Boom economico

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Testo

IL BOOM ECONOMICO DEGLI ANNI ’50 -‘60
1) –INTRODUZIONE-
In Italia il cosiddetto “boom” del dopoguerra, ovvero il culmine del processo di crescita economica, è compreso fra il 1958 e il 1963 nel quale una gran massa di italiani, che aveva in precedenza sperimentato i disastri della guerra e la povertà dell’immediato dopoguerra, scoprì per la prima volta il benessere e con esso l’abitudine a nuovi consumi.
2) -I FATTORI ECONOMICI-
a) -Gli aiuti americani-
Gli Stati Uniti furono la locomotiva della ripresa economica mondiale che coinvolse soprattutto l’America e l’Europa.
L’Europa nel 1945, alla fine del secondo conflitto mondiale, si presentava come un continente completamente distrutto, liberato ma distrutto da tutti quegli anni in cui era rimasto chiuso dalla morsa delle truppe che arrivavano da tutti i fronti.
Davanti a tutta questa distruzione occorreva ricostruire; qui in Italia ,come in gran parte dell’Europa, la ricostruzione era da farsi in una situazione in cui la maggior parte della popolazione era disoccupata e la restante parte era di ritorno dalla devastante esperienza del campo di concentramento.

Alcune immagini della distruzione italiana.
Nel 1945 gli inglesi avevano congedato Winston Churchill e non potendo garantire la sicurezza del continente delegarono la protezione dell’Europa agli Stati Uniti che erano guidati dal presidente Harry Truman. Gli Stati Uniti erano decisi ad intervenire attivamente nella politica europea per garantire la sicurezza, la stabilità e la ricostruzione del continente così, il 5 giugno del 1947 il segretario di stato, George Marshall, tenne un discorso all’università di Harvard in cui espose il progetto per la ricostruzione delle infrastrutture economiche finanziarie e commerciali del vecchio continente: ” Non ho bisogno di dirvi che la situazione è molto grave, come deve apparire evidente a tutte le persone intelligenti. Una prima difficoltà, a mio parere, sta nel fatto che il problema e di tale enorme complessità che la stessa massa dei fatti presentati al pubblico dalla stampa e dalla radio rende estremamente arduo all’uomo della strada giungere a una comprensione approfondita della situazione. Per di più, il popolo di questo paese vive molto distante dalle aree tormentate del pianeta, e non gli è facile capire le penose condizioni e le conseguenti reazioni di popoli che soffrono da lungo tempo, e l’effetto di queste reazione sui loro governi in connessione con i nostri sforzi per promuovere la pace del mondo. Nel considerare le necessità per la riabilitazione dell’Europa, le perdite umane e la visibile distruzione della città, fabbriche, miniere e ferrovie sono state correttamente valutate, ma nei mesi recenti è apparso evidente che le distruzioni visibili erano meno gravi dello sconvolgimento subito dall’intera struttura dell’economia europea. Negli ultimi dieci anni l’Europa è vissuta in condizioni del tutto fuori del comune. La febbrile preparazione alla guerra e l’ancora più febbrile mantenimento dell’impegno bellico ha bloccato tutti i settori delle economie nazionali. I macchinari non funzionano più o sono del tutto antiquati. Sotto il dispotico e distruttivo dominio nazista, qualsiasi possibile attività era mirata al mantenimento della macchina da guerra tedesca. Antichi legami commerciali, istituzioni private, banche, compagnie d’assicurazione e società di spedizione sono scomparse per mancanza di capitali, nazionalizzazione o semplice distruzione. In molti paesi, la fiducia nella moneta locale è stata profondamente scossa. Il collasso della struttura economico-finanziaria dell’Europa durante la guerra è stato completo. La ripresa è stata gravemente ritardata dal fatto che, due anni dopo la fine delle ostilità, non si è ancora riusciti a raggiungere un accordo di pace tra Germania e Austria[…].
C’è un aspetto della situazione che è allo stesso tempo interessante e serio. Il contadino ha sempre prodotto le derrate alimentari per gli abitanti delle città, in cambio delle altre necessità della vita. Questa divisione del lavoro sta alla base della civiltà moderna. In questo momento, rischia il collasso. Le industrie cittadine non producono un numero di merci sufficiente da scambiare con i cibi del contadino. Le materie prime e il carburante scarseggiano. I macchinari mancano o non funzionano. […]Così, i governi sono costretti a usare denaro e crediti stranieri per procurarsi all’estero i prodotti di cui c’è primaria necessità. Questo processo esaurisce i fondi di cui c’è invece urgente bisogno per la ricostruzione. Perciò, si sta rapidamente creando una situazione che non promette nulla di buono per il mondo.[…].
La verità è che il bisogno che ha l’Europa, per i prossimi tre o quattro anni, di derrate alimentari e altri basilari prodotti dall’estero principalmente dall’America è notevolmente maggiore delle sue attuali possibilità di pagamento, e deve avere aiuti molto più sostanziali, altrimenti subirà un gravissimo deterioramento economico, sociale e politico. Il rimedio sta nel rompere il circolo vizioso e nel ripristinare la fiducia dei popoli europei nel futuro economico del loro paese e dell’Europa nel suo complesso. L’industriale e il contadino devono essere in grado di scambiare i loro prodotti in denaro, il cui valore non si può mettere in discussione. Oltre all’effetto demoralizzante su tutto il mondo e alle possibilità di disordini come conseguenza della disperazione dei popoli, l’impatto negativo per l’economia degli Stati Uniti dovrebbe essere evidente a tutti. E’ logico che gli Stati Uniti debbano fare tutto ciò che possono per contribuire al ripristino di una sana economia mondiale, senza la quale non ci può essere nessuna stabilità politica e nessuna garanzia di pace.
