Lo Stoicismo

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia
Download:327
Data:18.01.2001
Numero di pagine:7
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
stoicismo_4.zip (Dimensione: 8.18 Kb)
trucheck.it_lo-stoicismo.doc     34 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Lo Stoicismo

La scuola stoica.
La scuola stoica fu fondata da Zenone di Cizio, nato nel 336-335 a.C. All’età di 22 anni si recò ad Atene ove conobbe il cinico Cratete di cui divenne discepolo. Verso il 300 fondò la sua scuola presso il Portico dipinto dal quale i suoi scolari furono chiamati Stoici.
I maggiori esponenti della scuola furono Cleante, Erillo, Perseo, Diogene, e soprattutto Crisippo la cui attività letteraria fu straordinariamente florida.
L’impostazione della scuola datale dal suo fondatore Zenone è, per molti versi, simile a quella cinica. Come i Cinici, gli Stoici si dedicarono alla ricerca della felicità per mezzo della virtù, ma differentemente da questi, ritengono che per realizzare questo fine sia necessaria la scienza. La scienza con gli Stoici viene proprio a coincidere con la virtù. La filosofia è esercizio di virtù per mezzo della virtù stessa, e non vi è l’una senza l’altra.
Il limite tra virtù e scienza non è ben delineato e alle suddivisioni della prima corrispondono quelle della seconda. Infatti, se la virtù si distingue in naturale, morale, razionale, la filosofia si articola in logica, fisica ed etica.

La logica
Zenone fu il coniatore del termine stesso: egli considerava la logica la scienza dei discorsi. Come scienza dei discorsi continui egli considerava la logica retorica. Invece, come scienza dei dialoghi, il filosofo la considerava dialettica. Questa si distingueva a sua volta in grammatica, se si interessava delle parole e delle funzioni all’interno dei predicati, ed in logica vera e propria se suo oggetto erano i puri significati. Secondo quest’impostazione la logica stoica si divideva sostanzialmente in una parte analoga alla canonica epicurea, e in un'altra, per molti versi, simile a quella aristotelica.
Gli stoici si proposero di trovare un criterio per giungere alla verità; un criterio che garantisse la veridicità dei pensieri poiché a questi potessero corrispondere azioni ponderate. Essi credettero di averlo trovato nelle rappresentazioni catalettiche, ovvero i processi dell’intelletto umano attraverso cui questo fa proprie le conoscenze sugli elementi del mondo circostante. Tali rappresentazioni derivano dalle sensazioni e si registrano nell’anima umana sin dalla nascita, quando questa è bianca e vuota. Dall’accumularsi delle rappresentazioni, si formano per mezzo di un procedimento naturale, le anticipazioni (prolepsi), ossia i concetti. Questi costituiscono la base per le interpretazioni future (p.es. La rappresentazione di un uomo che giunge si forma solo mediante la sovrapposizione del concetto “uomo” e del concetto “giungere”, che, in questo modo, fungono da rappresentazioni che anticipano quella futura “dell’uomo che giunge”).
Con gli Stoici i concetti vengono ridotti a pure entità mentali che non hanno altra realtà se non nell’intelletto dell’individuo stesso. Viene quindi abbandonata la concezione secondo cui i concetti costituiscano una realtà autonoma trascendente (Platone, le idee), o immanente (Aristotele, le forme) per essere ora ridotti a semplici etichette di riferimento.
Le speculazioni stoiche portano all’affermazione della teoria del significato. Secondo questa di un concetto è necessario distinguere tre differenti aspetti: la cosa che manifesta il significato, il mezzo col quale viene espresso (che può essere una parola, un disegno, o un altro mezzo di comunicazione); il significato vero e proprio, ossia la rappresentazione mentale che si ha di questo (che Platone aveva chiamato idee e Aristotele forme); l’oggetto reale del significato.

La logica dei ragionamenti
Per gli Stoici un significato è compiuto se può venire espresso mediante una proposizione logica che può essere vera o falsa. Essi idearono un nuovo genere di ragionamento che comprende in se tutti gli altri. Tali ragionamenti, detti anapodittici, ossia non dimostrativi, risultano essere diversi dai sillogismi aristotelici.
In questi la premessa maggiore contiene un’assunzione ipotetica o disgiuntiva, la premessa minore una constatazione di fatto, e la conclusione un’inferenza empiricamente dedotta dalle ipotesi (es. Se A, B; ma A, dunque B).
Infatti, mentre, i sillogismi aristotelici presentano tre termini, i ragionamenti anapodittici ne contengono solo due perdendo il termine medio. La differenza sostanziale risiede nelle conclusioni che sono razionalmente deducibili dalle premesse, nei sillogismi (p.es. Alcuni animali sono uomini; Gli uomini sono ragionevoli; Alcuni animali sono ragionevoli: tale risulta essere un inferenza razionalmente deducibile), ed empiricamente deducibili nelle conclusioni anapodittiche (infatti, se A allora B non ha necessariamente una corrispondenza reale, non necessariamente se è giorno c’è luce, tale, infatti, è un’inferenza empiricamente dimostrabile e non altrimenti, non esiste alcun criterio per cui se è giorno allora c’è luce).
Il criterio che viene continuamente osservato nei ragionamenti anapodittici è l’evidenza. Ci si attiene esclusivamente a questa: difatti il fine di questi non è dimostrativo (com’è invece il caso dei sillogismi aristotelici) bensì di esprimere ciò che appare evidente. I sillogismi non garantiscono l’assoluta verità delle loro conclusioni, condizione questa che si verifica solo nei casi in cui le premesse corrispondono a realtà. I ragionamenti anapodittici invece, attenendosi sempre all’evidenza, assicurano sempre la verità delle proprie deduzioni.
La scuola stoica raggiunse un alto grado di elaborazione dei meccanismi logici proprio in virtù della loro impostazione tesa alla verità e non alla concludenza formale dei ragionamenti.

