Il Romanticismo: cause e conseguenze

Materie:Riassunto
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Testo

Il Romanticismo

In Europa, nella prima metà dell’ottocento nacque un nuovo movimento artistico e intellettuale che prese il nome di Romanticismo.
Nel campo filosofico-letterale il pensiero romantico ebbe coscienza della crisi d’ogni valore e del perire d’ogni speranza e illusione, ma conservò un’aspirazione all’infinito, all’eterno, alla felicità illimitata. Di qui la profonda contraddittorietà del Romanticismo, combattuto fra idealismo e realismo, fra storicismo e antistoricismo. Solo attraverso l’arte, l’uomo poteva entrare in contatto con l’infinito e l’eterno, rendere immortale il passato e i grandi sentimenti che lo avevano animato.
L’ispirazione poetica era l’illuminazione che permetteva di sfiorare il significato dell’universo e dell’assoluto, senza però riuscire a svelarlo. Il senso della vita restava un mistero insondabile da cui derivavano l’insoddisfazione e il malessere che caratterizzavano lo stato d’animo degli artisti romantici, definiti “il male del secolo” per la sua diffusione. In tutta l’Europa si affermò la nuova sensibilità e fiorì una grande quantità di capolavori i cui temi ricorrenti sono:le memorie, l’esaltazione per gli ideali, il sentimento amoroso ed il senso della morte vista ora come estremo rifugio, ora come terribile mistero. Anche la natura, considerata manifestazione sensibile dello spirito, appare di volta in volta amica e confortatrice o matrigna indifferente alla sorte degli uomini, cosicché i paesaggi della poesia romantica, per lo più notturni, sono grandiosi e selvaggi, sereni o confortanti. La sensibilità romantica fu insofferente di regole e canoni compositivi e rivendicò l’autonomia dell’artista ed il libero espandersi della ispirazione. Le norme che regolano a composizione dei generi letterali furono giudicate sterili vincoli alla libera creazione artistica;perfino la distinzione tra prosa e poesia fu ritenuta esteriore in quanto l’armonia ed il ritmo della poesia potevano realizzarsi anche in prosa. L’effetto principale di questo atteggiamento fu l’affermarsi di una nuova forma metrica più libera:il verso sciolto, che utilizzava per lo più l’endecasillabo. La scrittura degli autori romantici voleva rendere l’aspirazione all’assoluto, l’ondeggiamento del sentimento, il sogno;furono utilizzati perciò accostamenti insoliti di parole, metafore, ossimori e sinestesie e la parola divenne ricerca del vago e del musicale. In Italia uno dei maggiori rappresentanti del romanticismo fu Ugo Foscolo, in cui le tumultuose passioni trovano equilibrio nello sfondo di una concezione della poesia come eterna memoria dei nobili sentimenti e delle bellezza. Le opere più celebri della sua produzione sono i Sonetti, le Grazie e dei Sepolcri, appassionato canto di ispirazione patriottica. Il conflitto tra individuo e società venne risolto nel concetto di nazione, che accomuna individui affini per lingua, istituzioni, tradizioni e religione. Il poeta diviene il custode delle memorie storiche e della spiritualità del popolo e l’Arte svolge una funzione sociale, nazionale e religiosa perché, custodendo le memorie e le tradizioni, contribuisce ad unire le persone nel comune concetto di nazione. Significativa, da questo punto di vista, l’attenzione dei poeti per la mitologia nordica, per i racconti e le leggende popolari e per il romanzo storico, che costituì la nuova epica. L’autore che più compiutamente rappresentò la nuova concezione della storia e dell’arte fu Alessandro Manzoni. Egli nella sua produzione in prosa e in poesia, affrontò i temi della storia e della fede cattolica, il cui contrasto si risolse ioni, contribuisce ad unire le persone che accomuna individui affini per lingua, istituzioni, nel concetto di Provvidenza.

