Materie: | Appunti |
Categoria: | Filosofia |
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Testo
KIERKEGAARD
Vita e scritti
L'opera di Kierkegaard non puт essere certo ridotta ad un momento della polemica contro l'idealismo romantico. Sta di fatto perт che molti temi di essa costituiscono una precisa antitesi polemica ai temi di quel idealismo. La difesa della singolaritа dell'uomo contro l'universalitа dello spirito quella dell'esistenza contro la ragione; delle alternative inconciliabili contro la sintesi conciliatrice della dialettica; della libertа come possibilitа contro la libertа come necessitа; e infine della categoria stessa della possibilitа, sono punti fondamentali della filosofia kierkegaardiana che nel loro insieme costituiscono un'alternativa radicalmente diversa da quella sulla quale l'idealismo romantico aveva indirizzato la filosofia europea. Si tratta perт di un 'alternativa che rimase pressochй inoperante nella filosofia dell'800 e che solo alla fine di questo secolo cominciт ad acquistare risonanza dapprima nel pensiero teologico poi in quello filosofico.
Sǿren Kierkegaard nacque in Danimarca a Copenhagen il 5 maggio 1813. Educato da un padre anziano nel clima di una religiositа severa, si iscrisse alla facoltа di teologia di Copenhagen, dove fra i giovani teologi dominava l'ispirazione hegeliana. Nel 1840, dopo circa 10 anni dal suo ingresso all'Universitа, si laureava con una dissertazione Sul concetto dell'ironia con particolare riguardo a Socrate che pubblicava l'anno seguente. Ma non intraprese la carriera di pastore alla quale la sua laurea lo abilitava. Nel 1841-1842 fu a Berlino e ascoltт le lezioni di Schelling, che v'insegnava la sua filosofia positiva, fondata sulla distinzione radicale tra realtа e ragione. Dapprima entusiasta di Schelling, Kierkegaard ne fu presto deluso. Dopo di allora, egli visse a Copenhagen con un capitale lasciatogli dal padre, assorto nella composizione dei suoi libri. Gli incidenti esteriori della sua vita sono scarsi e apparentemente insignificanti: il fidanzamento, che egli stesso mandт a monte, con Regina Olsen; l'attacco di un giornale umoristico, , di cui si dolse e si crucciт come di una persecuzione; la polemica, che occupт gli ultimi anni della sua vita, contro l'ambiente teologico di Copenhagen e specialmente contro il teologo hegeliano Martensen. Kierkegaard moriva l'11 novembre 1855.
Gli episodi spiacevoli cui si и fatto cenno hanno avuto, nella sua vita interiore (come ne fa testimonianza il Diario) e nelle sue opere, una risonanza profonda e apparentemente sproporzionata alla loro reale entitа. Kierkegaard parla nel Diario di un «grande terremoto» che si и prodotto ad un certo punto nella sua vita e che lo ha costretto a mutare il suo atteggiamento di fronte al mondo. Egli accenna soltanto vagamente alla causa di questo rivolgimento («Una colpa doveva gravare su tutta la famiglia, un castigo di Dio discendere su di essa; essa doveva scomparire, cancellata come un tentativo mal riuscito dalla potente mano di Dio»); e per quanto i biografi si siano affaticati, indiscretamente quanto inutilmente, a determinarla, и chiaro che essa rimane, dinnanzi agli occhi dello stesso Kierkegaard, come una minaccia vaga e terribile insieme. Kierkegaard parla poi nel Diario, e ne parlт anche sul letto di morte, di una «scheggia nelle carni» che egli и stato destinato a portare; e anche qui, di fronte alla mancanza di ogni dato preciso, sta il carattere grave e ossessionante della cosa. Fu appunto probabilmente questa scheggia nelle carni che gli impedм di condurre in porto il suo fidanzamento con Regina Olsen, che egli ruppe, dopo qualche anno, di sua spontanea iniziativa,. Anche qui nessun motivo preciso, nessuna causa determinata; solamente il senso di una minaccia oscura"e inafferrabile, ma paralizzante. Perciт pure non intraprese la carriera di pastore nй nessun'altra; e di fronte alla sua stessa attivitа di scrittore dichiarт di porsi in «un rapporto poetico» cioи in un rapporto di distacco e di lontananza: distacco ancora accentuato dal fatto che egli pubblicт i suoi libri sotto pseudonimi diversi, quasi a impedire ogni riferimento del loro contenuto alla sua stessa persona. Questi elementi biografici vanno tenuti continuamente presenti per la comprensione dell'atteggiamento filosofico di Kierkegaard.