La fisica
La fisica stoica vede nell’ordine del mondo il principio e la causa di esso, cosicché è uno stretto panteismo.
Gli stoici sostituiscono alle quattro cause aristoteliche il principio attivo e il principio passivo. Il principio passivo è la materia che risulterebbe ricondotta alla categoria più generale, quella di essere, se non intervenisse il principio attivo a causarne le determinazioni e le categorie.
Rifacendosi alla concezione platonica, gli Stoici sostengono un rigoroso materialismo secondo cui esiste solo ciò che agisce o subisce un’azione e, poiché solo il corpo agisce o subisce, solo il corpo esiste. Essi ammettevano solo quattro entità materiali: il vuoto, il tempo, lo spazio, il significato.
In virtù di questa loro impostazione essi credettero nella corporeità di Dio, il quale viene visualizzato come il fuoco, ma non come il fuoco distruttore umano, bensì come un soffio caldo (pneuma) che agisce su tutte le cose e le modella. Dio è quindi il principio immanente del mondo. Egli è la causa di tutto, da esso derivano tutte le cose. Egli è dunque la ragione seminale (o seme razionale, ossia causa della ragione) del mondo, la causa generatrice di tutti gli ordini e di tutti gli esseri, la ragione che ha dato vita a tutte le cose, proprio come tutti gli organismi viventi hanno origine dai semi.
Tutto l’universo è sorretto da un unico grande ordine razionale, al quale tutte le cose devono per necessità attenersi: è un ordine perfetto, immutabile. In base a quest’ordine passato e futuro sono per necessità interconnessi e dipendenti. L’ordine è unico e si ripete ciclicamente nel tempo. In base a questo fenomeno l’origine e la morte dell’universo si alternano periodicamente nel tempo. Ad un ordine razionale corrisponde necessariamente lo stesso insieme di eventi. In questo modo la morte di Socrate è necessaria e dettata dall’ordine razionale e non può essere diversamente poiché la corrispondenza ordine razionale morte di Socrate è inevitabile, necessaria. Pertanto gli stessi eventi si ripeteranno ciclicamente e sempre nello stesso identico modo.
Tale ordine razionale che rende unico e predeterminato lo svolgimento degli eventi è il destino, che è anche garante degli eventi e in questo senso è provvidenza. Ordine razionale, destino, e provvidenza coincidono e s’identificano con Dio. Per questa ragione la struttura dell’universo è perfetta e l’argomento sull’esistenza dei mali non può contraddire questa tesi giacché anch’essi sono necessari, nel senso che sono inseriti in quell’ordine razionale perfetto ivi svolgono la loro azione di equilibrio sui beni.

Il libero arbitrio
Questa visione preclude apparentemente ogni genere di libertà d’azione da parte di qualsiasi individuo. Nondimeno secondo gli stoici il concetto di libertà coincide con quello di necessità. Perciò la libertà sta nell’adeguarsi all’ordine del cosmo.
Zenone tuttavia concesse all’uomo una speciale libertà limitata, che gli attribuiva il potere di dare o negare l’assenso alle rappresentazioni, cosa questa che rendeva l’uomo il responsabile delle proprie azioni.
(dom. In che modo la posizione di Zenone rientra nei canoni della scuola e non ne è, come pare, in aperto contrasto?)

L’etica
L’uomo deve conformarsi all’ordine razionale del cosmo, inserirsi nel cammino del destino. Egli deve abbandonarsi in balia degli eventi e dell’ordine perfetto del cosmo. L’uomo, come diceva Zenone, deve vivere secondo natura, secondo necessità. Ma unicamente il sapiente può conformarsi all’ordine perfetto del cosmo. Soltanto il sapiente può adempire al suo dovere innato, poiché solo lui conosce l’ordine razionale dell’universo, solo lui conosce Dio.
La vera virtù la si raggiunge adeguandosi continuamente alla necessità, inserendosi nel tessuto dell’ordine razionale, abbandonandosi totalmente al destino unico, razionale, perfetto.
Qualora si presentassero delle circostanze che impedissero l’assecondarsi del dovere, il saggio (o filosofo), ha il dovere di porre fine alla sua esistenza e di assecondare il volere del destino. Da qui nasce la giustificabilità stoica del suicidio, al quale ricorsero numerosi filosofi della scuola.
Dunque la virtù è il solo e unico bene, e tutte le altre cose sono indifferenti perché non rientrano nel dovere retto cui bisogna attenersi. Rientrano fra queste anche le emozioni, che costituiscono solo cause di preoccupazione e agitazione dell’animo umano, che da queste viene distolto da suo dovere. Si tratta unicamente di false opinioni, che vanno estirpate per lasciare l’animo in una condizione apatica di tranquillità e nullità.

Elementi contrastanti
• Se tutto accade conformemente all’ordine del destino, come può capitare che un uomo compia un’azione non conforme a tale ordine ? ossia Se tutto e determinato come può accadere qualcosa che non sia predeterminata? Come si può, anche volendolo, andare contro al dovere?

Esempio