Fichte, Schelling, Hegel, Schopenauer e Kierkegaard

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Testo

FICHTE
Vita e opere
• Nasce nel 1762 e muore nel 1814
• Azione quasi missionaria per diffondere scienza e cultura
• Scritti più importanti: Fondamenti della dottrina della scienza (1794), La missione del dotto (1794), Introduzione alla dottrina della scienza (1797), Sistema della morale (1812)
Critiche a Kant e al dogmatismo
• Fichte opera il passaggio dal criticismo all’idealismo
• L’idealismo fa derivare le tante facce della natura e la natura stessa da un unico principio originario, l’Io puro o Coscienza assoluta, che non soggiace a nessun principio (come quelli di spazio e tempo) ed è quindi libera e indipendente
• L’Io puro è l’unico vero principio incondizionato della realtà
• Per prima cosa critica il principio d’identità (A=A), affermando che è comunque vero, ma che non può essere assunto come principio sul quale fondare tutta la realtà; infatti l’esistenza di A viene data per scontata e quindi il soggetto viene accettato come vero senza nessuna giustificazione; la giustificazione deve necessariamente provenire dall’Io puro che condiziona tutta la realtà ma è indipendente da essa: l’Io sa di “essere” e sa di essere identico a sé stesso poiché Fichte lo immagina come anche “coscienza di sé stesso” o “autocoscienza”, dunque il principio Io=Io è senz’altro vero e può essere posto a fondamento della realtà
• L’Io o Coscienza assoluta si caratterizza dunque come: 1) attivo e non passivo perché plasma la realtà; 2) puro agire che non soggiace ad alcun principio; 3) portatore di un inesauribile processo di creazione sia della natura in senso lato sia delle singole unità della natura stessa
• Fichte ritiene che l’idealismo sia superiore alle filosofie precedenti, che invece sono dogmatiche, per motivi pratici e teoretici: motivi pratici perché l’idealismo crea il mondo, mentre le altre filosofie lo accettano passivamente; motivi teoretici perché l’idealismo riassume nell’Io puro le serie dell’essere e del pensiero, che invece nelle altre filosofie erano distinte nella natura che aveva la serie dell’essere e nello spirito che aveva la serie del pensiero
L’attività creatrice dell’Io
• L’Io è infinita attività creatrice, che compie questo processo di creazioni in tre momenti
• Nella tesi l’Io puro prende coscienza di sé stesso come libera attività inesauribile anche se in questo stadio non esistono oggetti o soggetti particolari
• Nell’antitesi l’Io crea e oppone a sé stesso le cose inanimate del mondo, che sono dette non-Io perché non sono come l’Io: quest’operazione avviene perché Fichte ritiene che la libertà consista nel superamento di ostacoli; difatti l’Io si pone il non-Io, perché quest’ultimo è qualcosa di completamente opposto all’Io e dunque un ostacolo da superare
• Il casino di prima vuol dire che, dato che l’Io pone sé stesso, cioè è continuamente impegnato a definirsi, si pone anche definendo ciò che egli non è, creando inconsciamente il non-Io
• Nella sintesi infine l’Io prende coscienza che egli ha in un certo senso creato il non-Io, opponendosi ad esso e cercando di superarlo: in quest’operazione l’Io puro per opporsi al non-Io deve comunque porsi allo stesso livello, e quindi da quell’unità infinita e di puro spirito che era in precedenza si pone come entità finita, dando luogo ai vari Io empirici, cioè agli uomini
Immaginazione produttiva e riflessione
• Gli aspetti dell’Io sono dunque l’immaginazione produttiva (crea il non-Io inconsciamente) e la riflessione (si riconosce creatore del non-Io e lo supera)
• L’azione di superamento è praticamente infinita, poiché se questa azione terminasse l’Io non potrebbe più attuare la sua libertà di superare gli ostacoli e quindi non avrebbe motivo di esistere
• Il supermento del non-Io avviene su un piano pratico e su uno teoretico (o conoscitivo)
• Sul piano pratico l’Io riconosce in una cosa un ostacolo da superare e dunque lo caratterizza in tutti i suoi aspetti
• Sul piano pratico, al quale l’io teoretico è subordinato, tramite un’attività infinita supera l’oggetto che l’io teoretico ha riconosciuto come ostacolo
• La virtù risiede dunque in quest’azione, mentre il vizio nell’inerzia, cioè nella rinuncia da parte dell’uomo a trionfare sulle cose
• Le cose concrete non rappresentano tuttavia una sollecitazione al dovere
Il diritto e la politica
• Il pensiero politico di Fichte si è articolato in tre fasi temporali della sua vita
• Nella prima egli ipotizza uno stato liberale, nel quale la libertà di ciascun individuo finisce dove inizia quella degli altri; lo Stato ha il compito di garantire che vengano rispettati dai suoi cittadini i diritti fondamentali di vita, libertà e proprietà mediante i suoi organi di polizia (impedire la violazione dei diritti,), giudiziario (verificare se c’è stata una violazione) e penale (punire la violazione accertata)
• Nella seconda Fichte crea uno Stato di tipo socialistico, nel quel lo Stato oltre ai diritti fondamentali, deve garantire ai suoi cittadini lavoro e benessere; questo stato non avrà commerci con l’estero e sarà completamente autosufficiente: qualora non lo fosse l’autorità statale provvederà ad indirizzare i propri cittadini verso la produzione del bene mancante
• Nell’ultima fase il filosofo tedesco immagina uno stato di tipo nazionalistico: Fichte ritiene che solo la Germania sia la spinta al progresso dell’umanità, che per realizzare quest’obiettivo dovrà fornire ai propri cittadini una nuova educazione nazionale, costringendo i singoli individui ad accantonare il proprio egoismo e ad accettare i valori necessari al bene della collettività fino a quando questi accetteranno liberamente i valori che erano stati loro precedentemente imposti
• In quest’ultimo stato si configura la figura del dotto come di una persona conscia del grado di cultura della società di cui fa parte e adatto per questo motivo ad educare gli altri uomini
Il secondo Fichte
• La seconda fase del pensiero fichtiano consiste nel riconoscere l’Assoluto non più nell’Io puro ma in Dio, eterno, immutabile e puro da ogni molteplicità e mutamento
• L’Io inteso come principio primo immediatamente successivo all’Io puro si configura quindi come l’immagine o l’espressione immediata di Dio
SCHELLING
Il sistema di Schelling
• Anche per Schelling come per Fichte il compito della filosofia è quello di ripercorrere coscientemente i momenti successivi attraverso i quali un’unica Essenza realizza se stessa
• Per Schelling, Natura e Spirito non sono due realtà opposte come l’io e il non-io di Fichte, ma rappresentano due aspetti successivi di un unico Principio Assoluto che si manifesta inizialmente come Natura e poi come Spirito
• Questo principio non ha bisogno di niente per esistere; può essere chiamato Assoluto Indifferente, perchè può essere indifferentemente Natura o Spirito, e anche Identità Assoluta, poichè rimane sostanzialmente identico.
La Natura
• Nelle Idee per una filosofia della Natura (1797) la natura si rivela quale complesso di forze che tendono ad attuare dei fini immanenti nella Natura stessa
• Schelling la considera attività inesauribile, più vicina all’io di Fichte che al non-io
• I fini che essa persegue sono immanenti, altrimenti dipenderebbe da qualcosa di trascendente e perderebbe la sua autonomia; proprio per questi fini essa acquista un aspetto teleologico
• Quale complesso di forze la Natura deve poter attuare concretamente la sua attività superando degli ostacoli che essa stessa si oppone
• Esistono nella natura due tendenze, una positiva ed una negativa, una produttiva e una antiproduttiva
• La Natura si attua in forme concrete e materiali quando l’attività creatrice si trova limitata ed arrestata dalla tendenza antiproduttiva
• Ogni prodotto della Natura è il risultato di un momento di equilibrio provvisorio
• La prima opposizione tra forza positiva in espansione e forza negativa dà luogo alla materia
• La ripresa dell’espansione e successivo incontro con la forza negativa dà origine a uno sviluppo dinamico (magnetismo, elettricità), che domina la Natura a livello inorganico. Un’ulteriore espansione, seguita ancora dall’incontro con la forza negativa, dà luogo al più alto livello della Natura, il livello organico (forze della sensibilità, irritabilità, riproduzione)
• La Natura, valendosi di questa contrapposizione tra forze interne, si evolve inconsciamente e, inconsciamente, tende a divenire cosciente.