Ecco intanto le sue opere principali: Il concetto dell’ironia (1841); Enten-Eller (tradotto solitamente con Aut-Aut), di cui fa parte il Diario di un seduttore (1843); Timore e tremore (1843); Il concetto dell'angoscia (1844); La malattia mortale (1849).
L'esistenza come possibilitа e fede
Una prima caratteristica dell'opera e della personalitа di Kierkegaard и l'aver cercato di ricondurre la comprensione dell'intera esistenza umana alla categoria della possibilitа e di aver messo in luce il carattere negativo e paralizzante della possibilitа come tale. Ogni possibilitа и infatti, oltre che possibilitа-che-sм, sempre anche possibilitа-che-non: implica la nullitа possibile di ciт che и possibile, quindi la minaccia del nulla. Kierkegaard vive, e scrive, sotto il segno di questa minaccia. Egli stesso ha vissuto in pieno la figura cosм potentemente descritta nelle pagine finali del Concetto dell'angoscia: quella del discepolo dell'angoscia, di chi sente in sй le possibilitа annientatrici e terribili che ogni alternativa dell’esistenza prospetta. Perciт di fronte a ogni alternativa, Kierkegaard si и sentito paralizzato.
Egli stesso dice di essere «una cavia d'esperimento per l'esistenza» e di riunire in sй i punti estremi di ogni opposizione. «Ciт che io sono и un nulla; questo procura a me e al mio genio la soddisfazione di conservare la mia esistenza al punto zero, tra il freddo e il caldo, tra la saggezza e la stupidaggine, tra il qualche cosa e il nulla come un semplice forse». Il punto zero и l'indecisione permanente, l’equilibrio instabile tra le alternative opposte che si aprono di fronte a qualsiasi possibilitа.
Una seconda caratteristica del pensiero di Kierkegaard и il suo sforzo costante di chiarire le possibilitа fondamentali che si offrono all'uomo, gli stadi o i momenti della vita che costituiscono le alternative dell’esistenza e tra le quali l’uomo generalmente и condotto a scegliere, mentre egli, Kierkegaard, non poteva scegliere. La sua attivitа fu quella di un contemplativo: ed egli si disse e si credette poeta. Una terza caratteristica basilare del suo pensiero и il tema della fede. Soltanto nel Cristianesimo egli vede un’ancora di salvezza: in quanto il Cristianesimo gli sembrava insegnare quella stessa dottrina dell’esistenza che a lui pareva l’unica vera e nello stesso tempo offrire, con l’aiuto soprannaturale della fede, un modo per sottrarre l'uomo all’angoscia e alla disperazione, che costituiscono strutturalmente l' esistenza.
