I cicloni tropicali

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Testo

I cicloni tropicali

I cicloni tropicali sono potenti depressioni che si formano nelle regioni tropicali. A seconda delle zone vengono chiamati con nomi diversi: willy-willy in Australia, ciclone nell’Oceano Indiano; nell’Oceano Pacifico si usa il termine tifone dal cinese "tai fung" che significa grande vento; nell’Oceano Atlantico, infine, il termine in uso è uragano, dal nome indio Hundrakan, la divinità dei temporali.

Il ciclone tropicale è una profonda depressione di limitata estensione che si origina sopra gli oceani tra gli 8° e i 15° di latitudine nord e sud dove è significativa la forza di Coriolis. Questi cicloni non si formano nei pressi dell’equatore, dove è minima la forza di Coriolis.
Le depressioni che, a causa dell'intensa evaporazione e della risalita per convezione si formano in queste zone, ruotano in senso antiorario nell'emisfero nord e in senso orario nell'emisfero sud. Una depressione si trasforma in ciclone se viene mantenuta attiva dalla presenza in quota di venti rotanti che aspirano parte dell'aria ascendente.
Un ciclone tropicale è una perturbazione quasi perfettamente circolare che viene rappresentata su una carta meteorologica come una serie di isobare concentriche e fitte, al cui centro, detto occhio, la pressione atmosferica scende fino a meno di 950 mb. L’intero sistema ha un diametro che va da 200 a 1.000 km ed è attivo da 3 a 15 giorni; essendo più piccolo di un ciclone delle medie latitudini, ruota più velocemente.
Le condizioni di partenza perché si sviluppi un uragano sono una temperatura delle acque superficiali dell’oceano di almeno 26 gradi, bassa pressione al livello del mare e alta pressione in quota.
Tra la base e la sommità di questa vera e propria macchina termica possono esserci differenze di temperatura anche di 100 gradi (da +25° a -75°).
Nel centro del ciclone, che ha un diametro di circa 25-30 chilometri, l’aria scende mantenendo temperature alte e scarsa umidità; il cielo si mantiene limpido, con solo qualche cirro e si hanno condizioni di calma di vento. Intorno all’occhio sale velocemente, con moto rotatorio, una colonna convettiva di aria calda e umida proveniente dalla superficie oceanica. La colonna convettiva ascendente può raggiungere l’altezza di 15 chilometri dove, trovando la strada bloccata dall’alta pressione, si allarga a ventaglio e produce una parete torreggiante di cumulonembi dai quali possono cadere fino a 5 cm di pioggia in un’ora. La condensazione e la precipitazione liberano massicce quantità di calore latente.
I venti raggiungono velocità superiori ai 120 km all’ora, che rendono il mare agitato per centinaia di chilometri dall’occhio del ciclone e causano mareggiate in grado di sommergere tratti di costa. La violenza dei venti è massima nelle zone periferiche, dove la loro forza distruttrice, accompagnata da nubifragi, può investire aree di grande vastità causando danni spaventosi.
Muovendosi il ciclone incontra acqua più fredda che riduce l’apporto di vapore ed energia. Vapore ed energia diminuiscono ulteriormente quando il ciclone si sposta sulla terra dove aumentano anche le perdite per attrito. Alla fine il ciclone svanisce o si trasforma in un ciclone extratropicale di medie latitudini se incontra aria fredda umida. Il mare fornisce l’energia necessaria a mettere in moto il fenomeno, sotto forma di calore. Il flusso di calore dal mare può raggiungere i 60.000 miliardi di calorie al secondo. Questa cessione di calore provoca un abbassamento della temperatura della superficie del mare, riducendo la possibilità che altri fenomeni dello stesso tipo si possano ripetere entro breve tempo. Questi cicloni interessano esclusivamente sei regioni oceaniche tropicali e subtropicali: Golfo del Messico e Mar dei Caraibi, Mare Cinese e Pacifico nord-occidentale, Golfo Persico e del Bengala, coste occidentali del Messico e dell’America Centrale, Oceano Indiano meridionale e Pacifico sud-occidentale.
In genere, i cicloni si spostano a velocità non molto elevata, compresa tra i 20 e i 100 km/h. Il loro sviluppo e il percorso sono oggi seguiti da satelliti; in questo modo gli uffici meteorologici sono in grado di preavvisare tempestivamente le località interessate.
Al di fuori dei due sistemi ciclonici (tropicale ed extratropicale) esistono perturbazioni su scala ridotta ma a volte molto intensi. Le più comuni sono i temporali e i tornado.
I temporali delle nostre regioni sono fenomeni tipici della stagione estiva, o di quelle di transizione e sono causati da forti contrasti termici tra l’aria al suolo e quella in quota che determinano una traslazione rotatoria dei cumulonembi. I cumulonembi sono nubi che si sviluppano enormemente in altezza fino a giungere al confine tra troposfera e tropopausa dove si appiattiscono assumendo una caratteristica forma a incudine. La base di un cumulonembo può trovarsi a poche centinaia di metri dal suolo.
Un cumulonembo può formarsi se l'aria, oltre a essere calda è anche umida.
In queste condizioni si verificano moti vorticosi molto intensi in senso verticale. L'aria si raffredda rapidamente e raggiunge in breve tempo la saturazione e la conseguente condensazione dell'umidità. Si forma così una nube che si muove spinta dal vento e che risulta costituita da goccioline d'acqua negli strati inferiori e da neve e cristalli di ghiaccio in quelli superiori. La circolazione dell'aria avviene sia verso l'alto che verso il basso, così le particelle liquide e solide vanno su e giù varie volte e si ingrossano sempre più prima di cadere al suolo.
I temporali sono accompagnati da fenomeni elettrici dovuti al fatto che, all’interno della nube, alcune particelle di ghiaccio perdono elettroni e altre ne acquistano. Si forma così un eccesso di cariche negative da una parte, e un eccesso di cariche positive dall’altra; in queste condizioni possono scoccare grosse scintille, fulmini tra le opposte cariche elettriche.