Lo spirito
• Nel Sistema dell’idealismo trascendentale (1800) Schelling si propone di rintracciare la natura nello spirito
• Intendendo l’io, cioè lo Spirito, come autocoscienza assoluta, Schelling riconosce in questo una dualità di forze
• C’è un primo atto inconsapevole con cui l’io produce l’oggetto, attività reale
• C’è un secondo atto con cui l’io diviene consapevole dell’oggetto attraverso la “riflessione” e lo riconosce estraneo a sé, attività ideale.
• Vi è una corrispondenza tra attività ideale, che è cosciente, e attività reale, che è inconscia
• Come nell’evoluzione della Natura si può riscontrare l’unità di inconscio e di intelligenza, così ritroviamo nella storia, unico dominio dello spirito, l’unità di consapevole ed inconsapevole.
• Evoluzione della Natura e storia dell’uomo rivelano ed attuano L’Assoluto, inteso come identità di soggetto ed oggetto, di ideale e reale, di conscio ed inconscio
L’Assoluto
• Per giungere all’Assoluto lo Spirito prima prova la via del conoscere (Spirito teoretico - adegua se stesso alla Natura e vi si uniforma) e la via dell’agire (Spirito pratico - tenta di adeguare e di uniformare la Natura a se stesso).
• Sia nella Natura sia nelle conoscenza si tenta di annullare la differenza tra Natura e Spirito e di farne una cosa sola, giungendo all’Assoluto.
• Questo duplice tentativo non ci sarebbe se Natura e Spirito non fossero un’unica Essenza sotto due aspetti diversi.
• Ma tanto nella conoscenza quanto nell’azione pratica, Natura e Spirito rimangono distinti
• L’arte è l’organo della filosofia, l’unico strumento mediante il quale la filosofia coglie l’Assoluto
• Il vero filosofo è quindi il genio artistico perché attua in sé l’unione dell’inconscio, della Natura, mediante l’ispirazione, e del conscio, dello Spirito, mediante l’elaborazione cosciente di questa ispirazione.
• Il genio artistico, in atre parole, attuando in sé l’unione della Natura e dello Spirito coglie l’Assoluto
HEGEL: I CAPISALDI DEL SISTEMA
La vita e gli scritti
• Nasce nel 1770 e muore nel 1831
• Scritti più importanti: Fenomenologia dello spirito (1807), Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817), Lineamenti di filosofia del diritto (1821)
Il giovane Hegel
• Negli scritti giovanili di Hegel l’argomento fondamentale è la teologia, che è tuttavia strettamente connessa alla politica
• Alla base della rigenerazione politica ci deve essere la rigenerazione morale e religiosa dell’uomo: quest’ultima sarà una rigenerazione della persona nella sua vita interiore e del popolo nella sua cultura
• L’aspirazione dei popoli ad una vita migliore e alla libertà deve basarsi su progetti di riforma che elimino la stabilità delle classi e la supremazia della nobiltà e con istituzioni nuove e fondate sull’uguaglianza (un genio!)
• Rivoluzione delle istituzioni deve nascere dalla maturazione avvenuta all’interno della coscienza del popolo
• Inoltre, affinché nasca un ordine politico egualitario, occorre fondare una nuova religione nella quale si riconosce nella vita interiore degli altri un riflesso dell’unica vita di Dio
• Hegel però critica duramente la struttura delle chiese formatesi dopo la morte di Gesù: quest’ultimo infatti predicava la fratellanza come precetto di vita e il superamento della vecchia legge esteriore (precetti e comandi) con la nuova legge dell’amore fatta di intensa vita interiore, mentre la Chiesa ha fondato le sue dottrine sui dogmi e su leggi morali codificate e precetti del tutto esteriori
• Per Hegel gli Ebrei hanno pensato Dio contrapponendolo alla natura: Egli è tutto, l’uomo e la natura sono subordinati ad esso e sono niente
• Dunque gli Ebrei hanno scelto di vivere in inimicizia con la natura e in ostilità con gli altri uomini, poiché per il loro Dio ogni rapporto di serena amicizia contraddice la fedeltà esclusiva e implica una commistione con gli dei degli altri popoli
• Gli Ebrei sono essi stessi vittima del destino che si sono aizzati contro: bisogna sottolineare che per Hegel il destino è la forza con cui la natura reagisce quando l’uomo o il popolo le si pongono contro
• La figura di Gesù è vicina al mondo Greco, il quale vedeva nella natura uno spirito di bellezza
• Sia Gesù che i Greci sono stati comunque sconfitti, il primo dal suo stesso popolo, i secondi dalle nuove forme della civiltà occidentale
Le tesi di fondo del sistema
• Le tesi di fondo dell’hegelismo sono: 1) risoluzione del finito nell’infinito; 2) identità tra ragione e realtà; 3) funzione giustificatrice della filosofia
• La realtà è un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione
• La realtà coincide con l’Assoluto (Dio) e quindi con l’infinito, mentre i vari enti del mondo, in quanto parti della realtà, coincidono con il finito
• Il finito dunque non esiste poiché ciò che noi chiamiamo finito è un’espressione parziale dell’infinito (una parte di qualcosa non può esistere se essa non è in connessione con il tutto di quella cosa)
• Il mondo (finito) è manifestazione e realizzazione di Dio (infinito)
• L’Assoluto è un soggetto spirituale in divenire, un processo di auto-produzione che trova compimento soltanto con l’uomo
• Il soggetto spirituale che sta alla base della realtà viene detto “idea” o “ragione”

• Questo aforisma vuol dire che il pensiero e la razionalità non sono solo astratti, ma sono la forma stessa di ciò che esiste, e che viceversa la realtà non è solo una materia caotica ma una struttura razionale (identità tra realtà e ragione)
• La realtà è inoltre una serie ascendente di “gradi” che sono il risultato di quelli precedenti e il presupposto di quelli seguenti
• In quest’universo il compito della filosofia è dunque quello di prendere atto della realtà e comprenderne le strutture razionali che la costituiscono, giustificandola razionalmente
• La filosofia tuttavia arriva sempre tardi a dire com’è il mondo, poiché prende atto di una certa realtà quando questa ha già completato il suo processo di formazione
• Il simbolo della filosofia hegeliana è la nottola di Minerva, che si alza in volo di notte ad osservare il mondo quando i cambiamenti avvenuti durante il giorno hanno trovato una precisa connotazione e sono chiaramente visibili
• Atteggiamento fortemente giustificazionista nei confronti della realtà
Idee, natura e spirito. Le partizioni della filosofia
• Il farsi dinamico dell’Assoluto si articola (similmente a Fichte) in tre momenti: la tesi (l’idea in sé e per sé), l’antitesi (l’idea fuori di sé) e la sintesi (l’idea che ritorna in sé)
• L’idea in sé e per sé avviene quando l’Assoluto (identificato da Hegel in Dio) si trovava a formare l’ossatura logico-razionale della realtà, ovvero quando era presente razionalmente ma non ancora realmente la natura
• Con l’idea fuori di sé la natura trova quindi posto dall’idea nella realtà spazio-temporale del mondo
• Con l’idea che ritorna in sé infine si forma lo spirito, cioè l’idea che dopo essersi fatta natura ritorna in forma di pensiero nell’uomo
• Questa triade non avviene in senso cronologico, ma in senso ideale (tutte e tre si verificano e si influenzano contemporaneamente)
• A questi tre momenti corrispondono tre diverse partizioni della filosofia: la logica (scienza dell’idea in sé e per sé), la filosofia della natura (la scienza dell’idea nel suo alienarsi da sé) e la filosofia dello spirito (scienza dell’idea che dopo essersi alienata ritorna in sé)
La dialettica
• L’Assoluto è divenire
• La dialettica regola il divenire, ed è una legge ontologica sullo sviluppo della realtà ma anche una legge logica di comprensione della realtà
