I poeti elegiaci

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Testo

I POETI ELEGIACI

Il genere elegiaco trova in età augustea i suoi massimi rappresentanti nella poesia latina. Anch’esso è d’origine greca, e anche per esso i poeti latini indicano espressamente i loro modelli in testi greci. Ma anche in questo caso il genere viene rinnovato e assume caratteristiche specifiche, con ogni probabilità differenziandosi notevolmente dai modelli.

LE ORIGINI DELL’ELEGIA LATINA

In un’elegia scritta intorno al 10 a.C. Ovidio stabilisce una successione cronologica fra quattro scrittori latini d’elegie, elencando nell’ordine Cornelio Gallo, Tibullo, Properzio e se stesso.
In realtà l’elegia era stata coltivata a Roma, prima di Gallo, da Catullo e da vari altri poeti neoterici. Sulle origini della poesia latina, Properzio ricorda, accanto ai nomi dei poeti, quelli delle donne da loro amate e cantate, indicando espressamente nell’amore il tema centrale e caratteristico dell’elegia romana.
L’amore era stato uno dei temi principali anche dell’elegia greca; e numerose raccolte d’elegie, in Grecia, erano state intitolate al nome della donna amata dal poeta. Sembra tuttavia che al centro degli interessi dei poeti greci fosse la narrazione di storie d’amore mitiche, mentre la vicenda amorosa personale del poeta rimaneva sullo sfondo o comunque non costituiva l’argomento principale a cui è subordinata la trattazione dei miti.
Il tratto di più netta differenziazione dell’elegia latina rispetto a quella greca si può individuare nel maggior rilievo dato all’elemento soggettivo e nella presenza di una vera e propria storia d’amore. Questa caratteristica si accentua nelle raccolte di Tibullo e di Properzio, anche perché in esse l’ordinamento dei carmi all’interno dei libri, curato dagli autori stessi, risponde anche all’esigenza di delineare la vicenda d’amore nei suoi vari momenti.
Le situazioni rappresentate e le esperienze che i poeti attribuiscono a se stessi corrispondono a motivi topici ricorrenti nella poesia erotica greca, specialmente nell’epigramma. Ma nei poeti latini, al di là dei raffinati giochi letterari basati sull’arte allusiva, l’intensità del coinvolgimento personale e la forte carica sentimentale e passionale riescono spesso a dare nuova vita a temi convenzionali.
I poeti d’amore latini filtrano le loro esperienze personali attraverso la letteratura, le inquadrano e le interpretano secondo schemi preesistenti, non solo in omaggio a una tradizione letteraria a cui intendono riallacciarsi, ma anche perché trovano e riconoscono nella topica erotica strumenti validi ed efficaci per esprimente e interpretare il proprio vissuto.

TIBULLO

Risulta che Tibullo fece parte della cohors amicorum di Messalla Corvino durante la spedizione nelle Gallie, in una missione in Asia minore. Nel 30 a.C. il poeta doveva essere almeno sulla ventina, quindi si pensa che sia nato prima del 50. Sappiamo che egli morì ancora giovane poco dopo Virgilio, cioè alla fine dell’anno 19 o all’inizio del 18 a.C.
È molto probabilmente da identificare con Tibullo l’amico a cui Orazio si rivolge, chiamandolo Albio, in un’ode e in un’epistola poetica a lui dedicate.
Tibullo era di condizioni economiche agiate.

