Il dono della poesia

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Testo

IL DONO DELLA POESIA (C.68, V.V. 51-76)
CATULLO

Infatti voi sapete bene quale tormento
mi abbia dato l'ingannevole Amatusia,
ed in quale genere di passione mi abbia fatto cadere,
allorchè io bruciavo come il vulcano di Trinacria
o la fonte maliaca nelle Termopili Etee,
e gli occhi, mesti, non cessavano di consumarsi per il pianto continuo,
e le guance di essere intrise di una triste pioggia di lacrime,
come un limpidissimo ruscello sulla vetta di un alto monte
sgorga giù saltellando da pietre verdeggianti di muschio,
che,, dopo essere sceso giù vorticosamente lungo il ripido pendio,
passa in mezzo ad una strada affollata,
dolce sollievo per lo stanco e sudato viandante,
allorchè l'opprimente calura spacca i campi assetati;
allora, come ai marinai travolti dalla cieca tempesta giunge,
spirando più lieve,
un vento propizio già implorato con preghiere a Castore e a Polluce
così Allio fu per me di aiuto.
Egli mi aprì, per largo tratto,
l'accesso al campo che era ben chiuso,
fu sempre lui che ci diede, a me e alla mia donna,
la casa in cui potessimo abbandonarci al nostro reciproco amore.
Lì giunse con passo leggero la splendida mia dea e,
appoggiata al sandalo scricchiolante
fermò il fulgido suo piede sulla soglia corrosa,
come quando, un tempo,
ardendo d'amore per lo sposo Laodomia giunse nella casa di Protesilao,
per una vita in comune invano incominciata,
quando non ancora col sacro sangue
una vittima aveva pacificato i signori del cielo.

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