• Hegel distingue tre momenti o aspetti del pensiero: 1) astratto o intellettuale (concepire l’esistente sotto forma di una molteplicità di determinazioni statiche e separate – momento più basso della ragione); 2) dialettico o negativo-razionale (mostra come le determinazioni debbano essere necessariamente relazionate e quindi messe in contrasto con altre); 3) speculativo o positivo-razionale (rendersi conto che tali aspetti sono parte di una realtà più alta che unisce le loro singole realtà in apparente contrasto)
• Ancora una volta questi tre momenti sono assimilabili alla tesi, nella quale c’è un’affermazione, all’antitesi, dove trova posto la negazione dell’affermazione, e nella sintesi, in cui si toglie l’opposizione tra tesi e antitesi perché si riconosce che entrambe concorrono a determinare la stessa cosa, anche se si conserva la verità della tesi, dell’antitesi e della loro lotta
• La dialettica comprende quindi la totalità di questi momenti
• La dialettica non fa altro che esplicare il fondamento dell’hegelismo, cioè la risoluzione del finito nell’infinito (ci mostra come ogni singola realtà non possa esistere se non come parte di un tutto universale in un contesto di rapporti)
• La dialettica ha il compito di unificare il molteplice e conciliare le opposizioni, dove il negativo sussiste solo come un momento del farsi positivo
• La dialettica viene intesa da Hegel come una sintesi chiusa, nel senso che arrivati ad un certo punto di conoscenza lo spirito realizza pienamente sé stesso e quindi se tenta di proseguire nella dialettica non fa che ripercorrere un cammino già fatto
La critica alle filosofie precedenti
• Per gli illuministi la ragione è solo finita, parziale e astratta, poiché pretende di dare lezioni alla realtà e alla storia spiegando loro come dovrebbero essere e non spiegando come esse sono: difatti la realtà è sempre necessariamente ciò che è e non potrebbe essere diversamente
• A Kant Hegel rimprovera due cose: l’antitesi tra essere e dover essere (antitesi tra ragione e realtà perché l’essere non si adegua mai al dover essere) e la pretesa di voler indagare la facoltà del conoscere prima di conoscere (come se uno volesse imparare a nuotare prima di immergersi in acqua)
• Anche ai Romantici Hegel contesta due fattori: in primo luogo il primato del sentimento, dell’arte o della fede a discapito della filosofia che invece serve per meglio indagare la realtà e gli atteggiamenti individualistici di taluni romantici, poiché secondo il filosofo tedesco l’intellettuale non deve ritirarsi nel proprio io ma tenere d’occhio soprattutto l’oggettivo corso del mondo
• Fichte viene accusato da Hegel poiché è incapace di assimilare adeguatamente al soggetto l’oggetto, dato che quest’ultimo si configura come un semplice ostacolo esterno all’Io con il rischio di un nuovo dualismo; Fichte ha inoltre creato un infinito negativo, poiché l’ha ipotizzato come semplice meta ideale del finito, e poiché continua a riproporre il finito invece di eliminarlo, dato che esprime solo l’esigenza astratta del suo superamento
• Infine Schelling sbaglia nella definizione di Assoluto, poiché risulta un’unità astratta priva di vita e concretezza interiore che è quindi incapace di dar ragione alla molteplicità delle cose
HEGEL: LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO
• La Fenomenologia ha funzione introduttiva e pedagogica; tende a far sì che l’individuo si riconosca e si risolva nello spirito universale.
• La Fenomenologia è la storia romanzata della coscienza che esce dalla sua individualità e raggiunge l’universalità.
• Si configura come la via attraverso la quale il singolo individuo ripercorre i gradi di formazione dello spirito universale
• L’intero ciclo della Fenomenologia si vede riassunto nella figura della coscienza infelice
• La prima parte della Fenomenologia si divide in tre momenti: coscienza (tesi), autocoscienza (antitesi) e ragione (sintesi).
• Nella coscienza predomina l’interesse per l’oggetto, nell’autocoscienza per il soggetto e nella ragione si arriva a riconoscere l’unità tra oggetto e soggetto.
Coscienza
• Il punto di partenza è la certezza sensibile; essa rende certi di una cosa singola, questa cosa che noi stiamo vedendo in quanto presente qui ed ora davanti ai nostri occhi.
• La certezza sensibile non è certezza della cosa particolare ma del generico.
• La seconda fase è la percezione; un oggetto non può essere percepito come uno, nella molteplicità delle sue qualità, se l’io non prende su di se l’affermata unità, se cioè non riconosce che l’unità dell’oggetto è da lui stesso stabilita.
• L‘ultima fase è quella dell’intelletto; tramite questo riconosco nell’oggetto un semplice fenomeno, una forza che agisce secondo una forza determinata
• Poiché il fenomeno è solo nella coscienza e ciò che è al di là del fenomeno o è nulla o è qualcosa per la coscienza, la coscienza ha risolto l’intero oggetto in se stessa ed è diventata autocoscienza
Autocoscienza
• Questa fase si interessa del soggetto, dell’attività concreta dell’io considerato nei suoi rapporti con gli altri.
• L’autocoscienza prevede la presenza di altre autocoscienze che le diano la certezza di essere tale, non può infatti limitarsi a cercare proprio appagamento negli oggetti sensibili ma ha bisogno degli altri: l’autocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in un’altra autocoscienza.
• Questo rapportarsi con gli altri è finalizzato ad un riconoscimento che non avviene attraverso l’amore (esaltato da Hegel negli scritti giovanili) ma tramite un momento di lotta e di sfida, attraverso un confitto tra autocoscienze.
• Non si giungere con questo conflitto alla soppressione di uno dei due termini ma alla sottomissione di una autocoscienza sull’altra, nel rapporto servo-signore.
• Il signore è colui che ha lottato fino all’ultimo pur di mantenere la propria indipendenza, mettendo a repentaglio la sua stessa vita; il servo invece è colui che ad un certo punto ha preferito rinunciare alla propria libertà, divenendo schiavo, pur di aver salva la vita.(Questo rapporto corrisponde all’organizzazione della società del mondo antico)
• Ad un certo punto però inizia una sorta di paradossale inversione dei ruoli: lo schiavo lavora per un padrone che non può vivere senza il prodotto del lavoro servile (perde la sua originale indipendenza), lo schiavo invece, attraverso il servizio si autodisciplina, ha un riconoscimento del proprio lavoro, diventa cosciente di sè e riconosce il proprio valore di uomo.
• Per Hegel il riscatto del servo avviene solo idealmente e non realmente, la figura hegeliana non si conclude con una rivoluzione sociale o politica ma con la coscienza dell’indipendenza del servo nei confronti delle cose, e della dipendenza del signore nei confronti del lavoro servile.
• Il raggiungimento dell’indipendenza dell’io nei confronti delle cose, risultato della dialettica servo-padrone, trova la sua manifestazione filosofica nello stoicismo, ossia un tipo di visione del mondo che celebra l‘autosufficienza interiore e la libertà del saggio nei confronti di ciò che lo circonda.
• Lo stoico, che pretende di prendere le distanze dalla realtà, dalle passioni, raggiunge però solo un’astratta libertà interiore poiché tali condizionamenti rimangono e la realtà esterna non è affatto negata.
• Questo mette capo ad un’altra figura: chi pretende infatti di mettere tra parentesi quel mondo esterno da cui lo stoico si sente indipendente (e che lascia invece sussistere) è lo scettico.
