersi attraverso tutto il vuoto.
Appaiono la potenza degli dèi e le sedi quiete,
che né venti scuotono, né nuvole cospargono
di piogge, né neve vìola, condensata da gelo acuto,
candida cadendo; ‹ma› un etere sempre senza nubi
le ricopre, e ride di luce largamente diffusa.
E tutto fornisce la natura, né alcuna
cosa in alcun tempo intacca la pace dell'animo.
Ma per contro in nessun luogo appaiono le regioni acherontee,
né la terra impedisce che si discerna tutto quanto
si svolge sotto i miei piedi, laggiù, attraverso il vuoto.
Per queste cose mi prende allora un certo divino piacere
e un brivido, perché così per la potenza della tua mente la natura,
tanto manifestamente dischiudendosi, in ogni parte è stata rivelata

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