Astronomia

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Testo

LE COSTELLAZIONI E LA SFERA CELESTE
Le stelle visibili senza strumenti sono state raggruppate in costellazioni, alle quali sono stati dati nomi fantasiosi spesso derivati dall’immagine che le stelle suggerivano; sono ancora usate per localizzare rapidamente, anche se in modo approssimato, un qualunque corpo celeste.
Guardando il firmamento si ha l’impressione che la terra sia al centro di un’enorme sfera cava, sulla cui superficie si vedono proiettati tutti gli astri; questa sfera celeste sembra ruotare da est a ovest intorno a noi, in realtà è la terra che ruota su stesso in senso contrario (da ovest a est) attorno a un ideale asse terrestre, che prolungato a partire dal polo nord tocca una piccola stella che è stata chiamata stella polare. Si prende in considerazione la sfera celeste quando si vuole determinare la posizione di un astro qualsiasi rispetto alla terra.
Lo Zenit è il punto in cui la verticale innalzata sopra la testa di un osservatore qualunque incontra la volta celeste, mentre il punto opposto (agli antipodi) si chiama Nadir. Se l’osservatore immagina di tracciare un piano perpendicolare alla sua verticale, la sfera celeste verrà tagliata secondo una circonferenza massima, chiamata orizzonte celeste, che la divide in un emisfero superiore (a lui visibile) e uno inferiore (invisibile).
Zenit e Nadir si trovano su una stessa circonferenza massima che viene chiamata meridiano celeste del luogo di osservazione; nel caso in cui un osservatore stia al polo, la verticale coinciderà con l’asse terrestre e quindi lo zenit corrisponde con un polo celeste, l’orizzonte celeste a sua volta coinciderà con una circonferenza (equatore celeste) che rappresenta il circolo massimo descritto dalle stelle nell’apparente moto di rotazione della sfera celeste attorno all’asse: tutte le stelle che non si trovano su questo circolo massimo descrivono sulla sfera celeste delle circonferenze (paralleli celesti) di diametro via via più piccolo quanto più sono vicine a uno dei poli.
Punti cardinali: quattro punti che, immaginando di guardare l’orizzonte dallo zenit del luogo, si succedono in senso orario (nord, est, sud, ovest). [Quando equatore celeste ed orizzonte celeste non coincidono, la loro intersezione individua 2 punti Est e Ovest che segnano sull’orizzonte la posizione da cui sembra sorgere e tramontare un astro che percorre l’equatore celeste. L’orizzonte è tagliato in altri due punti notevoli dal meridiano del luogo: nord e sud che si trovano ognuno dalla parte del polo celeste dello stesso nome.]
LE DISTANZE ASTRONOMICHE
Le più usate unità di misura delle distanze sono:
- unità astronomica (U.A.) è usata in genere entro i limiti del sistema solare e corrisponde alla distanza media tra terra e sole, circa 149,600,000km
- anno-luce (a.l.) distanza percorsa in un anno dalla radiazione luminosa (300000 km/s), quindi un anno-luce corrisponde a circa 9463 miliardi di km
- parsec (parallasse-secondo, pc) distanza di un punto dal quale un osservatore vedrebbe il semiasse maggiore dell’orbita terrestre, perpendicolarmente, sotto l’angolo di 1”, quindi corrisponde a 30900 miliardi di km
L’unità parsec deriva dal metodo usato per determinare la distanza delle stelle, basato sull’accurata misura dell’angolo di parallasse. Il termine parallasse indica in realtà lo spostamento apparente di un oggetto rispetto a un punto di riferimento molto lontano, quando l’oggetto viene osservato da due punti diversi; in astronomia è lo spostamento apparente di una stella rispetto a uno sfondo di stelle lontanissime, se osservata da due punti separati da una certa distanza. Quindi la parallasse è tanto maggiore quanto maggiore è la distanza dai due punti di osservazione; per questo in astronomia si prende come base l’asse maggiore dell’orbita terrestre: le due osservazioni per misurare la parallasse di una stella si fanno a 6 mesi l’una dall’altra, in modo che i punti di osservazione distino 300milioni di km uno dall’altro (lungheza media dell’asse dell’orbita terrestre). Eppure molte stelle sono così lontane che risulta un angolo non apprezzabile: non è infatti possibile determinare distanze di stelle la cui parallasse sia inferiore a 1/100 di secondo d’arco.