• Lo scetticismo arriva addirittura a negare la realtà mantenendo un atteggiamento negativo verso l’alterità in generale. Viene a crearsi così una situazione insostenibile e contraddittoria: lo scettico dichiara che tutto è vano, non esiste una realtà assoluta, ma d’altro canto, affermando questo, pretende di dire con certezza comunque una verità.
• La scissione presente nello scetticismo tra una coscienza immutabile ed una mutabile diventa esplicita nella figura della “coscienza infelice” ed assume la forma di una radicale separazione tra uomo e Dio.
• Anche qui è presente il susseguirsi di diverse figure:
• La coscienza infelice ebraica: rappresenta la traduzione in chiave religiosa della situazione sociale espressa dal rapporto servo-padrone (la realtà vera, l’essenza, assumono le sembianze di un Dio padrone assoluto della vita e della morte, un signore inaccessibile)
• Il cristiano medioevale: l’assoluto assume la figura di un Dio incarnato e trascendente; non è un padre o un giudice lontano, ma rimane comunque un’entità di fronte la quale l’uomo si sente una nullità.
• Il cristiano medioevale pretende infatti di cogliere l’assoluto in una presenza particolare e sensibile, ma è destinato a fallire.
• Col cristianesimo la coscienza continua ad essere infelice e Dio continua a figurarsi come un “irraggiungibile al di là che sfugge”.
• Manifestazione di questa infelicità sono le sottofigure della devozione, dell’operare pio e della mortificazione di sè.
• La devozione è quel pensiero a sfondo sentimentale e religioso che non si è ancora elevato al soggetto.
• L’operare pio è il momento in cui la coscienza cerca di esprimersi nell’appetito e nel lavoro. Tuttavia la coscienza cristiana non può fare a meno di avvertire il frutto del proprio lavoro, le proprie forze, le proprie capacità come doni di Dio concessi dall’alto affinché ne faccia uso. In questo modo si umilia e riconosce che chi agisce è sempre e solo Dio
• La vicenda si esaspera e si conclude con la mortificazione di sè in cui si ha la più completa negazione dell’io a favore di Dio; è il punto più basso della coscienza infelice e corrisponde con l’annullamento di sé davanti a Dio, con l’ascetismo.
• Il punto più basso toccato dal singolo è destinato a trapassare dialetticamente nel punto più alto, per cui l’uomo si fa Dio e l’assoluto coincide con l’uomo stesso.
• La coscienza nel suo vano sforzo di unificarsi con Dio diventa lei stessa Dio.
• Storicamente questo avviene nel Rinascimento e nell’età moderna.
Ragione
• I dualismi e le contrapposizioni sono risolti, adesso l’autocoscienza è diventata ragione ed ha assunto in sé ogni realtà
• La ragione non è altro che “la certezza di essere ogni realtà”; questa certezza per divenire realtà deve giustificarsi attraverso vari passaggi. Anche nella ragione quindi c’è uno sviluppo dialettico.
• La prima fase è la ragione osservativa, cioè l’osservazione della natura che, partendo da una semplice descrizione, si approfondisce con la ricerca della legge e con l’esperimento. Qui la ragione crede di cercare l’essenza delle cose ma in realtà non fa altro che cercare se stessa (a questo proposito Hegel esaminò a lungo due scienze che erano di moda al suo tempo: la fisiognomica, determinare il carattere di un individuo attraversi i tratti della sua fisionomia, e la frenologia, conoscere il carattere dalla forma e dalle protuberanze del cranio)
• In questa ricerca esasperata di sé la ragione osservativa sperimenta la sua crisi riconoscendosi nuovamente un qualcosa distinto dal mondo
• Quando ci si rende conto che l’unità dell’io e del mondo non è qualcosa di dato, ma è qualcosa che deve essere realizzato, si passa da una ragione osservativa ad una attiva
• La ragione attiva è testimoniata da tre figure: il piacere e la necessità, la legge del cuore ed il delirio della presunzione, la virtù ed il corso del mondo
• La prima è quella in cui l’individuo, deluso della scienza e dalla ricerca naturale, si getta nella vita e va alla ricerca del proprio godimento
• In questa ricerca del piacere l’autocoscienza incontra la necessità del destino, che lo travolge inesorabilmente
• L’autocoscienza cerca quindi di opporsi al corso ostile del mondo appellandosi alla “legge del cuore”
• In questa figura l’individuo entra in conflitto con altri presunti portatori del vero progetto di miglioramento della realtà
• La terza figura della ragione attiva consiste nell’agire dell’individuo contrapponendo la virtù, un agire che è in grado di procedere oltre l’immediatezza del sentimento e delle inclinazioni soggettive.
• Il contrasto tra la virtù e la concreta realtà non può che concludersi con la sconfitta del “cavaliere della virtù”
• Alla ragione attiva Hegel fa seguire una terza sezione, “l’individualità in sé per sé reale”, in cui mostra come l’individualità, pur potendo raggiungere la propria realizzazione, rimane astratta e inadeguata
• La prima figura di questa terza sessione è quella denominata “il regno animale dello spirito”. Egli intende dire che agli sforzi e alle ambizioni universalistiche della virtù succede l’atteggiamento dell’onesta dedizione ai propri compiti particolari
• La seconda figura è quella della ragione legislatrice. L’autocoscienza cerca in sè stessa delle leggi che valgano per tutti. Tali leggi universali, avendo origine individuale, sono contraddittorie
• Queste contraddizioni spingono l‘autocoscienza a farsi “ragione esaminatrice delle leggi”, a cercare cioè delle leggi valide. Sottomettendo però queste al proprio esame se ne riduce la validità e l’incondizionatezza
• Hegel con tutte queste figure vuole farci capire che se ci si pone dal punto di vista dell’individuo si è inevitabilmente condannati a non raggiungere mai l’universalità. Questa si trova solo nella fase dello “spirito”, cioè la ragione che si è concretamente realizzata nelle istituzioni storico-politiche di un popolo e soprattutto dello Stato
Lo spirito, la religione e il sapere assoluto
• La seconda parte della Fenomenologia comprende tre sezioni: lo spirito, la religione e il sapere assoluto
• Per spirito Hegel intende l’individuo nei suoi rapporti con la comunità sociale di cui è parte
• Questo comprende tre tappe fenomenologiche.
• A) “lo spirito vero; L’eticità” corrisponde alla fase dell’eticità classica, polis greca, fusione tra individuo e comunità.
• B) “lo spirito che si è reso estraneo a sé; la cultura” corrisponde al momento della frattura tra l’io e la società, mondo moderno ne è il culmine; in questa fase si ha un tipo di cultura corrosiva che tende a distruggere tutto. (esempio eclatante è la Rivoluzione francese)
• C)”lo spirito certo di se stesso; la moralità” momento di una riconquistata eticità e armonia fra individuo e comunità, in cui lo spirito si riconosce nella sostanza etica dello Stato. Con la religione l’individuo acquista la totale, piena ed esplicita coscienza di sé come spirito.
HEGEL: L’ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE
La logica
• La logica prende in considerazione la struttura programmatica o l’impalcatura originaria del mondo. Tale impalcatura si specifica in un organismo dinamico di “concetti”, o di “categorie”, che costituiscono altrettante determinazioni della realtà.
• I concetti di cui tratta la logica di Hegel sono pensieri oggettivi, esprimono le realtà stessa nella sua essenza.
• Per Hegel le categorie sono determinazioni del pensiero e della realtà in sé.
• Nell’Enciclopedia Hegel fa una rassegna delle principali posizioni del pensiero logico
• La prima posizione è data dal procedere ingenuo, posizione della vecchia metafisica dogmatica, che ritiene che da una parte vi sia il pensiero e dall’altra le cose e che il pensiero, mediante la riflessione, possa conoscere ciò che gli oggetti veramente sono.
• La seconda posizione è quella dell’empirismo, che eleva il contenuto della percezione a rappresentazione e fa di quest’ultima la norma e la misura dell’oggettività.
