Il romanticismo tedesco ed europeo

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
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Testo

Il romanticismo tedesco ed europeo

I caratteri principali del romanticismo sono:
• l’esaltazione del sentimento e dell’arte
• la celebrazione della fede religiosa
• il nuovo ruolo della ragione
• la nuova concezione della storia

L’esaltazione del sentimento e dell’arte

Il SENTIMENTO, ereditato dallo Sturm und Drang, appare come un’ebbrezza indefinita di emozioni, come ciò che riesce a penetrare nell’essenza dell’universo e dell’essere stesso, identificandosi quindi con l’infinito stesso (polemica qui è l’idea di Hegel secondo cui il sentimento è qualcosa che l’uomo ha in comune con gli animali).
Parallela procede l’esaltazione dell’ARTE, sapienza del mondo e porta della conoscenza; l’arte è ciò che viene prima del discorso logico e nello stesso tempo lo completa. L’artista ha doti sovrumane e profetiche, ha una capacità d’intuizione superiore agli uomini comuni.
SCHELLING individua nell’arte l’organo attraverso cui avviene la rivelazione dell’Assoluto.
Essa possiede gli attributi di Dio: l’infinità e la creatività. L’estetica romantica è quindi un’estetica della creazione, all’interno della quale viene celebrato il primato del linguaggio poetico e musicale su tutti gli altri.
Secondo SCHELLING solo la filosofia è in grado di cogliere le cause dei singoli fenomeni; con la ragione kantiana non si riesce a cogliere la realtà, perché essa è una ragione analitica.
Il Principio (l'Assoluto) è l'identità indifferenziata di Spirito e Natura, di Io e non-io, di Ideale e Reale, di Soggetto e Oggetto, di Conscio ed Inconscio.
Solo l'artista è il vero filosofo, in grado di andare oltre i limiti della scienza e cogliere il Tutto, l'Infinito, l'Assoluto. L'artista sperimenta nel suo atto conoscitivo (l'arte per l’Idealismo è conoscenza) la fusione tra momento inconscio (l'ispirazione) e momento conscio (la realizzazione consapevole del prodotto artistico), tra forma e materia, tra finito e infinito. Lo stesso prodotto artistico rivela chiaramente una fusione profonda tra Natura e Spirito: nella finitudine della realizzazione di un’opera c’è l’infinitudine della sua interpretazione.

La celebrazione della fede religiosa e della ragione dialettica

La RELIGIONE, che procede di pari passo con l’arte, è vista come via d’accesso privilegiata al reale, un sapere immediato che riesce a cogliere nel migliore dei modi l’Assoluto.
Il primato conoscitivo dell’arte o della fede non è l’unica via di pensiero, poiché vi sono filosofi secondo i quali con un rinnovamento della ragione è possibile ottenere spiegazioni sull’essere e sull’Assoluto. Questo è il caso di HEGEL, polemico nei confronti delle filosofie del sentimento e della fede, il quale afferma che solo con la logica e la ragione è possibile fare un discorso fondato sull’infinito. Quello di Hegel è un idealismo logico, che presuppone la concezione di realtà razionale (“la realtà è razionale, il razionale è reale”).
Hegel attribuisce all’intelletto tutti i difetti che i romantici avevano addossato alla scienza ed assegna alla ragione tutte le prerogative che i poeti avevano ascritto all’arte o alla fede:
• cogliere le strutture profonde del reale
• comprendere l’Infinito e l’Assoluto
• spiegare le parti in relazione al tutto (attraverso un pensare sintetico ed organico)
• percepire la realtà
HEGEL, andando contro ad una consolidata tradizione, afferma che Dio non è da sempre tale, ma lo diventa nella storia. La storia è proprio la manifestazione di questo farsi Dio da parte di Dio. Dio ha preso coscienza di essere Dio solo dopo un lungo travaglio: il diventare Dio, quindi, è l’acquisire la consapevolezza di essere Dio.
Dio nasce proprio con l'idealismo, quando cioè il pensiero (cogito) si è reso conto che non può avere nulla al di fuori di sé.