STELLE A CONFRONTO
Strumenti sempre più raffinati hanno permesso di riconoscere molte altre caratteristiche delle stelle, che appaiono come un insieme di corpi diversi per dimensioni, massa, temperatura, composizione chimica e così via; le caratteristiche che permettono di “catalogare” i corpi celesti in gruppi omogenei (e che hanno fornito informazioni per capire cosa siano le stelle e quale ruolo svolgano nella struttura dell’universo) sono:
- magnitudine apparente e assoluta: la diversa luminosità è la caratteristica che ha suggerito di dividere le stelle in classi sulla base del loro splendore, introducendo 6 ordini di grandezze (prima per le più luminose, sesta per le più deboli ancora visibili a occhio nudo), tra ogni classe vi è una differenza di cerca 2,5 volte. Recentemente il termine “grandezza” è stato sostituito da magnitudine e la luminosità viene calcolata con appositi fotometri fotoelettrici. Una volta scelte alcune stelle come riferimento e dopo aver effettuato diverse misure, ci si è resi conto che alcuni corpi celesti risultavano più luminosi di quelli della prima classe: si è aggiunta quindi la magnitudine zero e le magnitudini negative. Una stella appare più o meno luminosa perchè può emettere più o meno luce, ma sopratutto perchè è più o meno lontana da noi; le misure finora citate si riferiscono alla magnitudine apparente (m), per conoscere la luminosità intrinseca di una stella si ricorre alla magnitudine assoluta (M) che corrisponde alla luminosità che le singole stelle mostrerebbero se fossero poste a una stessa distanza da noi pari a 10 parsec. Una volta nota la magnitudine assoluta di una stella è possibile risalire alla distanza della stella, per confronto con la sua magnitudine apparente e superare i limiti del calcolo della parallasse. Non tutte le stelle hanno una magnitudine costante: le variabili pulsanti, o variabili intrinseche, che a cicli regolari emettono maggiore o minore energia, come se pulsando subissero continui rigonfiamenti e contrazioni.
- stelle doppie e i sistemi di stelle: quando due stelle ruotano intorno ad un baricentro comune, in un piano tale che, viste dalla terra, si eclissano a vicenda a intervalli regolari; in alcuni casi è possibile distinguere al telescopio i due componenti di un sistema (binarie visibili), altre volte una stella in apparenza singola si riconosce come doppia per le variazioni di luminosità (variabili a eclissi), sono noti anche sistemi multipli con tre o più stelle associate rilevabili per variazioni di luminosità. Dall’analisi delle orbite delle stelle binarie è possibile risalire alla loro massa (in media compresa tra 1/10 e 50 volte quella del sole); dall’analisi dei periodi di occultamento si può ricavare invece il diametro delle stelle.
- i colori, le temperature e gli spettri stellari: lo studio dei corpi luminosi e lontani avviene con esami spettroscopici; con gli spettroscopi un qualunque raggio luminoso dà origine ad uno spettro, cioè una striscia formata da bande con tutti i colori dell’iride. Gli spettri sono una specie di impronte digitali dei vari elementi chimici e costituiscono un potente strumento di indagine, infatti si possono determinare gli elementi o i composti chimici del corpo da cui proviene la luce, o della massa gassosa attraversata dalla luce stessa. Il “tipo spettrale” dipende dalla temperatura del corpo emittente e le stelle non hanno tutte la stessa temperatura, come rivelano in prima approssimazione i differenti colori con cui ci appaiono, strettamente legati alle temperature superficiali delle singole stelle. All’analisi spettroscopica le diverse temperature delle stelle si traducono in pratica in differenti tipi spettrali: le stelle vengono perciò classificate in una serie di classi spettrali, ordinate in funzione di valori decrescenti della temperatura. La classe spettrale O ad esempio comprende le stelle a più alta temperatura superficiale (30000-60000 K) di colore bianco-azzurro, mentre la classe M raccoglie le stelle più “fredde” (3000 K) di colore rosso. Le analisi spettrali hanno messo in evidenza una notevole uniformità nella composizione chimica delle atmosfere stellari, per la maggior parte tale materia è costituita da idrogeno (80%) e di elio (He 19%), il rimanente (meno dell’1%) comprende gli altri elementi chimici conosciuti.