LE ELEGIE DEI PRIMI DUE LIBRI

Il I libro comprende dieci ampie elegie, cinque delle quali fanno riferimento alla donna amata dal poeta, che egli canta sotto lo pseudonimo di Delia.
Nel componimento che apre il libro e la raccolta, Tibullo imposta i suoi temi più tipici e ricorrenti: la scelta di una vita povera, politicamente disimpegnata e confortata dall’amore; il rifiuto della vita militare, il desiderio di vivere semplicemente e serenamente nella pace agreste, godendo dell’amore di Delia prima che giungano la vecchiaia e la morte.
Temi analoghi si ritrovano in I, 3: il poeta, ammalatosi durante la spedizione in Oriente al seguito di Messalla, si rammarica di aver lasciato Roma e la sua donna, e immagina la propria morte imminente; poi anticipa con la speranza e la fantasia il momento felice in cui, tornando a casa ritroverà la sua Delia.
Nelle altre tre elegie per Delia troviamo motivi frequentemente ricorrenti nella poesia erotica greca e latina: il lamento dinanzi alla porta chiusa della donna amata, la gelosia e la sofferenza causate dalle ripulse e dall’infedeltà dell’amata.
Delle rimanenti elegie del I libro tre si riferiscono ad un altro amore del poeta, un giovinetto di nome Marato. Mentre oggetto della passione di Properzio e di Ovidio è sempre e soltanto la donna, Tibullo scrive anche poesia pederotica.
In I, 4 immagina che il dio Priapo lo ammaestri nelle difficili arti per sedurre i bei fanciulli; in I, 8 si rivolge a Foloe, la ragazza di cui Marato si è innamorato, esortandola a non far soffrire il giovane e a darsi a lui senza pretendere doni; in I, 9 accusa Marato di averlo tradito per avidità di denaro. Si tratta di carmi formalmente assai pregevoli, ma spiccatamente convenzionali.
Nei restanti due componimenti del primo libro non compaiono né Delia né Marato. L’elegia settima ha carattere encomiastico; in occasione del compleanno di Messala, il poeta celebra la gloria del potente amico. Nella decima egli ritorna ai temi dell’elegia proemiale, con accenti spiccatamente moralistici, di deplorazione della guerra, provocata dall’avidità di ricchezze.
All’orrore per la guerra si accompagna l’esaltazione della pacifica e serena vita agreste.
Il II libro comprendo sei carmi. Il primo contiene la descrizione della festa rurale degli Ambarvalia. Il secondo è rivolto all’amico Cornuto per il suo compleanno: il poeta gli augura di poter sempre godere dell’amore della sposa.
La quinta è una lunge elegia d’argomento e i tono più elevati, scritta in occasione dell’ingresso di Messalino in un collegio sacerdotale. Si rilevano in questo componimento punti di contatto sia con l’Eneide sia con la poesia celebrativa del IV libro di Properzio.
Verso la fine dell’elegia per Messalino il poeta cita la nuova donna Nemesi, di cui gli altri carmi del II libro si presenta innamorato. Anche questo amore è fonte do inquietudine e di sofferenza. Sviluppando il tema del servitium amoris Tibullo raffigura se stesso schiavo di una padrona capricciosa e crudele.
Nei carmi per Nemesi sono svolti temi topici della poesia erotica: Tibullo sfoga la sua sofferenza per la lontananza dell’amata, ne lamenta l’avidità di denaro e l’infedeltà, impreca contro il lusso che rende venali le donne belle, maledica la mezzana che corrompe la puella.

L’ARTE TIBULLIANA FRA REALTA’ E LETTERATURA

Abbiamo rilevato la convenzionalità di molti temi. Si tratta di un elemento da tener sempre presente ai fini di una corretta comprensione della poesia tibulliana. Essa è infatti caratterizzata dalla presenza massiccia di situazioni, motivi, concetti e anche immagini e figure, desunti da altri testi.
L’individuazione delle fonti e dei modelli è ostacolata dalla nostra scarsissima conoscenza della poesia alessandrina e neoterica. Si rilevano evidenti influssi di Callimaco e dell’epigramma ellenistico; numerosissimi sono i punti di contatto con l’elegia properziana. Comuni ai due poeti cono i temi della schiavitù d’amore, dell’infedeltà della donna e della gelosia, il rifiuto della vita militare, la contrapposizione fra amore e ricchezze, il vagheggiamento patetico del momento della morte confortato dalla presenza dell’amata.
È inoltre necessario respingere la tentazione di una lettura di questi testi in chiave autobiografica. Se è vero che il ricorso a topoi attinti ala tradizione non esclude affatto che alla base della poesia tibulliana ci siano state reali esperienze di vita rielaborate letterariamente, tuttavia la biografia reale è inafferrabile ed irrecuperabile, perché indissolubilmente mescolata con elementi inventati, fittizi e convenzionali.
Lo spiccato carattere soggettivo del genere elegiaco suscita nel lettore una forte impressione di autobiografismo. Ma in realtà l’io elegiaco è anche e soprattutto un personaggio letterario.
Ciò è confermato dal fatto che il tentativo di ricostruire dai testi elegiaci le vicende personali del poeta porta gli interpreti d invischiarsi in contraddizioni inestricabili.
Destinato a sicuro fallimento è anche il tentativo di stabilire una successione nelle vicende amorose cantate da Tibullo.
Delle due donne cantate da Tibullo, la figura meno evanescente è quella di Delia, dalle morbide braccia e dai lunghi capelli biondi: pur infedele ella è tratteggiata con affettuosa tenerezza specialmente quando Tibullo la rievoca nel ricordo.
Nemesi presenta in modo più spiccato i caratteri della cortigiana avida di denaro e della domina dura e capricciosa.
Il personaggio di Nemesi risulta poco convincente, quasi un mosaico di luoghi comuni più che una figura di donna dotata di una sua coerente e vivace personalità. Nel lamentare le sue sofferenze amorose, il poeta adotta toni enfatici, che talora sconfinano nel melodrammatico, e si abbandona alla sua sofferenza con un vittimismo un po’ compiaciuto.