Per la rinascita di un’economia funzionante la nostra politica non è diretta contro alcun paese o alcuna dottrina, ma contro la fame, la povertà, la disperazione e il caos. Il suo obiettivo deve essere la rinascita di una economia funzionante in tutto il mondo da permettere lo sviluppo do condizioni politiche e sociali che garantiscono istruzioni libere. Un aiuto di questo tipo non deve essere fornito a spizzichi, ogni volta che scoppia una crisi. Qualsiasi assistenza che questo governo potrà fornire in un futuro deve essere una vera cura e non un semplice palliativo. Ogni governo che sia pronto a dare il proprio contributo nello sforzo di ripresa avrà, ne sono certo, la piena collaborazione del governo degli Stati Uniti. Ogni governo che cercherà di impedire la ripresa di altri paesi non avrà il nostro aiuto. Inoltre, i governi, i partiti politici e tutte le organizzazioni che cercheranno di mantenere la miseria umana per avvantaggiarsene politicamente o in qualsiasi altro modo dovranno affrontare l’opposizione degli Stati Uniti. Prima che gli Stati Uniti possano intraprendere nuovi sforzi per migliorare la grave situazione e aiutare l’Europa verso la ripresa, ci deve essere, come appare chiaro a tutti, un qualche accordo tra i paesi europei sulle esigenze della situazione e sulla parte che ciascun paese svolgerà al fine di realizzare concretamente le iniziative che potranno essere adottate da questo governo. Non sarebbe appropriato né tanto meno vantaggioso che questo governo stabilisse unilateralmente un programma destinato a rimettere in piedi l’economia europea. Questo compito spetta agli europei. L’iniziativa, io penso, deve partire dall’Europa. Il ruolo del nostro paese deve essere quello di un aiuto amichevole nell’elaborazione di un programma europeo, e successivamente quello di un concreto sostegno a tale programma, nella misura delle nostre possibilità e priorità. Il programma dovrebbe essere comune, concordato da tutte o almeno da un buon numero di nazioni europee.
Un elemento essenziale per un’efficace azione da parte degli Stati Uniti è che il popolo americano comprenda il carattere del problema e i rimedi che devono essere applicati. La passione e il pregiudizio politico devono essere tenuti assolutamente fuori.[…]
Il mondo intero, e il suo futuro, dipendono da una corretta valutazione del problema. Dipende, io penso, in grande misura dalla capacità del popolo americano di comprendere esattamente quali siano i vari fattori in gioco. Quali sono le reazioni della gente?cosa giustifica queste reazioni?quali sono i motivi di sofferenza?Di che cosa c’è bisogno?Che si può fare?Che cosa si deve fare?”.
Con questo significante discorso vennero destinati milioni e milioni di dollari (circa 22 miliardi) di allora per la ricostruzione del vecchio continente, occorreva però utilizzare bene tutto quel denaro.
Nel 1948 la struttura produttiva statunitense cominciò a fornire all’Europa soprattutto materie prime ed energia. Il piano consisteva nello sfruttare direttamente tali beni o nel venderli per ricavare denaro da investire in progetti governativi, sempre sotto il controllo e la supervisione delle autorità statunitensi. Come contropartita, gli stati europei dovevano fornire le materie prime eventualmente richieste loro da Washington e agevolare gli investimenti statunitensi.
L’Italia, che era stata profondamente ferita dai bombardamenti anglo-americani e dalle distruzioni lasciate dai nazisti, utilizzò quel denaro per ricostruire le nostre fabbriche e ricreare le infrastrutture, le linee ferroviarie, i porti, gli aeroporti distrutti dalla guerra. La voglia e l’impegno che la popolazione italiana dimostrò nel voler ricostruire le loro città, nel cercare di mettersi in condizione di vivere degnamente e far riprendere l’economia del paese fu davvero straordinaria.
Grazie al Piano Marshall e alla politica intrapresa nel nostro paese l’Italia conobbe una formidabile crescita economica; in una decina di anni il Prodotto Interno Lordo (PIL) crebbe più del 130% e il reddito pro capite passò da 296.000 lire a 536.000 lire.
Il motore principale di sviluppo era costituito dall’incremento delle esportazioni delle industrie manifatturiere ricostruite, dislocate nelle aree industriali del Nord, che avevano significativamente aumentato la produttività grazie all’ampia disponibilità di manodopera. Questa ampia disponibilità di manovalanza al Nord però coincise con lo spopolamento delle campagne al sud, ai bassi salari e al basso prelievo fiscale ma creando uno scompenso tra i vari settori come mostra la tabella:
settori
percentuale manodopera
AGRICOLTURA
-45%
INDUSTRIA
+5%
SERVIZI
+27.5%
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
+12.5%
(da P.Sylos Labini, Le classi sociali negli anni ’80)
Un altro fattore determinante per la ricrescita dell’Italia fu l’espansione del commercio mondiale reso sicuro da un mercato regolato in seguito agli accordi di Bretton Woods, i quali erano destinati a ripristinare un sistema monetario internazionale, dove era necessario promuovere lo sviluppo economico e ricreare un sistema di scambi multilaterali in condizioni di stabilità dei cambi. Nei 15-20 anni successivi i movimenti di capitali si erano enormemente intensificati e accelerati in un fenomeno in cui prevale la competizione internazionale dei Paesi, oggi conosciuto come globalizzazione.
Harry Truman
Harry Truman in un discorso a Sacramento

