Storia del lavoro in fabbrica: tesina von foto e bibliografia

Materie:Tesina
Categoria:Storia

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Testo

La rivoluzione industriale e la nascita delle fabbriche
Le prime fabbriche nacquero in Europa alla fine del 1700. Prima di quell’epoca, per trasformare le materie prime in prodotti di consumo, si adottava il sistema del lavoro artigianale.
Quel sistema aveva tre caratteristiche fondamentali:
- l’artigiano eseguiva tutte le operazioni necessarie per la produzione di un singolo oggetto;
- l’artigiano, pur aiutandosi con gli attrezzi del mestiere, lavora essenzialmente con le proprie mani;
- l’artigiano adoperava utensili di sua proprietà.
La produzione artigiana poggiava interamente sulla capacità del lavoratore e sulla sua esperienza personale.
Quando, alla fine del 1700, si inventarono delle nuove macchine per produrre ciò che prima si faceva a mano, fu sconvolto del tutto il modo tradizionale di lavorare: il cambiamento fu così grande che passò alla storia con il nome di Rivoluzione Industriale.
Tutto incominciò con l’invenzione di alcune macchine che rendevano più veloce il lavoro degli artigiani: per esempio si inventò la “navetta volante” e il telaio azionato da una forza motrice idraulica, che permisero ai tessitori di produrre una maggiore quantità di tela in un minor tempo.
Era nato il sistema della fabbrica, cioè un nuovo sistema di lavorazione in cui i lavoratori erano impegnati a far funzionare una serie di macchine mosse da una forza centrale. In primo tempo la forza centrale era ottenuta con l’acqua dei fiumi o con il vento. Infatti essi facevano girare le ruote dei mulini, il cui movimento veniva poi trasmesso a tutte le macchine.
Disegno che raffigura il lavoro delle donne al telaio
A ciò si sostituì nel 1756 il motore a vapore inventato dall’inglese James Watt. Con il diffondersi delle fabbriche avvenne la separazione del lavoro: vi era chi possedeva il capitale e le macchine (imprenditore) e chi adoperava queste macchine (operaio). Innanzitutto non fu più necessaria l’abilità dei lavoratori: infatti ad essi era chiesto solo di far funzionare le macchine, con dei gesti quasi sempre faticosi, ma non ingegnosi. Questo permetteva l’impiego di lavoratori poco specializzati, di ex-contadini, di donne e anche di bambini.
In secondo luogo le macchine imposero una seconda divisione del lavoro: il processo lavorativo si frantumò in una serie di operazioni divise, ciascuna delle quali era eseguiti da individui che si specializzavano esclusivamente su ciò. Infine fu introdotta una disciplina del lavoro. Perché il costo delle macchine fosse compensato da una produzione molto abbondante, esse non dovevano mai fermarsi: i lavoratori, dunque, non potevano distrarsi o allontanarsi dalla macchina a cui erano addetti. La loro giornata lavorativa era lunghissima: i bambini lavoravano 14 ore al giorno e, in certi casi, perfino 18. I salari, poi, erano estremamente bassi e costringevano i lavoratori a condizioni di vita spesso disumane.
Non mancava, per l’operaio, la dura realtà del licenziamento e il loro contratto con l’imprenditore era provvisorio senza alcuna sicurezza.
In quegli anni si sviluppò enormemente il trasporto ferroviario.
Qui raffigurata una delle prime locomotive a vapore.
Il sistema americano: la standardizzazione
La rivoluzione Industriale ebbe come conseguenze al produzione di massa, cioè la tecnica di produrre grandi quantità di beni a basso costo umanitario. Furono potenziati i motori e nacquero le cosiddette macchine utensili, cioè gli apparecchi che servono alla fabbricazione di altre macchine. Gli americani furono i primi, nella seconda metà dell’800, ad organizzare le fabbriche secondo questo sistema e a loro va l’invenzione della standardizzazione (per cui tutti gli oggetti devono avere le stesse caratteristiche) e quella della intercambiabilità delle parti ( per cui ogni parte di un oggetto deve poterlo cambiare con qualsiasi altro pezzo della serie).
Henry Ford e la linea di montaggio
Henry Ford fu l’industriale americano che introdusse nell’industria la rivoluzione della linea di montaggio (o di assemblaggio). Ford applicò questa idea innanzitutto alla produzione di magneti.
