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Categoria: | Diritto |
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Testo
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA:
LA STRUTTURA
Capo dello Stato e rappresentante dell’unità nazionale, il presidente della Repubblica si colloca, nel nostro ordinamento, al vertice formale dell’organizzazione statale, fornito di limitati ma significativi poteri anche sul piano sostantivo.
Durante i lavori della Costituente si discusse a lungo sulla concretezza dei poteri del presidente, indubbiamente ridotti quantitativamente rispetto a quelli che lo Statuto Albertino concedeva al re, ma non per questo meno incisivi e rilevanti nel funzionamento del Senato.
Al di sopra delle parti, il capo dello Stato è garante della costituzionalità dell’ordinamento e la Costituzione gli garantisce efficienti poteri per assolvere a questa delicata funzione: egli è un organo tendenzialmente al di sopra delle parti, capace di intervenire in forza di tali poteri costituzionalmente assegnatigli, per consentire al sistema di funzionare nei momenti di crisi o di pericolo. L’indirizzo politico per il quale agisce è distinto da quello di maggioranza e può definirsi “indirizzo costituzionale” proprio in considerazione della posizione che gli spetta di “custode della Costituzione”.
Elezione e procedure per l’elezione: il presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri, alla quale partecipano tre delegati per ogni regione, con eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno, eletti dal Consiglio regionale.
La convocazione di tale Parlamento spetta al presidente della Camera dei deputati, che deve provvedervi trenta giorni prima che scada il termine di durata del mandato del presidente in carica. Se però le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, l’elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle nuove Camere. Nel frattempo vengono prorogati i poteri del presidente in carica.
In caso di inadempimento permanente o di morte o di dimissioni del presidente della Repubblica, la convocazione del Parlamento integrato dai rappresentanti regionali ha luogo entro quindici giorni dal verificarsi dell’evento, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manchi meno di tre mesi alla loro cessazione. In questi casi, ai sensi dell’art. 86 Cost., le funzioni presidenziali sono svolte in qualità di supplente dal presidente del Senato.
L’elezione del presidente della repubblica ha luogo a scrutinio segreto; è dichiarato eletto chi consegua il voto dei due terzi dei componenti dell’Assemblea. Qualora nessuno ottenga un tale risultato, si procede a una seconda ed eventualmente a una terza votazione; solo a partire dal quarto scrutinio è dichiarato eletto chi consegua la maggioranza assoluta.
Proclamato l’esito positivo della votazione, secondo la prassi il presidente della Camera, accompagnato dal Segretario Generale, si reca dall’eletto per consegnargli il verbale dell’avvenuta elezione. Non è prevista in questa fase alcuna accettazione formale da parte dell’eletto.
Requisiti di eleggibilità e incompatibilità: può essere eletto presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquant’anni di età e goda dei diritti civili e politici.
L’ufficio di presidente della Repubblica è inoltre incompatibile con qualsiasi carica o ufficio pubblico o privato e con l’esercizio di qualsiasi professione. Al presidente sono attribuiti una dotazione ed un assegno rivalutati automaticamente annualmente, in base all’indice ISTAT dei prezzi di consumo.
Assunzione della carica: il presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, secondo l’art. 91 Cost. deve prestare giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.
Il giuramento è l’atto con il quale l’eletto capo dello Stato manifesta la sua volontà di accettare la carica e viene immesso nell’esercizio delle sue funzioni. E’ ormai prassi consolidata che all’atto del giuramento il presidente rivolga alle Camere riunite un messaggio, oralmente.
Il presidente della Repubblica dura in carica sette anni dal giorno del giuramento: il termine presidenziale è stato fissato più lungo rispetto alla durata delle Camere (5 anni), per garantire
maggior indipendenza al presidente nei confronti delle Assemblee, entrambe rinnovate nel corso del mandato presidenziale. In astratto, il Capo dello Stato è rieleggibile senza limiti, tuttavia si sono manifestate prevalenti opinioni contrarie alla rielezione dei presidenti scaduti.