Winston Churchill

George Catlle Marshall Cerimonia di congratulazioni per la recente nomina
di George Marshall come segretario di stato degli
Stati Uniti D’America.

George Marshall in una foto della marina militare americana.
b) -L’età del progresso-
Grazie al piano Marshall,con il passare degli anni crebbe notevolmente la capacità di spesa e il tenore di vita della singola persona e così nelle case fecero il loro ingresso per la prima volta gli elettrodomestici come frigoriferi, lavatrici e televisori; a questo punto la società italiana, attraverso queste nuove abitudini di consumo, sembrò incamminarsi verso una definitiva “modernizzazione”.

Primi modelli di frigorifero e aspirapolvere
Tutti questi nuovi prodotti di mercato contribuirono l’affermarsi della cosiddetta “società dei consumi”, che è parte stessa del processo di industrializzazione e modernizzazione.
La diffusione del consumo di massa è stata essenziale per lo sviluppo del sistema capitalistico e si è dislocata in due diverse direzioni. L’ampliamento del numero di coloro che avevano il potere d’acquisto e l’aumento del loro rispettivo salario ha permesso la produzione di un numero maggiore di beni, ingrandendo le imprese e aumentando i posti di lavoro disponibili spingendo il lavoratore a lavorare per guadagnare non solo i soldi necessari per il sostentamento suo e della sua famiglia, ma anche per l’acquisto di nuovi beni.
La pratica del consumo di massa è infatti legata all’incremento della produzione industriale, allo sviluppo delle reti di trasporto e comunicazioni e alla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa. Non è infatti possibile produrre su larga scala se non si dispone di un mercato sufficientemente ampio di riferimento, creato a sua volta da un’efficace rete di trasporti e comunicazioni. Ma se i potenziali consumatori vivono in luoghi geograficamente molto lontani rispetto a quelli nei quali si producono i prodotti commerciali, deve esservi anche la possibilità di raggiungerli, informarli, convincerli e persuaderli all’acquisto. E’ per questo che furono create, già nella seconda metà del secolo scorso le moderne agenzie pubblicitarie. Il problema però non era solo quello di farsi conoscere. Era anche indispensabile battere la concorrenza, imponendo il proprio “marchio” per far distinguere la propria produzione da quella altrui e invogliare all’acquisto di prodotti nuovi, mai stati offerti prima sul mercato.
acquisto di una Vespa 1958
autosalone Fiat a Bologna 1955

