La Prima Rivoluzione Industriale:1838

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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Testo

La Prima Rivoluzione Industriale

6 novembre 1838, questa è la data in cui il romanziere Dickens giunse a Manchester e così anche lo scrittore inglese Carlyle in questo stesso periodo alloggiò in questa città. Ma come loro tutti coloro che ebbero modo di visitare Manchester e la regione del Lanchshire nei primi dell’ottocento ebbero modo di vedere con i propri occhi i cambiamenti che così in breve tempo le innovazioni portarono a un così tranquillo paese di campagna rendendolo uno vero centro di industrializzazione. In solo un ventennio le fabbriche aumentarono a dismisura e la popolazione crebbe di oltre dieci volte, ma la cosa più esilarante era appunto che secondo una stima fatta nel 1835 il 64% della popolazione di Manchester era composta da lavoratori stipendiati e nelle piccole città industriali raggiungeva addirittura il 90%. Era dunque in atto un rivoluzione industriale, dove le conseguenze si possono notare nel campo della produzione: l’impiego di macchine sostituiva le fatiche dell’uomo aumentando notevolmente la produttività del lavoro. Altro punto fondamentale di questa rivoluzione furono le invenzioni che dal 1760, quando erano poco più di una dozzina, raggiunsero la vetta delle 250 invenzioni nel 1825, tanto da definire ogni invenzione il “metodo per inventare invenzioni”, l’invenzione del telaio meccanico, ma la più importante fu quella della meccanica a vapore, brevettata da Watt nel 1769. Questa aiutò il rendimento d’industrie e mezzi di trasporto (battello a vapore) sfruttando risorse illimitate e di basso costo, dando inizio così alla nascita delle grandi fabbriche. E per ultimo fu il lavoro a domicilio che con l’avvento di tutte queste innovazioni perse d’importanza a tal punto quasi da scomparire.
Uno dei principi notevoli della rivoluzione fu la divisine del lavoro che permetteva agli operai di specializzarsi in un ramo ben specifico della fabbricazione dei beni, di conseguenza l’operaio non doveva eseguire l’intero manufatto ma solo una parte, questo sistema apportò negli anni successivi l’introduzione della catena di montaggio, ma solo nel 1910.
È dunque palese che questo modo di lavorare richiedeva una forte disciplina e una rigida organizzazione di lavoro dell’operaio, cose sconosciute un tempo per i vari metodi di produttività assai a rilento per i più svariato motivi. Il lavoro in fabbrica era differente: il ritmo instancabile delle macchine e gli operai costretti a lavorare sotto la sorveglianza di guardiani pronti a punire al minino accenno di sgarro da parte lei lavoratori, dunque “la fabbrica era un nuovo genere di prigione e l’orologio un nuovo genere di carceriere” (D. Landes)
L’ambiente di lavoro in genere era un luogo malsano e costruito senza alcun rispetto delle più elementari norme igieniche e sanitarie. Per esempio le fabbriche di cotone che dovevano avere un determinato tasso di umidità non solo per evitare la rottura del filato ma anche per la salute dei lavoratori costretti a respirare un’aria insalubre e piena di fiocchi di cotone. Tutta questa superficialità nella considerazione degli ambienti di lavoro era anche la causa della durata media della vita assai bassa, molti lavori era considerati dei veri e propri avvelenatori dovuti anche all’uso incauto di sostanze nocive e quando un uomo decideva di intraprendere quel determinato lavoro si poteva quasi stabilire in anticipo la data della sua morte.
Ma non solo le fabbriche erano rischiose, anche le abitazioni o meglio l’igiene che mancava in queste era spesso causa di malattie. Un dozzina di coinquilini costretti a vivere in cantine umide, sporche e puzzolenti, con servizi insufficienti. Pian piano gli operai si resero conto di essere dei meccanismi utili solo per il funzionamento della società e niente di più, giungendo a conclusioni di rivolta ed emancipazione. Infatti negli ultimi anni del settecento in molti paesi europei cominciarono le prime rivolte contro le tecniche meccaniche, con il nome di luddismo, dove durante queste manifestazioni gli operai saccheggiavano e bruciavano le fabbriche.
Punto drammatico della rivoluzione industriale fu l’impiego massiccio di donne e fanciulli nelle attività produttive. Viene narrato dal medico Ramazzini che le donne venivano impiegate a lavorare in campi e spesso in attività gravose e insalubri., per quanto riguarda i più piccoli il loro impiego fu particolarmente elevato nelle industrie di cotone dove servivano da riallaciatori:praticamente dovevano infilarsi dietro le macchine e fare attenzione che i fili di cotone non si slacciassero e in tal caso sostituirli. Non solo nelle fabbriche ma anche nelle miniere il numero di bambini era elevato, qui erano impiegati per aprire passaggi all’interno delle gallerie e per trasportare il materiale attraverso i cunicoli più stretti.
