L'architettura razionalista, l'architettura tra le due guerre, il ritorno all'ordine, la pop art ing

Materie:Riassunto
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

L’architettura razionalista

Questa architettura si sviluppa negli anni dopo la prima guerra mondiale in America e in particolare a Chicago, distrutta da un incendio.
Le sue due caratteristiche fondamentali sono: il misticismo utopistico e il culto della logica. Le sue matrici fondamentali sono: l’esperienza della Bauhaus in Germania, De Stijl in Olanda, il Cubismo francese; dalle quali riprende la tendenza alla sintesi estrema degli elementi. La necessità di costruire edifici capienti in modo rapido porta all’utilizzo di materiali innovativi quali: il ferro, il vetro e il cemento armato. Utilizzati senza ornamenti ma lasciati a vista.

Il calcestruzzo armato
Rivoluziona i metodi costruttivi poiché utilizzandolo è possibile sia costruire edifici di notevoli dimensioni e senza ricorrere a vari accorgimenti strutturali per evitare il soprappeso, sia di creare spazi interni indipendenti dalla struttura portante, sia infine di costruire un edificio sollevato da terra. Il calcestruzzo armato è formato da cemento, sabbia, ghiaia, impastati con acqua; il composto così ottenuto viene colato all’interno di strutture in legno con al centro un’armatura di ferro. Il primo ad utilizzare questo nuovo materiale fu Francois Hennebique per realizzare solai, ma il primo ad utilizzarlo a vista fu Auguste Perret con il palazzo di Rue Franklin a Parigi.

L’architettura razionalista nasce per la risoluzione di alcuni importanti problemi:
• Modificare i dormitori abitati dagli operai rendendoli luoghi più abitabili.
• Frenare la speculazione edilizia con dei piani regolatori.
• Creare dei polmoni verdi all’interno della città.
• Risolvere i problemi legati al traffico delle automobili.
• Di creare un’architettura migliore che rifletta una società migliore.
Le radici di questo nuovo tipo di architettura vanno ricercate nelle soluzioni semplicistiche adottate nel passato come: nella romanità, nel rinascimento, nell’illuminismo. Questo stile si tramuterà poi nell’International Style, con diverse degenerazioni dovute a due principali cause:
-Idee architettoniche applicate senza tenere conto del paesaggio circostante e delle sue caratteristiche.
-Quando non vengono prese in considerazione l’importanza dell’armonia d’insieme e della funzione e della forma.

Le Corbusier

Importante architetto razionalista che gode di una notevole fama grazie ai suoi scritti, ai suoi dibattiti e conferenze. Figlio di un fabbricante di orologi, dimostra una precoce abilità progettistica e i suoi maestri sono i più grandi architetti del tempo: l’austriaco Hoffmann, il francese Perret e il tedesco Behrens. Alla fine dei suoi studi compie poi diversi viaggi nelle più importanti capitali del mondo al fine di studiarne i differenti stili architettonici utilizzati. Infine, rimase per lungo tempo in Francia diventando un pittore cubista e coronando un nuovo stile pittorico, il Purismo, una sorta di cubismo ridotto all’essenzialità. Le sue prime opere risalgono al 1920 si tratta di ville private tra cui la villa Stein e la villa Savoye. Ritroviamo in questi due edifici le principali caratteristiche del nuovo movimento e di tutti gli edifici costruiti da Le Corbusier. La prima utilizza come strutture portanti dei sottili pilastri di cemento consentendo all’architetto di essere completamente libero nella disposizione degli interni. Nella villa Savoye invece ritroviamo un altro elemento caratterizzante del suo stile: l’armonia tra natura ed edificio. Questa è realizzata grazie all’utilizzo di pilastri in cemento, da cui deriveranno i famosi pilotis con cui si potranno costruire delle sorte di palafitte, che portano all’elevazione dell’edificio, infatti, il piano superiore si trova rialzato rispetto al terreno. Le facciate della casa sembrano essere circondate da un nastro formato da finestre costituite da vetrate continue, mentre il tetto a punta scompare sostituito da uno spiovente in cui trova posto un ampio terrazzo e solarium. La struttura si presenta lineare, continua, aerea, semplice. Altre sue opere sono altre ville, numerosi piani urbanistici tra cui famoso è quello di Parigi, il progetto per la Società delle Nazioni e la chaise longue costituita da un solo tubolare di ferro e imbottita con un rettangolo di tessuto.