le stelle in fuga e le stelle in avvicinamento: le stelle si muovono nel firmamento, ma nella maggior parte dei casi il loro movimento è per noi impercettibile, a causa della grande distanza. Il movimento viene studiato controllando la posizione dell’astro rispetto a stelle circostanti e ripetendo l’osservazione a lunghi intervalli di tempo. La velocità di una stella può essere stimata con sufficiente approssimazione se la direzione del movimento è perpendicolare alla linea che unisce l’occhio dell’osservatore alla stella stessa. Ma alcuni corpi si allontanano o si avvicinano a noi: in questo caso (velocità radiali) le stime sono fornite dalla spettroscopia attraverso l’applicazione dell’effetto Dopler. In una sorgente di luce che si allontana velocemente da noi, aumenta la lunghezza d’onda della luce che viene emessa, allo stesso modo il suono del clacson di un’automobile che si allontana cala di tono (allungamento dell’onda sonora
IL DIAGRAMMA DI HERTZSPRUNG-RUSSEL
Asse x: spettro o temperatura (da sx a dx si va dal caldo 40.000 k al freddo 3000 k cui corrisponde uno spettro dal blu al rosso). Asse y: magnitudo o luminosità (dall’alto al basso si va da + luminoso a - ). Le stelle si dispongono su una fascia che va da: in alto a sx, a: in basso a dx, in cui il sole è circa a metà, e funge da esempio come stella comune per luminosità e temperatura, ma la densità nelle stelle è invece molto varia. Più le stelle sono grandi quindi più sono calde e luminose tendenti al blu. Il rapporto infatti tra massa e luminosità è L = m alla 3,5. Fanno eccezione le giganti rosse, molto luminose ma fredde e perciò rosse, e le nane bianche, molto calde ma poco luminose e piccole di massa.
NEBULOSE
Appaiono come zone a luminosità diffusa, sono immense nubi di gas estremamente rarefatte e fredde.
Nebulose planetarie: i gas sono eccitati dalla radiazione di alcune stelle contenute nella nebulosa emettendo così luce.
Nebulose a emissione: ricevono la loro luce da stelle al loro interno che non ci è possibile vedere.
Nebulose a riflessione: ricevono la loro luce da stelle poste nelle vicinanze.
Nebulose oscure: assorbono la luce degli oggetti che stanno dietro rispetto all’osservatore, il quale vede perciò solo una zona scura.
STELLE BINARIE
Sono due stelle molto vicine che ruotano, molto difficili da individuare.
Binarie visuali: si notano col telescopio.
Binarie spettroscopiche: misurando il loro spettro, si nota che una si avvicina mentre l’altra si allontana e poi viceversa.
Binarie astronometriche: si misurano le perturbazioni nella traiettoria.
Binarie a eclissi: si rileva la variazione periodica di luminosità, che corrisponde ai due momenti in cui noi vediamo solo una delle due stelle.
NOVAE
Quando appare un brillamento nel cielo, è una stella in fase avanzata che esplodendo libera materia dagli strati più esterni e un’energia tale da renderla fino a 150000 volte più luminosa. L’esplosione è spesso causata dall’intromissione di materia da una stella binaria vicina che viene bruciata con un’esplosione.
SUPERNOVAE
E’ molto più catastrofico: la luminosità aumenta fino a miliardi di volte, la materia stellare viene proiettata a velocità incredibili nello spazio generando poi una nebulosa. La nebulosa del Granchio è una stella esplosa nel 1054 osservata da astronomi cinesi. Al suo interno c’è un pulsar che emette onde radio ogni 33 millisecondi, e una piccola stella che emette lampi di luce e raggi x con la stessa frequenza. Durante l’esplosione si formano gli elementi più pesanti.
PULSAR
O radiosorgente pulsante. Emettono onde radio e a volte ottiche con tempi che vanno dai 0.03 ai 4 secondi. La loro frequenza tende a diminuire col tempo. Si ritiene che siano delle stelle a neutroni in rapida rotazione, già previste ma mai osservate prima. Con un diametro di qualche decina di km, hanno la stessa massa del Sole, ovvero hanno una densità spaventosa. Il pulsar si genera dall’esplosione in supernovae di una stella almeno 10 volte il Sole, e dalla successiva implosione dovuta alla gravità che comprime la materia fino al punto che gli elettroni reagiscono coi protoni del nucleo dando dei neutroni ed energia. Quando la densità supera la soglia di 3 x 10 alla 14esima g/cm cubo, non ci sono più atomi ma praticamente solo neutroni. L’origine delle pulsazione è probabilmente la rapidissima rotazione sul proprio asse, che è spostato rispetto all’asse del fortissimo campo magnetico prodotto. Ultimamente sono state scoperte delle pulsar superveloci che sono estremamente vecchie. Si ipotizza che, dopo aver esaurito la loro rotazione, le stelle di neutroni si trovavano in un sistema binario da cui ricevevano dall’altra stella materia e perciò energia per riprendere a girare. Ciò fa pensare che in futuro le sorgenti di raggi X diventino pulsar superveloci.