• La terza posizione è quella della filosofia della fede che può porre l’esigenza di saltare dal pensiero all’essere, ma che ritiene che ciò sia possibile mediante il sentimento e la fede.
• Risulta evidente che la logica (studio del pensiero) e la metafisica (studio dell’essere) siano per Hegel la stessa cosa.
• La logica hegeliana, si divide in logica dell’essere, dell’essenza e del concetto, mostra come partendo dai concetti più poveri e astratti, attraverso una ragione dialettica, si giunga ai concetti più ricchi e concreti.
• Il punto di partenza della logica è l’essere assolutamente indeterminato, privo di ogni possibile contenuto. L’essere è quindi identico al nulla e il concetto dell’unità dell’essere e del nulla è il divenire.
• Le categorie di qualità, di quantità e di misura considerano l’essere nel suo isolamento, fuori di ogni relazione.
• Le categorie fondamentali dell’essenza sono: L’essenza come ragione dell’esistenza, il fenomeno e la realtà in atto.
• L’essenza scopre la propria ragion d’essere riconoscendosi identica a sé stessa e diversa dalle altre essenze; diventa esistenza in virtù della ragion d’essere.
• L’apparizione della sua esistenza è il fenomeno, che è la manifestazione adeguata e piena dell’essenza di ciò che esiste.
• Ciò che esiste, la realtà in atto, è l’unità dell’essenza e dell’esistenza cioè dell’interno e dell’esterno.
• Le tre relazioni che caratterizzano l’essenza sono la sostanzialità, la causalità e l’azione reciproca.
• L’essere diventa il concetto della ragione, lo “spirito vivente della realtà”
• Il concetto è soggettivo, puramente formale, e poi è oggettivo, si manifesta negli aspetti fondamentali della natura; infine è idea, unità dell’oggetto e del soggetto.
• Il concetto soggettivo si determina nei suoi tre aspetti di universalità, particolarità, individualità; poi si esprime e si articola nel giudizio ed infine si organizza nel sillogismo (la razionalità del tutto).
• Il concetto come oggettività costituisce le categorie della natura: meccanismo, chimismo e teleologia.
• L’idea è l’ultima categoria della logica.
• L’idea è la totalità della realtà in tutta la ricchezza delle sue determinazioni e le relazioni interiori.
• L’idea è la vita, un’anima realizzata in un corpo, e nella sua forma mediata e finita è il conoscere.
• Il contrasto tra soggettivo ed oggettivo costituisce la finalità del conoscere.
• Al di là della vita e del conoscere e come loro unità c’è l’idea assoluta, cioè l’idea che si riconosce nel sistema totale della logicità.
• L’idea nella sua forma assoluta non è altro che la logica stessa di Hegel nella totalità e nell’unità delle sue determinazioni.
La filosofia della natura
• La filosofia della natura ha come presupposto la fisica empirica, che però si limita a fornire il materiale e fare il lavoro preparatorio
• Per Hegel la natura è “l’idea e la forma dell’essere altro” ed è essenzialmente esteriorità.
• Considerata in sé essa è divina; ma nel modo in cui essa è, il suo essere non corrisponde al concetto: essa è la contraddizione insoluta.
• Il suo carattere proprio è quello di essere negazione
• E’ la decadenza dell’idea da se stessa perché l’idea nella forma dell’esteriorità è inadeguata a se stessa
• Il passaggio dall’idea alla natura costituisce un rompicapo; da un lato il filosofo presenta tale passaggio come una sorta di caduta dell’idea e dall’altro come una sorta di suo potenziamento.
• Per Hegel risulta assurdo voler conoscere Dio dalle opere naturali.
• Hegel respinge fuori dalla realtà ciò che è finito, contingente e accidentale, legato al tempo e allo spazio, e la stessa individualità in ciò che ha di proprio e di irriducibile alla ragione.
• Le divisioni fondamentali della natura sono la meccanica, la fisica e la fisica organica.
• La meccanica considera l’esteriorità che è l’essenza pura della natura, nella sua astrazione, nella sua libertà di movimento e nel suo isolamento.
• La fisica comprende la fisica dell’individualità universale, degli elementi della natura, particolare, proprietà fondamentali della materia, e totale, proprietà elettriche, chimiche e magnetiche.
• La fisica organica comprende la natura geologica, la natura vegetale e l’organismo animale.
La filosofia dello spirito
• La filosofia dello spirito è per Hegel la conoscenza “più alta e difficile”
• E’ lo studio dell’idea che, dopo essersi estraniata da sé, sparisce come natura, come esteriorità e spazialità, per farsi soggettività e libertà, auto-creazione e auto- produzione.
• Lo sviluppo dello spirito avviene attraverso tre momenti: lo spirito soggettivo (spirito individuale nell’insieme delle sue facoltà), lo spirito oggettivo (spirito sovra-individuale e sociale), lo spirito assoluto (lo spirito che sa conoscere sé stesso nelle forme dell’arte, della religione e della filosofia.)
• Anche lo spirito procede per gradi, ma diversamente da quanto accade nella natura, ciascun grado è compreso e risolto nel grado superiore, il quale, a sua volta, è già presente nel grado inferiore.
Lo spirito soggettivo
• È lo spirito individuale, considerato nel suo lento e progressivo emergere dalla natura.
• La filosofia dello spirito soggettivo si divide in: antropologia, fenomenologia e psicologia
• L’antropologia studia lo spirito come anima che si identifica con quella fase della vita cosciente che rappresenta una sorta di dormiveglia
• A proposito delle diverse età della vita Hegel afferma che l’infanzia (tesi) è il momento in cui l’individuo si trova in armonia con il mondo; la giovinezza (antitesi) è il momento in cui l’individuo entra in contrasto con il proprio ambiente; la maturità (sintesi) è il momento in cui l’individuo si riconcilia col mondo.
• La fenomenologia studia lo spirito in quanto coscienza, autocoscienza e ragione.
• La psicologia studia lo spirito in senso stretto, in quelle manifestazioni universali quali il conoscere teoretico, l’attività pratica e il volere libero.
• Il conoscere viene inteso come la totalità di tutte quelle determinazioni che costituiscono il processo attraverso il quale la ragione trova se stessa nel suo contenuto.
• L’attività pratica è l’unità di quelle manifestazioni attraverso le quali lo spirito giunge in possesso di sé e diviene quindi libero
• Lo spirito libero è la volontà libera , divenuta costitutiva e essenziale dello spirito.
Lo spirito oggettivo
• La volontà di libertà trova la sua realizzazione nella sfera dello spirito oggettivo, in cui lo spirito si manifesta
in istituzioni sociali concrete.