Walter Gropius

E’ figlio di due architetti berlinesi e per questo sceglie lo stesso indirizzo di studi; studia a Monaco e a Berlino. La sua prima opera è del 1914 il “Fagus Werke” con cui dimostra di saper abilmente utilizzare i nuovi materiali quali: ferro, vetro, cemento. I muri esterni di quest’edificio sono caratterizzati da grandi vetrate che non hanno il compito di sorreggere l’edificio ma di delimitarlo. I suoi interessi sono rivolti soprattutto ai bisogni della collettività, perciò molte sue opere sono palazzi residenziali, assetti urbani, o edifici scolastici. E’ quest’ultimo il caso dell’edificio del “Bauhaus” in cui viene ripreso il principio cubista della scomposizione dell’oggetto secondo i diversi punti di vista. Il “Bauhaus” risulta così composto da tre diversi corpi rivolti verso direzioni differenti. Scrive anche un saggio intitolato “Studio per le case alte” per un concorso e collabora con diversi architetti del tempo tra cui Le Corbusier, Van der Rohe, per la costruzione del quartiere “Weissenhof”. Altre sue opere pubbliche sono: il Teatro di Jena e il progetto, mai realizzato, del Teatro totale; modificando profondamente la struttura teatrale tradizionale, Gropius idea una sorta di teatro duttile in cui coreografia e aspetto diventano facilmente convertibili. Dopo il soggiorno in Germania si trasferisce per un breve periodo in Gran Bretagna poi in America dove insegna all’università di Harvard e costituisce con alcuni suoi studenti l’associazione “The Architects collaborative”. Costruisce anche numerose ville private con un vasto uso del legno e grattacieli tra i quali ricordiamo: quello della Pan American, criticato per il suo contrasto con il paesaggio circostante e l’Harvard Graduate Center dalla facciata curva.

L’architettura tra le due guerre in Italia

Dopo la prima guerra mondiale in Italia si senti la nascita di una ricostruzione per questo il regime fascista finanziò diversi progetti architettonici. La nuova architettura riprese dalle tematiche razionaliste di De Stijl e del Bauhaus per nuove soluzioni essenziali e classicheggianti. Infatti si voleva recuperare i temi della romanità e la sua tendenza alla fastosità. Con i finanziamenti del fascismo furono costruiti diversi edifici pubblici: stazioni, scuole, uffici e piani urbanistici come Littoria, Sabaudia, Guidonia e Aprilia; e diverse università di architettura e anche centri espositivi come la triennale di Milano e la prima esposizione internazionale di architettura razionale. Nacquero in oltre diverse riviste come Domus e la Casa Bella. Grazie all’attenzione riservata all’architettura italiana questa si guadagnò un posto di rilievo nel panorama internazionale.
Si svilupparono due diverse correnti: una più legata al fascismo e al classicismo e l’altra meno monumentale ma più razionale. Nella prima corrente ritroviamo Marcello Piacentini che eseguì diversi progetti per i centri di Bergamo e Brescia, in seguito iniziò a lavorare nella capitale. Il suo stile era più monumentale e celebrativo che razionalista e questo si vede bene nel progetto per la città universitaria di Roma e nella via della conciliazione di fronte alla basilica di S.Pietro. questo progetto suscitò immenso scalpore poiché portò alla distruzione di tutte le strette vie che prima si trovavano di fronte alla chiesa e che avevano un preciso significato religioso: indicavano il difficile cammino che deve percorrere il fedele per giungere a Dio e alla fine di queste vie si apriva la piazza circolare del Bernini a simulare un abbraccio. Progettò anche il quartiere EUR, inteso come secondo centro della capitale in cui troviamo uno stile meno monumentale ma più dechirichiano. Nella seconda corrente ritroviamo Giovanni Muzio con uno stile più classicista e tradizionalista. Realizzò diversi edifici a Milano monumentali e asimmetrici come il Cà Brüta. Il suo stile riprende dal ritorno all’ordine pittorico come reazione alla confusione moderna e agli eccessi del futurismo.

