Materie: | Appunti |
Categoria: | Storia |
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Testo
Roma: dalle origini alla conquista dell’Italia
La fondazione di Roma è avvolta nella leggenda, poiché per nobilitarne le oscure origini, alcuni scrittori latini elaborarono una serie di racconti leggendari per glorificare Roma e per dare motivo d’orgoglio e fierezza ai cittadini romani. Secondo la leggenda, le origini di Roma risalgono all’eroe troiano Enea, fuggito in Italia dopo che gli Achei avevano conquistato e distrutta Troia. Enea una volta stabilitosi nel Lazio, sposò la figlia di un re latino, Lavinia, e fondò la città di Lavinio. In seguito il figlio d’Enea, Ascanio, fondò la vicina città d’Albalonga. Un giorno Marte violentò Rea Silvia, figlia di un re d’Albalonga e quindi discendente d’Enea, che partorì due gemelli: Romolo e Remo. Ma Rea Silvia, sacerdotessa consacrata agli dei, fu costretta a tenere nascosta la loro nascita e li abbandonò in una cesta che affidò alle acque del Tevere. I due gemelli furono dapprima allattati da una lupa e poi salvati da un pastore. Divenuti adulti essi decisero di fondare una città dove erano stati allattati. All’atto di tracciare i confini di questa nuova città i due fratelli si scontrarono per decidere chi avrebbe dovuto governare; così Romolo uccise Remo e divenne primo re di Roma. Però gli scavi archeologici hanno permesso una ricostruzione della nascita di Roma più aderente alla realtà. I sette colli che oggi sono inclusi nella città di Roma furono abitati da nuclei di pastori e contadini già intorno all’ottavo secolo a.C.. La strategica posizione geografica di Roma contribuì, nel tempo, a valorizzare la sua importanza economica Roma, infatti, era un luogo dove si attraversava agevolmente il Tevere per passare dal nord al sud del Lazio. Inoltre, grazie alla vicinanza del mare, il villaggio fu punto di transito delle imbarcazioni; così la città lentamente divenne un importante centro commerciale sia per gli scambi via terra, sia per quelli via mare. Nei primi tempi Roma allargò i suoi domini a spese delle città del Lazio finché nel 387 a. C. essa fu assalita e occupata dai Galli, un popolo nomade proveniente dall’attuale Francia e stabilitosi nella Pianura Padana e in Emilia. I Galli non miravano però a realizzare stabili conquiste ma preferivano compiere razzie e saccheggi. Essi, quindi si ritirarono da Roma solo dopo aver avuto un ricco tributo in oro. Si trattò dunque dalla prima sconfitta di Roma anche se i Romani non vollero mai ammerterla. Nacque, infatti, una leggenda che gli storici romani riportarono poi come vera secondo cui il dittatore Marco Furio Camillo sarebbe arrivato con le armi in pugno mentre si stava pagando il riscatto e avrebbe cacciato i nemici dalla città. Nel corso del quarto secolo a. C. Roma entrò in contatto con un altro popolo in espansione i Sanniti che occupavano un territorio corrispondente alle odierne provincie d’Avellino, Benevento e Campobasso. Proprio come i Romani, i Sanniti miravano ad espandersi verso l’Italia meridionale e a conquistare la ricca e fertile Campania. Per questo motivo lo scontro fu inevitabile. Etruschi e Galli si allearono con i Sanniti per tentare insieme di contrastare la potenza romana che minacciava ormai di dilagare in tutta Italia. Le guerre che seguirono (guerre sannitiche) furono lunghe e sanguinose: la prima iniziò nel 343 a. C., la terza ed ultima si concluse solo nel 295 a. C.. Nella terza e conclusiva guerra sannitica i Romani sconfissero i Galli, gli Etruschi e i Sanniti a Sentino nelle Marche e costrinsero questi ultimi ad entrare in un’alleanza dominata da Roma. Sconfitti i Sanniti Roma si trovò di fronte alle città greche del sud, alcune delle quali assai potenti come Napoli e Taranto. Napoli accettò immediatamente un trattato d’alleanza che la poneva sotto il controllo di Roma. Taranto invece decise di resistere e nel 