Milano 1958 le società concessionarie del servizio telefonico in
accordo con la Rai istituiscono la prima filo diffusione
La risoluzione di questo problema “pubblicitario” venne enormemente ridotto con l’avvento della televisione che ,con i primi programmi e le prime pubblicità, influenzò in modo consistente la vita della società.
c) –La Fiat –
Tra i principali gruppi del “triangolo industriale” , la FIAT fu tra i primi nel dopoguerra ad affrontare un processo di riorganizzazione aziendale con l’apertura verso il mercato internazionale.
FIAT è la sigla della Fabbrica Italiana Automobili Torino, una società automobilistica costituita nel 1899 sotto la guida di Agnelli.
Gianni Agnelli.
A partire dal 1915 la FIAT partecipò attivamente alle forniture belliche, ascendendo in tal modo al terzo posto tra le industrie italiane. Nel dopoguerra la FIAT intensificò la produzione e l’esportazione di auto, promuovendo il considerevole sviluppo della motorizzazione privata. La possibilità di produrre a costi decrescenti dipendeva, da un lato, dal massimo sfruttamento degli impianti, di pari passo con la sostituzione dei macchinari più vecchi; dall’altro, dall’allargamento del mercato interno, in presenza di un aumento generale del potere di acquisto, e da una graduale liberalizzazione degli scambi. Si può dire che la FIAT fu un asse portante del modello di sviluppo caratteristico del “miracolo economico” italiano degli anni ’60, avendo esteso la sua presenza all’estero sino a diventare un gruppo multinazionale.
All’inizio degli anni Sessanta più della metà della popolazione torinese viveva direttamente del lavoro del gruppo FIAT, ma consistenti frange di addetti alle attività terziarie, al commercio e ai servizi operavano ai margini del vasto giro di interessi alimentato dalla principale impresa motrice e dalle sue affiliate.
Inoltre la continua crescita della produzione automobilistica e delle costruzioni accessorie aveva richiamato a Torino e nella sua cintura;fra il 1951 e il 1961, un continuo flusso migratorio, specialmente dalle zone depresse del Mezzogiorno e dalle campagne più povere dell’entroterra regionale
Cartellone pubblicitario di una nuova macchina di lusso
marchiata FIAT