Giuseppe Terragni

È il protagonista più originale del razionalismo italiano e membro del famoso gruppo sette nato nel 1927 di idee futuriste e razionaliste, morto dopo il rientro dopo l’esperienza del fronte. La sua prima opera è il palazzo Novocomum a Como caratterizzato da una semplicità della facciata e da una struttura angolare con cui contrasta la balconata ricurva. Ritroviamo nelle sue opere l’insistenza sul misterioso rapporto tra cerchio e quadrato ripreso dai costruttivisti russi e da Malevic e sull’importanza del numero tre, come si vede nel progetto per il Dantaeum, un edificio volto a ricordare la divina commedia. Un’altra importante opera che si trova sempre a Como è la casa del fascio con una struttura quadrata e priva di simmetria nelle facciate, molto diversa dalle tradizionali opere fasciste in cui l’edificio doveva spiccare per alcuni elementi in modo da attirare l’attenzione e dare l’idea del potere. Invece e il suo progetto richiama la purezza della villa Savoye di Le Corbuisier. L’altezza dell’edificio è la metà della base e le quattro facciate sono tutte identiche fra di loro caratterizzate da un’alternanza di pieni e vuoti rettangolari che contrastano con la parte bianca di marmo a lato lasciata per ospitare le opere di arte moderna. All’interno si trova un salone centrale con un grande lucernario e caratterizzato da una semplicità che rimanda alle ville romane . il tetto è costituito da diversi terrazzamenti che ritroviamo anche nella casa rustici a Milano. Un’altra opera è l’asilo S.Elia curato nei minimi dettagli e dedicato ad un architetto futurista.

Giovanni Michelacci

Membro del MIAR, movimento italiano per l’architettura razionale, e autore della stazione ferroviaria di Firenze, S.Maria Novella, grazie a un progetto che vinse un concorso. Per la sua realizzazione utilizzò nel rivestimento lo stesso segno della chiesa e il caratteristico andamento chiaro scuro di strisce marmoree. Per la sua semplicità e per l’utilizzo di calcestruzzo armato, vetro, acciaio suscitò grande scandalo. Dopo la guerra cambiò decisamente stile come si vede nella chiesa di S.Giovanni Battista collocata vicino allo svincolo dell’autostrada per Firenze. Questa è ispirata alla cappella di Le Corbusier ed è dedicata alle vittime per lavoro ad autostrada e il suo tetto richiama le tende dei nomadi, questo perché lui identificava l’uomo moderno come un nomade.
Per la sua realizzazione utilizza una pietra tipica della toscana e invita ciascun muratore a utilizzare i propri metodi di costruzione.

Il ritorno all’ordine

Dopo la prima guerra mondiale ci fu una decadenza delle avanguardie che ritornarono ad una sorta di realismo rigettando lo sperimentalismo. Iniziò a diffondersi il gusto Déco, nato da una grande esposizione decorativa a Parigi. Grazie al boom economico il mercato dell’arte conobbe un notevole incremento poiché la borghesia richiedeva numerose opere d’arte. Questo portò alla nascita di uno stile conservatore promosso dai pittori delle stesse avanguardie e che si diffuse rapidamente in tutto il mondo con le seguenti comuni caratteristiche:
• Si diffuse in tutte le aree delle vecchie avanguardie
• Non aveva una connotazione politica ma voleva solo guardare al passato
• Voleva dare del mondo un immagine serena e melanconica
• Si presentò come un ripensamento sul nuovo come migliore
• Fu spontanea

