Materie: | Appunti |
Categoria: | Storia |
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Data: | 20.04.2001 |
Numero di pagine: | 30 |
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Testo
Augusto.
La battaglia di Azio aveva risolto la diatriba tra Ottaviano e Antonio, e chiudeva la lunga guerra civile in Italia Lo stato ne usciva devastato, ma anche vincitore contro l’oriente di cui Antonio ne aveva preso la parte. La restaurazione dell’impero da parte di Ottaviano iniziò con il richiamo all’immagine del passato. L’intero popolo, nonostante le vecchie divisioni, richiedeva la pace. Questo desiderio del popolo costituiva per Ottaviano il più solido fondamento per costruire una nuova società. Egli aveva dalla sua la forza delle armi, la ricchezza del patrimonio dei Giulii e il grande nome di Cesare. La conquista del potere fu graduale. Lo stato repubblicano andava perdendo di significato. Dopo alcuni anni lasciò il consolato, ponendosi come garante della Repubblica. In seguito trasferì il governo nelle mani del senato e nel popolo romano, anche se lui, pur non avendo carica, aveva la massima autorità. Il potere ufficialmente non era più nelle sue mani ma la sua autorità era al di sopra delle leggi. Accettò di farsi chiamare principe del senato, e questa carica si identificava con la massima autorità dello stato. Inoltre gli venne conferito il titolo di Augusto. La perdita del consolato fu pareggiata dal conferimento ad Augusto di due nuovi strumenti: la tribuna potestas e l’imperium proconsulare. Il primo dava al principe il potere di tribuno della plebe. La seconda dava ad Augusto il diritto di esercitare ovunque il supremo comando militare. Questi poteri facevano di Augusto una specie di dittatore, anche se veniva mascherato formalmente. Ad Augusto mancava di assumere la carica religiosa, ovvero il grado di pontefice massimo, ma il ruolo era occupato da Lepido. Dopo la sua morte Augusto prese la carica e raggiunse il suo apice , forte di un consenso generale.
La solidità del regime di Augusto si basava sul consenso della popolazione, esclusi schiavi e le fasce più diseredate, dalla fedeltà delle sue truppe, le quali furono fortemente ridotte per diminuire il loro potere, e l’arruolamento era diventato volontario. Furono selezionate numerose truppe ausiliarie, formate da chi non godeva della cittadinanza romana. Augusto decise di formare, per salvaguardare la sua sicurezza un nuovo corpo di truppe scelte, i pretoriani, che erano stanziate a Roma.
Si venne a formare un conflitto tra la più importante autorità della vecchia repubblica, il Senato, e Augusto. Per guidare lo stato, era necessaria comunque un’aristocrazia, così Augusto decise di epurare il Senato dei membri più poveri, facendo così aumentare il prestigio di quell’istituzione. Ai cavalieri riservò invece la gestione delle nuove cariche nell’amministrazione pubblica, e fece di loro la spina dorsale del nuovo stato. Parte dell’amministrazione pubblica era comunque affidata ai liberti e agli schiavi di Augusto. Le decisioni più delicate venivano prese in un consiglio al di fuori delle istituzioni, e in esso spiccavano due tra i più bravi collaboratori del principe, Agrippa e Mecenate.