Due nuovi modelli di auto.
3) -I CAMBIAMENTI DELLA SOCIETA’-
a) -La società di massa e la modernità-
La maggior parte dei cittadini, a partire dagli anni ’60, comincia a vivere in grandi e medi agglomerati urbani: ora gli uomini entrano in rapporto tra loro con maggiore frequenza. Il grosso della popolazione è entrato nel circolo dell’economia di mercato come produttore o come consumatore di beni e servizi.
In questo periodo l’indice della produzione industriale e quello del commercio mondiale raddoppiano. Crebbe in misura ancor più consistente anche il livello medio dei salari dei paesi industrializzati nonostante i cospicuo aumento della popolazione. Di conseguenza si determinò l’allargamento del mercato. Cominciarono i prodotti più richiesti ad essere prodotti in serie ed essere venduti attraverso una rete commerciale sempre più estesa e ramificata ( nel 1913 la Ford a Detroit costruì la prima catena di montaggio).
La categoria dei dipendenti pubblici si allargava da pari passo con l’aumento delle competenze dello Stato e ancora più rapidamente cresceva la massa degli addetti al settore privato che svolgevano mansioni non manuali.
Un ruolo fondamentale nel plasmare i lineamenti della nuova società fu svolto dalla scuola che costituiva in quel tempo un’opportunità da cui nessuno doveva essere escluso, diventò un servizio reso alla collettività.
Vi fu in quasi tutta l’Europa, in forme e in risultati diversi per paese, obbligo scolastico e calo dell’analfabetismo. Legato ai progressi dell’istituzione ci fu l’incremento della diffusione della stampa. Vi furono riforme degli ordinamenti militari: servizio militare obbligatorio, creazione di eserciti di massa. Nonostante esso portasse ad addestrare masse che sarebbero potute diventare rivoluzionarie e che le risorse finanziarie degli stati non erano sufficienti a mantenere tutti gli uomini giudicati abili sotto la leva, essi si crearono comunque poiché gli eserciti di massa servivano anche ad estendere la capacità di controllo dei poteri statali sulla società civile.
Il cammino verso la società di massa si accompagnò alla tendenza costante verso una più larga partecipazione alla vita politica. Questo deriva dal fatto che in vari paesi in diversi momenti vi fu un’estensione del diritto di voto.
L’adesione al modello di vita consumistico ebbe come conseguenza un declino della religiosità davvero marcato. Soprattutto nelle città il distacco del modello religioso tradizionale si tradusse fatalmente in un abbandono progressivo della pratica religiosa. Un’altra importante trasformazione fu il mutato rapporto uomo-donna.
Per le donne l’entrata nel mondo del lavoro (per quanto ancora in posizione svantaggiata rispetto agli uomini) rappresentò la prima forma di emancipazione dalla gerarchia familiare, rigidamente maschilista. Rispetto al resto dell’Europa, tuttavia, il destino di casalinga era quello che continuava a toccare alla maggior parte delle donne italiane: un effetto collaterale del benessere era infatti che a mantenere la famiglia bastava spesso solo i reddito del marito.
Se da una parte l’urbanizzazione distruggeva tutto il positivo della vita sociale rurale ( le festività collettive, gli stretti rapporti interfamiliari e così via), per i giovani diminuivano le costrizioni e si allargavano alcuni spazi di libertà; la famiglia allargata, con il boom economico, cominciò la sua progressiva disgregazione a scapito di quella mononucleare e della gerarchia interna per cui le autorità dei genitori sui figli e del marito sulla moglie si faceva meno opprimenti.
Tutti questi cambiamenti dovuti agli anni Sessanta pongono le basi della società moderna del terzo millennio.
b) - L’emigrazione italiana e la questione meridionale-
In questo periodo di rinnovamento tecnologico, economico e politico non mancano però fenomeni di aspetto negativo come: l’urbanizzazione incontrollata e l’immigrazione interna.
L’esodo dalle campagne, fenomeno comune a tutta la penisola, rappresentò uno degli aspetti più critici del passaggio da un’economia agricola ad una industriale. Dal 1951 al 1971 più di dieci milioni di italiani furono coinvolti in migrazioni interregionali; le città cominciarono a gonfiarsi a dismisura poiché gli interventi di edilizia popolare furono insufficienti.
Le periferie si allargavano disordinatamente, molto spesso al di fuori di ogni piano regolatore, divenendo veri e propri quartieri dormitori e terreno di ingiustizie sociali dove cresceva a sua volta anche la criminalità urbana.
Strettamente legato al problema dell’urbanizzazione fu quello della migrazione interna italiana generato dallo squilibrio tra Nord e Sud che il boom economico aveva decisamente aumentato.
In un ventennio l’esodo fu impressionante: circa 4,2 milioni di meridionali emigrarono nel Nord Italia e molti altri nel nord Europa.
La questione meridionale aveva attraversato la storia d’Italia fin dalla sua unità. Nel primo dopoguerra l’economia meridionale soffriva di un’industria scarsamente sviluppata e tecnologicamente arretrata, di una generale bassa produttività del lavoro, di una troppo alta percentuale della popolazione dedita all’agricoltura, che la poneva in balìa delle fluttuazioni dei prezzi.
L’insieme della scarsa capacità di accumulazione di capitali, delle infrastrutture totalmente insufficienti e di una classe dirigente alla quale mancava un mentalità imprenditoriale determinarono l’aumentare progressivo del divario.
Nell’ottobre 1950 venne istituita la Cassa del Mezzogiorno, il cui nome evoca oggi sprechi immani di denaro pubblico, ma che fu concepito come un tentativo molto serio e ben elaborato di affrontare i problemi del Meridione. Nasce così l’espressione di “cattedrali del deserto” per indicare alcuni immensi insediamenti industriali sia pubblici che privati costruiti con la più sofisticata tecnologia d’allora e inutilizzabili perché privi di connessione col tessuto economico e sociale circostante.
I miliardi di vecchie lire stanziati per il Sud tramite la Cassa del Mezzogiorno furono 910 nell’agricoltura, 190 nella viabilità, 30 nei servizi.
Gli interventi nel Mezzogiorno si orientarono in una politica di costruzione di infrastrutture, agevolazioni all’impresa privata, una politica agraria e l’intervento diretto dello Stato; nonostante tutto il fallimento di questi tentativi è ormai una storia nota a tutti.
4) - LA PUBBLICITA’-
a) -Gli inizi-
I modi di comunicare del mondo della pubblicità utilizzati nella prima metà del Novecento apparvero del tutto inadeguati all’Italia degli anni Cinquanta Sessanta, quando nuove classi e nuovi ceti sociali, diversi per problemi, aspirazioni e modelli culturali di riferimento rispetto ai precedenti consumatori, costituirono per la prima volta un mercato di massa per i prodotti industriali.
Vennero condotte le prime ricerche motivazionali per riuscire ad individuare i principali pregiudizi contro i nuovi prodotti e trovare quindi uno slogan più efficace per cancellarli. Il mondo della pubblicità si trovò a svolgere un ruolo di mediazione tra civiltà tradizionale e contadina e il mondo della tecnologia, fra l’etica del risparmio e del sacrificio e i valori del confort, fra mondo rurale e nuovi processi di urbanizzazione.
In Italia le forme più significative della pubblicità all’origine furono quelle legate all’affissione dei manifesti murali.

