Sant'Agostino

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

S. AGOSTINO (354-430)

La vita di Aurelio Agostino (354, Tagaste - 430, Ippona) è stata una continua ricerca della verità e una continua lotta contro l'errore. Era un uomo inquieto, insoddisfatto delle verità comode e consolanti. Così la fede è, per Agostino, al termine della ricerca, non all'inizio. Certamente la fede è la condizione della ricerca, che non avrebbe direttive senza di essa; ma la ricerca si rivolge verso la fede e cerca di chiarirla con l'approfondimento dei problemi che suscita. Da un lato, muovendo a chiarire e ad approfondire la propria condizione, la ricerca si estende perché si avvicina alla verità e si fonda in essa; dall'altro, la fede stessa, attraverso la ricerca, viene raggiunta e posseduta nella sua realtà più ricca e si consolida nell'uomo superando il dubbio. La ricerca che Agostino si impone è rigorosa e difficile: essa non si abbandona facilmente a credere, non chiude gli occhi di fronte alle difficoltà della fede, non tenta di evitarle, le affronta continuamente. Il rigore del procedimento della ricerca non si arresta di fronte al mistero, ma fa dello stesso mistero un punto di riferimento. In altri termini, per capire, ossia per fare filosofia in modo corretto, è indispensabile anche credere, avere la fede, che è simile alla luce che indica il cammino; viceversa, per avere una fede salda è indispensabile anche comprendere e cioè filosofare. "Crede ut intelligas, intellige ut credas"(=credi per capire, capisci per credere). Il suo entusiasmo religioso, il suo slancio mistico non sono d'intralcio alla ricerca ma anzi le danno una forza ed un valore tali per cui la ricerca si identifica con l'intera vita di Agostino e la vita di Agostino è una vita di fede. Giunge a piena maturità con lui la cosiddetta "filosofia cristiana" ed in particolare la Patristica.

LA RICERCA DELLA VERITA’
All’inizio dei Soliloqui Agostino dichiara lo scopo della sua ricerca : "Io desidero conoscere Dio e l’anima. Niente altro dunque? Niente altro assolutamente" (I,2,7). Ma Dio e l’anima riassumono tutti i problemi. Inoltre non sono problemi distinti perché cercare Dio significa anche cercare e conoscere l’anima, giacché Dio è presente nella nostra più profonda interiorità. Ora, cercare l’anima lo si può fare solo se si pensa, se ci si ripiega su se stessi, se ci si confessa. E confessarsi (da qui il titolo dell’opera più famosa di Agostino) vuol dire indagare tutti i problemi che ci assillano, che ci toccano in prima persona, per cercare di chiarirli. Il filosofare di Agostino è sempre una ricerca in prima persona, e impegna costantemente l’uomo Agostino nella sua vita quotidiana.
Ripiegarsi su di sé, confessarsi è il primo gradino per arrivare alla verità che può essere scoperta solo se si guarda dentro di noi. "Non uscire da te, torna in te stesso, nell’interno dell’uomo abita la verità. E se troverai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso"(cfr. De vera religione,39). Bisogna dunque raggiungere il più intimo nucleo dell’io per trovare la verità e Dio. Anzi, la verità è Dio e finché l’uomo non l’ha trovata non sarà mai felice. "Tu ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te"(Confessioni, 1,1). In noi stessi troviamo una certezza fondamentale che supera i dubbi : non si può infatti rimanere per sempre nel dubbio o nella sospensione di giudizio. Chi dice di dubitare di tutto si contraddice perché è almeno certo del fatto di che può dubitare, e quindi che vive e pensa. Questo non lo può mettere in dubbio o negare e dunque ottiene già una prima certezza. Il dubbio stesso ci porta sulla strada della verità. E la verità è la luce che guida e richiama l’anima alla sincerità e all’umiltà della confessione. La verità è quindi il criterio di cui la ragione si serve per giudicare le cose. La verità è la rivelazione di ciò che è, dell’essere. E’ dunque l’essere che si rivela, l’essere che illumina la ragione umana e le fornisce la norma di ogni giudizio. Ma questo essere allora non è altro che Dio stesso che si rivela all’uomo e gli fa scoprire qual è la verità. La verità è Dio, Dio è la verità. L’uomo che cercava Dio nell’intimo di se stesso lo scopre come Verità, la Verità che guida e illumina la sua ricerca e la sua esistenza.