281 a. C. chiese aiuto a Pirro, re dell’Epiro, una regione posta a nord della Grecia. Assai ambizioso Pirro cercava di estendere il suo dominio nell’Italia meridionale. All’inizio poiché le truppe di Pirro impiegavano in battaglia degli elefanti i Romani furono sconfitti. Tuttavia Pirro perse un gran numero di soldati senza riuscire a rimpiazzarli, sia per la distanza dalla madre patria, sia perché l’Epiro era una piccola regione. Egli infatti fu sconfitto nel 275 a. C. nell’attuale Benevento nel e fu costretto ad abbandonare l’Italia meridionale, che fu interamente occupata dai romani. Taranto, Reggio e i territori di altri di altre popolazioni meridionali come quello dei Lucani (nell’odierna Basilicata) e dei Bruzi (nell’attuale Calabria) furono tutti incorporati nei domini di Roma. Ormai era sotto il controllo dei romani tutta l’Italia peninsulare; fu così inevitabile lo scontro con Cartagine, la quale aveva fondato nuove colonie in Spagna, Sardegna, Corsica e Sicilia occidentale, prossime tappe della conquista romana. La prima guerra tra Roma e Cartagine (chiamata prima guerra punica) scoppiò quando gruppi di mercenari ribelli chiamati Mamertini occuparono la città di Messina e attaccati dal tiranno di Siracusa, Gerone chiesero aiuto a Roma. Quest’ultima colse questa nuova occasione di conquista che le si presentava e inviò nel 264 a.C. un esercito. Cartagine, preoccupata per un’eventuale occupazione romana della Sicilia mandò le sue truppe a contrastarlo. L’esercito romano sconfisse sia le truppe cartaginesi sia quelle siracusane. Lo stesso Gerone, allora, cambiò fronte e si schierò con i Romani. Essi occuparono la Sicilia fino ad Agrigento nel 261 a. C.. Intimorite da questa dimostrazione di potenza, tutte le città greche dell’isola accettarono l’alleanza con i Romani. Nonostante ciò essi vollero sconfiggere definitivamente Cartagine e allestirono una flotta di 120 navi da battaglia che sconfisse la marina cartaginese nel 260 a. C. a Milazzo e poi a Capo Ecnomo. Resi imprudenti dalle vittorie riportate, i Romani sottovalutarono la reale forza cartaginese e inviarono in Africa un esercito per attaccarla. Furono duramente sconfitti, e così la guerra in Sicilia durò per altri tredici anni senza successi decisivi, finché nel 241 a. C. la flotta romana riportò una vittoria schiacciante e definitiva presso le isole Egadi. A questo punto Cartagine dovette lasciare la Sicilia al dominio di Roma. Intanto l’espansione romana proseguì e furono occupate anche la Sardegna e la Corsica. Nell’adriatico fu conquistata l’Illiria (l’attuale Dalmazia) e nel 222 a. C. nella Pianura padana fu sottratta ai Galli Mediolanum (Milano) e nacquero le colonie romane di Piacenza e Cremona. Per loro parte i Cartaginesi conquistarono i territori della Spagna posti a sud del fiume Ebro. Secondo gli accordi presi con Roma, l’espansione di Cartagine non doveva superare quel fiume. Nel 218 a. C. il generale cartaginese Annibale assalì la città di Sagunto. Posta ancora a sud dell’Ebro Sagunto, era tuttavia alleata di Roma. I Romani intimarono ai Cartaginesi di ritirarsi, ma Annibale rifiutò. Iniziava così la seconda guerra punica. Annibale immediatamente lasciò la Spagna e portò in Italia la guerra contro Roma dove riuscì a sconfiggere i Romani presso i fiumi Ticino e Trebbia e poi, di nuovo, presso il lago Trasimeno. A questo punto contrariamente a quanto sperava Annibale, i popoli dell’Italia centrale non si ribellarono; e così l’esercito cartaginese fu costretto a dirigersi più a sud., dove nel 216 a. C. Annibale riportò un’altra clamorosa vittoria a Canne, in Puglia. Molte città del Mezzogiorno passarono allora dalla parte dei Cartaginesi. Nel 215 a. C. anche il re Filippo V di Macedonia si alleò con Annibale. Ormai tutti lo ritenevano prossimo vincitore. Roma non si rassegnò all’imminente sconfitta. Il comandante romano, Quinto Fabio Massimo, adottò una nuova