Thomas Jefferson

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Testo

Thomas Jefferson
Nacque nel 1743, fu il terzo Presidente degli Stati Uniti d’America dal 1801 al 1809, morì nel 1826.
Fu uno dei tanti uomini politici del tempo che nutrirono grandissimo interesse per i temi della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia. Come tale provò forte interesse anche per la Rivoluzione Francese. Gli sviluppi che questa portò in tutto il mondo furono significativi anche per Jefferson a livello ideologico ma anche pratico e politico. Le sue opinioni in merito alla Rivoluzione, alla libertà e a tutti quegli ideali cari e diffusi ai più in quell’epoca sono giunte a noi grazie al moltissimo carteggio del Presidente Jefferson.
Fra le sue righe sono continui i paragoni e le analogie tra la Rivoluzione Americana prima e la Rivoluzione Francese poi. Secondo Jefferson dalla prima sono venute stabilità istituzionale e libertà politica, dalla seconda invece, pur avendo lui stesso riposto grandi speranze, sono giunte al contrario instabilità e dispotismo.
Fin dall’inizio della Rivoluzione Francese Jefferson che allora si trovava proprio in Francia come ambasciatore statunitense cercò di seguire sempre più gli sviluppi della situazione con grande interesse, capacità di osservazione critica e riponendo grandi speranze affinché col successo degli ideali del 1789 l’Europa si potesse liberare “dalle ragnatele del passato” per avvicinarsi sempre più all’America e ai suoi nuovi ideali di libertà, diritto alla vita e diritto alla felicità. Diventò inoltre amico di diversi e celebri protagonisti di questo periodo, fra cui senza dubbio spicca il nome di La Fayette.
Durante tutto il periodo della Rivoluzione Francese Jefferson non evita di cambiare idee riguardo essa e alle volte forse addirittura contraddicendosi. Infatti dopo aver risposto speranze e ottimismo all’alba della Rivoluzione anch’egli si accorge ben presto che il processo rivoluzionario sta prendendo una piega diversa da quella tanto auspicata, facendo semplicemente passare la Francia da un dispotismo di matrice conservatrice, dei vecchi troni, a un dispotismo di matrice rivoluzionaria.
Dure furono inoltre le sue prese di posizione oltre che in riferimento al partito e ai metodi dei giacobini, anche verso la persona di Bonaparte, che definì mostro senza scrupoli, un Attila moderno.
Il grande spirito critico e attento di Jefferson è poi ben notabile in alcune lettere che alla vigilia della Rivoluzione Francese lui stesso inviò a diversi suoi corrispondenti di una certa importanza, come per l’appunto La Fayette: osserva anzitutto che i fautori della Rivoluzione non devono andare oltre la richiesta di una nuova costituzione, poi prevede che l’unica via d’uscita per evitare uno spargimento di sangue inutile con una guerra civile sarebbe quella di un reciproco riconoscimento tra l’aristocrazia e il Terso stato, entrambi troppo potenti in Francia come del resto in Europa per essere emarginati. Qui si rifa anche agli Stati Uniti che come ben nota Jefferson non ebbero mai di questi problemi in quanto in quel Paese non esistevano componenti aristocratiche nella società. Infatti la società americana era recente, non aveva un passato così “pesante” come le nazioni europee.
Dura fu anche la sua condanna per l’uso eccessivo della forza durante e dopo la Rivoluzione. Non espresse poi mai alcun elogio per alcuna figura politica europea, infatti credeva che l’Europa fosse priva di governanti forniti di una certa personalità, escluso Bonaparte, che però era un despota militarista che aveva tradito i valori e gli ideali della prima vera Rivoluzione.
Infine in una sua celebre lettera Jefferson scrisse: “E anche se le tenebre delle barbarie e del dispotismo dovessero nuovamente calare sulla scienza e sulle libertà dell’Europa, resterebbe questo Paese a preservare e a rendere loro luce e libertà.”

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