SORGENTI DI RAGGI X
Emettono raggi X costanti o a intervalli regolari e non. Sono probabilmente delle binarie molto vicine, di cui una molto grande e l’altra molto piccola e densa, come una stella a neutroni o un buco nero. La materia della stella più grande scivola nella seconda con un moto a spirale, surriscaldandosi quanto basta per emettere raggi X.
E’ stata scoperta una radiazione X di fondo che ha la medesima intensità in ogni direzione, e non si trova quindi la sorgente.
BUCHI NERI
La teoria della relatività prevede che una massa attira anche le onde elettromagnetiche. Per produrre una deviazione visibile è necessaria una massa enorme, come misurato nel 1919 sulla luce di stelle lontane deflessa dal Sole. Se però una massa enorme viene compressa ancor più che una stella a neutroni, nulla potrebbe sfuggire al suo campo gravitazionale, nemmeno la luce, generando così un buco nero. I buchi neri hanno un raggio minore di quello calcolato come limita max da Schwarzschild: R = 2M x G / c alla seconda, dove M è la massa, G è la costante di gravitazione universale e c la velocità della luce. I buchi neri hanno masse da 3 a 50 volte il Sole in diametri che vanno dalle decine alle poche centinaia di km, e sono generati come le stelle di neutroni da supernovae, in cui però la massa rimasta al centro è superiore a 3 Soli. Ci sono poche speranze di individuare un buco nero.
EVOLUZIONE DELLE STELLE
L’idea per ricostruire la vita delle stelle proviene dalla fisica: infatti le caratteristiche di una stella (temperatura, luminosità, durata della vita che dipende dalla velocità di utilizzo dei combustibili ecc) dipendono dalla sua massa.
Nascita di una stella
Le nebulose sono costituite da idrogeno (80%) e elio (20%) e da piccole quantità di altro. La materia all’interno di esse si contrae attratta dalla sua stessa forza di gravità, finchè si condensa in stelle. Per generare il collasso occorre che l’equilibrio gravitazionale originario sia perturbato dall’esterno, ad es. da una supenovae o dallo scontro con altre nebulose. Dalle nebulose si formano grappoli di stelle, mentre quelle singole si formano dai “globuli di Bok”. Quando la materia è sufficientemente densa, la contrazione rallenta e si forma una protostella, non visibile perché oscurata dalla nube di polvere e con un nucleo ancora non sufficientemente caldo da innescare reazioni nucleari. La contrazione però prosegue, e quando supera il milione di gradi inizia a bruciare e si ha la stella. Tuttavia essa è ancora offuscata, ma poi il vento stellare da lei prodotto spazzerà via tutte le polveri. La conferma si è avuta osservando l’emissione infrarossa e radio della nebulosa di Orione negli anni Settanta. Le nuove stelle non sono subito stabili, ma oscillano sul diagramma H-R fino a stabilizzarsi per tempi che sono tanto più brevi quanto maggiore è la massa.
Vita delle stelle
Ciò che determina la natura di una stella è la sua massa. Se è maggiore di 10 Soli si forma una luminosissima stella gigante blu, la cui temperatura superficiale va da 20.000 a 40.000 K. Col diminuire della massa le stelle seguono la sequenza principale del diagramma H-R fino alle nane rosse. Le stelle, bruciando l’idrogeno, generano l’energia necessaria per mantenerle stabili sul diagramma e non collassare per effetto del proprio peso. Le stelle più grandi bruciano l’H più in fretta di quelle piccole, perché le reazioni termonucleari avvengono velocemente. Per es. il Sole brucia in 10 miliardi di anni, una stella grossa il doppio in appena 0,5 miliardi e una grossa 10 volte in appena 20 milioni di anni. E’ per questo che le stelle grosse e brillanti sono abbastanza rare. Quando l’idrogeno inizia a scarseggiare, la stella non riesce più a contrastare la tendenza a contrarsi, e il suo nucleo, come avveniva alla sua nascita, si riscalda al punto da fondere l’elio in carbonio. Per cui si ha un nucleo di elio che si trasforma in C e un rivestimento esterno di idrogeno che diventa elio. La nuova reazione avviene a temperature dell’ordine dei 20 milioni di gradi, che sono tali da far espandere lo strato esterno generando così una gigante rossa. La stella appare rossa perché la sua immensa energia, che la rende luminosissima, è distribuita su una superficie enorme. Se la massa è supera i 4-5 Soli, la temperatura del nucleo raggiunge temperature fino a 1 miliardo di gradi, generando così elementi quali O, Mg, Si, Fe, i quali rendono instabili il nucleo, che così esplode in una supernova, durante la quale si generano gli elementi più pesanti di Fe.