tattica militare. Evitando le grandi battaglie egli cercò di guadagnare tempo attaccando di tanto in tanto le città ribelli (fu infatti chiamato “il Temporeggiamento”). Più tempo passava e più l’esercito cartaginese, isolato e lontano dalla patria, si sarebbe indebolito. Inoltre le città ribelli erano molte e sparse: Annibale non avrebbe potuto difenderle tutte. Nel frattempo il generale romano Publio Cornelio Scipione attaccò i Cartaginesi in Spagna. Il fratello di Annibale, Asdrubale, accorse in Italia in soccorso del fratello. Ma prima che i due eserciti potessero ricongiungersi, Asdrubale fu sconfitto e ucciso presso il fiume Metauro, nel 207 a. C., e Annibale restò isolato. Nel 204 a. C. Scipione sbarcò in Africa per attaccare direttamente Cartagine. Annibale rientrato a difendere la sua patria, venne sconfitto nella battaglia finale avvenuta a Zama nel 202 a. C.. Egli stesso fu costretto a trattare la resa col comandante romano, che da allora fu detto Scipione l’Africano. Cartagine dovette abbandonare ogni conquista ed ogni colonia e i Cartaginesi si impegnarono a pagare a Roma una fortissima indennità. Annibale fu poi esiliato da Cartagine per le insistenze dei Romani che ancora lo temevano. Sempre braccato dai Romani, si uccise nel 183 a. C. Dopo la vittoria i Romani si dedicarono alla riorganizzazione dei loro domini. Ripresero il controllo delle città che si erano ribellate e fondarono nuove colonie, tra le quali Rimini e Aquileia. Entrarono a far parte del dominio romano anche la Spagna e la Gallia meridionale. Ormai i Romani non avevano più avversari nel Mediterraneo occidentale. Si rivolsero quindi verso la Grecia e l’Oriente. Dapprima Roma attaccò la Macedonia per punirla dell’appoggio dato ad Annibale. Tra il 200 e il 197 a. C. l’esercito romano del console Tito Quinzio Flaminino sconfisse le truppe macedoni e costrinse il re Filippo V ad abbandonare la Grecia. Qui Flaminino si presentò come un liberatore. In realtà, Roma intendeva tenere le città greche sotto controllo come fedeli e obbedienti alleate, evitando una vera e propria occupazione militare, che avrebbe comportato un eccessivo impiego di truppe. Ma, con le riottose città greche, questa era una soluzione che non poteva durare a lungo. Prima fu il re Perseo di Macedonia a porsi a capo della lotta contro i Romani. Sconfitto Perseo a Pidna, la Macedonia divenne poco dopo una provincia romana, mentre Roma stabiliva il suo dominio su gran parte dell’Asia Minore. L’indipendenza che Roma intendeva concedere ai Greci non era senza limiti. Roma non accettava che le loro assemblee prendessero decisioni contrarie ai suoi interessi. Per questo motivo imprigionò e deportò a Roma un migliaio di oppositori politici. Nel 146 a. C. alcune città greche costituirono una lega contro Roma e formarono un esercito. Roma le sconfisse e la Grecia divenne una provincia romana (145 a. C.). Nel frattempo Cartagine si era ripresa, la sua economia era tornata a fiorire e Roma ricominciò a considerarla con preoccupazione. Cartagine non costituiva in realtà una vera minaccia, ma il ricordo delle guerre precedenti era ancora molto vivo. Roma inviò in Africa un esercito (terza guerra punica). Dopo due anni di assedio, la città fu conquistata e distrutta (146 a. C.) da Scipione Emiliano, nipote di Scipione l’Africano. La conquista di vastissimi territori provocò profondi cambiamenti nella vita politica, sociale ed economica di Roma. In poco tempo, Roma accumulò enormi ricchezze e un enorme numero di schiavi venne portato in Italia da tutte le provincie conquistate. L’improvviso afflusso di ricchezze e il contatto con la Grecia e l’Oriente cambiarono profondamente il modo di vita dei Romani ricchi. Generali, senatori, plebei ricchi adottarono gli usi e i costumi greci, vivendo con grande lusso. Un particolare, fortissimo influsso fu esercitato dalla cultura artistica e letteraria greca su quella di Roma.