La Veritа Del «Singolo»: Il Rifiuto Dell'Hegelismo E «L’Infinita Differenza Qualitativa» Fra L’Uomo E Dio
La filosofia hegeliana appare a Kierkegaard l’antitesi del punto di vista sull’esistenza da lui vissuto, e un’antitesi illusoria. Le alternative possibili dell’esistenza non si lasciano riunire e conciliare nella continuitа di un unico processo dialettico. In questo, l’opposizione delle alternative stesse и solo apparente, perchй la vera ed unica realtа и l'unitа della Ragione con se stessa. Di fronte ad essa, Kierkegaard presenta l'istanza del singolo, dell'esistente come tale. «La veritа, egli dice, и una veritа solo quando и una veritа per me». La veritа non и l'oggetto del pensiero ma il processo con cui l'uomo se l'appropria, la fa sua e la vive: l'appropriazione della veritа и la veritа. Alla riflessione oggettiva propria della filosofia di Hegel, Kierkegaard contrappone la riflessione soggettiva, connessa con l'esistenza: la riflessione nella quale il singolo uomo и direttamente coinvolto quanto al suo stesso destino e che non и oggettiva e disinteressata, ma appassionata e paradossale. Hegel ha fatto dell'uomo un genere animale giacchй solo negli animali il genere и superiore al singolo. Il genere umano ha invece la caratteristica che il singolo и superiore al genere. Questo и, secondo Kierkegaard, l'insegnamento fondamentale del Cristianesimo; ed и il punto su cui bisogna combattere la battaglia contro la filosofia hegeliana. Non per nulla egli avrebbe voluto far scrivere sulla sua tomba questa sola espressione: «Quel singolo». E non per nulla ha combattuto tutta la vita contro il panteismo idealistico, cioи contro la pretesa di identificare uomo e Dio, affermando invece «l’infinita differenza qualitativa» tra il finito e l’infinito, tra l’uomo e Dio.
Gli stadi dell'esistenza
Vita estetica e vita etica
Il primo libro di Kierkegaard s'intitola significativamente Aut-Aut. И una raccolta di scritti pseudonimi che presentano l'alternativa di due stadi fondamentali della vita: la vita estetica e la vita morale. Il titolo stesso indica giа come questi stadi non siano due gradi di uno sviluppo unico che passi dall'uno all'altro e li concili. Tra uno stadio e l'altro vi и abisso e salto. Ognuno di essi forma una vita a sй, che con le sue opposizioni interne si presenta all’uomo come un’alternativa che esclude l’altra.
Lo stadio estetico и la forma di vita di chi esiste nell’attimo, fuggevolissimo e irripetibile. L’esteta и colui che vive poeticamente cioи di vive insieme immaginazione e di riflessione. Egli и dotato di un senso finissimo per trovare nella vita ciт che vi и di interessante, e vive in uno stato di ebbrezza intellettuale continua. La vita estetica esclude la ripetizione, che implica sempre monotonia e toglie l'interessante alle vicende piщ promettenti. La vita estetica и concretamente rappresentata da Kierkegaard in Giovanni, il protagonista del Diario del seduttore, che sa porre il suo godimento non nella ricerca sfrenata e indiscriminata del piacere, ma nella limitazione e nell'intensitа dell'appagamento. Ma la vita estetica rivela la sua insufficienza e la sua miseria nella noia. Chiunque viva esteticamente и disperato, lo sappia o non lo sappia; la disperazione и l'ultimo sbocco della concezione estetica della vita. Essa e l'ansia di una vita diversa che si prospetta come un'altra alternativa possibile.
La vita etica nasce appunto con questa scelta. Essa и il dominio della riaffermazione di sй, del dovere e della fedeltа a se stessa. Nella vita etica l'uomo singolo si sottopone a una forma, si adegua all’universale e rinuncia ad essere l'eccezione. Come la vita estetica и incarnata dal seduttore, la vita etica и incarnata dal marito. Il matrimonio и l'espressione tipica dell’eticitа, secondo Kierkegaard: esso и un compito che puт essere proprio di tutti. Inoltre la persona etica vive del suo lavoro. Il suo lavoro и anche la sua vocazione, perciт essa lavora con piacere: il lavoro la mette in relazione con altre persone, e adempiendo il suo compito essa adempie a tutto ciт che puт desiderare al mondo. La scelta di se stesso и una scelta assoluta perchй и la scelta della libertа, cioи in fondo della scelta stessa. Una volta effettuata questa scelta, l’individuo scopre in sй una ricchezza infinita, scopre che ha in sй una storia nella quale riconosce la sia identitа con se stesso. Per la sua scelta, egli non puт rinunziare a nulla della sua storia, neanche agli aspetti di essa piщ dolorosi e crudeli; e nel riconoscersi in questi aspetti, egli si pente. Il pentimento и l'ultima parola della scelta etica, quella per cui questa scelta appare insufficiente e trapassa nel dominio religioso. «Il pentimento dell'individuo, dice Kierkegaard, coinvolge se stesso, la famiglia, il genere umano, finchй egli si ritrova in Dio». La scelta assoluta и dunque pentimento, riconoscimento della propria colpevolezza, della colpevolezza perfino di ciт che si и ereditato. Questo и lo scacco finale della vita etica, lo scacco per cui essa, in virtщ della stessa struttura che la costituisce, tende a raggiungere la vita religiosa.