Prima di questa innovazione ogni operaio montava da solo ogni magnete. Con la linea di montaggio ciascuno di essi, fermo nella sua postazione, inseriva nel prodotto il pezzo al quale era addetto. L’operaio non doveva mai distrarsi, né allontanarsi, ma doveva adeguarsi ai ritmi della produzione.
Visto il successo della iniziativa, Ford applicò questo metodo anche all’industria dell’auto. Grazie alla linea di montaggio la produzione di vetture raddoppiò e, addirittura, triplicò.
La catena di montaggio della Ford “modello T”
Il taylorismo e l’analisi scientifica del lavoro
Frederick Taylor fu l’ingegnere americano che fondò l’analisi scientifica del lavoro, cioè lo studio dei modi in cui si può organizzare una fabbrica per ottenere la massima produzione con il minor costo: questa analisi prese dal lui il nome de taylorismo.
A suo parere, per perfezionare il sistema della fabbrica, bisognava incominciare a migliorare l’efficienza di ciascun singolo lavoratore. Taylor osservò come ogni operaio svolgeva la propria mansione, determinò i movimenti di base necessari e li analizzò per vedere quali erano essenziali e quali no, cronometrò perfino i tempi necessari. Poi, consegnò agli operai un foglio di istruzione che indicava con esattezza come egli voleva come facessero il lavoro.
La produzione crebbe ma, invece di alleggerire la fatica, ciò la aumentarono e spesso causarono danni fisiologici e disturbi nervosi.
In seguito la linea di montaggio e le altre novità americane furono copiate dalle imprese mondiali ed europee.
Lo stabilimento industriale italiano della SICILFIAT
La produzione snella
Nel 1950, l’ingegnere giapponese Eiji Toyoda (presidente della “Toyota Motor Company” soggiornò per tre mesi a Ditroit, per visitare lo stabilimento Rouge di Ford. Qui vi apprese la linea di montaggio e, una volta tornato in patria, cercò di ideare un sistema competitivo all’America. Invece di produrre serie di auto tute uguali, decise che avrebbe costruito una gamma completa di automobili, con una gran varietà di modelli diversi. Questa soluzione prese il nome di produzione snella e presentò subito molti vantaggi: infatti, le fabbriche snelle costavano meno e nel complesso producevano di più.
Nelle fabbriche il lavoro fu organizzato con metodi del tutto diversi da quelli occidentali e si fece molto affidamento sul senso di responsabilità dei lavoratori. Per avere la fedeltà dell’operaio l’imprenditore gli assicurava il posto di lavoro a vita, moltissimi servizi, l’alloggio e le strutture ricreative. Poi, superò la divisione del lavoro introdotta da Ford con il lavoro di squadra che eliminava gli sprechi di fatica, di materiali e di tempo. Infatti ad ogni squadra veniva affidata una parte della linea di montaggio ed aveva il compito di occuparsi esclusivamente di ciò (impartire il lavoro, pulizia, riparazioni, ecc.).
Tra il 1950 e 1970 cambiò completamente anche l’organizzazione della catena di approvvigionamento. La Toyota affidò la costruzione di quasi tutti i pezzi e i componenti ad altre aziende che diventavano sue fornitrici abituali. Tutto ciò diede un risultato molto soddisfacente.
L’automazione
Con automazione si intende l’utilizzazione, all’interno di una fabbrica, di mezzi di trasporto capaci non soltanto di spostare un pezzo da una macchina alla successiva, ma anche di orientarlo con precisione e di usarlo per alimentare una seconda macchina.
Il primo apparecchio capace di lavorare in questo modo fu la macchina transfert. All’inizio degli anni ’50 nacquero i primi computer che vennero immediatamente introdotti nell’industria. Essi assunsero il compito di controllo dell’intera produzione e i lavoratori, di conseguenza, avevano la responsabilità di osservare gli indicatori e le spie elettroniche.
Oggi vengono spesso usati i robot. Esso differisce dalle altre macchine automatiche in quanto replica i movimenti dell’uomo e può essere programmato per svolgere una molteplicità di compiti come i lavoratori. Ma, a differenza di quest’ultimi, non risentono della fatica o della tensione nervosa, riescono a fornire prestazioni migliori e il loro costo è inferiore.
Robot antropomorfo con 6 assi di asservimento
BIBLIOGRAFIA:
- G. Arduino, educazione TECNICA, Lattes;
- M. Kranzberg e J. Gies, Breve storia del lavoro, Mondadori;
- J.P. Womack, D.T. Jones, D. Roos, La macchina che ha cambiato il modo, Rizzoli.
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