Il nuovo ruolo della ragione

HEGEL sostiene l’aspetto dialettico della RAGIONE: la facoltà conoscitiva è la ragione (per Kant era l’intelletto). La ragione è lo strumento della filosofia, che ha il compito di comprendere ciò che è (e “ciò che è” è appunto la ragione).
Hegel vede la separazione come il prodotto dell’intelletto, che appunto separa, e l'unificazione come il prodotto della ragione: riconduce questi momenti allo stesso Pensiero o Spirito, che da una parte separa ciò che è oggettivamente unito (intelletto) e dall'altra supera la separazione (ragione). Intelletto e ragione sono quindi due momenti del Pensiero, dello Spirito.
In sintonia con Eraclito (e con Fichte) Hegel sostiene che il separare gli opposti, tipico dell’intelletto, produce una contraddizione: che essere sarebbe un essere che non fosse messo in relazione (e quindi in qualche misura unito) al non essere? L essere non è proprio, l'opposto del non essere? Come si potrebbe, allora, separare l’essere dal non essere? Pensare all’essere separato dal non essere è pensarlo senza alcuna relazione col non essere, non opposto al non essere. Ora, un essere che non fosse visto come opposto al non essere sarebbe non essere: questa è la contraddizione.
La dialettica è il processo con cui il pensiero supera le contraddizioni poste dall'intelletto.
Il superamento della contraddizione consiste nel superamento della separazione (che produce appunto la contraddizione); consiste nella sintesi degli opposti (sintesi di tesi e antitesi, che l'intelletto coglie separate). Questa sintesi è chiamata da Hegel Aufhebung, termine che ha il significato di “superare conservando”. Nella sintesi gli opposti sono superati nella loro separazione, ma vengono conservati in quanto opposti.
Pensare alla parte separata dal tutto è di fatto pensarla come non parte, cioè come tutto (contraddizione): che parte sarebbe una parte che non fosse messa in relazione al tutto? Da qui la tesi hegeliana secondo cui “la Verità è l'Intero”. La ragione o è globale o perde la sua essenza di ragione (è quindi una ragione assoluta): non ha senso una spiegazione parziale della realtà, ma solamente la spiegazione della realtà nel suo complesso.
Hegel sostiene che la ragione sia anche astuta, in quanto si serve dei grandi uomini e delle loro passioni. L’azione dell’uomo è mossa dalle passioni, dovrebbe condurli al raggiungimento degli obiettivi prefissati: tuttavia interviene la ragione a riprende l’uomo e a condurlo su una strada diversa (eterogenesi dei fini).

FICHTE dice invece che “l’Io dipende solo da se stesso”: egli che considera l’Io come l’unica realtà che esiste per il solo fatto di essere pensata.
La struttura fichtiana dell’Io è una struttura dialettica, costituita dall’Io, dal non-io e dalla loro determinazione reciproca; questa struttura è articolata nei tre momenti di tesi-antitesi.sintesi.
Fondamentale risulta essere il ruolo della coscienza, costituita da un Io che percepisce e da qualcosa che è di fronte all’Io, contro l'Io (appunto l'oggetto). Il concetto di Io implica il concetto di non Io, il concetto di soggetto implica il concetto di oggetto: non vi è l'uno senza l'altro.
Lo stesso principio di identità non è un principio primo,ma subalterno all’autocoscienza, perché presuppone l'autocoscienza, nel senso che A=A solo se A viene posto dall’Io. Il principio di identità presuppone che vi sia un Io che parli di A, che lo pensi: solo se A viene posto da un Io allora A=A; e l'Io non può pensare A se prima non ha pensato a se stesso, se non ha colto sé come esistente: l’autocoscienza è il fondamento di ogni sapere.
Fichte afferma che gli unici due sistemi filosofici possibili sono idealismo e dogmatismo.
La filosofia è una riflessione sull’esperienza: poiché nell’esperienza sono in gioco la cosa (l’oggetto) e l’intelligenza (l’Io o il soggetto), la filosofia assumere la forma dell’idealismo (che punta sull’intelligenza dopo una preliminare astrazione della cosa) o del dogmatismo (che viceversa punta sulla cosa facendo una preliminare astrazione dell’intelligenza).
Entrambe sono filosofie coerenti, che mi danno una corretta spiegazione della realtà: la scelta non è determinata da motivi teorici, ma semplicemente è dovuta (come dice il primo Fichte) “al tipo di uomo che uno è”.

- punta sulla cosa astraendo dall’Io
DOGMATISMO Filosofia della
- parte dall’oggetto per arrivare al soggetto necessità

FILOSOFIA

- punta sull’Io astraendo dalla cosa
IDEALISMO Filosofia della
- parte dal soggetto per arrivare all’oggetto libertà

La nuova concezione della storia

Mentre nell’Illuminismo il soggetto della STORIA era l’uomo, nel Romanticismo il soggetto della storia è la Provvidenza: quest’idea deriva dal fallimento della Rivoluzione francese e dell’impresa napoleonica, che aveva contribuito all’idea che a “tirare le fila” della storia non fosse l’uomo, ma una potenza extra-umana e sovra-individuale.
Hegel e Fichte hanno una concezione della storia leggermente differente. Per entrambi la storia è superamento, tuttavia:
• per FICHTE il superamento è all’infinito e la Libertà si realizza nella misura in cui lo spirito vince su ciò che lo contrasta; lo spirito crea dei limiti per superarli, per liberarsi da essi (da qui la denominazione idealismo etico per caratterizzare l'idealismo di Fichte). Compito dell'uomo è di superare i limiti all'infinito: assoggettare gli istinti alle esigenze dello Spinto e assoggettare la Natura al volere razionale dell'uomo.
• per HEGEL il superamento ha il suo traguardo nell'idealismo; Hegel parla dell'idealismo come meta, come traguardo della storia. La libertà è la sintesi più elevata dello spirito umano individuale. Il giovane Hegel è convinto che la storia sia un passaggio da una fase di armonia ad una di lacerazione e ad una fase finale, che è un ritorno all'armonia originaria
VICO scrive nel 1740 La scienza nuova, riferito alla storia: egli dunque fa della storia una scienza, che è più vicina all’uomo più di quanto lo possa essere per esempio la natura, perché la storia è fatta dall’uomo stesso.