Fine delle stelle
Alcune stelle, abbiamo detto, concludono la loro vita in supernovae e quindi nane bianche, pulsar o buchi neri, oppure esplodono più di una volta in novae, ma cmq la loro fine dipende dalla loro posizione sul diagramma H-R, che può anche variare durante la loro vita per l’acquisto o la perdita di materia. Non tutte le stelle tuttavia esplodono alla fine, ma si comportano come stelle variabili. Fanno eccezione le stelle di 0,7 – 0,8 masse solari, che rimarranno vive per molti miliardi di anni. Quelle come il Sole, invece, dopo essere diventate delle giganti rosse, e dopo aver esaurito l’elio nel nucleo da trasformare in carbonio, collassa a dare origine a una nana bianca. Essa è molto piccola e densissima, molto luminosa e quindi molto calda superficialmente (100.000 K). Il materiale espulso si espande dando origine a una nebulosa planetaria, i cui gas sono luminosi perché ionizzati dalla nana bianca. La nebulosa si espande velocemente e poi si dissolve nella maggior parte dei casi. L’energia delle nane bianche non proviene da reazioni nucleari ma dal collasso gravitazionale, la loro massa non permette di diventare stelle a neutroni. Quando l’energia ricavata dalla contrazione si esaurisce, diventano sempre più fredde (rosse) fino a spegnersi definitivamente.
RIASSUNTO SULL’EVOLUZIONE DELLE STELLE
1. Nebulosa: (polvere e gas freddi) le particelle si avvicinano e si aggregano, aumenta la temperatura e si forma la
2. Protostella: emette radiazioni infrarosse, per gravità la contrazione prosegue, la temperatura perciò aumenta e inizia il processo termonucleare H >>> He.
3. Stella adulta: fase di stabilità, la pressione dei gas verso l’esterno bilancia la contrazione gravitazionale.
4. Gigante rossa: quando tutto l’H si è consumato, la stella collassa sul nucleo di He, più pesante. In questo modo si riscalda così tanto da innescare nuove reazioni termonucleari He >>> C. Di nuovo l’involucro esterno si dilata e si raffredda fino a raggiungere un nuovo equilibrio.
5. Pulsar o stella variabile: se l’espansione supera il punto di equilibrio seguiranno nuove contrazioni ed espansioni
6. A seconda della massa:
• Minore del Sole: collassa gradualmente, fino a diventare delle dimensioni della Terra, con densità milioni di volte quella dell’acqua, diventando una nana bianca; si raffredda lentamente fino a diventare un corpo oscuro.
• Uguale al Sole o poco più: allo stadio di Gigante rossa, espellono gli strati più esterni che danno origine a nebulose planetarie. La gigante rossa è ora nuda, si contrae e si riscalda, mentre la nebulosa si ionizza e emette fluorescenza. Poi la fusione nucleare si esaurisce, la stella si raffredda, la nebulosa si disperde e la stella diventa una nana bianca, la quale, se vicina a una gigante rossa, le strappa abbastanza materiale per innescare nuove fusioni. A quel punto la stella esplode e si osserva una nova.
• 10 o più masse solari: quando si esaurisce il combustibile, il collasso gravitazionale provoca una gigantesca esplosione: una supernova. Il materiale rimasto collassa per gravità e raggiunge densità di 10 alla 14 g/cm cubo. A quel punto elettroni e protoni si fondono per formare neutroni e l’intera massa della stella si concentra in 20 o 30 Km di diametro. E’ una stella a neutroni, che emette onde radio, raggi X ecc… girando velocissimamente su sé stessa (Pulsar).
• Alcune decine di masse solari: il collasso gravitazionale non ha nulla a contrastarlo e si forma un buco nero. La sua presenza potrebbe essere segnalata da emissione di raggi x da parte del gas che sta attirando.
LE GALASSIE
Le galassie apparivano come nebulose fino a quando la risoluzione del telescopio Palomar ha permesso di distinguere gli ammassi di stelle di cui sono formate. Oggi vediamo galassie fino a 15 miliardi di anni luce, e tra noi e loro ci sono immensi spazi vuoti. Le galassie possono essere a spirale (78%) normale o sbarrate, ellittiche (18%), e irregolari (4%), queste ultime di norma molto piccole. Le galassie sono distribuite in ammassi. La Via Lattea fa parte del gruppo locale, di circa 8 milioni di anni luce di diametro, contiene tre grandi galassie a spirale (Andromeda, Via Lattea, del Triangolo) e 15 più piccole di cui 4 irregolari e il resto ellittiche (Grande e Piccola Nube di Magellano). Oltre alla luce visibile, le galassie emettono grandi quantità di energia sotto molte forme.