La Vita Religiosa
Non c'и tuttavia continuitа tra la vita etica e quella religiosa. Tra esse c'и anzi un abisso ancora piщ profondo, un’opposizione ancora piщ radicale che tra l'estetica e l'etica. Kierkegaard chiarisce questa opposizione in “Timore e tremore”, raffigurando la vita religiosa nella persona di Abramo. Vissuto fino a 70 anni nel rispetto della legge morale, Abramo riceve da Dio l'ordine di uccidere il figlio Isacco e di infrangere cosм la legge per la quale и vissuto. Il significato della figura di Abramo sta nel fatto che il sacrificio del figlio non gli и suggerito da una qualsiasi esigenza morale ma da un puro comando divino che и in contrasto con la legge morale e con l'affetto naturale e non trova alcuna giustificazione innanzi ai familiari stessi di Abramo. In altri termini, l'affermazione del principio religioso sospende interamente l'azione del principio morale. Tra i due principi non c'и possibilitа di conciliazione o di sintesi. La loro opposizione и radicale. Ma se и cosм, la scelta tra i due principi non puт essere facilitata da nessuna considerazione generale, nй decisa in base a nessuna regola. L'uomo, che ha fede come Abramo, opterа per il principio religioso, seguirа l'ordine divino anche a costo di una rottura totale con la generalitа degli uomini e con la norma morale. Ma la fede non и un principio generale: и un rapporto privato tra l'uomo e Dio, un rapporto assoluto con l'Assoluto. И il dominio della solitudine: non si entra in essa “in compagnia”, non si odono voci umane e non si scorgono regole. Di qui deriva il carattere incerto e rischioso della vita religiosa.
La fede и appunto la certezza angosciosa, l'angoscia che si rende certa di sй e di un nascosto rapporto con Dio. L'uomo puт pregare Dio che gli conceda la fede; ma la possibilitа di pregare non и essa stessa un dono divino? Cosм c'и nella fede una contraddizione ineliminabile. La fede и paradosso e scandalo. Cristo и il segno di questo paradosso: и colui che soffre e muore come uomo, mentre parla e agisce come Dio; и colui che и e si deve riconoscere come Dio, mentre soffre e muore come un misero uomo. L'uomo и posto di fronte al bivio: credere o non credere. Da un lato и lui che deve scegliere, dall'altro ogni sua iniziativa и esclusa perchй Dio и tutto e da lui deriva anche la fede. La vita religiosa и nelle maglie di questa contraddizione inesplicabile. Ma questa contraddizione и quella stessa dell'esistenza umana. Kierkegaard vede perciт rivelata dal cristianesimo la sostanza stessa dell'esistenza. Paradosso, scandalo, contraddizione, necessitа e nello stesso tempo impossibilitа di decidere, dubbio, angoscia, sono le caratteristiche dell'esistenza e sono nello stesso tempo i fattori essenziali del cristianesimo.
L'Angoscia
Kierkegaard affronta direttamente, nelle sue due opere fondamentali, il Concetto dell'angoscia e La malattia mortale, la situazione di radicale incertezza, di instabilitа e di dubbio, in cui l'uomo si trova costituzionalmente per la natura problematica del modo d'essere che gli и proprio. Nel Concetto dell'angoscia questa situazione и chiarita nei confronti del rapporto dell'uomo col mondo, ne La malattia mortale nei confronti del rapporto dell'uomo con se stesso, cioи nel rapporto costitutivo dell'io.