• I momenti dello spirito oggettivo sono il diritto astratto (tesi), la moralità (antitesi) e l’eticità (sintesi)
• La moralità si manifesta nell’azione, che è volontà soggettiva
• Il fine cui mira l’azione è il benessere del soggetto
• Il dominio della moralità è caratterizzato dal contrasto tra il benessere a cui mira la soggettività (essere) e il bene della totalità (dover essere)
• La separazione fra soggettività e bene viene annullata e risolta nell’eticità
• L’eticità è la moralità sociale, ovvero la realizzazione del benessere soggettivo nel rispetto del bene nelle forme istituzionali di famiglia, società civile e Stato
• Nella famiglia il rapporto naturale tra i sessi assume la forma di un’unità spirituale fondata sull’amore e sulla fiducia
• La famiglia si articola nel matrimonio, nel patrimonio e nell’educazione dei figli
• In conseguenza all’abbandono da parte dei figli educati della loro famiglia, la struttura della famiglia stessa si frantuma nella società civile, un luogo di scontro, ma anche di incontro di interessi particolari e indipendenti, che si trovano a dover coesistere tra loro
• La società civile si articola in tre moment: il sistema dei bisogni, l’amministrazione della giustizia, la polizia e le corporazioni
• Il primo nasce dal fatto che gli individui, dovendo soddisfare i propri bisogni mediante la produzione della ricchezza e la divisione del lavoro, dànno origine a diverse classi
• Queste classi sono quella degli agricoltori (patrimonio nei prodotti naturali di un terreno), quella degli artigiani (occupazione nel dar forma al prodotto naturale) e quella dei pubblici funzionari (ha per sua occupazione gli interessi universali della situazione sociale)
• L’amministrazione della giustizia riguarda la sfera delle leggi e la loro tutela giuridica
• La polizia e le corporazioni provvedono alla sicurezza sociale
• La grande intuizione di Hegel è stata quella di porre la società civile tra l’individuo e lo stato
• Lo Stato rappresenta il momento culminante dell’eticità (è la sintesi di famiglia e società civile)
• Lo Stato hegeliano rappresenta uno sforzo di indirizzare i particolarismi verso il bene comune – incarnazione suprema della moralità sociale e del bene comune
• Di conseguenza lo Stato di Hegel non sarà né liberale né democratico ma nemmeno dispotico, in quanto in esso a governare devono essere le leggi, non gli uomini
• La sovranità dello Stato deriva dallo Stato medesimo, che ha in sé dunque la propria giustificazione
• Lo Stato non è fondato sugli individui ma sull’idea di Stato, ossia di bene universale
• Hegel rifiuta il modello di stato di tipo contrattualistico (la vita associata dipende da un contratto firmato dagli uomini), e quello di tipo giusnaturalistico (i diritti naturali che regolano la convivenza civile esistevano prima ed esistono oltre lo Stato)
• La costituzione di uno Stato deriva necessariamente dalla vita collettiva e storica di un popolo (ogni popolo ha la costituzione che si merita – non si può imporre una costituzione ad un altro popolo poiché essa, anche se è migliore, non verrà mai accettata dal popolo al quale viene imposta)
• La costituzione razionale di uno Stato è nella monarchia costituzionale, nella quale sono distinti, ma non divisi, i tre poteri legislativo, governativo o esecutivo e principesco.
• Il primo è in sostanza il potere di emanare leggi, votate da un’assemblea delle rappresentanze di classi divisa in una camera alta e in una camera bassa
• Il potere governativo o esecutivo consiste nel tradurre in atto l’universalità delle leggi facendole rispettare
• Il potere principesco consiste per Hegel nel , anche se esso è l’incarnazione stessa dell’unità dello Stato
• Lo Stato viene esplicitamente divinizzato da Hegel
• In relazione a ciò, lo Stato non può dunque trovare nelle leggi della morale un limite o un impedimento alla sua azione
• Non esiste alcun giudice che possa esaminare e giudicare l’operato dello Stato: l’unico giudice è la storia la quale, tramite la guerra, preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe una pace durevole e perpetua
La filosofia della storia
• La fede religiosa nella provvidenza implica la razionalità della storia, che implica l’incapacità umana di comprendere i disegni provvidenziali
• Il fine della storia è che lo spirito giunga alla piena consapevolezza di sé e si realizzi come un oggetto reale
• Lo spirito del mondo si incarna e si manifesta nei popoli che si succedono nella storia e che presentano caratteristiche che li pongano per qualche ragione all’avanguardia rispetto agli altri
• I mezzi della storia del mondo sono gli individui con le loro passioni
• La tradizione, cioè l’applicazione di modelli di vita e di pensiero comuni alla maggior parte della popolazione, trova i suoi strumenti negli individui conservatori, mentre il progresso trova i suoi strumenti negli eroi o individui della storia del mondo, che hanno saputo “vedere più in là” dei propri contemporanei (i veggenti)
• Questi individui (come Alessandro, Cesare o Napoleone) hanno in effetti agito assecondando la propria passione e la propria ambizione, ma la ragione si è servita proprio delle poro passioni come mezzo per attuare i propri fini
• Il fine ultimo della storia del mondo è la realizzazione della libertà dello spirito, che si realizza nello Stato, il quale Stato si rivela dunque il fine supremo
• La storia del mondo è dunque una successione di forme statali che si svolge in tre momenti: il mondo orientale (dove uno solo è libero), quello greco-romano (dove alcuni sono liberi) e quello cristiano-germanico (nel quale tutti gli uomini sanno di essere liberi)
Lo spirito assoluto
• Lo spirito assoluto è il momento in cui l’idea giunge alla piena coscienza della propria infinità o assolutezza (è tutto spirito e non vi è nulla al di fuori di esso)
• Ciò avviene attraverso un processo dialettico rappresentato dall’arte, dalla religione e dalla filosofia
• L’arte conosce l’assoluto nella forma dell’intuizione sensibile, la religione nella forma della rappresentazione, la filosofia in quella del puro concetto
• L’arte è il primo gradino attraverso il quale lo spirito acquista coscienza di sé medesimo
• Nell’esperienza del bello artistico spirito e natura vengono concepiti come un tutt’uno
• La storia dell’arte passa attraverso tre momenti: l’arte simbolica, l’arte classica e l’arte romantica
• Nell’arte simbolica c’è uno squilibrio tra contenuto e forma, ossia l’incapacità di esprimere un messaggio spirituale secondo forme sensibili adeguate, con un ricorso molto frequente al simbolo (messaggio spirituale povero)
• Nell’arte classica si riesce a creare un’armonia tra contenuto spirituale e forma sensibile mediante la figura umana (culmine della perfezione artistica)
• L’arte romantica è infine caratterizzata da un nuovo squilibrio fra contenuto spirituale e forma sensibile, poiché qualsiasi forma sensibile è oramai insufficiente a esprimere in modo compiuto l’interiorità spirituale
• Crisi moderna dell’arte: nel mondo contemporaneo si rispetta l’arte e la si ammira ma la si sottomette all’analisi del pensiero (inadeguatezza ad esprimere la profonda spiritualità moderna)
• La religione è la seconda forma dello spirito assoluto, quella in cui l’Assoluto si manifesta nella forma della rappresentazione
• Alla religione è essenziale il rapporto tra Dio e la coscienza
• L’intuizione su Dio si ritrova nell’arte
• La religione non è in grado di pensare dialetticamente Dio e finisce per arenarsi di fronte a un presunto mistero dell’Assoluto
• Quattro stadi della religione: religione naturale (Dio è ancora “sepolto” nella natura – stregoneria e feticismo a livelli bassi, religioni panteistiche dell’estremo Oriente come alto livello), religioni naturali che trapassano in religioni della libertà (già preludono alla visione di Dio come spirito libero ma si muovono ancora in un orizzonte naturalistico – religioni persiana, siriana ed egiziana), religioni dell’individualità spirituale (Dio appare in forma spirituale – religioni giudaica, greca e romana) e religione assoluta (Dio appare come puro spirito – religione cristiana)
• L’unico sbocco coerente della religione è la filosofia, che ci parla anch’essa di Dio e dello spirito nella forma adeguata del “concetto”