IL MALE, IL PECCATO E LA LIBERTA’
La possibilità di cercare Dio e di amarlo è radicata nella stessa natura umana. Noi siamo stati creati "ad immagine e somiglianza" di Dio e dunque tendiamo naturalmente verso di Lui. Però l’uomo può anche allontanarsi consapevolmente da Dio peccando.("Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato! Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori … Eri con me ed io non ero con te … Mi hai chiamato, ed il tuo grido ha sfondato la mia sordità; hai sfolgorato, ed il tuo splendore ha dissipato la mia cecità; hai diffuso la tua fragranza ed ora io anelo verso di te; mi hai toccato, ed ora ardo di desiderio della tua pace"(Confessioni,X, 27)
Ogni uomo deve scegliere : o vivere secondo la carne (cioè lontano da Dio) nella menzogna e nel peccato, o vivere secondo lo spirito (cioè secondo Dio) nella felicità e nella verità. La superbia della volontà che si allontana da Dio e si attacca a ciò che è inferiore è il peccato. Il peccato è quindi la rinuncia a ciò che è somma felicità e verità per preferire la creatura o le cose create, che possono rendere schiavo l’uomo. Non vi è male maggiore del peccato, anzi esso è l’unico e vero male. Infatti tutto ciò che è, per il fatto stesso di esistere, è bene. Nessuna cosa creata è male; diventa male se ci si attacca ad essa come se fosse Dio e si rinuncia, per essa, a Dio. Se l’essere è bene, il male sarà allora non-essere, e infatti per Agostino il male è mancanza, privazione di essere e di bene. Nel mondo non vi è il male assoluto ma solo gradi inferiori di essere rispetto a Dio, i quali dipendono dalla finitudine delle cose create. In altre parole, Dio è il bene sommo e il sommo essere; man mano che si procede nella scala degli esseri – angeli, animali, vegetali ecc. - la creatura, per il fatto stesso di essere creata e dunque di non essere Dio, ha in sé meno realtà, meno essere del Creatore, e perciò è soggetta, prima o poi, a commettere il male, a peccare. In sintesi, il male assoluto non può esistere; vi sono solamente dei mali che, se vengono considerati globalmente, fanno comunque parte dell’ordine cosmico e dunque sono in fondo dei beni; oppure il male è il peccato ed allora dipende dalla cattiva volontà della creatura libera (angelo o uomo): in quanto poi al male fisico, è semplicemente una conseguenza del peccato ovvero del male morale.
La volontà è però libera nel vero senso della parola quando non è schiava del vizio e del peccato. Ed è questa libertà che può essere restituita all’uomo solo dalla Grazia divina. Il primo libero arbitrio, dato ad Adamo, consisteva nel poter non peccare. Perduta tale libertà a causa del peccato originale, la libertà finale che ci verrà data da Dio consisterà nel non poter peccare. E tale non poter peccare è un puro dono divino. Vi è dunque relazione necessaria tra libertà umana e Grazia. E’ solo la Grazia che rende l’uomo autenticamente libero. Ciò che nell’uomo è sforzo di liberazione, volontà tesa a cercare e ad amare Dio, è null’altro che l’azione della Grazia divina in noi. Senza Dio l’uomo non può che allontanarsi, prima o poi, dalla verità e dall’amore, ed è destinato a peccare.