Lo stato augusteo era governato dall’aristocrazia e dalla plutocrazia. Le classi meno abbienti erano esclusi dalla gestione della cosa pubblica. L’unica eccezione era la plebe di Roma, anche se le sue assemblee erano svuotate di importanza. Persa l’importanza politica il popolo della città veniva ricompensato con una politica demagogica, con giochi e spettacoli e con l’offerta di grano e di denaro. Tutte le necessità dello stato comportavano una spesa economica molto alta. venne fatto fronte a queste necessità con l’uso del patrimonio di Augusto e con una riforma fiscale. Le entrate erano costituite da imposte applicate alle persone e ai beni fondiari delle provincie. Vennero imposte altre tasse sulle compravendite. sulla manomissione degli schiavi e sulle eredità. L’impero era diviso in provincie senatorie e imperiali. Le prime erano affidate a proconsoli e a propretori, mentre le seconde erano sotto la giurisdizione di Augusto, il quale le governava tramite senatori e cavalieri. faceva eccezione a questa divisione l’Egitto che era governato da un prefetto alle dipendenze di Augusto. Gli anni sotto Augusto furono pacifici, anche se gli eserciti non rimasero inattivi: infatti le truppe furono impegnate in Spagna, nelle Alpi, dove fu fondata Aosta, in Svizzera e in Austria. In oriente le operazioni si effettuarono nella zona del Danubio, e portarono alla sottomissione della Pannonia, della Mesia e della Tracia. Non furono fortunate invece le guerre tenute contro gli alemanni e dirette da Druso e Tiberio, figli dell’imperatore, che trovarono li la morte, e da Varo che fu sconfitto a Teutoburgo. Augusto, pur risedendo a Roma, viaggio molto per le varie provincie dell’impero, ottenendo molti successi diplomatici. Nonostante l’attività militare il regno di Augusto vide una pacificazione interna. Questa Pax Augusta venne celebrata con la chiusura del tempio di Giano, ammessa soltanto in tempo di pace. Dopo la presa del potere da parte di Ottaviano, Roma venne restaurata e vennero costruiti nuovi edifici pubblici. In tutta Italia venne ampliata la rete stradale. Crebbero i nuovi insediamenti come Torino, Aosta, Milano, Brescia e Trento. più difficili erano le condizioni del mezzogiorno dove persisteva l’allevamento e il pascolo. Fiorirono solamente le regioni della Campania, dove sorsero splendide ville.
Intorno ad Augusto esisteva un aurea divina, che portò allo svilupparsi del culto imperiale. In oriente l’imperatore poteva benissimo essere adorato come un dio, ma in occidente Augusto fu associato a Roma. Iniziò un vasto programma di risanamento morale di stampo conservatore. Vennero ripristinati vecchi culti, furono regolati i matrimoni tra classi miste e vennero posti ostacoli al divorzio.
15. Dopo la morte di Nerone, l’Impero cadde di nuovo nella guerra civile. Quattro imperatori si contesero il trono: Galba cercò di restaurare la sovranità del senato, ma venne assassinato dai pretoriani, comandati da Otone. Un nuovo pretendente fu Vitellio, che sconfisse Otone in battaglia. Il vincitore assunse atteggiamenti neroniani e il suo governo ebbe un carattere antisenatorio. Nel frattempo gli eserciti in oriente, che fino ad esso erano stati spettatori, vollero imporre un loro candidato, Tito Flavio Vespasiano, che sconfisse Vitellio e divenne imperatore. Per la prima volta al vertice dello stato vi era un uomo che non apparteneva all’aristocrazia romana. I primi anni del suo regno lo videro impegnato in Gallia e in Britannia, e rinforzò il confine del Danubio. Il figlio di Vespasiano, Tito, era rimasto in Giudea e aveva espugnato Gerusalemme, distruggendone il Tempio. Nella politica interna l’imperatore si preoccupò di saldare i rapporti con i nuovi gruppi sociali, ovvero la borghesia. Sancì una legge, la Lex de imperio Vespasiani, con la quale pose dei limiti al suo potere, garantendo le funzioni del senato. Sul piano militare egli sciolse le legioni più compromesse con le guerre civili e immise nuovi e fedeli organici. favorì l’ascesa dell’occidente e sostituì le vecchie classi dell’aristocrazia Giulio Claudia. vespasiano mise le basi per la trasmissione ereditaria del potere, associando all’impero i suoi due figli Tito e Domiziano. Per la cultura favorì le scuole per le nuove classi dirigenti ma scacciò filosofi e astrologi della cultura greca-orientale. Sul piano economico, per risanare il bilancio statale, immise una politica di rigidezza basata su un migliore bilanciamento delle entrate e delle uscite. Dopo la sua morte venne al potere Tito, che mantenne un atteggiamento di rispetto nei confronti del senato. Durante il suo regno avvenne l’eruzione del Vesuvio che portò alla distruzione