Kierkegaard

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

26/11/09
Kierkegaard
Come aveva fatto Shopenhauer, anche Kierkegaard si contrappone al pensiero hegeliano. Hegel aveva parlato di un principio primo, l’assoluto, nel quale il finito ha un senso solo in quanto parte, manifestazione del tutto. Secondo questo filosofo c’è una dimensione finita e limitata che è quella in cui viviamo; la vita del singolo ha la dimensione dell’individualità. Ognuno raggiunge la propria libertà individualmente. Il significato, la verità si trova nell’individualità, che è la vera prospettiva.
Secondo Hegel esiste un ordine razionale e necessario, quindi tutto avviene in un modo e non può essere diversamente; per Kierkegaard la vita del singolo deve svolgersi secondo il criterio della possibilità. L’esistenza del singolo è un ventaglio di possibilità (esistenzialismo). La verità è propria del singolo quindi ognuno ha la sua verità. Questo arco di possibilità offre molte scelte.
Come orientare la scelta, come scegliere?
Secondo Kierkegaard per una scelta c’è sempre una scelta (fatta in precedenza) che la presuppone, ma volendo risalire ad una scelta prima non la si trova, non c’è: non esiste niente che renda giusta una scelta, non esiste nessun criterio. Infatti il singolo ha la libertà di scegliere ma non sa in base a cosa scegliere. Il problema è la ricerca di un senso in base a cui orientarsi.
C’è chi non fa scelte, si pone in modo passivo, così che siano gli altri e le altre cose a scegliere per lui.
Se invece si vuole scegliere liberamente, si scopre che si ha la possibilità ma non la capacità; questa incapacità è dovuta all’angoscia: un senso di inquietudine che la persona si porta dentro dovuto alla possibilità di scegliere e che è la causa dell’incapacità di scegliere.
“La malattia morale dell’io”
E’ la sua opera più importante. In questa situazione l’uomo, pieno di possibilità non ha la capacità di scegliere e cade nella disperazione, è senza speranza, infatti l’uomo in quanto finito e libero è insufficiente a sé stesso; ha tante possibilità e (ma) non può.
La strada per eludere l’angoscia è il non pensarci, fare i non-uomini, infatti solo in questo modo si può sfuggire a questa situazione, l’uomo cosciente non ne è in grado.
“Aut-Aut”
Esaurire dialetticamente tutte le possibilità della vita, è un imperativo. Kierkegaard, mediante un processo dialettico, analizza tre stadi della vita i quali vanno vissuti interamente, a fondo e tra i quali non c’è continuità essendo totalmente differenti:
-stadio estetico: l’esteta si vuole godere la vita, egli insegue gli attimi fuggenti, non vuole una vita ripetitiva, che le cose rimangano uguali, tende all’avventura e ricerca il piacere dei sensi in ogni modo. La figura esemplare di questo stadio è il Don Giovanni, ne parla nel “Diario del Seduttore”.
Questo modo di vivere ha un esito, cioè quando non ci sono autenticità e profondità alla fine tutto diventa una banale ripetizione, una meccanicità che non cambia mai, cambiano le forme ma è sempre lo stesso meccanicismo. Lo stadio estetico porta a noia, angoscia e disperazione.
A questo punto c’è
-stadio etico: quello dell’uomo che rispetta i valori morali. La figura importante è il matrimonio che da istinto all’eros, trasforma l’istinto nella cultura e nella società. Il matrimonio comporta dei doveri, degli omeri, la necessità di un lavoro e quindi ci sono dei valori e delle norme da rispettare vivendo nel mezzo di uno stato. Lo stadio etico porta all’adesione a valori universali, a fare parte di uno stato.
La figura emblematica è il Marito (“Aut-Aut”). Quest’uomo è il risultato di una storia che gli da certezze e sicurezza, ma chi è quest’uomo? Questa figura si riconosce nel benestante, colui al quale la storia rende certezza e sicurezza, egli di fronte alla sofferenza del mondo si pulisce la coscienza con l’elemosina oppure le volge le spalle, dietro quest’uomo c’è l’ipocrisia perché al tempo di Kierkegaard la sicurezza della storia era solo per pochi privilegiati. C’è un conformismo, tutti si comportano in questo modo. L’esito è il pentimento che prende l’uomo etico.
Il terzo stadio
-la fede: la fede si rapporta con questa situazione di angoscia con un salto, una rottura. La figura emblematica è Abramo che riceve l’ordine di uccidere il figlio Isacco, quest’ordine distrugge il legame padre-figlio ed inoltre ha un valore sociale enorme, in quanto Abramo era un esponente religioso per la sua società che non lo avrebbe mai perdonato se avesse ucciso la propria prole. La fede di Abramo lo porta contro tutti i valori universali rompendo tutti i legami.
Infatti la solitudine fa parte della fede, l’uomo fedele è un uomo solo che si pone davanti a Dio cercando di raggiungere l’irraggiungibile, l’infinito, l’assoluto che è Dio; mentre l’uomo è finito, un nulla. Egli viene annullato dalla figura divina che è annichilatrice (nihil).
Questo rapporto tra uomo e Dio non è spiegabile in nessun modo: la fede è solo un salto, una discontinuità che rispetto alla ragione è paradosso e scandalo.
Dal momento in cui l’uomo sceglie la religione Dio (solo da quel momento) è riconosciuto come artefice della scelta. Dopo questa decisione il mondo finito perde significato, non ha più senso, ora solo Dio ha senso; l’uomo di fede prende come suo modello Gesù e la sua vita.
La fede però spesso è solo una delle tante occupazioni quotidiane, questa concezione ne rappresenta la morte, è un mercificare la fede che diventa esteriore e falsa, un qualcosa al quale ci si appella solo nel momento del bisogno.
L’uomo che è nello stato della disperazione la risolve con la fede, perché quest’ultima è riconoscere la propria totale dipendenza da Dio. Solo Dio ha la possibilità.
Per chiarire:
L’angoscia: è la condizione esistenziale generata dalla libertà e dalle infinite possibilità negative che incombono sulla vita. Questa situazione genera l’incapacità di fare delle scelte che a sua volta porta alla disperazione. L’unico modo per contrastare l’angoscia non è l’accortezza umana ma la fede religiosa.
Il singolo: “l’esistenza corrisponde alla realtà singolare, al singolo.” “il singolo è la categoria attraverso la quale debbano passare il tempo, la storia e l’umanità”.
L’antihegelismo: a Hegel rimprovera:
-la tendenza a ritenere lo Spirito, l’Assoluto, più importanti dell’individuo
-la concezione della filosofia come scienza oggettiva e non soggettiva nella quale il singolo è coinvolto
-la tendenza a conciliare ciò che nella vita concreta non è affatto conciliabile
-l’identificazione tra uomo e Dio, tra soggetto e oggetto che rende impossibile cogliere la differenza illimitata tra finito ed infinito.
di Brivio Raffaele

Esempio



  


  1. Giacomo

    Sto cercando la spiegazione del concetto di aut-aut di kierkegaard, per suggerirlo ad un' amica