Nell'ultimo stadio del temporale (dissolvimento) il cumulonembo scarica verso il suolo l'aria fredda residua, che ha ormai perso potenza e che porta con sé solo pioggia debole.
Il fenomeno ha nel suo insieme una durata media di circa mezz'ora, ma l'aria fredda che discende nella fase finale può provocare il sollevamento di altra aria calda e la conseguente creazione di una nuova cellula temporalesca.
I tornado (trombe d’aria e trombe marine) sono venti vorticosi, detti anche a turbine che accompagnano i fronti freddi e nascono per il brusco contrasto termico con masse di aria calda in ascesa di un’adiacente cella ciclonica.
Un tornado si origina alla base di un cumulonembo e giunge a toccare il suolo.
Il movimento vorticoso si attiva di solito quando le correnti in quota soffiano più velocemente e in una direzione diversa rispetto ai venti degli strati più bassi.
I venti in quota imprimono un movimento rotatorio alla nube temporalesca con una velocità di rotazione maggiore al centro della cellula, dove affluisce la corrente calda. Attraverso il canale dell'aria ascendente discende una colonna d'aria vorticosa che emerge alla base della nube formando il tornado.
Visto da lontano il tornado ha la forma un imbuto che parte da una nuvola bassa ed aspira aria dal basso.
Il tornado si sposta orizzontalmente insieme al temporale che l'ha generato a una velocità media di 55 km/h con punte di 110 km/h, seguendo spesso percorsi irregolari come il moto di una trottola.
L'apice della tromba d'aria può essere largo da 90 a 800 m. Per quanto riguarda i venti all'interno del tornado sono state stimate velocità di 200-500 km/h.
La vita di un tornado varia da qualche minuto a un'ora, ma la maggior parte della sua energia si sviluppa in circa quindici minuti.
L’energia di un tornado è molto più ridotta di quella di un uragano tropicale, ma estremamente concentrata, come la sua azione distruttiva. Gli effetti di un tornado sono fra i più devastanti che si possano riscontrare in natura.
Le condizioni ideali per lo scatenarsi di un tornado si verificano alle medie latitudini, in particolare negli Stati Uniti. In Italia è un fenomeno piuttosto raro.
Trombe marine e trombe d'aria
Fenomeni analoghi ai tornado sono le trombe marine e le trombe d'aria nelle quali un mulinello contenente goccioline d'acqua o polvere, del diametro di pochi metri, può muoversi con movimento traslatorio per qualche decina di minuti arrecando notevoli danni al suo passaggio.