manifesto pubblicitario del 1950 creato da Rossi Mario per una nota
fabbrica di liquori

Manifesti del 1935
Ciò che emerge dalla produzione cartellonistica, che va da fine secolo fino ai primi decenni del Novecento, è che si tratta di una comunicazione per lo più sofisticata e di buon livello estetico, non priva però di toni ironici e caricaturali. Si trattava di una comunicazione fra gente che apparteneva in qualche modo allo stesso mondo, chi vendeva e chi comprava facevano parte della stessa ristretta èlite; si poteva allora essere sofisticati e “scherzare” sul prodotto, e il produttore poteva accettare senza fatica l’umorismo del pubblicitario proprio perché era sicuro che era perfettamente comprensibile al compratore l’ironia del manifesto.
b) -Le nuove pubblicità-
Con gli anni il progressivo aumento del potere di acquisto di tutte le classi sociali e l’entrata nel commercio di nuovi prodotti costringe il settore pubblicitario, come del resto tutti quei settori che riguardano la produzione di beni, ad un significativo cambiamento.
Prima di tutto si capisce che, per presentare un nuovo prodotto o per incrementarne e diversificarne le vendite o creare una nuova immagine del produttore attraverso la pubblicità, è essenziale fare un’analisi della situazione; sapere cioè con esattezza qual è l’immagine dell’azienda, quali sono le caratteristiche del prodotto, qual è la situazione del mercato anche rispetto ai concorrenti.
Bisognava avere chiaramente individuato quale parte del mercato e quali tipi di consumatori( professionisti, massaie, ragazzi, bambini…) si spera di raggiungere tramite il messaggio pubblicitario e che tipo di mezzo utilizzare per la sua diffusione.( manifesti, inserzioni nei quotidiani o settimanali… più tardi anche con spot televisivi); inoltre si iniziò a cercare di capire cosa spinge gli uomini a compiere un’azione o una scelta, cosa può indurre un possibile consumatore ad acquistare o meno un certo prodotto o a preferire una marca rispetto ad un’altra; per questo, prima di iniziare la campagna pubblicitaria si indicono i primi sondaggi per determinare la comprensione, l’interpretazione e le associazioni di idee che il messaggio pubblicitario riesce ad evocare. Dopo l’individuazione di questi importanti fattori cominciò il lavoro dei primi copywriter, fotografi, grafici pubblicitari ai quali spettava e spetta tuttora tradurre le analisi in immagini e frasi efficaci. Per attrarre l’attenzione ricorreranno ad argomentazioni, useranno dell’umorismo, descriveranno minuziosamente le caratteristiche principali dei vari prodotti, coinvolgeranno un personaggio famoso per suscitare maggiormente l’interesse del pubblico, punteranno sui messaggi emotivi per far leva sui sentimenti e sull’inconscio della personalità oppure si cercheranno soluzioni intermedie.
c) –Standardizzazione-
Con l’avvento della pubblicità l’attività di consumo diventa il mantenimento di uno status sociale che motiva, in chi è posto in posizioni gerarchiche inferiori, comportamenti emulativi e imitativi. Le classi agiate sono quindi costrette, per non perdere il proprio status, ad adottare continuamente nuove mode e nuovi consumi. Il modello che ne consegue è una diffusione delle mode e dei consumi dall’alto, dove sono introdotte, al basso della gerarchia sociale, dove sono imitate. Nasce così il desiderio di autoaffermazione come individui unici e l’adesione alla società di massa attraverso le mode.
La pubblicità da un lato scredita l’etica del risparmio e dall’altro favorisce quella della dissipazione e del godimento immediato, accelerando la ricerca di personalità e indipendenza dei singoli finendo così per distaccare gli individui dai “sistemi chiusi e ripetitivi dei sistemi sociali tradizionali”.
5) -LA TELEVISIONE-
Immagine tratta dalla copertina del “radio corriere” in occasione dell’inizio delle trasmissioni ufficiali della televisione italiana nel 1954.
La televisione comincia a radunare le persone nei bar
poiché in pochissimi ne possedevano una.
a) –Introduzione-
Dopo la seconda guerra mondiale, lo sviluppo di questo mezzo di comunicazione, prima negli USA e in Europa(prime trasmissioni televisive regolare dal 1954), poi nel resto del mondo, è stato di una rapidità senza precedenti.
Lo straordinario successo di questo mezzo è dovuto a molti fattori:
-usa un linguaggio che sintetizza insieme molte delle forme di comunicazione più note come radio e giornali;
-aderisce agli orari e ai ritmi della vita quotidiana per la sua natura domestica ;
-facilità dell’ascolto.
Possiamo dire che la televisione, dalla seconda metà del 1900 e ancora ai giorni nostri, è di sicuro il più seguito e il più influente fra i mezzi di comunicazione.
b)-Le prime trasmissioni e la RAI -
Lungo l’arco della giornata sugli schermi televisivi cominciarono a susseguirsi programmi differenti di generi diversi, spesso interrotti dalla pubblicità. Quello che offre e offriva la televisione è un flusso ininterrotto di programmi, che nessuno guarderà mai per intero, nel quale ci si inserisce per riempire i momenti di tempo libero.
