Azienda

Materie:Altro
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Testo

L’AZIENDA

Secondo l’articolo 2555 l’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’attività economica; i beni possono essere di proprietà dell’imprenditore, ma anche in tutto o in parte di terzi. L’azienda riguarda:
• Beni:
o Materiali (tutto ciò che è materiale):
- Immobili → tutte quelle cose ancorate al terreno per volontà dell’uomo o per fatto naturale;
- Mobili → tutti quelli che non sono immobili (concetto residuale);
o Immateriali (hanno la caratteristica di recare vantaggio economico sul mercato):
- Segni distintivi;
- Avviamento;
- Brevetti industriali;
- Diritto d’autore;
• Rapporti giuridici → contratti.

L’avviamento consiste nella capacità dell’azienda di conseguire profitti; dipende da elementi oggettivi (es. l’ubicazione dell’azienda) e da elementi soggettivi (es. la capacità imprenditoriale, una clientela affezionata, buoni rapporti con i fornitori e con gli istituti bancari).

I segni distintivi (ditta, insegna e marchio) svolgono la funzione d’identificare, presso il pubblico, l’attività e i prodotti di un imprenditore. I 3 segni distintivi godono di un diritto d’esclusiva, cioè l’imprenditore, con questo diritto, ha un potere di uso esclusivo sui propri segni distintivi e può impedire ad altri imprenditori di utilizzare nella loro attività segni simili o uguali che possono creare confusione sul pubblico.
Per poter attribuire al legittimo titolare un diritto d’esclusiva, i segni distintivi devono avere determinati requisiti:
o Nuovi → non devono essere uguali o simili a quelli usati da altri imprenditori;
o Originali → non devono essere generici;
o Veritieri → non devono essere ingannevoli;
o Leciti → non devono essere contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.

La ditta (art. 2563 e seguenti) è il nome commerciale dell’imprenditore, cioè il nome con il quale l’imprenditore individuale agisce nell’esercizio della sua attività d’impresa; deve essere iscritta nel registro delle imprese; se si tratta di società di persone prende il nome di ragione sociale, se si tratta di società di capitali prende il nome di denominazione sociale. La ditta consiste:
• Nome civile dell’imprenditore;
• Di fantasia.
In ogni caso deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore che l’ha creata (elemento patronimico).
Per il Codice Civile, la ditta non può essere trasferita separatamente dall’azienda e quindi può essere classificata nei seguenti modi:
• Originaria (Ex Novo);
• Derivativa → acquisto di una ditta dove già esiste l’elemento patronimico originario, ma dovrà anche essere inserito l’elemento patronimico del nuovo imprenditore.

L’insegna (art. 2568) è il segno distintivo che contraddistingue i locali dove l’imprenditore svolge la sua attività; non deve contenere necessariamente l’elemento patronimico e secondo la dottrina prevalente, anche l’insegna non può essere trasferita separatamente dall’azienda; l’insegna può essere:
• Denominativa → vengono utilizzati parole, nomi, ecc;
• Figurativa → vengono utilizzati simboli, segni grafici, ecc.
• Mista → vengono utilizzati entrambi i precedenti.

Il marchio (art. 2569 e seguenti) è il segno distintivo che contraddistingue i prodotti, cioè i beni o i servizi di un’impresa; il marchio è disciplinato dalle disposizioni del Codice Civile e da una legge speciale (del 1942), che è stata modificata più volte nel corso degli anni, fino al Decreto Legislativo del 4 dicembre 1992, che ha uniformato la normativa italiana alle direttive comunitarie in materia di marchi d’impresa; tale riforma ha permesso la cessione del marchio anche separatamente dall’azienda. Classificazione del marchio:
• Di fabbrica → obbligatorio (dev’essere apposto dall’imprenditore stesso);
• Di commercio → facoltativo (può essere apposto dall’imprenditore o da colui che possiede la catena di commercio).

Diversi tipi di marchio:
• Denominativo → formato solo da nomi, parole, ecc;
• Figurativo → formato solo da segni, simboli grafici, ecc;
• Misto → è formato contemporaneamente dal marchio denominativo e figurativo;
• Sonoro [es. gingle pubblicitari];
• Tridimensionale [es. bottiglietta della Coca Cola].

Il diritto all’uso esclusivo (l’imprenditore può agire su chi utilizza illegalmente il marchio) si acquista con:
• Marchio registrato → il marchio si registra presso l’ufficio italiano brevetti e marchi e le conseguenze sono:
- Si acquista con un brevetto;
- È tutelato in modo assoluto (come un diritto reale);
- Il diritto all’uso dura 10 anni ed è rinnovabile.

• Marchio non registrato (utilizzato soprattutto dalle imprese temporanee):
- Si acquista con l’uso (per il fatto stesso dell’uso);
- È tutelato nei limiti del “preuso” (l’imprenditore è tutelato se un’altra impresa utilizza il marchio dopo di lui, ma non è
tutelato se l’altra impresa lo registra).

La decadenza del marchio registrato può avvenire per:
• Mancato rinnovo → il marchio decade e non si è più tutelati dall’uso esclusivo;
• Mancata utilizzazione → entro 5 anni dalla registrazione o per la successiva sospensione dell’utilizzazione per 5 anni;
• Volgarizzazione del marchio → un termine creato in origine come segno distintivo dei prodotti di un’impresa perde il diritto all’uso esclusivo, se successivamente viene utilizzato nel linguaggio comune per indicare genericamente tutti i prodotti di un certo tipo [es. “Biro”, “Aspirina”, “Scottex”, ecc.].