LE GALASSIE E L’UNIVERSO IN ESPANSIONE
La spettro delle galassie rivela una tendenza al rosso (red shift), ovvero si stanno tutte allontanando. Già Hubble aveva fatto notare che le galassie quanto più sono lontane dalla Via Lattea, tanto più si allontanano a velocità ancora più grandi, e ciò costituisce la legge di Hubble o della recessione delle galassie: V = Ho x r, dove Ho è la costante di Hubble. Questa legge non dimostra che siamo al centro dell’universo, bensì che ci allontaniamo tutti da un centro di espansione. Ora bisogna calcolare perciò quando è iniziata questa espansione.
Il valore Ho
Dai 500 Km/sec per parsec di distanza si calcolò un’età dell’universo irrisoria, appena 2 miliardi di anni, ma successivamente è stato portato a prima a 100, per cui l’età era di 10 miliardi di anni, e successivamente a 55. Oggi si è divisi: alcuni dicono tra 45 e 60, altri tra 70 e 90. Tuttavia si è concordi nel ritenere che l’universo abbia più di 10 miliardi di anni.
L’UNIVERSO
Per scoprire le origini dell’universo è necessario andare da quello attuale a ritroso nel tempo. Tutte le galassie si allontanano, e ciò vuol dire che una volta erano più vicine, fino a immaginarsele concentrate tutte in un punto, che a seconda di Ho va dai 21 miliardi di anni fa agli 11.
I PRIMI ISTANTI
Il big bang
Proposta nel 1946 dal fisico G. Gamow per spiegare l’abbondanza di elio e di altri elementi. Nei primi istanti tutta la materia era in un ammasso densissimo con temperature spropositate ( >1000 miliardi di K), una sorta di fuoco primordiale dalla cui esplosione si sono formati nei primi minuti H (75%) e He (25%). La loro creazione presuppone una radiazione di fondo ormai molto spostata a lunghezze d’onda maggiori. Secondo Gamow la materia ha continuato a espandersi prima di aggrupparsi in galassie e formare ciò che c’è ora. La sua teoria è stata modificata alla luce della teoria generale della relatività e della teoria quantistica dei campi e delle particelle elementari. Con il nuovo “modello classico del big bang” si risale fino a un’età di 10 alla meno 43 sec, quando il diametro dell’universo era di 3 per 10 alla meno 33 e una temperatura di 10 alla 17 K. In questa fase era pura energia, da cui poi si formarono la materia l’antimateria, il tutto in una grande quantità di fotoni. Nel frattempo anche le forze si distinguevano: dapprima si separò la forza gravitazionale, poi quella nucleare forte, e infine quella debole e quella elettromagnetica. Dopo circa 1 sec iniziò la sintesi degli elementi più leggeri, che continuò per 300000 anni, quando radiazione e materia, che prima erano strettamente collegate, si divisero e l’universo divenne trasparente alle radiazioni. Le densità della materia e della radiazione poi sono sempre più diminuite, più velocemente la seconda.
L’Universo inflazionario
E’ un ampliamento della teoria del big bang, per togliere alcune incongruenze riscontrate, per quanto riguarda gli istanti da 10 alla meno 34 sec a 10 alla meno 32 sec, quando le forze nucleari forte e debole si separarono: in questo momento l’universo si sarebbe espanso a velocità esponenziale, aumentando di 10 alla 50 volte. A causa di questa inflazione velocissima noi non siamo in grado di vedere tutto l’universo, che forse è ben più grande di quello visibile. Tuttavia questa teoria è solo su base teorica, ed è difficilmente riscontrabile con dati empirici.
L’UNIVERSO ATTUALE
Universo stazionario
E’ una teoria che ha più valore storico che reale, e rifiuta la teoria del big bang e di un universo di dimensioni variabili. Essi affermano che l’universo è sempre uguale e che perciò continua a crearsi materia: basterebbe un atomo di H all’anno ogni Km quadrato per rigenerare le galassie che si allontanano. Tuttavia ciò non spiega la forte presenza di elio (25%), visto che quello creato nelle stelle è solo il 4%. Inoltre ci aspetteremmo che, guardando lontano da noi, dovremmo vedere oggetti più giovani, e invece vediamo una grande concentrazione di quasar.
La radiazione cosmica di fondo
E’ la prova di un universo in evoluzione, predetta e poi scoperta casualmente nel 1965 da Penzias e Wilson. E’ una radiazione elettromagnetica equivalente a quella emessa da un corpo nero alla temperatura di circa 3 K, ed è isotropa, ovvero la sua intensità è uguale in tutte le direzioni. Essa corrisponde all’eco della radiazione che permeava il fuoco primordiale, quando materia e radiazione non si erano ancora scisse, e consisteva di fotoni molto energetici, che poi col tempo hanno perso energia per apparire attualmente come microonde di 3 K.