L’Italia e la rivista valori plastici

L’Italia ebbe un ruolo decisivo nella nascita di questo nuovo stile con la rivista del 1918 “valori plastici”, che uscì anche in francese l’allora lingua internazionale, vi collaborarono Carrà, De Chirico, Savinio e Morandi. Nella rivista si parlava della crisi delle avanguardie e si invitava quindi ad un ritorno al passato. Tra i grandi protagonisti di questo stile ricordiamo i vecchi futuristi come Severini con la sua opera la “maternità” e Carrà. Nel 1921 in una mostra organizzata a Berlino le teorie scritte sulla rivista furono presentate dai quadri di giovani italiani e questo nuovo stile fu denominato realismo magico. Tra queste c’era “il pino sul mare” di Carrà un dipinto semplice su cui a sinistra troviamo una casa squadrata, a destra un pino, sullo sfondo un mare cupo, mentre al centro si trova un cavalletto coperto da un semplice telo bianco privo di simboli e per questo misterioso. Il termine realismo magico deriva dal fatto che questi dipinti presentano dei colori piatti, una staticità trattenuta, e i tratti dei personaggi sono molto marcati così da richiamare il mondo del cinema muto.

Arte e dittatura

Contrariamente a Mussolini, Hitler aveva una diversa attenzione verso l’arte. Da giovane egli voleva diventare un architetto ma nonostante i diversi tentativi per entrare all’accademia di Vienna non riuscì mai a superare l’esame di ammissione. Giunto al potere cominciò una sorta di lotta contro le avanguardie e l’architettura moderna definendola un prodotto ebreo bolscevico, incontrò facilmente il favore delle masse e della borghesia che consideravano l’arte moderna una truffa. Sotto accusa finirono: il cubismo, il dadaismo, il futurismo, l’impressionismo, e lo stesso espressionismo tedesco; questo perché non davano una visione di un uomo eroico e ariano. Insieme all’architetto Albert Speer progettò un nuovo assetto urbanistico per Berlino con grandi viali per le parate militari e un imponente residenza privata, al cui centro doveva trovarsi un immensa cupola grande sette volte quella di S.Pietro e alta 250m. tuttavia di tutti questi progetti fastosi venne realizzato, solo per metà, lo stadio di Norimberga. Al contrario in Italia il fascismo aveva progetti meno ambiziosi e per questo riuscì a realizzare il quartiere EUR e il palazzo della civiltà italiana fatto di colonne, marmo e ricordi della Roma imperiale.

La mostra dell’arte degenerata: un boomerang

Il nazismo tolse dai musei tedeschi le opere cubiste, astrattiste, dadaiste ed espressioniste. Furono tolti in questo modo circa 6000 quadri e sculture destinati al rogo o a essere venduti all’asta. Alcune di queste vennero esposte nel 1937 a monaco nella mostra dell’arte degenerata, inaugurata con un discorso di Hitler, accompagnata da scritte offensive e da cartellini che indicavano il prezzo per cui le opere erano state comprate, aperta dopo l’inaugurazione di un’altra mostra cioè quella dell’arte promossa dal regime. Tuttavia questa mostra ottenne risultati opposti da quelli previsti da Hitler poiché attirò il pubblico più vasto mai visto ad una mostra, tanto che fece il giro di tutte le principali città tedesche.

Piero Manzoni

Molto simile a Klein è Piero Manzoni, anche se egli non aderì mai pienamente ai Novorealisti. Studiò per un breve tempo all’Accademia di Brera poi collaborò con diversi artisti come Lucio Fontana, Klein, Enrico Castellani e Vincenzo Agnetti; con questi ultimi due fondò anche la rivista “Azimuth” e la “Galleria Azimuth”, punto di riferimento per i giovani milanesi. I suoi intenti erano:
• Distruggere il mito romantico che vedeva nell’artista un genio capace di trasformare in opera d’arte tutto ciò che tocca.
• Evidenziare una nuova mitologia collettiva fatta di eventi primari come: nascere, esistere, respirare, pesare, insomma essere.
Per realizzare il suo primo intento egli elaborò diverse opere senza colori, intitolate “Achromes”, fatti di stoffa comune e decorati qualche volta con delle semplici pieghe o persino panini, a denuncia dell’inutilità del quadro. Questa sua ironia sulla figura dell’artista la ritroviamo nelle opere: “Fiato d’artista” e nelle scatolette “Merda d’artista”, nelle scatole cilindriche con dentro delle semplici linee tracciate da lui. Un giorno riunì presso una galleria delle persone e li invitò a “divorare l’arte”, offrendogli delle nuova sode su cui aveva impresso la firma con il pollice. In Danimarca, meta di uno dei suoi viaggi, conficcò nella terra un cubo di cemento con sopra scritto ribaltato “Socle du Monde”, a significare che tutto il mondo è una sua opera. Insistendo sempre sull’ironia tra il parallelismo artista-creatore divino firmò numerose persone viventi, tra cui Umberto Eco, come sue opere rilasciandogli un certificato. Per sentirsi temporaneamente una sua opera basta comunque salire sulla “Base magica” una semplice scatola di legno. Dalle teorie filosofiche di Jung, Manzoni riprese l’idea di un inconscio collettivo in base al quale abbiamo tutti simili modi di pensare e da qui elaborò l’idea di un Placentarium, un teatro a forma d’uovo in cui tutti possono sentirsi come dentro un utero. Le sue riflessioni sulla figura dell’artista verranno poi riprese dal concettualismo.