Le perturbazioni e i cicloni extratropicali
Accanto alle vaste aree cicloniche e anticicloniche permanenti che interessano l'intero pianeta, si formano cicloni e anticicloni temporanei, che durano pochi giorni e che si mantengono costantemente in movimento sospinti dai venti dell'alta troposfera.
Gli anticicloni determinano condizioni di bel tempo mentre i cicloni sono portatori di condizioni di tempo perturbato che vengono definite perturbazioni atmosferiche.
A seconda della latitudine in cui avvengono i cicloni si dividono in due categorie: cicloni extratropicali e cicloni tropicali.
I cicloni tropicali interessano la fascia compresa tra i tropici e sono determinati dalla convergenza di masse d'aria tropicali che si verifica nella zona di convergenza intertropicale.
I cicloni extratropicali si verificano alle medie latitudini di entrambi gli emisferi.

Cicloni extratropicali

Alle medie latitudini ad alta quota spirano le correnti a getto che scorrono velocemente da ovest a est con andamento rettilineo ma quando rallentano tendono a ripiegarsi in ampie ondulazioni (onde di Rossby) formando promontori di aria fredda polare e saccature di aria calda tropicale. I promontori di aria fredda scendono verso i tropici mentre le saccature di aria calda salgono verso i poli. A causa degli opposti movimenti promontori e saccature finiscono per staccarsi formando delle celle che si dirigono verso est.
Le celle d'aria calda portandosi su regioni fredde diventano anticicloni mentre le celle d'aria fredda scaldandosi al passaggio su regioni calde diventano instabili e danno luogo a cicloni.
Nel nostro emisfero gli anticicloni ruotano in senso orario mentre i cicloni ruotano in senso antiorario.
Le masse d'aria, spostandosi, tendono a scontrarsi e dato che non si mescolano perché hanno caratteristiche fisiche diverse, producono situazioni di grande contrasto di temperatura e di turbolenza più o meno accentuata.
La superficie di contatto tra due masse d'aria viene chiamata superficie frontale, mentre la sua proiezione al suolo prende il nome di fronte.

Fronti caldi

Un fronte caldo si verifica quando una massa di aria calda avanza in una regione dove già esiste una massa d’aria più fredda.
Quando una massa d'aria calda si muove verso una massa d’aria a temperatura più bassa, tende gradatamente e lentamente a salire sopra questa come lungo un piano inclinato. L’aria calda si raffredda, sia per il contatto con l’aria più fredda, sia perché, raggiungendo quote maggiori, si espande. Il raffreddamento causa la condensazione del vapore d’acqua e quindi la formazione di nubi prevalentemente stratiformi: cirri, cirrostrati, altostrati, nembostrati. Un fronte caldo interessa, al suolo, una zona piuttosto ampia. Le precipitazioni sono per lo più costituite da pioggia (o neve) fine che cade lentamente e fittamente accompagnata da venti moderati.
Questa situazione può durare per circa un giorno.
Durante il passaggio di un fronte caldo, l’aria diventa notevolmente più calda e più umida.



I fronti freddi

I fronti freddi sono presenti nei sistemi depressionari. Un fronte freddo si verifica quando una massa d’aria più fredda si dirige verso una regione dove già esiste una massa d'aria più calda.
In questo caso, l’aria fredda, più densa e pesante si incunea sotto l’aria calda più leggera, sollevandola bruscamente. Il sollevamento repentino produce instabilità e causa violenti moti ascensionali d'aria calda (moti convettivi). Le molecole d'aria calda, salendo di quota si raffreddano e condensano formando nubi a sviluppo verticale. Si sviluppano grandi nubi cumuliformi che provocano precipitazioni temporalesche brevi e intense lungo il limite del fronte. Si genera una zona di bassa pressione che rinforza i venti.
Prima del passaggio di un fronte freddo, l’aria è solitamente calda e umida. Durante il passaggio di un fronte freddo, l’aria diventa molto più secca e la temperatura si abbassa.
Depressioni e ciclogenesi
Le depressioni si formano quando masse di aria calda e fredda interagiscono formando un vortice, processo definito ciclogenesi (formazione dei cicloni).
Le masse d'aria di origine polare e tropicale che che si incontrano polare tendono a rimescolarsi formando grossi vortici nei quali sono presenti due superfici frontali: un fronte caldo e un fronte freddo.
Metà del vortice è costituito da aria calda che avanza e sale sopra quella fredda; per l'altra metà e costituito da aria fredda che rincorre quella calda e s'incunea sotto di essa sollevandola dal suolo. L'aria fredda, muovendosi più rapidamente, inizia a raggiungere il fronte caldo, costringendolo a sollevarsi ulteriormente. Mentre l'aria calda risale e la pressione diminuisce, quantità sempre più ingenti di aria esterna sono aspirate nel vortice generando forti venti. Nell'emisfero nord questi venti soffiano in senso antiorario attorno al minimo barico; nell'emisfero sud invece in senso orario.
Dopo circa 24 ore il fronte freddo raggiunge quello caldo, formando un fronte occluso che interrompe l'alimentazione d'aria calda al sistema. In queste condizioni al suolo si ha solo aria fredda mentre l'aria calda si trova più in alto.
A partire dal momento in cui ha iniziato a formarsi il ciclone, il fronte occluso si estende dal nucleo del ciclone stesso alla periferia fino alla completa estinzione della perturbazione. L'aria sollevatasi al di sopra della depressione si raffredda gradualmente, la pioggia cessa, il vento si calma e il ciclone invecchia e si dissolve. Nel frattempo l'intero vortice d'aria si è spostato verso est sospinto dai venti occidentali, a una velocità di 40-50 km/h.