• La filosofia è l’ultimo momento dello spirito assoluto, nel quale l’idea giunge alla piena e concettuale coscienza di sé medesima
• La filosofia è nient’altro che l’intera storia della filosofia giunta finalmente a compimento
• Hegel era un cazzo di sborone perché credeva che la storia della filosofia, iniziata dalla filosofia greca e terminata con quelle di Fichte e Schelling, si concludesse veramente nella sua stessa filosofia
SCHOPENHAUER
Vita e opere
• Nasce nel 1788 e muore nel 1860
• Opere principali: Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente (1813), Il mondo come volontà e rappresentazione (1818), Parerga e paralipomena (1851)
Radici culturali del sistema
• Schopenhauer è il punto di incontro tra Platone (la teoria delle idee), Kant (l’apprendimento della realtà è diverso per ciascuno di noi), Illuminismo (filone materialistico), Romanticismo (tema dell’infinito e del dolore) e spiritualità indiana (prezioso repertorio di immagini e di espressioni suggestive)
• Schopenhauer è decisamente orientato verso il pessimismo
• L’idealismo è il principale obiettivo degli attacchi polemici di Schopenhauer
Il mondo della rappresentazione come
• Il fenomeno (cioè la rappresentazione esteriore delle cose del mondo) è parvenza, illusione, sogno (ricoperto dal ), mentre il noumeno (cioè l’essenza della cosa) è una realtà che si nasconde dietro l’ingannevole trama del fenomeno
• Il fenomeno è una rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza (il mondo è come ce lo rappresentiamo)
• La rappresentazione ha due aspetti essenziali: il soggetto rappresentante e l’oggetto rappresentato
• Non ci può essere soggetto senza oggetto e viceversa
• A differenza di Kant, Schopenhauer ammette solo tre forme a priori: spazio, tempo e causalità
• La causalità è l’unica categoria poiché tutte le altre prospettate da Kant sono riconducibili ad essa dato che la realtà stessa dell’oggetto si risolve completamente nella sua azione causale su altri oggetti
• La causalità è principio del divenire (regola i rapporti fra gli oggetti naturali), del conoscere (regola i rapporti fra premesse e conseguenze), dell’essere (regola i rapporti sapzio-temporali e le connessioni aritmetico-geometriche) e dell’agire (regola le connessioni fra un’azione e i suoi motivi)
• La vita è sogno, ma al di là del sogno esiste la realtà vera e l’uomo (con un’intensità proporzionale alla sua intelligenza) è portato a interrogarsi sull’essenza ultima della vita
La scoperta della via d’accesso alla cosa in sé
• Nel mondo noi non ci limitiamo a vederci dal di fuori, ma ci viviamo anche dentro, e tramite questa esperienza riusciamo a “squarciare” il velo di Maya del fenomeno e afferrare la cosa in sé
• L’essenza profonda del nostro io è la volontà di vivere (noi siamo vita e volontà di vivere)
• Anche il nostro corpo è la manifestazione esteriore delle nostre brame interne (apparato digerente rappresentazione esteriore della brama di nutrirci,…)
• La volontà di vivere è l’essenza segreta di tutte le cose, ossia la cosa in sé dell’universo
Caratteri e manifestazioni della volontà di vivere
• La volontà primordiale è inconscia, e quindi il termine volontà si identifica con il concetto di energia o di impulso
• La volontà risulta unica, poiché non è qui più di quanto non sia là, più oggi di quanto non sia stato ieri o sarà in futuro
• La volontà è eterna e indistruttibile, poiché è anche oltre la forma del tempo
• La volontà è una forza libera e cieca, un’energia incausata senza un perché e senza uno scopo
• Miliardi esseri viventi non vivono che per vivere e continuare a vivere (unica crudele verità sul mondo)
• Dio non può esistere poiché darebbe un altro senso alla vita diverso da quello di perseguire la volontà di vivere, e l’unico assoluto è la volontà stessa
• La volontà si manifesta nel mondo fenomenico attraverso due fasi logicamente distinguibili: la prima nella quale la volontà si oggettiva in un sistema di forme immutabili (le chiama platonicamente “idee”) e la seconda nella quale la volontà si oggettiva nei vari individui del mondo naturale
• Il mondo delle realtà naturali è costituito da una serie di gradi disposti in ordine ascendente in modo da formare una piramide cosmica al cui vertice c’è l’uomo, nel quale la volontà di vivere diventa pienamente consapevole
Il pessimismo
• Volere significa desiderare, e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa che non si ha e si vorrebbe avere
• Desiderio è quindi assenza, vuoto, indigenza, cioè dolore
• Per un desiderio che venga appagato ne rimangono almeno dieci insoddisfatti
• Come per quel maiale di Leopardi, anche per Schopenhauer ciò che gli uomini chiamano godimento deriva da una cessazione di dolore
• Affinché vi sia piacere bisogna per forza che vi sia uno stato precedente di tensione o dolore
• La terza situazione esistenziale è la noia, che subentra quando il desiderio viene meno, o quando cessa il frastuono delle attività o il pungolo delle preoccupazioni
• La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra il dolore e la noia, passando brevissimamente per il piacere
• Tutto soffre: l’uomo soffre più degli altri perché è consapevole della volontà di vivere e quindi sente di più degli altri il peso del mondo
• Il male non è nel mondo, ma nel principio stesso
• In questa sofferenza generale, tutte gli esseri viventi che la compongono, in quanto frustrati e tormentati, sono ostili gli uni agli altri
• L’individuo è soltanto uno strumento per la specie
• L’unico fine della natura è quello di perpetrare la vita, e con essa il dolore
• L’amore è un fenomeno basilare per l’uomo, uno dei più forti stimoli dell’esistenza
• Tuttavia il fine dell’amore è unicamente quello dell’accoppiamento per la perpetrazione della specie (essenza biologica dell’amore – Se Tetrarca avesse ottenuto quel che voleva, non avrebbe scritto il Canzoniere)
• L’amore procreativo viene dunque avvertito come peccato e vergogna
• L’unico amore da elogiare è quello disinteressato della pietà
La critica delle varie forme di ottimismo
• La filosofia di Schopenhauer si è caratterizzata come una critica delle varie “menzogne”
• Il filosofo tedesco rifiuta l’ottimismo cosmico, che vede il mondo come un organismo perfetto, provvidenzialmente governato da un Dio oppure da una ragione immanente, poiché ritiene che la vita è un’esplosione di forze sostanzialmente irrazionali, e quindi il mondo anziché essere il regno della logica e dell’armonia, è il teatro dell’illogicità e della sopraffazione
• Schopenhauer nega anche la bontà e la socievolezza dell’uomo, dato che i rapporti umani sono regolati dal conflitto e dal tentativo di sopraffazione reciproca
• Le disgrazie altrui provocano spesso una malcelata soddisfazione al nostro istinto egoistico, mentre ogni vantaggio del prossimo, anche piccolo, ci infastidisce e ci irrita
• Gli uomini vivono insieme soprattutto per bisogno
• Schopenhauer è in polemica contro ogni forma di storicismo
• Il filosofo tedesco ridimensiona fortemente la portata conoscitiva della storia, in quanto essa è costretta alla catalogazione dell’universale e non a procedere per concetti e leggi generali
• Gli storici cadono nell’illusione che gli uomini mutino davvero di epoca in epoca
• Uniformità e ripetitività della storia, dove non cambia l’essenza delle cose
Le vie di liberazione dal dolore
• La vita è dunque sostanzialmente dolore e l’esistenza si manifesta più violentemente nel suo dolore allorquando non la vogliamo
• Dunque Schopenhauer condanna il suicidio perché non è un atto di negazione della volontà di vivere, ma una forte affermazione di questa stessa volontà (l’uomo si suicida perché vorrebbe vivere felice ma è totalmente insoddisfatto dall’inevitabile dolore dell’esistenza) e perché il suicidio sopprime solamente l’individuo e lascia intatta la cosa in sé
• La vera risposta al dolore consiste nella liberazione della stessa volontà di vivere, realizzabile tramite l’arte, la morale e l’ascesi
• L’arte è conoscenza libera e disinteressata che si rivolge alle idee: il soggetto che contempla le idee è quindi il puro occhio del mondo
• L’arte è catartica per essenza, e grazie ad essa l’uomo contempla la vita, elevandosi al di sopra della volontà, del dolore e del tempo
• La tragedia è l’autorappresentazione del dramma della vita, mentre la musica è capace di metterci a contatto con le radici stesse della vita e dell’essere