LA CITTA’ DI DIO
L’alternativa presente nella vita di ogni uomo – per o contro Dio – è ugualmente presente nella storia dell’umanità. Vi è una lotta perenne tra due città o regni (cfr. La città di Dio) : da un lato la città di Dio e dall’altro lato la città di Satana. Queste due città non sono mai nettamente distinguibili durante la storia umana. Nessun periodo storico né nessuna istituzione sono dominanti esclusivamente dall’una o dall’altra città; esse sono mescolate fino alla fine dei tempi. Alla fine del mondo, con la resurrezione dei morti ed il giudizio finale, sarà chiaro per tutti a quale città abbiamo aderito, se a quella celeste o a quella di Satana. Nel presente l’uomo può cercare di intuirlo solo se interroga se stesso con sincerità ed invoca l’aiuto dello Spirito.

LE POLEMICHE CONTRO DONATO E PELAGIO
Agostino affrontò anche diverse polemiche in difesa del Cristianesimo. Qui ne ricorderò solo due, quella contro il Donatismo e quella contro il Pelagianesimo.
Il Donatismo (da Donato di Case Nere) sosteneva che la Chiesa è una comunità di perfetti, che non devono avere contatti con le autorità civili. Le autorità religiose che tollerano o ammettono tali contatti, perdono la capacità di amministrare i sacramenti, i fedeli devono considerarli come traditori e rinnovare gli eventuali sacramenti ricevuti da esse. Contro questa posizione, Agostino afferma la validità dei sacramenti indipendentemente da colui che li amministra, poiché è Cristo che opera attraverso il sacerdote. Inoltre la Chiesa non può essere ristretta ad una minoranza di persone che si isolano dal resto dell’umanità.
Il Pelagianesimo era stato diffuso da Pelagio, monaco inglese stabilitosi poi a Roma. Egli negava che il peccato originale avesse indebolito la libertà umana e quindi la capacità di fare il bene. Per Pelagio, l’uomo è, sia prima che dopo il peccato originale, capace di operare il bene senza l’aiuto della Grazia. Questa dottrina, portata alle estreme conseguenze, portava a ritenere inutile la redenzione operata da Cristo : infatti se il peccato di Adamo non ha precluso all’uomo la possibilità di salvarsi con le sue sole forze, l’uomo non avrebbe nessun bisogno di un aiuto soprannaturale e, a maggior ragione, dell’opera mediatrice della Chiesa e dei sacramenti. Agostino replica che in Adamo ha peccato tutta l’umanità e quindi tutti abbiamo bisogno della Grazia divina per salvarci. L’uomo non ha meriti propri da rivendicare nei confronti di Dio. E gli stessi meriti non sono altro che doni provenienti da Dio. L’iniziativa non può essere che di Dio, perché solo Dio può salvarci. Tutto dipende da Lui : è Dio che per primo ci ha amati e ha dato se stesso per noi (cfr. 1 Gv., 3,16; 4,19).

IL PROBLEMA DEL TEMPO
Alcuni pensatori, come ad es. Origene, ritenevano che la creazione del mondo fosse eterna, non potendo implicare un mutamento nella volontà divina. Da qui la domanda : "Che cosa faceva Dio prima di creare il cielo e la terra?". In una prima battuta Agostino risponde scherzosamente dicendo che Dio "preparava l’inferno per coloro che fanno certe domande", poi si schernisce dicendo che se nessuno gli chiede che cos’è il tempo, lui lo sa, ma se qualcuno glielo chiede, non lo sa. Infine egli risponde osservando che Dio è eterno ed è il creatore non solo di ciò che è nel tempo ma del tempo stesso. Prima della creazione il tempo non c’era : non vi era dunque un prima e un dopo e non ha senso domandarsi che cosa facesse allora Dio. Ma che cosa è quindi il tempo ? Secondo Agostino il tempo esiste solo come dimensione dell’anima umana. Noi conserviamo la memoria del passato e siamo in attesa del futuro; vi è poi nell’anima l’attenzione per le cose presenti. La vita dell’uomo si svolge, si distende (il tempo è distensio animae, "distensione dell’anima") tra attenzione, memoria e attesa. Per cui le tre dimensioni temporali dovrebbero, più precisamente, essere definite nel modo seguente : il presente del passato, il presente del presente, il presente del futuro.

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