Un fronte occluso si forma in un sistema depressionario quando un fronte freddo
raggiunge un fronte caldo.
Questa immagine dal satellite mostra una bella discesa di aria fredda polare sulle
Isole Britanniche che si conclude con un magnifico tourbillon sul nord della Francia
e sulle isole Britanniche.

Genesi di una perturbazione nell'area del Mediterraneo

Le perturbazioni che interessano il Mediterraneo e l'Europa occidentale si formano solitamente lungo la traiettoria del fronte polare dove s'incontrano masse d'aria polari provenienti da NE e masse d'aria tropicali provenienti da SW.
Se le masse d'aria che si incontrano non presentano forti differenze nelle caratteristiche fisiche, i mutamenti procedono con lentezza determinando una situazione di tempo stabile e il fronte polare mostra ondulazioni regolari e continue. Si parla in questo caso di fronte stazionario.
Se invece le due masse d'aria hanno velocità e caratteristiche molto diverse, il fronte si deforma per la spinta subita e le sue ondulazioni si accentuano.
Quando il fenomeno ondulatorio raggiunge una certa intensità, il fronte si frammenta in tante onde e su ogni onda il processo continua in maniera autonoma. Si viene così a formare una famiglia di perturbazioni.
Ogni perturbazione inizia a viaggiare verso Est (quindi verso l'Europa) dirigendosi verso le regioni settentrionali nella stagione estiva e verso il golfo di Biscaglia e poi del Leone nella stagione invernale.

Gli anticicloni

I sistemi d'alta pressione, o anticicloni, nascono solitamente da flussi d'aria discendenti ruotanti in senso orario nell'emisfero nord e in senso antiorario nell'emisfero sud.
Questo processo ha luogo regolarmente nelle zone calde e aride attorno ai 30 gradi di latitudine N e S. Si tratta di anticicloni che, per la loro origine dovuta a un movimento continuo dell'aria, sono chiamati dinamici.
Gli anticicloni possono formarsi anche sulle zone fredde, dove l'aria gelida, essendo più densa e pesante di quella calda, si accumula sulla superficie del suolo aumentando la pressione. È un fenomeno soprattutto invernale, poiché quando l'energia solare è scarsa il il raffreddamento notturno della superficie terrestre è molto netto, specie nelle notti serene.
Questo tipo di anticiclone viene detto termico ed è frequente nelle aree continentali alle medie e alte latitudini, come il Canada centrale e la Siberia.
Il ciclone tropicale può essere paragonato a un'enorme cappa aspirante, che risucchia verso l'alto l'aria umida fino al limite superiore della troposfera, ove il movimento diventa divergente. Il rapido raffreddamento delle masse d'aria in quota provoca furiose tempeste, rese più distruttive dal vento vorticoso che accompagna il fenomeno. I cicloni tropicali sono intense depressioni, di limitata estensione, che si producono sugli oceani ai margini delle regioni tropicali, di preferenza nella tarda estate e in autunno. Il ciclone tropicale è un grande vortice in cui l'ascesa dell'aria si mantiene per il calore liberato dalla condensazione dell'umidità dell'aria calda tropicale. Il diametro di questi cicloni è di qualche centinaio di chilometri; intorno alla zona centrale (occhio del ciclone), dove regna calma assoluta, i venti spirano con velocità che raggiungono e superano anche i 200 km/h, in senso antiorario nell'emisfero boreale, in senso orario in quello australe. Nella fortissima convergenza a grandi dimensioni che si verifica nei cicloni tropicali le masse d'aria tendono a conservare il momento assoluto della quantità di moto rispetto all'asse del fenomeno, che possiedono per effetto della rotazione terrestre: poiché partono praticamente dallo stato di quiete rispetto alla Terra, la loro velocità angolare assoluta coincide in pratica con quella di trascinamento dovuta alla rotazione terrestre. Ne consegue che passando dalla distanza iniziale ai margini della perturbazione a quella periferica dell'occhio (indicativamente 250 km per la prima e 25 km per la seconda), per una latitudine di 20° i calcoli portano a una velocità del vento traverso di 225 km/h. Le traiettorie delle masse d'aria nello strato superficiale che converge verso l'occhio sono a spirale, si trasformano in un'elica nella corona dei venti e delle precipitazioni più forti attorno all'occhio e tornano nuovamente a spirale nello strato divergente alla sommità del sistema. I cicloni si spostano con velocità medie comprese tra 25 e 40 km/h seguendo traiettorie paraboliche, dirigendosi dapprima verso W e poi, giunti al margine superiore della zona delle alte pressioni tropicali, verso E. Talvolta il movimento verso W permane e i cicloni investono allora aree continentali dove, sebbene si estinguano rapidamente, perché non più alimentati da aria calda umida, provocano danni a volte assai ingenti. Il ciclone tropicale è indicato con nomi diversi nelle varie regioni: nei mari della Cina, tifone; nelle Indie occidentali, hurricane (uragano); nell'Oceano Indiano, ciclone; nelle Filippine, baguio; in Australia, willy-willy.

