Energia nucleare

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Categoria:Fisica

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Testo

L’ENERGIA NUCLEARE
Aspetti generali
L’energia nucleare è quella forma di energia posseduta dagli atomi che compongono la materia.
L’atomo è formato da un nucleo centrale, costituito da protoni, con carica elettrica positiva e neutroni, elettricamente neutri; intorno al nucleo ruotano a velocità vertiginosa gli elettroni, che anno che hanno carica elettrica negativa.
Gli atomi di ogni elemento presente in natura hanno un proprio numero di protoni uguale a quello degli elettroni che varia da 1 a 103.
Il fisco tedesco di origine ebrea Albert Einstein enunciò nel 1905 la teoria secondo la quale è possibile trasformare in grande quantità di energia piccole quantità di materia secondo la seguente formula: E=mc(, in cui E è la quantità di energia ottenuta sotto forma di calore, m la massa della materia impiegata e c una costante pari alla velocità della luce che è pari a circa 300.000 Km/sec.
Tale teoria trovò le prime applicazioni pratiche nell’uso della bomba atomica nel 1945 durante il primo conflitto mondiale e della bomba H nel 1952 basate rispettivamente sul fenomeno della fissione del nucleo di uranio e della fusione nel nucleo di idrogeno.
L’Uranio, elemento chimico di simbolo U, riveste importanza fondamentale nella produzione di energia; esso infatti viene utilizzato come combustibile nucleare soprattutto sotto forma di ossido. E’ un elemento radioattivo, ha cioè le capacità di emettere radiazioni.
Nel 1896 il fisico H. Becquerel scoprì che alcuni minerali di uranio emettevano radiazioni in grado di impressionare lastre fotografiche; gli studi sul fenomeno vennero continuati dai Curie che nel 1898 riuscirono ad isolare due elementi radioattivi: il polonio e il radio.
Fu dimostrato in seguito che le radiazioni emesse dal nucleo di tali elementi sono di tre tipi: radiazioni alfa, beta e gamma.
IL fenomeno della radioattività può essere anche indotto, può cioè essere creato artificialmente bombardando nuclei di atomi con particelle pesanti.
F. Joliot e i Curie scoprirono la radioattività artificiale, ma Enrico Fermi, studioso italiano, intuì per primo l’importanza del fenomeno, infatti nel 1942, unitamente ad un’équipe di scienziati americani, pose allo studio e realizzò il progetto di una pila atomica (o reattore nucleare) per l’utilizzo in maniera controllata di questa nuova forma di energia.
Le centrali elettro-nucleari
Le centrali elettro-nucleari sono impianti che trasformano il calore prodotto da una particolare reazione detta fissione nucleare, in elettricità.
La parte generale dell’impianto è quindi simile a quella di una centrale termoelettrica. Differente è invece la parte dell’impianto che produce calore: il reattore, così chiamato in quanto vi si svolge, appunto, la reazione di fissione di un elemento particolare: l’Uranio.
L’Uranio ha la caratteristica di essere instabile, ciò significa che se un neutrone ne colpisce il nucleo, come avviene durante la fissione, questo si scinde in due frammenti di massa complessiva leggermente inferiore a quella del nucleo iniziale e la massa scomparsa si trasforma in energia.
Questa quantità di energia è estremamente piccola, tuttavia la scissione del nucleo di uranio produce anche alcuni neutroni in un rapido movimento che, a loro volta, scindono altri nuclei producendo quasi istantaneamente enormi quantità di energia.
Una centrale elettro-nucleare è formata sinteticamente da alcuni componenti: Il reattore nucleare nel quale avviene la fissione controllata, un impianto per trasportare il calore prodotto dal reattore all’acqua che deve essere surriscaldata, la caldaia contenente l’acqua, la turbina a vapore, e l’alternatore che è collegato alla turbina.
Nel reattore è montato il moderatore, esso è fatto di grafite, berillio o acqua e serve a rallentare la velocità dei neutroni ,liberati dalla fissione.
Nei reattori nucleari viene usato un combustibile formato da barre di polvere di ossido di uranio arricchito, lunghe fino a 3,7 metri.
La fissione dell’uranio sviluppa grandi quantità di calore all’interno del reattore appositamente racchiuso in una costruzione molto robusta di acciaio e di calcestruzzo.
Il calore viene trasportato dal reattore all’esterno per mezzo di un fluido refrigerante (un tempo era usato gas ma oggi è quasi sempre impiegata acqua)che raffredda il reattore e si riscalda.
Esso viene costretto a passare in uno scambiatore di calore dove cede calore all’acqua, l’acqua bolle e produce vapore usato per azionare la turbina sul cui asse si trova anche l’alternatore e così si ottiene il prodotto finale: energia elettrica.
Le scorie radioattive
I rifiuti radioattivi provenienti dai vari usi dell’energia nucleare presentano caratteristiche diverse entro limiti straordinariamente estesi.
Ciò ha fatto riconoscere, fin dagli inizi, la necessità di una loro classificazione, in relazione, da una parte, ai danni o agli inconvenienti che i rifiuti possono causare all’uomo e all’ambiente, dall’altra al tipo di provvedimenti da adottare per il loro smaltimento.