Cessazione della carica: la cessazione del mandato può essere determinata da diverse cause:
- scadenza del mandato: è la situazione normale; il presidente della Camera procederà agli adempimenti di cui all’art. 85 Cost.
- dimissioni: atto personale del presidente che non va controfirmato, per essere valido, dai ministri.
- perdita dei requisiti per ricoprire la carica: ipotesi piuttosto astratta.
- condanna da parte della Corte Costituzionale: per atti non riferentisi all’esercizio delle funzioni presidenziali nei casi preveduti dalla legge.
- morte: il presidente del Senato eserciterà le funzioni di Capo dello Stato e il presidente della Camera indirà entro i quindici giorni dall’evento luttuoso l’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
- impedimento permanente all’esercizio delle funzioni: questa ipotesi potrebbe sollevare più problemi rispetto alla morte.
Alla cessazione della carica il presidente della Repubblica diventa senatore di diritti, a vita, secondo l’art. 59 Cost. La carica si acquista automaticamente, senza bisogno di accettazione, ma è rinunciabile per espressa disposizione costituzionale. Se il presidente ha perduto la cittadinanza o i diritti civili e politici non può diventare senatore.
Sostituzione temporanea del presidente: si è detto che, secondo l’art. 86, qualora il presidente della Repubblica non possa adempiere le sue funzioni, queste sono esercitate dal presidente del Senato.
Si è infatti tenuto conto che al presidente della Camera è attribuita la presidenza del Parlamento in seduta comune, e la disposizione in materia di supplenza riequilibra così il rapporto tra le due Assemblee ispirato appunto al bicameralismo perfetto.
L’istituto della supplenza del presidente del Senato è lasciato dalla Costituzione a regole di correttezza: è presupposto un impedimento temporaneo o permanente del presidente della Repubb.
Se l’impedimento è permanente devono sussistere ragioni di salute, e il presidente del Senato eserciterà le funzioni di capo dello Stato fino all’entrata in carica del nuovo presidente della Repubblica. Se l’impedimento è temporaneo, dovrà risultare da una situazione obiettiva (ad esempio viaggi all’estero) e non da decisione personale del capo dello Stato, la cui valutazione è peraltro rilevante e può risultare determinante; è escluso l’istituto della delega delle funzioni.
Accertato l’impedimento, il presidente del Senato acquista immediatamente l’esercizio delle funzioni presidenziali, con tutte le prerogative della carica, senza necessità di alcuna particolare procedura e senza l’obbligo di prestare giuramento. In astratto, il supplente può esercitare tutte le funzioni del presidente impedito; tuttavia si è ritenuto che la correttezza costituzionale gli impedisca di adottare decisioni di particolare rilievo politico, quale lo scioglimento delle Camere, o non particolarmente urgenti, come la nomina di sentori a vita.
LE FUNZIONI:
Nell’ordinamento internazionale: nello svolgimento dell’attività internazionale del nostro Stato, il presidente della Repubblica:
a) rappresenta lo Stato nei rapporti internazionali avendo una capacità rappresentativa generale;
b) accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, secondo l’art. 87 Cost.;
c) ratifica i trattati previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere. Tale autorizzazione è richiesta per i trattati di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.;
d) dichiara lo Stato di guerra deliberato dalle Camere. Nella prassi soltanto con legge potrebbero essere conferiti al Governo i “poteri necessari” e solo successivamente il presidente della Repubblica potrebbe procedere alla formale dichiarazione di guerra (che tuttavia nel nostro ordinamento, ai sensi dell’art. 11 Cost., può solo essere guerra difensiva).
Nell’ordinamento interno:
Gli atti di indirizzo governativo: gli atti che rendono concreta la politica del Governo vengono imputati al Presidente della repubblica per ragioni formali, ma non indicano una competenza sostanziale dell’organo alla loro adozione, e vengono definiti atti di indirizzo governativo. La legge 12 gennaio 1991,n.13, ha indicato 30 gruppi di atti che vanno, appunto, adottati con decreto presidenziale con elencazione esplicitamente dichiarata tassativa e tale da non poter essere “modificata, integrata, sostituita o abrogata se non in modo espresso”.