LA PREVISIONE DEL TEMPO
I metodi usati per fare previsioni sulle condizioni del tempo hanno subito notevoli cambiamenti dalla fine della seconda guerra mondiale in seguito all’evoluzione della tecnologia dei computer, dei satelliti artificiali e delle telecomunicazioni.
I servizi meteorologici nazionali sono strutture che hanno il compito di soddisfare le richieste di informazioni necessarie a varie attività economiche, al traffico aereo, navale, ferroviario e stradale, alle forze armate.
Oltre alle previsioni correnti, possono diramare allarmi in caso di pericolo di inondazioni, bufere di neve, forti venti.
La maggior parte dei servizi nazionali collaborano tra di loro per consentire il funzionamento di un importante sistema mondiale comune. Un’agenzia specializzata dell’ONU, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) coordina tre centri meteorologici mondiali che si trovano a Melbourne, Mosca e Washington. La Veglia Meteorologica Mondiale (VMM) raccoglie dati provenienti dai sistemi satellitari e radar, da circa 12.000 stazioni terrestri, da 7000 imbarcazioni e piattaforme petrolifere, da 700 stazioni di radiosondaggio e da numerose linee aeree commerciali.
Questi dati vengono trasmessi tramite radio, telefono o telescrivente, ai centri regionali e nazionali, e da questi vengono immessi nella rete mondiale di telecomunicazioni, il GTS (Global Telecommunications System), che collega i tre centri meteorologici dell’OMM.

Metodi empirici e previsione numerica

I meteorologi distinguono le previsioni empiriche da quelle numeriche. I metodi empirici si basano per lo più su dati statistici e sulla conoscenza del clima di una data regione.
I moderni metodi di previsione del tempo si basano in larga parte sull’utilizzo di logiche di simulazione numerica dell’atmosfera, denominate "modelli".
Questi metodi di previsione numerica fanno ricorso a dati provenienti da varie fonti che vengono immessi nei modelli della circolazione globale (GCM). I risultati forniti dai modelli vengono poi tradotti in rappresentazioni cartografiche.