Le critiche a Kant

L’idealismo infrange i limiti conoscitivi posti da Kant, inaugurando una nuova metafisica dell’infinito: l’idealismo cerca appunto di trovare un principio unico, sul quale fondare una nuova filosofia. Le principiali critiche mosse a Kant sono quelle riguardanti
- il dualismo fenomeno-noumeno
- l’agnosticismo
- la morale
• Il rapporto tra fenomeno e noumeno

Per i critici se il noumeno è inconoscibile, non se ne può neppure parlare, non ha più senso la distinzione col fenomeno né tantomeno la distinzione tra pensare e conoscere.
La contraddizione di base di Kant è il fatto che lui dichiari esistente e allo stesso tempo inconoscibile la cosa in sé. Nel saggio Sull’idealismo trascendentale (1787) JACOBI parla di noumeno come di un presupposto realistico: sostiene che considerare il noumeno come la causa della conoscenza (come diceva Kant) equivale ad applicare il principio di causa ed effetto, valido soltanto per il fenomeno, al noumeno stesso, e quindi ad annullare la distinzione tra fenomeno e noumeno.

• L’agnosticismo

JACOBI ritiene che la ragione, nello sviluppo della sua conoscenza, non arrivi a posizione agnostiche, come sosteneva Kant, ma a posizioni atee, secondo l’ipotesi spinoziana. Non potendo infinito (inteso come realtà metafisica) e finito essere vicini, come pure non può Dio stare accanto al mondo (perché ciò sarebbe per Dio una limitazione), la ragione giunge ad affermare che Dio non è diverso dal mondo.

• Il formalismo morale

I critici di Kant sottolineano l’erroneità dell’aspetto individualistico della morale kantiana: essendo la morale in ognuno di noi, le varie coscienze morali di fronte ad una stessa situazione potrebbero farci agire in maniera diversa, addirittura anche diametralmente opposta; le scelte sarebbero tutte possibili, in quanto dettate dalla morale, ma la morale stessa non è in grado di indicarmi scelte giuste e sbagliate. Di qui si giunge alle critiche sulla relatività della morale e sulla negazione della libertà che essa comporta.

L’idealismo

L’idealismo è la grande corrente filosofica nata in Germania, nel periodo romantico, ad opera di Fichte e Schelling. Quest’idealismo fu chiamato “trascendentale” o “soggettivo” o “assoluto” per distinguerlo dall’idealismo gnoseologico (che racchiude in sé tutte quelle dottrine, da Cartesio a Berkeley a Kant, per le quali vale la frase di Schopenhauer “il mondo è la mia rappresentazione”).
È FICHTE che ha il grande merito di formalizzare il passaggio dall’orizzonte gnoseologico di Kant, in cui si muovevano ancora i suoi seguaci più immediati, ad un orizzonte incentrato sulla tesi metafisica di un Io creatore ed infinito.
“Tutto è Spirito” è la tesi tipica dell’idealismo tedesco (l'idealismo traduce la tesi “non vi è nulla al di fuori del pensiero” come “non vi è nulla al di fuori dello spirito”), che testimonia il passaggio dall’Io finito di Kant ad un Io creatore ed infinito.
Lo Spirito, risalendo al concetto di dialettica, per essere tale ha bisogno di quella sua antitesi che è la Natura. Lo Spirito rappresenta la fonte creatrice di tutto ciò che esiste: esso crea la realtà, nel senso che l’uomo rappresenta la ragion d’essere dell’universo, che in esso trova il suo scopo. Fichte, stravolgendo la prospettiva di natura come causa dello Spirito, dichiara che è lo Spirito ad essere la causa della natura, in quanto questa esiste solo in funzione dell’Io.
Particolare è l’idea di SCHELLING, il quale dice che la natura è la “preistoria” dello spirito, che è spirito inconscio: per lui Fichte ha di fatto svalutato la natura, riducendola ad un semplice non-io, ad un limite dello Spirito.
Il filosofo idealista si rende conto che la chiave della spiegazione di ciò che esiste non è fuori dall’uomo, dove è stata a lungo vanamente cercata, ma nell’uomo stesso, nello Spirito: per il fatto di essere la ragione dell’universo, l’uomo viene a coincidere con l’Assoluto e con l’Infinito, ovvero con Dio stesso (è una sorta di panteismo spiritualistico).
Gli idealisti (Fichte, Schelling, Hegel) si differenziano per la diversa maniera di intendere l’Infinito e i suoi rapporti con il finito (la natura e la storia). Fichte e Schelling si allontanano dalle originarie idee idealiste; Hegel rappresenta invece l’incarnazione più coerente e storicamente decisiva dell’idealismo tedesco, fedele alle sue idee originarie.

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