Piero Manzoni, Merda d’artista, 1961

E’ questa l’opera più conosciuta e scandalosa di questo artista, per cui ci fu anche un dibattito parlamentare quando venne esposta alla Galleria d’Arte Moderna a Roma. Si tratta di una serie di confezioni simili a quelle di carne in scatola, che allora cominciavano a circolare in Italia, e su cui è scritto in diverse lingue “Contenuto netto gr.30. Conservata al naturale. Prodotta e inscatolata nel maggio 1961”. Sono ricoperte da una carta bianca su cui è scritto ripetutamente il nome dell’artista mentre sopra sono firmate e contrassegnate da un numero di serie. Secondo la sua intenzione, idea ripresa da Klein, queste avrebbero dovute essere vendute allo steso prezzo di 30 gr d’oro e, infatti, vennero vendute per una simile cifra. Il loro contenuto richiama le teorie psicoanalitiche di Freud sulla fase anale. Il suo criticismo è contro la figura dell’artista, il mercato dell’arte ed è anche un anticipo alla rivolta contro il consumismo.

Pop Art inglese

La pop art inglese è un nuovo stile che nasce insieme al consumismo di massa e si propone di osservarne i cambiamenti, senza però criticare, che questo porta sulla gente e le loro abitudini; da qui il nome “pop” che significa popular e appunto simboleggia questa tendenza a rappresentare i nuovi miti e consuetudini della massa. Questo stile ebbe il suo massimo successo negli anni cinquanta e sessanta e nasce in Inghilterra, dove ci fu la prima mostra “This is tomorrow” a Londra. Il manifesto di questa corrente è un quadro di modeste dimensioni e dai colori sbiaditi, fatto con la tecnica del collage, di Richard Hamilton “Just what is it that makes today’s home so different, so appealing?” (“Ma che cos’è che rende le case di oggi così diverse, così attraenti?”). In questo quadro è rappresentato l’interno di una casa borghese nel cuore della città in cui i protagonisti sono marito e moglie raffigurati nudi. Il corpo dell’uomo è muscoloso per l’allenamento sportivo, come si vede dalla bacchetta che porta in mano e su cui c’è scritto “Pop”, e non più dalla caccia. Il corpo della donna invece non esprime più maternità ma seduzione. Nella stanza ritroviamo gli oggetti dei nuovi consumi e che stanno cambiando la vita delle persone: aspirapolvere (indicato da una freccia che ne’indica le prestazioni), registratore, televisore. Sul tavolino al centro, a simbolo del nuovo modo di alimentarsi, c’è una scatola di prosciutto confezionato, mentre sulla lampada troneggia la scritta Ford delle nuove automobili. Sulla aprete si trovano poi due quadri, uno è una pagina tratta dai fumetti, l’altro è più classico, allusione al contrasto vecchio-nuovo, mentre dalla finestra intravediamo i simboli del nuovo divertimento di massa (teatri e cinema).
Altri protagonisti inglesi di questa corrente furono: Eduardo Paolozzi, Ron Kitaj, Allen Jones, Peter Blake, che firmò la copertina di un cd dei Beatles. La pop art riflette la società mondana londinese e la rivoluzione portata dai media senza criticarla.

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