( Gli atti esecutivi di prescrizioni costituzionali: altri atti devono essere compiuti dal presidente
della Repubblica per lo stesso funzionamento dell’ordinamento costituzionale. Si tratta di atti
dovuti anche se spesso la loro concreta adozione è preceduta da una proposta ministeriale,
assolutamente necessari per la continuità legale e il regolare funzionamento dello Stato, sicché
la loro omissione o anche un semplice ritardo sarebbero una forma gravissima di violazione
costituzionale da parte del capo dello Stato. Tali sono: la promulgazione delle leggi alla quale il
presidente deve procedere entro un mese, salvo che non intenda rinviare la legge alle Camere
per una nuova deliberazione; l’indizione del referendum popolare, costituzionale o abrogativo;
l’indizione delle elezioni delle nuove Camere e la fissazione della loro prima riunione.
( La presidenza di organi collegiali: spetta al presidente della Repubblica la presidenza di organi
collegiali di rilevanza costituzionali, il Consiglio supremo di difesa e il Consiglio superiore della
Magistratura. Il Consiglio supremo di difesa è composto da otto membri permanenti, ovvero il
presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio dei ministri, cinque ministri e il capo di
stato maggiore della difesa. La presidenza del Consiglio superiore della Magistratura ha
soprattutto carattere simbolico.
( Gli atti di prerogativa: si tratta di concessioni di onorificenze di ordini cavallereschi, di potere
di grazia e di commutazione delle pene, secondo l’art. 87 Cost., mentre la potestà di concedere
amnistia e indulto rimane alle Camere.
Gli atti di indirizzo presidenziale: sono atti attribuiti non solo formalmente, ma anche sostanzialmente, al capo dello Stato. In forza di tali poteri, il nostro presidente non è solo l’organo neutro e di intermediazione, bensì l’organo attivo abilitato ad intervenire con atti rilevanti, nell’interesse del rispetto della Costituzione e di quell’unità nazionale che spetta al presidente rappresentare. In particolare:
- La nomina del presidente del Consiglio dei ministri: i margini di scelta del capo dello Stato possono in realtà risultare molto ridotti, poiché non può non tenere conto degli orientamenti delle forze capaci di dar vita a una maggioranza parlamentare. Il presidente della Repubblica ha il compito di nomina del presidente del Consiglio e, su sua proposta, dei ministri.
- L’accettazione delle dimissioni del governo: spetta al Presidente accettare le dimissioni presentate dal Governo. Quando il Governo non ha ottenuto la fiducia delle Camere o è stato colpito da sfiducia l’atto è dovuto, così come nel caso di morte, impedimento permanente o decadimento della carica del presidente del Consiglio. Quando invece il Governo presenta le sue dimissioni per valutazioni politiche il capo dello Stato può giocare un ruolo importante e la sua decisione di accettare o di respingere le dimissioni del Governo, rientra in una valutazione autonoma e fondata sugli interessi generali del Paese.
- L’autorizzazione alla presentazione di disegni di legge di iniziativa governativa: l’atto di autorizzazione della presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo ha per lo più valore formale.
- La convocazione straordinaria delle Camere: tale potere, previsto dall’art. 62 Cost., non è mai stato esercitato fino ad oggi.
- L’invio di messaggi alle Camere: i messaggi del capo dello Stato alle Camere hanno un senso solo se si considerano come atti di indirizzo presidenziale, come la possibilità data al presidente, in momenti gravi per il Paese, di prendere l’iniziativa di inviare alle Camere messaggi per richiamare la loro attenzione su questioni che meritino di essere esaminate e discusse.
- Il potere di esternazione: il presidente della Repubblica deve avere la possibilità di esprimere le proprie valutazioni in ordine all’indirizzo costituzionale a lui rimesso, rivolgendole alle Camere con messaggi formali, ma anche ad altre istituzioni costituzionali e al Paese. Tali esternazioni non possono però investire questioni che rientrano nella competenza del Governo e del Parlamento e non devono essere contestazioni da parte del presidente delle istituzioni costituzionali che a lui spetta di garantire.
