unità d'italia

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LA SECONDA GUERRA
Provocando l’Austria sino a farsi attaccare, Cavour riuscì a far scattare il meccanismo previsto dagli accordi Plombières. Il conflitto che ne seguì, chiamato seconda guerra d’indipendenza, fu breve ma cruento. All’esercito piemontese e a quello francese si affiancarono circa 20mila volontari accorsi da tutta Italia, parte dei quali venne inquadrata nel corpo dei Cacciatori delle Alpi, al comando di Giuseppe Garibaldi. Fu proprio Garibaldi a cogliere i primi successi, conquistando Como e Varese: successivamente, con la battaglia di Magenta e i sanguinosi scontri di San Martino e Solforino, presso il lago di Garda, i franco-piemontesi volsero nettamente a proprio favori le sorti del conflitto. Napoleone III, temendo le reazioni della Prussica e del papato, si ritirò improvvisamente e unilateralmente, firmando con gli austriaci l’armistizio di Villafranca in base al quale l’Austria cedeva la Lombardia alla Francia, che a sua volta la donava al regno di Sardegna. La Francia rinunciava a a Nizza e alla Savoia, non avendo rispettato gli accordi di Plombières. Enorme fu la delusione fra i patrioti italiani. Cavour, per protesta, si dimise.
I PLESCITI DEL 1860 -Ma la partita era tutt’altro che chiusa. Infatti in Toscana, nei ducati e nelle legazioni pontificie, dopo la vittoria riportata dalle truppe franco-piemontesi a Magenta, i governanti erano stati cacciati e si erano formati governi provvisori egemonizzati dai moderati della Società nazionale; furono elette assemblee che votarono in favore dell’annessione al Piemonte. Cavour, tornato al governo nel gennaio 1860, ottenne da Napoleone III il consenso a non ostacolare le annessioni, garantendo all’imperatore Nizza e la Savoia nonostante non avesse onorato gli accordi di Plombières. Nel marzo 1860 in Toscana, Parma, a Modena e nelle ex legazioni pontificie si svolsero dunque i plebisciti, in cui il 97% degli elettori votò per l’annessione al regno di Sardegna. A questo punto la situazione politica dell’Italia era: Al Nord, un regno di Sardegna che comprendeva anche Toscana e Emilia, mentre il Veneto rimaneva in mano austriaca; AL Centro, lo stato Pontificio (Lazio, Umbria e Marche) ; al Sud, regno delle due Sicilie.
LA SPEDIZIONE DEI MILLE
Fu l’iniziativa dei democratici ad accelerare l’evoluzione della situazione politica italiana. Nella primavera 1860 si accese in Sicilia una rivolta separatista: qui operavano due esuli siciliani mazziniani, Crispi e Pilo. Giu7dicando la situazione matura per un intervento nel Mezzogiorno, che riavviasse la lotta per l’indipendenza arrestatasi nel Nord del Paese, chiesero l’intervento di Garibaldi. Dopo molte titubanze, dettate anche dal bruciante ricordo della tragedia di Pisacane, Garibaldi decise infine di organizzare la spedizione.
Il 5 maggio 1860 salpò alla volta della Sicilia sdallo scoglio di Quarto, in Liguria, con circa 1000 volontari. La composizione sociale e la provenienza geografica dei Mille rispecchiavano fedelmente quelle del movimento democratico: per metà appartenevano ai ceti medi, per l’altra metà erano artigiani e operai; i tre quarti provenivano da Veneto, Lombardia, Liguria i restanti da Toscana e Sicilia. Cavour, preoccupato per il carattere democratico e mazziniano nell’impresa e per le sue possibile ripercussioni sul piano interpersonale, aveva tentato invano di ostacolarla.
LA CONQUIASTA DELLA SICILIA E LA DITTATURA GARIBALDINA - Rinforzato da volontari locali e con l’appoggio della popolazione entusiasta, l’esercito garibaldino sconfisse le truppe borboniche a Catafimi e alla fine del mese liberò Palermo.
Il generale assunse la dittatura nell’isola “in nome di Vittorio Emanuele re d’Italia” e istituì un governo provvisorio che prese importanti provvedimenti a favore dei contadini per guadagnarsi il consenso della popolazione. Ma Garibaldi non risolse, né forse lo poteva, il secolare conflitto che opponeva i contadini ai proprietari.
UNA DELICATA SITUAZIONE DI STALLO
L’impresa dei Mille diede nuovo slancio ai democratici, intenzionati a trasformarla in rivoluzione nazionale. Benché Cavour tentasse di impedirglielo, Garibaldi sbarcò in Calabria, prese Reggio e proseguì verso nord, fra l’entusiasmo delle popolazioni. I reparti borbonici, mal comandati e disanimati, opposero debole resistenza; tutte le strutture dello stato borbonico si sgretolarono rapidamente. Il 7 settembre 1860 Garibaldi entrò a Napoli.
Al Nord vi era il regno di Sardegna, con Lombardia, Toscana e Emilia. AL Centro lo Stato Pontificio. Al Sud il governo Garibaldi, assunto in nome del sovrano piemontese ma caratterizzato da una forte presenza di elementi repubblicani e democratici. Durissimo era diventato lo scontro politico tra Cavour e Garibaldi: Cavour temeva che potesse ormai realizzarsi il sogno mazziniano di un’assemblea costituente e che il generale, puntando verso Roma come Mazzini voleva, suscitasse la reazione dei sovrani europei.
LA PROCLAMAZIONE DEL REGNO D’ITALIA
Lo statista piemontese compì allora il suo capolavoro politico: ottenuto l’assenso di Gran Bretagna e Francia, inviò nell’Italia centrale un corpo di spedizione che invase lo Stato Pontificio, sconfisse le truppe del Papa a Castelfidardo, occupò le Marche e l’Umbria e qui puntò su Napoli. Presidiato così il centro Italia Cavour richiese che nelle province governate da Garibaldi fossero convocati i plebisciti per l’annessione al Piemonte. Garibaldi non volendo spingersi fino a un conflitto con l’esercito di Vittorio Emanuele II, cedette.
Tre ottobre e novembre le Marche, l’Umbria, la Sicilia, e tutto il Mezzogiorno votarono a larghissima maggioranza l’annessione al regno di Sardegna. I democratici dovettero accettare questa sconfitta politica: il 26 ottobre, nello storico Teano, Garibaldi concluse la sua impresa consegnando il potere al re piemontese. Il 17 marzo del 1861 il parlamento nazionale acclamò Vittorio Emanuele II re d’Italia. Il sovrano ottenne il suo nome, per sottolineare la continuità tra il nuovo regno e quello sabaudo. Mancavano ancora il Veneto e Roma per completare l’unificazione: sarà questo il primo, ma non l’unico grande problema che il governo dell’Italia dovette affrontare.

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