Da un punto di vista generico, si possono classificare le scorie radioattive in due grandi gruppi: i nuclei risultanti dalle fissioni che hanno periodi di dimezzamento non superiori ai 30 anni e i nuclei che si formano per assorbimento neutronico negli elementi fissili e fertili, il cui tempo di dimezzamento è molto più lungo.
L’attuale smaltimento dei rifiuti radioattivi consiste nel seppellire i barili contenenti le scorie a grande profondità, in formazioni geologiche di cui si possa prevedere la stabilità per moltissimi secoli, ma avere la sicurezza totale non è mai possibile.
Fissione nucleare
Una delle prime tappe della ricerca nucleare fu la scoperta che alcuni atomi, come l’uranio 235, possono essere artificialmente frantumati.
Se con un neutrone si colpisce il nucleo dell’atomo dell’uranio 235 si ha la fissione, cioè il nucleo si forma in due frammenti la somma della cui massa è inferiore a quella originaria.
Si liberano inoltre dei neuroni che, colpendo altri nuclei di uranio,
provocano nuove fissioni, si innesca così la cosiddetta razione a catena.
Se si ha dell’uranio 235 praticamente puro, in modo che tutti i neutroni prodotti dalla prima fissione vadano a colpire altri atomi di uranio provocando altre fissioni, si verifica un rapido e progressivo aumento della potenza sviluppata che raggiunge forme esplosive.
Se, invece, si ha una miscela di uranio ad esempio l’uranio 238 ed altri materiali, in modo che parte dei neutroni prodotti dalla prima fissione
siano assorbiti da atomi diversi da quelli dell’uranio 235 non provocando la fissione, si può regolare la potenza sviluppata ed usarla per produrre calore trasformabile a sua volta in energia.
Nei reattori dell’ultima generazione, detti autofertilizzanti, si riesce non solo a produrre energia ma anche nuovo combustibile nucleare.
Durante la fissione infatti, si ottiene un altro materiale fissile non presente in natura, il Plutonio.
Fusione nucleare
L’energia nucleare può essere anche ricavata, oltre che con la fissione, anche mediante un procedimento, ancora in fase di sperimentazione, detto fusione nucleare che utilizza atomi molto piccoli come quelli dell’idrogeno (H).
Durante il processo di fusione i nuclei degli atomi si legano, dando origine ad un nucleo più piccolo della loro somma.
Nella trasformazione una piccola parte di massa si perde, o meglio, dà luogo ad una grande quantità di energia calorifica.
Teoricamente la fusione nucleare appare assai semplice, nella pratica invece le cose si complicano un po’: per raggiungere la fusione occorre una temperatura elevatissima ben 100 milioni di gradi centigradi e, per mantenerla 80 milioni.
Ovviamente, nessun materiale esistente potrebbe essere posto a contatto con una massa così calda senza fondere, quindi il plasma (gas ionizzato) dopo essere stato riscaldato, viene mantenuto sospeso, senza toccare nessuna delle pareti del contenitore per mezzo di un grande campo magnetico generato con apposite bobine.
Dal processo di fusione si ricava una grande quantità di energia che raccolta in un apposito fluido, si utilizza per vaporizzare l’acqua, con cui vengono azionati la turbina e l’alternatore per la produzione di energia elettrica.
Pericoli e incognite
Fin dalla nascita delle prime centrali nucleari apparve di grande rilevanza l’aspetto della sicurezza, ovvero l’imperativo categorico di evitare qualsiasi liberazione nell’ambiente di sostanze radioattive, che vengono giornalmente prodotte in gran quantità dal reattore, dannose per l’ecosistema e pericolose per l’uomo.
Il pericolo potenziale deriva dal fatto che, anche a reattore spento c’è una piccola ma significativa produzione di energia termica, che deve essere asportata da un fluido termovettore, se si vuole evitare il surriscaldamento e la eventuale successiva fusione del combustibile nucleare.
Inoltre, in particolari situazioni incidentali, la potenza del reattore potrebbe crescere al disopra di quella nominale, con possibili conseguenze per la sua integrità.
Per evitare ciò, o meglio, per ridurre a livelli insignificanti la probabilità che avvengano rilasci al di fuori della centrale, si sono adottate delle regole molto severe per la progettazione, la costruzione e l’esercizio di una centrale.
Due gravi incidenti, quello di Three Mile Island in USA nel 1979 e quello di Cernobyl nell’ex URSS nel 1986, rinfocolarono le polemiche contro il nucleare, mai del tutto sopite, determinando un ulteriore e significativo irrigidimento delle normative di sicurezza.
Questi incidenti dimostrarono anche la piena validità delle scelte progettuali adottate in occidente, poiché il primo, nonostante la sua gravità, non provocò danni alla popolazione, mentre il secondo, verificatosi in una centrale progettata e costruita con criteri assolutamente inaccettabili in occidente, provocò innumerevoli danni nel raggio di migliaia di chilometri dal luogo dell’incidente.

Ricerca curata da
Rocchi Lorenzo

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