Giacomo Leopardi
Poeta e scrittore italiano nato a Recanati nel 1798 e morto a Napoli nel 1837. Di nobile famiglia studiò sotto la guida di precettori e del padre, Monaldo; poi da solo. La ricca produzione di questi anni ha solo valore documentario della sua precoce erudizione mentre la “Storia dell’astronomia” e il “Saggio sopra gli errori popolari degli antichi” già recano traccia del suo futuro mondo poetico. Intorno al 1816 si colloca la “Conversione letteraria” al mondo culturale classico, favorita dagli studi filologici dall’esperienza di traduttore. I rovesci sentimentali e la reazione dell’arido e gretto ambiente familiare favoriscono poi la “Conversione filosofica”, spingendo il Leopardi a far propria una concezione materialistica che assunse toni di radicale pessimismo. Dopo varie prove minori la poesia leopardiana rivelò due precise tendenze: l’ispirazione lirica e l’impulso verso una poetica sorretta da interessi politici e civili. Si alternano così, nella produzione giovanile lo stile concitato e teso delle Canzoni (“All’Italia”, “Sopra il monumento di Dante”) e quello liricamente disteso dei idilli (“Alla luna”, “L’Infinito”). Nel 1824 nacquero quasi tutte le Operette Morali. Dopo un soggiorno a Roma si spostò a Milano, poi a Bologna e infine a Firenze dove ebbe contatti con numerosi letterati. Nel periodo 1828-1830 i temi della felicità impossibile, della giovinezza perduta, dell’infinita miseria umana trovano un ulteriore sviluppo nel terzo periodo della poesia leopardiana (“A Silvia”, “Il sabato del villaggio”, “Le ricordanze”). L’infelice esperienza amorosa per Fanny Tozzetti portò ad una orgogliosa affermazione di sé e delle proprie convinzioni.

L’Infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura.

E come il vento
odo stormir tra questa piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando:

e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Commento
L’infinito è una lirica scritta da Giacomo Leopardi nel 1819 e fa parte di una raccolta pubblicata sotto il titolo dei “piccoli idilli”. La poesia del Leopardi rientra nel filone del Romanticismo pur conservando caratteristiche originali. Leopardi, infatti, afferma che la vera poesia è quella degli antichi, basata sulle illusioni; fatta per parlare ai sensi, finalizzata al piacere: il tentativo romantico di una letteratura verosimile, ragionevole, fatta d’idee e di programmi, orientata ad un’utilità sociale, è destinato ad un fallimento inevitabile. La lirica si svolge tra due punti contrapposti: realtà e immaginazione. Vediamo che a stimolare la fantasia del poeta è la realtà in altre parole il paesaggio: il colle, la siepe e il vento.
L’ostacolo di quella siepe che impedisce una vista lontana e ampia, diviene per il poeta il simbolo di un’immaginazione, di una ricerca e di un’attesa: la mente, volta al desiderio di superare ogni limite, è indotta a smarrirsi nell’infinito dello spazio e del tempo. Il colle, si può vedere, che diviene solo un misero termine di confronto rispetto all’immensità in cui annega e finalmente trova pace il poeta. La voce del vento che fa stormire le piante, gli ricorda la fuggevolezza del tempo e delle cose umane, inducendolo a pensieri d’eternità. La siepe è anche per Leopardi il porre fine alla sua angoscia: fuggire da Recanati; da quello ambiente chiuso per liberarsi con la mente in un ampio orizzonte, un mondo che egli spera aperto e comprensivo.
La riflessione si allarga dalla condizione personale e quella siepe diventa il mistero dell’uomo, un uomo infelice dei limiti che gli vengono imposti; egli cerca l’infinito, la felicità o forse proprio Dio. È proprio quest’ansia (essendo ateo) di eternità ed infinito che fa acquistare alla lirica un carattere vagamente religioso. L’obiettivo poetico è proprio lirico perché esprime interiorità. La parola “Infinito” da un’idea di vastità, di silenzio e di eternità e che attorno a quest’ultima ruotano tante altre parole che cercano di esprimere lo stesso significato, come “Immensità”,”Infinito silenzio”,”L’Eterno”, “Ultimo orizzonte”, ed “Interinati spazi”. In questa lirica vi sono anche molte metafore come “Voce”, “S’annega” e “Mare”.
Il ritmo, vediamo che è lento, talvolta lentissimo e da anche molta famliarità.
Siccome i toni di questa lirica, come già abbiamo detto prima, è piano e familiare, leggendola provo attraverso lo sguardo del poeta, proprio quel senso di reale ostacolo, che la siepe mi pone impedendomi una vista ampia e lontana.

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