L'angoscia и la condizione generata nell'uomo dal possibile che lo costituisce. Essa и strettamente connessa col peccato ed и a fondamento dello stesso peccato originale. L'innocenza di Adamo и ignoranza; ma и un'ignoranza che contiene un elemento che determinerа la caduta. Questo elemento non и nй calma nй riposo; non и neppure turbamento o lotta, perchй non c'и ancora niente contro cui lottare. Non и che un niente; ma proprio questo niente genera l'angoscia. A differenza del timore e di altri stati analoghi che si riferiscono sempre a qualcosa di determinato, l'angoscia non si riferisce a nulla di preciso. Essa и il puro sentimento della possibilitа.
«Il divieto divino, dice Kierkegaard, rende inquieto Adamo perchй sveglia in lui la possibilitа della libertа. Ciт che si offriva all'innocenza come il niente dell'angoscia и ora entrato in lui, e qui ancora resta un niente: l'angosciante possibilitа di potere. Quanto a ciт che puт, egli non ne ha nessuna idea, altrimenti sarebbe presupposto ciт che ne segue, cioи la differenza tra il bene e il male. Non vi и in Adamo che la possibilitа di potere, come una forma superiore d'ignoranza, come un'espressione superiore di angoscia, giacchй in questo grado piщ alto essa и e non и, egli l'ama e la fugge».
L'angoscia non и nй necessitа nй libertа astratta, cioи libero arbitrio; и libertа finita, cioи limitata e impastoiata, e cosм si identifica col sentimento della possibilitа.
La connessione dell'angoscia col possibile si rivela nella connessione del possibile con l'avvenire. Il possibile corrisponde completamente all'avvenire. «Per la libertа, il possibile и l'avvenire, per il tempo l'avvenire и il possibile. Cosм all'uno come all'altro, nella vita individuale corrisponde l'angoscia». Il passato puт angosciare solo in quanto si ripresenta come futuro, cioи come una possibilitа di ripetizione. Cosм una colpa passata genera angoscia, solo se non и veramente passata, giacchй se fosse tale potrebbe generare pentimento, non angoscia. L'angoscia и legata a ciт che non и ma puт essere, al nulla che и possibile o alla possibilitа nullificante. Essa и legata strettamente alla condizione umana. Se l'uomo fosse angelo o bestia, non conoscerebbe l'angoscia; e difatti essa manca o diminuisce negli stadi che degradano o inclinano verso la bestialitа, nell'aspiritualitа per la quale l'uomo и troppo felice e troppo privo di spirito. Ma anche in questi stadi l'angoscia и sempre pronta ad insorgere: и mascherata e nascosta, ma и lм, pronta a riprendere il suo imperio sull'uomo.
Le pagine conclusive del Concetto dell'angoscia esprimono, in modo potentemente autobiografico la natura dell'angoscia come sentimento del possibile. La parola piщ terribile pronunciata da Cristo non и quella che impressionava Lutero: Mio Dio, perchй mi hai abbandonato? ma l'altra che egli rivolse a Giuda: Ciт che tu fai, affrettalo! La prima parola esprime la sofferenza per ciт che accadeva, la seconda l'angoscia per ciт che poteva accadere; e solo in questa si rivela veramente l'umanitа del Cristo; perchй umanitа significa angoscia. La povertа spirituale sottrae l'uomo all'angoscia; ma l'uomo sottratto all'angoscia и lo schiavo di tutte le circostanze che lo sballottano di qua e di lа senza mиta. L'angoscia и la piщ gravosa di tutte le categorie.
Kierkegaard collega l'angoscia strettamente con il principio dell'infinitа o dell'onnipotenza del possibile: principio che egli esprime piщ spesso dicendo: «Nel possibile, tutto и possibile». Per questo principio, ogni possibilitа favorevole all'uomo и annientata dall'infinito numero delle possibilitа sfavorevoli.
И l'infinitа o indeterminatezza delle possibilitа che rende insuperabile l'angoscia e ne fa la situazione fondamentale dell'uomo nel mondo.