La rivoluzione non si fermò solo in Inghilterra, ma attraversò la Manica: a partire dall’800 colpì Francia e Belgio; 1850 Germania e Stati Uniti; verso la fine dell’800 Svezia, Giappone, Russia e Canada; fino a giungere ai primi del’ 900 quando toccò l’Italia settentrionale. Come in Inghielterra anche nelle altre aree colpite si ebbe un graduale trasferimento della popolazione dalla campagne i centri urbani e ogni città mutò in poco tempo il proprio volto.
Gli orari di lavoro erano insostenibili, lo sfruttamento di donne e fanciulli era sempre maggiore, la tragica condizione dei quartieri operai, in breve, le stesse cause che ci furono in Inghilterra causarono anche qui critiche e polemiche.
Le ripercussione negative della rivoluzione in questi paesi generalmente furono meno drammatiche. Partendo dalla metà del XIX secolo cominciò ad essere varata una legislazione sociale spinta dalle nascenti dalle organizzazioni sindacali, che metteva fine agli abusi più macroscopici. Le classi operaie scesero in piazza, manifestarono protesta, organizzarono scioperi che spesso comportarono anche sacrificio di vittime umane, che ancora oggi si ricorda con la festa del I° maggio. Queste lotte vennero ripiegate dal miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro: venne ridotto l’orario di lavoro, fissati i limiti all’impiego di donne e bambini, prescritte norme più severe per le condizioni igienico sanitarie e un salario fisso, col tempo vennero garantite anche le pensioni, le assicurazioni contro la malattia e gli infortuni e periodi di ferie retribuite.
Un altro cambiamento profondo colpì gli altri due settori: quello primario e quello terziario.
L’effetto più dirompente introdotto dalla rivoluzione industriale è stata la progressiva e inarrestabile diminuzione degli individui impegnati nelle attività agricole: nel XVIII secolo gli agricoltori nei paesi europei andavano fra il 65% e il 90% della popolazione attiva. Ci furono grandi scoperte e progressi nella scienza agronomica: la scoperta dei fertilizzanti chimici, l’invenzione di nuovi attrezzi e la perfezione di altri e infine l’applicazione alle macchine agricole dell’energia del vapore e più avanti del motore a scoppio. Tutta questa innovazione provocò l’esodo di manodopera dalle campagne, favorendone il graduale afflusso nelle fabbriche urbane. Così intorno al 1900 in Europa gli agricoltori attivi passarono al 50% e verso il 1980 non superavano nemmeno il 14%. Il differenza fra nord e sud divenne particolarmente intensa quando nel settentrione cominciarono ad essere introdotte le macchine agricole e colture più razionali e intensive che anche se comportarono maggiore sfruttamento, a lungo andare, portarono benefici che ebbero anche sui contadini e sui braccianti qualche positivo riflesso.
Per quanto riguarda il settore terziario gli addetti ai vari servizi ebbero un grande vantaggio grazie ad un ridimensionamento del numero dei lavoratori delle attività industriali. Ciò è dovuto ai numerosi progressi tecnologici in particolare grazie alla scoperta dell’elettronica e alla diffusione dei processi di automazione e anche nelle crescenti esigenze sollevate dalla complessità della società moderna: una vasta gamma di professioni pronte a soddisfare un bisogno specifico dell’uomo. L’enorme crescita delle città ha comportato vari disagi per governo e autorità locali i quali hanno dovuto ampliare i propri interventi nei campi scolastici, sanitari e giudiziari. Aumenta il livello di istruzione aumentano anche le libere professioni; aumenta soprattutto la burocrazia e il personale degli uffici pubblici e privati costituendo un quarto della popolazione attiva. Un’ altra categoria che conseguì un grande vantaggio fu quella dei commercianti: una maggiore produzione di prodotti e un minor costo di questi fece in modo che questi prodotti fossero accessibili alla maggior parte della popolazione. Furono necessarie nuove tecniche di vendita e tra produttore e consumatore nacquero degli intermediari: verso la fine del 700 comparvero queste figure completamente nuove come il viaggiatore e il rappresentante di commercio. Nacquero poi grandi magazzini, il primo nel 1852 a Parigi. In Italia questo rivoluzionario sistema di vendita fece apparizione a Milano nel 1899 per opera dei fratelli Bocconi, il cui magazzino fu rilevato nel 1917 da una società, per la quale D’Annunzio suggerì l’appellativo di la “Rinascente”. 1916 primo self-service in America e sempre qui nel 1930 il primo supermercato.

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