L’offerta televisiva è quindi basata su di una griglia di programmazione sulla base delle abitudini, soprattutto domestiche delle diverse fasce di spettatori.
Dal 1954 al 1975, la televisione Rai (prima ad un canale unico e poi dal 1961 su due canali) fu l’unica che gli italiani potevano vedere.
I due decenni del monopolio Rai trascorsero con una programmazione del tutto educativa; si sosteneva che la televisione doveva educare il pubblico, doveva avvicinarlo attraverso romanzi ispirati ai grandi classici della letteratura europea, doveva informarlo, doveva intrattenerlo e con grande professionalità e censura doveva controllarlo e spingerlo con cautela ai consumi (Carosello) e il corso di alfabetizzazione (Non è mai troppo tardi) contribuì ad unificare linguisticamente un paese che parlava ancora diversissimi dialetti.
Naturalmente stiamo parlando di un paese diverso da quello di oggi; i programmi di intrattenimento come i quiz davano realmente i premi in sacchi di gettoni d’oro, le previsioni meteo si facevano ancora su mappe disegnate a mano giorno per giorno e le presentatrici erano semplici lettrici di annunci e venivano chiamate le “fidanzate di tutti”.
il monoscopio della Rai TV (1954).
primo televisore a cinescopio tondo 1949
Ponte radio televisivo con antenne paraboliche a
spicchio 1953.
Torino 1949 complesso trasportabile per riprese tv
Telegiornale Rai.
c)-Televisione e la società-
La televisione dalle origini fino ai giorni nostri ha infinitamente influito sulle abitudini delle persone, sulla loro vita domestica.
La giornata ormai viene scandita dagli appuntamenti con i programmi, dai telegiornali, le previsioni meteorologiche e dagli sceneggiati.
Il modo di percepire le immagini è diverso; la televisione è un mezzo domestico.
La televisione è fatta di parole, ma soprattutto da immagini e proprio queste ultime sono in grado di colpire in modo immediato il nostro cervello al quale arrivano senza elaborazioni logiche.
I messaggi visivi, già potenti di per se in quanto colpiscono una parte del cervello che non si sottopone a sequenze logiche, arrivano sul cervello stesso in un momento in cui esso è distratto; se si aggiungono i condizionamenti e i concetti ripetuti, abbiamo una televisione facile, che ci consente di immagazzinare passivamente informazioni. Ma proprio per questo consente anche di imparare facilmente, e ciò spiega come la televisione sia stato il mezzo più potente di unificazione linguistica in Italia.
Un fenomeno televisivo che influì particolarmente sulla vita domestica degli italiani fu il Carosello.
d) -Il Carosello-
Il Carosello venne per la prima volta alla luce degli schermi televisivi il 3 febbraio 1957, alle ore21 circa.
Per molti di coloro che furono bambini in quegli anni Carosello fu un’esperienza indimenticabile,molti dei personaggi che animarono quei mini film di due minuti e quindici secondi sono ormai quasi dei miti. Ciò che è interessante notare è come “Carosello”,sinonimo di successo televisivo, di affezione del pubblico per la comunicazione pubblicitaria, di penetrazione profonda di quella comunicazione nel costume del nostro paese, sia stato soprattutto il frutto di un diffuso pregiudizio antipubblicitario.
Carosello era stato inventato dalla Rai, che aveva inaugurato il suo servizio nel 1954, con l’intento di inserire le richieste degli inserzionisti nel modo meno aggressivo e più rispettoso possibile delle esigenze del pubblico.
Gli inserzionisti erano tenuti a produrre filmati, lunghi complessivamente 64 metri e 26 centimetri, il cui contenuto era rigidamente suddiviso: il primo minuti e quindici secondi dovevano essere occupati da uno spettacolino non pubblicitario, nei rimanenti trenta secondi invece era possibile fare della pubblicità vera a propria.
Carosello in effetti nascondeva la pubblicità, occultando programmaticamente l’ideologia del consumo che è implicita nel messaggio pubblicitario. Per questo, anche per gli altissimi costi imposti, coloro che professionalmente operavano nel mondo della pubblicità accettarono Carosello come inevitabile ma non smisero mai di detestarlo per quanto poterono.
I pubblicitari di professione degli anni Cinquanta, che avevano svolto il loro tirocinio nelle agenzie americane assumendo i valori della conoscenza scientifica del mercato e delle necessità di comunicare argomentando le scelte, si trovarono in qualche modo obbligati a trovare soluzioni divertenti da destinare agli spettacolini di Carosello. Fu così inventato involontariamente l’italian style, cioè quell’originale, morbida via italiana alla pubblicità e al consumismo:
un’inconsapevole anticipazione di quella pubblicità spettacolo che ha conquistato la cultura dei nostri anni.
Sigla per il programma televisivo
Carosello.