IL FUTURO DELL’UNIVERSO
Oggi l’universo è soggetto a due forze: quella gravitazionale, che tende a diminuire la sua velocità di espansione e dipende dalla massa dello stesso universo, e quella ricevuta dal big bang, che tende a farlo espandere. Tuttavia noi non conosciamo il valore di queste due forze, e possiamo fare solo previsioni ipotizzando a partire da densità e decelerazione. Secondo la previsione dell’universo chiuso, la densità dell’universo è tale che la forza di gravità farà cessare l’espansione e lo farà contrarre fino a ridursi nuovamente in un sol punto. Secondo l’universo aperto, invece, la densità non è sufficientemente elevata, e l’universo continuerà indefinitivamente a espandersi. Tuttavia noi non conosciamo a sufficienza questi dati per fare previsioni.
IL SISTEMA SOLARE
Pianeti di roccia
Mercurio: poco + piccolo della luna, è il pianeta + vicino al sole, attorno al quale ruota in 88 giorni, mentre compie una lenta rotazione attorno al proprio asse in circa 59 giorni. La parte illuminata dal sole raggiunge temperature altissime, mentre quella opposta tocca i meno 175°C. è la + forte escursione termica; il pianeta è praticamente privo di atmosfera.
Sulla superficie si trovano: crateri da impatto: dovuta alla caduta di meteoriti che giungono ad altissime velocità, formando grandi depressioni. L’impatto + rilevante risale a 4 miliardi di anni fa e creò un cratere di 1300 km di diametro. Agli impatti di meteoriti seguirono risalite in superficie di materiale fuso che ha formato le pianure lisce.
Il pianeta ha alta densità, il nucleo è probabilmente metallico, mentre il suo involucro esterno è molto ridotto rispetto ad altri pianeti.
Venere: l’oggetto + luminoso nel cielo dopo la luna, è un pianeta caldo, con atmosfera formata quasi solamente di anidride carbonica. La pressione di questa densa atmosfera è 90 volte quella terrestre, e la temperatura raggiunge i 460°C. l’atmosfera è spessa 25 km, e le nubi viaggiano a oltre 300km/h seguendo percorsi ben definiti.
La superficie presenta sia depressioni sia alte catene montuose. Le pianure ondulate sono tagliate da lunghissime valli, presentano numerosi crateri da impatto. Sono state individuate due enormi strutture interpretate come vulcani a scudo: ciò significa che all’interno di venere c’è una quantità di calore tale da dar vita al vulcanesimo. Sono state rilevate numerose rocce basaltiche sulla superficie.
Marte: giorno pari a quello terrestre, inclinazione su asse di rotazione è simile – alternanza delle stagioni. L’anno dura 687 giorni. L’atmosfera è rarefatta e la temperatura + bassa di quella terrestre. Formata per il 95% da anidride carbonica + azoto, ossigeno..
La superficie è stata modellata da vulcanesimo, meteoriti, erosione, depressioni.. ingente è l’erosione eolica; il pianeta presenta due calotte polari che variano al variare delle stagioni. Sono presenti numerosi vulcani tra i quali il mons olympus, il + grande del sistema solare. Il vulcanesimo si è però ormai estinto da moltissimo tempo. Il paesaggio è quello di un deserto roccioso da cui deriva il colore rosso-ruggine. Importante anche fu un tempo il ruolo dell’acqua: si trovano infatti numerosi canali fluviali ramificati, ormai asciutti.
Intorno a marte ruotano due satelliti: phobos e deimos, che si pensa siano due massi strappati dal pianeta alla fascia degli asteroidi.
Pianeti giganti
Giove: può contenere al suo interno la terra per 1316 volte, è sensibilmente depresso ai poli per l’alta velocità di rotazione. Presenta numerose strisce rosse o bianche parallele all’equatore e una grande macchia rossa.
L’atmosfera ha uno spessore di 1000 km: la pressione è tale che l’idrogeno diventa liquido. La superficie è dunque una distesa di idrogeno liquido. A 24000km di profondità l’idrogeno liquido diventa idrogeno metallico liquido. A profondità maggiori dovrebbe trovarsi un nucleo di rocce e metalli pesanti. La sua composizione media è 85% idrogeno e 15% elio e la sua massa era vicina a quella che gli avrebbe permesso di diventare una stella. Presenza fascia di anelli.