PROPERZIO

È contemporaneo di Tibullo, infatti nasce attorno al 50 a.C. Scrive solo elegie, raccolte in quattro libri.
Muore nel 15 a.C.
I primi tre libri della raccolta properziana sono da considerare separatamente rispetto al quarto.
Il I libro, dedicato a Tullo, comprende 22 componimenti. Il tema dominante è quello dell’amore per Cinzia. Nell’elegia proemiale Properzio si presenta nella situazione tipicamente elegiaca dell’innamorato infelice. Egli fa un amaro bilancio di un anno di passione: perduta ogni dignità e ragionevolezza, è schiavo di una padrona crudele; chiede aiuto alla magia e poi agli amici, ma sa che la sua soggezione all’amore è irrimediabile.
Egli afferma più volte il nesso fra le sue sofferenze amorose e la sua produzione poetica, che proprio dall’amore e dalla sofferenza trae alimento. La poesia è per Properzio sfogo al dolore e al tempo stesso mezzo per cercare di conquistare i favori della donna amata; da questo punto di vista l’elegia è proclamata superiore all’epica.
Uno dei temi più tipicamente properziani è l’affermazione di un rapporto necessario e ineliminabile fra vita interamente dedicata all’amore e poesia d’amore. È il tema della scelta di vita, con cui Properzio collega un discorso di poetica: la vita dedicata all’amore comporta il netto rifiuto dei generi alti e la preferenza per un’arte tenue, raffinata ma delicata, che sia gradita alla domina e che sappia parlare al cuore dei giovani innamorati. Proprio sulla stretta e inevitabile connessione fra amore e poesia saranno impostate, a partire dal II libro, le recusationes volte a Mecenate.

CARATTERISTICHE DELL’ARTE PROPERZIANA E SUA EVOLUZIONE

La raccolta properziana documenta una lenta e graduale evoluzione sia nei contenuti sia nella forma.
Come poeta d’amore Properzio è più intenso e passionale di Tibullo. Anche il personaggio della donna amata è assai più vivo e concreto rispetto alle donne tibulliane: bellissima e spregiudicata, dotata di una forte personalità e di notevoli qualità intellettuali e culturali, oltre che fisiche, suscita con il suo fascino e con la sua stessa volubilità una passione travolgente.
Il componimento sviluppa l’argomento erotico con ardente sensualità, per concludersi su di una note sommessa e malinconica, con un’elegantissima variazione sul tema della caducità delle gioie d’amore, da godere intensamente, proprio perché fugaci.
Per quanto riguarda la struttura troviamo i passaggi da un tema all’altro per associazione d’idee e gli improvvisi cambi d’interlocutore. Ma i trapassi logici e psicologici properziani sono più bruschi di quelli di Tibullo, e l’espressine è più elaborata e ricercata. La poesia properziana è complessa per la ricerca di novità e di originalità, per la densità dell’espressione, la ricchezza di allusioni, l’audacia dei nessi e l’arditezza delle figure.
A tale complessità e difficoltà contribuisce la presenza dei riferimenti mitologici. Properzio trova nel mito un repertorio inesauribile di exempla con cui mettere a confronto la propria situazione. E gli ricorre al mito non soltanto per far sfoggio d’erudizione, ma anche per proiettare la sua storia personale su un piano più alto.
Il mito diventa parte integrante della concezione properziana dell’amore, componente essenziale di un mondo poetico che sa trovare una sua profonda verità, sentimentale e psicologica, anche mediante la rievocazione di un passato esemplare.
Nel passaggio dal primo libro ai successivi l’arte di Properzio si fa sempre più complessa, sia nella struttura compositiva sia nello stile , fino al IV, in cui è particolarmente evidente la ricerca di nuovi argomenti e di nuove forme. La tendenza ad innalzare il tono stilistico tocca il suo culmine nelle elegie romane: in esse si accentua anche il carattere composito del linguaggio properziano, che alterna elementi desunti da strati linguistici diversi.
Il poeta raggiunge i risultati migliori nelle due elegie per Cinzia, frutto di un’arte potente e perfettamente matura; e fra i carmi d’argomento eziologico il più riuscito artisticamente è l’elegia di Tarpea.

Esempio