- Il rinvio delle leggi alle Camere per una seconda deliberazione: tale rinvio deve essere operato con un messaggio nel quale il capo dello Stato chiarisce i motivi della sua decisione. Il capo dello Stato deve infatti avere il potere di richiamare le Camere a una più attenta valutazione delle leggi approvate, quando tali leggi appaiano in contrasto con prescrizioni costituzionali o con quegli interessi generali della comunità nazionale di cui il capo dello stato è tutore.
- Lo scioglimento delle Camere: è il potere più rilevante attribuito al capo dello Stato, contrappeso al potere delle Assemblee di condizionare, con il voto di fiducia, l’esistenza del Governo nominato dal presidente della Repubblica. Dopo il 1948 si sono avuti numerosi scioglimenti anticipati, determinati da motivazioni tecniche (1953, 1958, 1963, 1968), situazioni di instabilità politica del Parlamento (1972, 1976, 1979, 1983, 1987) contrasti istituzionali (1992), bufere giudiziarie e mutamento delle leggi elettorali (1994), rotture politiche (1996). Il potere di scioglimento risponde, anzitutto, alla necessità di garantire il funzionamento delle istituzioni in caso di incapacità delle Camere di dare un Governo almeno relativamente stabile al Paese. L’art. 88 Cost., che non parla sui casi nei quali può farsi ricorso allo scioglimento anticipato, contiene due indicazioni procedurali. Infatti il capo dello Stato: a) prima di disporre lo scioglimento deve consultare i presidenti delle due Camere e b) non può procedere a scioglimento negli ultimi sei mesi del suo mandato (“semestre bianco”).
- La nomina di cinque giudici costituzionali: spetta al presidente nominare un terzo dei giudici della Corte Costituzionale (cioè cinque), dopo l’elezione degli altri dieci giudici, per consentire al presidente della Repubblica di integrare la composizione della Corte con quelle competenze che fossero state eventualmente trascurate dal Parlamento o dalle supreme magistrature.
- La nomina di cinque senatori a vita: secondo l’art. 59 Cost. La scelta rimessa al presidente garantisce una valutazione obiettiva e non condizionata da considerazioni politiche particolari e, come tale, rientra nelle esigenze politiche del sistema.
- La nomina di otto componenti del CNEL e del Segretario Generale della presidenza della Repubblica: dei dodici membri scelti fra qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica, otto sono nominati dal presidente della Repubblica, senza bisogno della proposta del presidente del Consiglio dei ministri. Per la nomina del Segretario generale della presidenza della Repubblica è invece obbligatorio il parere del Consiglio dei ministri, ma non vincolante, mentre è esclusa l proposta governativa.
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LA RESPONSABILITA’
La tutela del capo dello Stato è disciplinata dal Codice Penale, che protegge il presidente della Repubblica contro particolari reati quali l’attentato contro la sua vita, la sua incolumità e la sua libertà personale (art. 276); l’offesa alla sua libertà (art. 277); l’offesa al suo onore e prestigio (art.278). Secondo l’art. 279 il presidente non ha responsabilità e non può essere biasimato per gli atti del Governo da lui emanati, tuttavia per lo stesso criterio si ritiene che sia responsabile per gli atti di indirizzo presidenziale.
Responsabilità politica: secondo l’art. 89 Cost., nessun atto di indirizzo governativo è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che se ne assumono la responsabilità. Per quanto riguarda gli atti di indirizzo presidenziale, il Governo non si assume invece nessuna responsabilità politica.
Responsabilità penale: ai sensi di Costituzione (art. 90 Cost.), il presidente non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, con l’eccezione nel caso di alto tradimento o di attentato alla Costituzione. A mettere il presidente in stato di accusa è il Parlamento in seduta comune, a giudicarlo la Corte Costituzionale in composizione integrata.