Alcune immagini tratte dal famoso
programma televisivo

6) –INDUSTRIA CULTURALE-
La nozione di industria culturale nacque come espressione polemica presa sa un saggio di Horkeimer-Adorno contenuto in “dialettica dell’illuminismo” nel secondo dopoguerra.
Sempre più si va affermando una cultura definita “seriale”, dal fatto che essa viene diffusa e commercializzata da grandi apparati organizzativi, che adottano procedure di serie non molto differenti da quelle caratteristiche della grande industria.
Ora la cosiddetta alta cultura entra nei circuiti della comunicazione di massa, diventando un prodotto come gli altri, il cui valore tende al basso e alle leggi di mercato.
Con l’espressione industria culturale si indica un’organizzazione produttiva e distributiva di un particolare tipo di cultura, cultura di massa, sviluppatasi nella società industriale. Nell’industria culturale sono comprese le case editrici, la televisione, la radio e qualsiasi altro tipo di comunicazione; il suo scopo è quello di fornire la più ampia informazione sui più svariati argomenti, capaci di suscitare l’interesse di ognuno. Caratteristiche della cultura di massa sono la semplicità del linguaggio. La semplificazione degli argomenti proposti e l’universalizzazione dei temi. Tutto ciò contribuisce a formare un livello medio di pubblico e di cultura.
Il pubblico della cultura di massa è per lo più passivo e non brilla per lo spirito critico; da ciò ne deriva il conformismo che non è altro che l’accettazione passiva e consuetudinaria delle idee e delle norme di comportamento della maggioranza.
L’individuo adotta così il tipo di personalità che gli viene offerto dai modelli culturali.
La seconda rivoluzione industriale trasformò anche le forme e i tempi di produzione culturale. Nella nuova società di massa era possibile immettere sul mercato merci di tipo culturale prodotte in serie e sulla base di politiche imprenditoriali non diverse da qualsiasi altro settore economico.
I romanzi a puntate pubblicati a fine Ottocento negli Stati Uniti e in Europa furono alcuni dei primi esempi di quella cultura seriale che si sarebbe enormemente diffusa negli anni Venti e Trenta, suscitando lo sdegno di molti intellettuali preoccupati per la mercificazione e standardizzazione della cultura. Ormai distanti dall’idea romantica dell’artista come creatore isolato di opere uniche, nell’era della riproducibilità dell’arte le nuove tecnologie e i mezzi di comunicazione di massa potevano permettere la previsione dei gusti del pubblico.
A fine secolo la produzione culturale è divenuta un fatto collettivo, frutto di lavorazioni complesse a cui partecipano tanto i creatori individuali quanto i coordinatori e gli organizzatori, come in qualsiasi ramo industriale.
I Prodotti cinematografici, i telefilm a puntate, ogni interminabile telenovela, gli albi dei fumetti a scadenza mensile e gli stessi prodotti multimediali sono infatti il risultato di politiche imprenditoriali basate su programmazioni e indagini di mercato volti alla commercializzazione di prodotti fruibili ed economicamente redditizi.
I decenni tra le due guerre costituirono un periodo di grandissima vitalità artistica e culturale ed in questo contesto anche il cinema si affermò definitivamente sia trovando una propria collocazione come settima arte sia proponendosi come una vera e propria attività industriale assai redditizia.

BIBLIOGRAFIA E FONTI INTERNET
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- “Boom e miracolo italiano anni ’50 –‘60” di Valentino Neco
Per le immagini:
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Esempio



  


  1. stefano

    materiale sul boom edilizio del dopoguerra