L’evoluzione del fluido atmosferico, soggetto a forze esterne e interne, obbedisce alle leggi fisiche di conservazione della massa, dell’energia e della quantità di moto. Queste leggi permettono in teoria di prevedere come si evolverà il fluido, se si conosce il suo stato iniziale.
La simulazione numerica è la principale tecnica impiegata dai meteorologi per prevedere l’evoluzione dell’atmosfera e, dunque, il tempo che farà. Essa si sviluppa in più tappe:
1- Si divide l’atmosfera in un gran numero di cubi elementari, corrispondenti ad elementi omogenei; questi cubi si estendono orizzontalmente da una dozzina a un centinaio di chilometri orizzontalmente, e sono alti alcune centinaia di chilometri.
2- Le osservazioni meteorologiche effettuate in permanenza nel mondo intero permettono di conoscere lo stato iniziale del fluido, in particolare i valori iniziali delle variabili pressione, temperatura, direzione e intensità del vento su ciascuno dei cubi elementari.
3- Le leggi fisiche di conservazione vengono tradotte in equazioni matematiche, per poterle applicare alle variabili in questione. Queste costituiscono un sistema dalla logica piuttosto complessa chiamato modello numerico di previsione, che permette di calcolare passo dopo passo l’evoluzione su ciascuno dei cubi elementari.
4- Alla fine del calcolo, il modello fornisce i nuovi valori delle variabili su ciascuno dei cubi. Questi valori possono essere previsti con i modelli attuali per le prossime 6 ore (previsioni a breve termine) o per i prossimi 5 giorni (previsione a medio termine). Oltre i 5 giorni, l’imperfezione delle misure, le imprecisioni contenute nel modello e la struttura stessa dell’atmosfera rendono i risultati della simulazione troppo azzardati per essere utilizzabili. Questi 5 giorni costituiscono il limite attuale di fallibilità delle previsioni meteorologiche.
Gli specialisti, forti della loro conoscenza del clima regionale e dei limiti dei modelli, aggiustano, apportano modifiche, integrano i risultati della simulazione e la traducono in termini di tempo osservabile, come la durata e l’intensità delle precipitazioni, le temperature minime e massime del giorno, il possibile verificarsi di nebbie, temporali o raffiche di vento. Solo poche ore dopo le misure che hanno permesso di caratterizzare lo stato iniziale, i risultati della previsione sono già disponibili sui bollettini meteorologici; i bollettini vengono trasmessi per la diffusione alla stampa, alla televisione, alla radio; infine, se un fenomeno preoccupante è in vista, viene messo in allerta il servizio di sicurezza.
Le carte meteorologiche
Fino a poco pochi anni fa le carte meteorologiche erano disegnate manualmente, mentre oggi questo compito è quasi del tutto affidato a sistemi elettronici.
Entro un paio di ore dal momento dell’osservazione, sono disponibili carte del tempo disegnate a partire dai dati raccolti. Molte analisi delle condizioni dell’aria sono oggi preparate automaticamente dai computer che, equipaggiati con particolari periferiche, sono in grado di tradurre e memorizzare informazioni codificate, fare calcoli matematici e presentarli in uscita per mezzo di linee tracciate sulle carte.
Le condizioni meteorologiche di ogni località sono riportate sulle carte utilizzando una simbologia internazionale. Tutti i punti con uguale pressione sono collegati da linee dette isobare che a loro volta individuano le zone di alta pressione (un anticiclone, indicato con la lettera A o H) o di bassa pressione (una depressione, indicata con la lettera D, B o L). I fronti sono riportati con linee sagomate o colorate: triangoli o il colore blu per i fronti freddi, semicerchi o il colore rosso per i fronti caldi, triangoli e semicerchi alternati o il colore viola per fronti occlusi. Le zone di precipitazione sono talvolta tratteggiate.

Fronte freddo


Fronte caldo


Fronte stazionario
Fronte occluso



I satelliti meteorologici
Attualmente sono in orbita intorno alla Terra numerosi satelliti meteorologici. Forniscono immagini sia utilizzando la luce visibile, sia le radiazioni infrarosse attraverso un sensore detto radiometro. La lettura all’infrarosso permette di misurare varie proprietà fisiche dell’atmosfera permettendo di individuare la consistenza dei sistemi perturbati. I radiometri a microonde forniscono dati sul profilo termico dell’atmosfera, sull’estensione della copertura nevosa e dei ghiacci continentali e marini e sull’evaporazione delle foreste. L’ente americano NOAA impiega satelliti per tenere sotto controllo l’evoluzione della temperatura terrestre e oceanica e la durata dell’innevamento, dati essenziali per le indagini sul riscaldamento globale. In Europa, l’agenzia Eumetesat gestisce il satellite geostazionario METEOSAT che fornisce immagini all’infrarosso ogni 30 minuti. I satelliti europei ERS-1 e ERS-2 utilizzano strumenti in grado di misurare l’altezza delle onde oceaniche, la velocità dei venti, le variazioni di spessore delle calotte polari, la struttura delle correnti oceaniche.

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