Il marchio colletti vo viene concesso con lo scopo di garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti (“matassina”→ pura lana vergine, “triangolino”→ vero cuoio); diversi dai marchi collettivi sono i marchi che indicano particolari ambiti geografici; nell’ambito comunitario vengono utilizzati questi tre marchi geografici:
• D.O.C. → Denominazione d’Origine Controllata (si garantiscono determinate caratteristiche qualitative del prodotto);
• D.O.P. → Denominazione d’Origine Protetta (il prodotto viene interamente prodotto nell’area considerata);
• I.G.P. → Indicazione Geografica Protetta (solo una parte della lavorazione dell’intero prodotto proviene da quell’area).

Le creazioni intellettuali si suddividono in:
• Opere dell’ingegno → creazioni di carattere culturale [es. opere d’arte, idea letteraria per la composizione di un libro, ecc.];
• Invenzioni industriali → creazioni di carattere tecnico [es. processi di lavoro più semplificati].

Entrambe le creazioni intellettuali sono caratterizzate dai seguenti diritti:
• Diritto morale → consiste nel diritto di vedere riconosciuta la paternità della creazione; è un diritto personale e quindi imprescrittibile e intrasferibile;
• Diritto patrimoniale →consiste nel diritto di utilizzare l’opera o l’invenzione per fini economici in via esclusiva; può essere trasferito a terzi, ma la tutela del suo uso esclusivo è limitata ad un certo periodo di tempo; il diritto patrimoniale si divide in:
o Diritto d’autore → (applicato ad opere dell’ingegno) viene esercitato per le creazioni artistiche e letterarie, dura per tutta la vita dell’autore e si trasmette agli eredi per altri 70 anni;
o Diritto d’inventore → (applicato ad invenzioni industriali) i nuovi prodotti o i nuovi procedimenti di fabbricazione sono tutelati attraverso il “diritto di brevetto” che consente di attuare e sfruttare economicamente l’invenzione; è concesso dall’Ufficio italiano Brevetti e Marchi, dura 20 anni dalla sua concessione e può essere trasferito mediante licenza; il brevetto viene concesso solo se l’invenzione ha le seguenti caratteristiche:
- Industrialità → l’invenzione deve avere una completa attuabilità (fattibilità) nel campo industriale;
- Novità → non dev’essere simile o uguale ad altri;
- Liceità → l’invenzione dev’essere lecita.

I modelli industriali consistono in innovazioni apportate ad un oggetto già esistente e brevettato; si dividono in:
• Modelli di utilità → rendono più efficace e comodo l’impiego e l’utilizzo di un oggetto;
• Modelli e disegni ornamentali → forniscono una nuova linea estetica al progetto.

Il principio della libertà d’iniziativa economica (indicato nell’articolo 41 della Costituzione) è il concetto più importante del regime concorrenziale e libero che contraddistingue il nostro sistema economico; la concorrenza perfetta (nessun soggetto può influire sulla determinazione del prezzo del prodotto) è un modello teorico, in quanto la realtà industriale è caratterizzata dalla concentrazione aziendale causa la presenza di limitazioni al libero gioco della concorrenza. Inoltre il regime non è assoluto poiché la Costituzione introduce una riserva di carattere generale che pone alcune limitazioni.
Di conseguenza nell’art. 2595 c.c. è indicato che la concorrenza debba svolgersi in modo da non ledere gli interessi dell’economia nazionale e nei limiti stabiliti dalla legge; quando non ci sono limitazioni vale il principio della libera concorrenza e vi è un’apposita disciplina che reprime i comportamenti di concorrenza sleale (in modo che l’imprenditore non venga ingiustamente svantaggiato dalla competizione sleale dei concorrenti ed inoltre che venga tutelato l’interesse dei consumatori); il principio fondamentale della concorrenza sleale è che gli imprenditori concorrenti (si considerano imprese concorrenti tra loro quelle i cui prodotti o servizi si rivolgono alla stessa categoria di consumatori, operando in una delle fasi per la produzione del bene) non possono utilizzare mezzi e tecniche contrari al principio della correttezza professionale.
Il rapporto di concorrenza potenziale (si considera non solo la concorrenza attuale, ma anche quella futura) interessa gli ambiti:
- Merceologico → quando non c’è identità tra i prodotti, ma si fa riferimento alla possibilità dell’impresa di ampliare la produzione a
prodotti analoghi;
- Territoriale → non c’è la coincidenza territoriale, ma si fa riferimento all’espansione dell’attività.

L’oggetto della disciplina della concorrenza sleale sono gli atti idonei ad arrecare danno all’altrui azienda attraverso la sottrazione della clientela; possono essere classificati in:
- Atti di confusione → atti che possono risultare ingannevoli verso il pubblico [es. uso indebito di segni distintivi di altri imprenditori];
- Atti di denigrazione → diffusione di notizie sui prodotti di concorrenti idonei a determinare discredito o l’appropriazione dei pregi
dei prodotti di un concorrente [es. pubblicità superlativa con cui un imprenditore si attribuisce in modo esclusivo pregi o qualità];
- Atti atipici → gli atti non conformi ai principi della correttezza professionale e idonei a danneggiare l’altrui azienda [es. boicottaggio economico, dumping dei prezzi (sistematico abbassamento dei prezzi), storno dei dipendenti (sottrazione di lavoratori qualificati ad altra aziende, ecc.)].

In presenza di questi presupposti l’imprenditore leso può azionare un rigido sistema di sanzioni e avvalersi delle seguenti azioni:
• Azioni inibitorie e reintegrative (indipendentemente se vi è dolo, colpa o danno concreto);
• Azioni di risarcimento ed eventuale pubblicazione di sentenza su uno o più giornali, in caso di dolo o colpa del concorrente.

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