• L’arte tuttavia non è una via per uscire dalla vita, ma solo un conforto alla vita stessa
• La morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo
• L’etica sgorga da un sentimento di pietà attraverso cui avvertiamo come nostre le sofferenze degli altri
• La pietà nasce dunque da un’esperienza vissuta
• La moralità produce la conoscenza, e attraverso essa sperimentiamo l’unità metafisica di tutti gli esseri
• La morale si concretizza in due virtù cardinali: la giustizia (non fare il male e riconoscere agli altri ciò che siamo pronti a riconoscere a noi stessi) e la carità (vero amore – volontà positiva e attiva di fare del bene al prossimo)
• La morale della pietà rimane pur sempre all’interno della vita e presuppone un qualche attaccamento ad essa che ci impedisce di eliminare la volontà di vivere
• L’ascesi si propone di estirpare il proprio desiderio di esistere, di godere e di volere
• Si realizza attraverso la castità perfetta, la rinuncia ai piaceri, l’umiltà, il digiuno, la povertà, il sacrificio e l’automacerazione
• L’ascesi è l’unico vero atto di libertà possibile all’uomo
• Quando percepiamo il dolore come necessaria parte del mondo e non eliminabile, siamo più predisposti a distaccarci dalla volontà di vivere
• Quando si compie l’ascesi si raggiunge il nirvana buddista, che è la negazione del mondo stesso
KIERKEGAARD
Vita e scritti
• Nasce nel 1813 e muore nel 1855
• Opere principali: Sul concetto dell’ironia (1841), Enten-Eller (o Aut-Aut – 1843), Il concetto dell’angoscia (1844)
• Antitesi polemica ai temi dell’idealismo romantico
• Kierkegaard allude nelle sue opere ad una “scheggia nelle carni”, un fatto grave che ha condizionato pesantemente e negativamente la sua vita, ma che non si è mai capito
L’esistenza come possibilità e fede
• Kierkegaard ha tentato di ricondurre la comprensione dell’intera esistenza umana alla categoria della possibilità (ogni avvenimento della nostra vita poteva “andare così” ma anche “andare cosà”)
• Il filosofo danese ha tuttavia messo in luce il carattere negativo e paralizzante della possibilità, cioè ha rivalutato enormemente e posto alla base dell’esistenza umana la “possibilità-che-non”, cioè il fatto che il più delle volte le cose non vanno come ci aspettavamo
• Kierkegaard è dunque un “discepolo dell’angoscia”, cioè uno che sente in sé le possibilità annientatrici e terribili che ogni alternativa dell’esistenza prospetta
• Tutto questo provoca un’indecisione permanente, cioè l’impossibilità di riconoscersi e attuarsi in una possibilità unica
• Soltanto nel cristianesimo ci si può allontanare da angoscia e disperazione
La verità del “singolo”: il rifiuto dell’hegelismo e “l’infinita differenza qualitativa” tra l’uomo e Dio
• La verità è il processo con cui l’uomo si appropria, fa sua e vive la realtà stessa
• Alla riflessione oggettiva di Hegel contrappone la riflessione soggettiva connessa con l’esistenza (la verità è diversa per ciascuno, a seconda dei metodi di apprendimento della realtà stessa)
• Per questa soggettività, nel genere umano il singolo è superiore al genere
• Kierkegaard ha combattuto tutta la vita contro la pretesa di identificare uomo e Dio
Gli stadi dell’esistenza
• In Aut-Aut Kierkegaard riconosce due stadi fondamentali della vita: la vita estetica e la vita morale
• Nella vita estetica si esiste nell’attimo, si vive insieme di immaginazione e riflessione ed è esclusa la ripetizione (figura tipica è il seduttore)
• Tuttavia la vita estetica rivela la sua insufficienza nella noia, e la disperazione è l’ultimo sbocco di essa
• La scelta di stabilità e continuità e la negazione della varietà (tipica della vita estetica) portano alla vita etica o morale, che è il dominio della riaffermazione di sé, del dovere e della fedeltà ad essa
• La vita etica è incarnata dal marito, e il matrimonio è dunque l’espressione tipica di essa
• La persona etica vive del suo lavoro
• Scegliendo sé stesso non si opera la scelta di qualcosa di oggettivo, ma sci sceglie la libertà, che è una libertà di scelta appunto
• Con il pentimento si arriva allo stadio più alto della scelta etica
• La scelta assoluta è dunque il riconoscimento della propria colpevolezza, con la quale si raggiunge la vita religiosa
• Non c’è continuità tra vita etica e vita religiosa, ma un profondo abisso
• La vita religiosa è riassunta nella figura di Abramo: prima egli conduceva una vita etica, poi in seguito al comando di Dio di uccidere Isacco, opera una scelta in totale contrasto con i principi della vita etica (uccidere il proprio figlio) e intraprende la vita religiosa
• L’affermazione del principio religioso sospende interamente l’azione del principio morale
• La fede è un rapporto privato fra l’uomo e Dio, il dominio della solitudine, certezza angosciosa (l’uomo può pregare Dio che gli conceda la fede, ma la possibilità di pregare non è essa stessa un dono divino)
• Contraddizione ineliminabile presente nella fede
• L’uomo è posto di fronte al bivio di credere o non credere: da un lato è lui che deve scegliere, dall’altro ogni sua iniziativa è esclusa perché Dio è tutto e da lui deriva anche la fede; la vita religiosa è nelle maglie di questa contraddizione inesplicabile, che è la stessa dell’esistenza umana
L’angoscia
• Esistenza come possibilità: situazione di radicale incertezza, di instabilità e dubbio, in cui l’uomo si trova combattuto tra la possibilità che tutto vada bene e la certezza che comunque ci sono un’infinità di situazioni negative
• L’angoscia è generata dalla possibilità del mondo: è strettamente connessa con il peccato originale ( di scegliere tra due possibili soluzioni)
• L’angoscia è libertà finita poiché ci mostra che c’è una soluzione allettante ad un certo problema, ma ci ricorda nel contempo che per una certa improrogabile ragione siamo obbligati a scegliere la soluzione opposta
• Il passato può angosciare solo in quanto si ripresenta come futuro, cioè come una possibilità di ripetizione
• Angoscia come sentimento del possibile: ogni possibilità favorevole all’uomo è annientata dall’infinito numero delle possibilità sfavorevoli
• L’infinità o indeterminatezza delle possibilità rende insuperabile l’angoscia e ne fa la situazione fondamentale dell’uomo nel mondo
Disperazione e fede
• La disperazione è la condizione nella quale l’uomo riconosce che anche il proprio io è soggetto ad un’infinita varietà di possibilità
• La disperazione è strettamente legata alla natura dell’io
• La disperazione è una malattia mortale, nella quale il vivere è la morte dell’io:è il tentativo impossibile di negare la possibilità dell’io
• Disperare di sé nel senso di volersi disfare di sé significa voler essere l’io che non si è veramente; voler essere sé stesso ad ogni costo significa ancora voler essere l’io che non si è veramente, cioè un io autosufficiente e compiuto
• La disperazione nasce o dalla mancanza di necessità o dalla mancanza di libertà
• Se l’uomo rimane senza possibilità è come se gli mancasse l’aria
• Dato che a Dio tutto è possibile, il credente possiede l’antidoto sicuro contro la disperazione
• La disperazione è peccato: la fede è l’eliminazione della disperazione, è la condizione in cui l’uomo non si illude sulla sua autosufficienza ma riconosce la sua dipendenza da Dio
• Tutte le categorie del pensiero religioso sono impensabili, e la fede crede nonostante tutto, assumendo tutti i rischi
L’attimo e la storia
• Il rapporto tra l’uomo e Dio non si verifica nella storia, ma nell’attimo, cioè come un’inserzione immediata della verità divina nell’uomo
• Il cristianesimo è quindi un paradosso perché l’uomo per suo conto vive nella non-verità, dato che il rapporto uomo-Dio si verifica unicamente nell’attimo: il maestro cristiano è un salvatore, che determina la nascita di un uomo nuovo
• L’attimo è dunque l’inserzione paradossale e incomprensibile, e realizza il paradosso del cristianesimo, che è la venuta di Dio nel mondo
Eredità kierkegaardiane
• Tentativo di fondare la validità della religione sulla struttura dell’esistenza umana
• La religione è soltanto la via della salvezza, cioè l’unico modo di sottrarsi all’angoscia
• Kierkegaard ha offerto all’indagine filosofica strumenti che si sono rivelati efficaci, come i concetti di possibilità, scelta, alternativa e di esistenza come modo d’essere proprio dell’uomo

Esempio