Disperazione E Fede
L'angoscia и la condizione in cui l'uomo и posto dal possibile che si riferisce al mondo; la disperazione и la condizione in cui l'uomo и posto dal possibile che si riferisce alla sua stessa interioritа, al suo io. Disperazione e angoscia sono quindi strettamente legate, ma non identiche: entrambe tuttavia sono fondate sulla struttura problematica dell’esistenza.
La disperazione и strettamente legata alla natura dell’io. Difatti l'io puт volere, come puт non volere, esser se stesso. Se vuole esser se stesso, poichй и finito, quindi insufficiente a se stesso, non giungerа mai all'equilibrio e al riposo. Se non vuole esser se stesso e cerca di rompere il proprio rapporto con sй, che gli и costitutivo, urta anche qui contro un'impossibilitа fondamentale. La disperazione и la caratteristica sia dell'una che dell'altra alternativa. Essa и perciт la malattia mortale, non perchй conduca alla morte dell'io ma perchй и il vivere la morte dell'io.
Proprio perchй a Dio tutto и possibile, il credente possiede il contravveleno sicuro contro la disperazione: «il fatto che la volontа di Dio и possibile fa sм che io possa pregare; se essa fosse soltanto necessaria, l'uomo sarebbe essenzialmente muto come l'animale».
Come opposto della fede, la disperazione и il peccato: e perciт l'opposto del peccato и per l'appunto la fede, non la virtщ. La fede и l'eliminazione della disperazione, и la condizione in cui l'uomo, pur orientandosi verso se stesso e volendo esser se stesso, non si illude sulla sua autosufficienza ma riconosce la sua dipendenza da Dio. In questo caso, la volontа di esser se stesso non urta contro l'impossibilitа dell'autosufficienza che determina la disperazione, perchй и una volontа che si affida alla potenza da cui l'uomo stesso и posto, cioи a Dio. La fede sostituisce alla disperazione la speranza e la fiducia in Dio. Ma porta pure l'uomo al di lа della ragione e di ogni possibilitа di comprensione: essa и assurditа, paradosso e scandalo. Che la rиaltа dell'uomo sia quella di un individuo isolato di fronte a Dio, che ogni individuo come tale, sia esso un potente della terra o uno schiavo, esista dinanzi a Dio, questo и lo scandalo fondamentale del cristianesimo, scandalo che nessuna speculazione puт togliere o diminuire. Tutte le categorie del pensiero religioso sono impensabili. La fede crede nonostante tutto, e assume tutti i rischi. La fede и, per Kierkegaard, il capovolgimento paradossale dell'esistenza.
L'Attimo E La Storia: L'Eterno Nel Tempo
Secondo Kierkegaard la storia non и affatto una teofania, cioи, come pensava Hegel, una rivelazione o autorealizzazione dell'Assoluto. Infatti, il rapporto tra l'uomo e Dio non si verifica nella storia, ovvero nella continuitа del divenire umano, ma piuttosto nell'attimo, inteso come subitanea inserzione della veritа divina nell'uomo. In questo senso, il cristianesimo и paradosso e scandalo. Se il rapporto tra l'uomo e Dio si verifica nell'attimo, ciт vuol dire che l'uomo per suo conto vive nella non-veritа; e la conoscenza di questa condizione и il peccato. Kierkegaard contrappone il cristianesimo cosм inteso al socratismo, secondo il quale l'uomo invece vive nella veritа e si tratta soltanto per lui di renderla esplicita, di trarla fuori maieuticamente. L'uomo, che vive dopo molti secoli dalla venuta di Cristo, crede all'informazione del contemporaneo di Cristo solo in virtщ di una condizione che a lui stesso deriva direttamente da Dio. Per lui quindi si verifica originalmente la venuta di Dio nel mondo, e ciт accade in virtщ della fede. La divinitа di Cristo non era piщ evidente per il testimone immediato, per il contemporaneo di Gesщ, di quanto non lo sia per qualsiasi cristiano che abbia ricevuto la fede.
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