Satelliti sono 16, i + importanti sono: io (intensissima attività vulcanica, forma crosta deformata da attrazione giove), europa (nucleo metallico, manto roccioso ricoperto da un oceano d’acqua di 150 km e con una crosta ghiacciata molto sottile)ganimede (ricoperto di ghiaccio, forte presenza di acqua, molti crateri da impatto) callsito (completamente congelato, solo crateri da impatto).
Saturno: grosso involucro di gas che avvolge un nucleo di idrogeno liquido. Ruota attorno a sé stesso a grande velocità e la sua atmosfera simile a quella di giove presenta delle fasce. Si riconoscono aree di perturbazione a carattere rotatorio e vortici. Gli anelli sono centinaia, formati da frammenti di ghiaccio e polvere che ruotano attorno al pianeta.
Il più importante dei 18 satelliti è titano in quanto presenta un’atmosfera di azoto, con basse pressione e temperatura.
Pianeti di ghiaccio
Urano: il suo asse di rotazione giace quasi sul piano dell’orbita, la sua rivoluzione dura 84 anni. Il pianeta è avvolto da un’atmosfera di idrogeno, elio e metano; è freddissimo. Negli strati + alti dell’atmosfera sono state osservate formazioni di brine mentre verso l’equatore si trovano sistemi nuvolosi che ruotano attorno al pianeta. Il nucleo è roccioso, avvolto da un oceano di azoto e metano allo stato liquido. Intorno al pianeta ruotano 10 sottili anelli e 17 satelliti.
Nettuno: il giorno dura 16 ore e la sua rivoluzione 165 anni. Un profondo oceano di gas-liquidi è coperto da un’atmosfera verde-azzurra, sede di moti circolari. Le fasce presenti sono interrotte da macchie scure, ossia strutture cicloniche profonde e da formazioni nuvolose chiare. L’attività dell’atmosfera non è dovuta all’energia solare, ma a quella interna del pianeta. Attorno a nettuno ruotano 3 anelli e 8 satelliti: tritone è il più freddo e presenta altissimi pennacchi dovuti o ad attività vulcanica o a geyser di azoto.
Plutone: rivoluzione di 248 anni, orbita eccentrica, freddo, piccolissimo, privo di atmosfera, formato di polvere e gas congelati.
Sole
Sfera di raggio di circa 700000 km, densità minore rispetto a terra, gravità >. Il sole ruota attorno al proprio asse con velocità diverse a seconda delle latitudini. All’equatore la rotazione dura 25 giorni. Potenza di irraggiamento è 380000 miliardi di kv.
Struttura:
1) all’interno della fornace solare è presente un reattore nucleare tenuto stabile dalla forza di gravità; il nucleo ha un raggio di 150000 km. L’energia prodotta dal nucleo attraversa un involucro detto zona radiativa, dove non avvengono reazioni nucleari. Alla profondità di 10000km i gas diventano meno stabili e si innescano giganteschi moti convettivi, che trasportano energia, appunto, per convezione. Questa zona è detta zona convettiva.
2) dopo un viaggio di centinaia di milioni di anni le particelle prodotte raggiungono la superficie e diventano visibili come fotosfera: è l’involucro che irradia quasi tutta la luce del sole.la temperatura media della superficie è di 5512°C, che conferisce il colore giallo alla stella. La superficie della fotosfera non è liscia, ma presenta una struttura a granuli brillanti, che segnano l’affiorare di gigantesche bolle di gas caldi. La superficie della fotosfera non è omogenea, ma presenta delle macchie solari ossia piccole aree scure (formate da una zona d’ombra e una di penombra) di depressione.
3) la cromosfera è un involucro trasparente di gas incandescenti che avvolge la fotosfera. È visibile durante le eclissi, ed il suo bordo è segnato da delle spicole, ossia dei prolungamenti verso l’alto dei moti turbolenti della fotosfera. Oltre alla cromosfera si trova la corona: parte + esterna è formata da gas ionizzati. È visibile solo durante le eclissi totali. Nella parte + esterna le particelle hanno velocità sufficiente da sfuggire all’attrazione gravitazionale e dando vita al vento solare.
L’attività solare:
le protuberanze sono grandi nubi di idrogeno che si innalzano dalla cromosfera e penetrano nella corona. Hanno forma di immense fiammate. I brillamenti sono violente esplosioni di energia: la temperatura raggiunge parecchi milioni di gradi.
Periodi di “sole calmo” con una radiazione stazionaria si alternano a periodi di ultraradiazione, ossia il sommarsi di radiazioni ondulatorie e radiazioni corpuscolari.

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