Pompei, Ercolano e Stabia, e un anno dopo avvenne il grande incendio di Roma. Questi eventi consentirono a Tito di dimostrare la sua munificenza per la ricostruzione e per i soccorsi. Iniziò inoltre a costruire l’anfiteatro Flavio. Morì a 41 anni e gli successe suo fratello Domiziano. Tra il nuovo imperatore e il senato i rapporti si fecero più duri, poiché il secondo non gradiva il comportamento assolutistico del primo. Si assicurò all’inizio l’appoggio dell’esercito, si conferì il titolo di censore a vita e immise il suo nome nel dominus et deus noster, rompendo così l’alleanza con il senato. Sul fronte militare Domiziano iniziò campagne militari in Germania e in Britannia. In Dacia preferì invece trattare con le popolazioni. Nell’economia Domiziano favorì l’industria dell’Italia, per evitarne il decadimento economico. nei suoi ultimi anni di regno Domiziano aumentò le condanne di morte per i suoi oppositori. Una congiura di palazzo infine eliminò l’imperatore. La congiura portò al potere un vecchio senatore Cocceio Nerva, che associò al potere Marco Ulpio Traiano. dall’adozione di Traiano, si continuò ad usare il principio della scelta del migliore, e dell’armonizzazione delle esigenze del Senato e del principe. Spagnolo di nascita, Traiano fu il primo imperatore non italico. Durante il suo regno vennero aumentati i senatori provinciali, ai quali era richiesto di investire un terzo delle proprie sostanze in Italia. I problemi, quali la crisi demografica e l’estesa povertà vennero affrontati con un programma di opere assistenziali. Per ricavare il denaro per questa scelta economica, vennero riprese le attività militari. Traiano invase per prima la Dacia. Con il tesoro ricavato vennero costruite nuove opere pubbliche come il nuovo Foro a Roma, progettato dal celebre Apollodoro, i mercati Traianei, un nuovo porto. In oriente assoggettò il regno degli arabi Nabatei, e attaccò l’impero dei Parti, poiché esso impediva un diretto commercio con l’oriente. Conquistò in poco tempo la Mesopotamia e l’Assiria, anche se lo scoppio di rivolte degli Ebrei lo costrinsero a sospendere le operazioni. Poco tempo dopo la morte lo colse. Dopo il suo decesso, il suo successore fu Publio Elio Adriano.
La dinastia dei Severi.
Dopo la morte di Commodo, l’impero romano si trovò di nuovo in una profonda crisi. L’autorità del principe veniva messa in discussione, e il vero potere tornava nelle mani degli eserciti. Il senato cercò di mettere al potere un suo rappresentante, Elvio Pertinace, il quale fu ucciso tre mesi dopo dai pretoriani, che elevarono al trono un altro senatore, Didio Giuliano. A Giuliano si contrapposero Pescenio Nigro, Clodio Albino e Lucio Settimio Severo, che ne uscì vincitore.
Dopo la sconfitta dei suoi avversari, Settimio Severo instaurò un governo autoritario, associò al trono suo figlio Caracalla, e si assicurò i servigi dei militari, concedendo loro privilegi economici e politici. Gli eserciti vennero ad essere costituiti da provinciali, facendo perdere i privilegi alla cittadinanza italica. Segno di questo progresso fu l’accampamento nei pressi di Roma di alcune legioni, che segnarono la fine della smilitarizzazione dell’Italia.
Il potere autoritario di Settimio Severo portò a un esautoramento del Senato, con alcune persecuzioni delle vecchie famiglie dell’aristocrazia. finiti i legami da Principe e Senato, la scienza giuridica Romana progredì, con una distinzione netta della società in due categorie: i più modesti e i privilegiati.
Per sostenere le sue spese militari, Settimio Severo diminuì la quantità di argento nelle monete romane, ricavando dalla stesa quantità di minerale, il doppio di denaro. Ciò favorì l’inflazione, con un conseguente aumento dei prezzi e un ristagnamento dei mercati. Le tasse che una volta erano volontarie e saltuarie, divennero obbligatorie.
Si avviò così un sentore generale di crisi economica e sociale, che portò allo svuotarsi delle città e a un economia di tipo rurale. Questa crisi venne fronteggiata con un rafforzamento della macchina statale.
Le campagne militari di Settimio Severo si spostarono sul fronte orientale combattendo i parti, e riformando l’effimera provincia di Mesopotamia; il limes fu rafforzato sul Danubio e in Africa. Settimio Severo morì durante una spedizione in Britannia, e lasciò l’impero nelle mani dei suoi due figli, Geta e Caracalla, che assassinò suo fratello, regnando da solo.
Caracalla
Caracalla iniziò il suo governo con una politica di persecuzione senatoria e con una politica economica simile a quella di suo padre. Creò una nuova moneta con un valore 5 volte superiore a quella precedente. Ciò se pur giovò al bilancio dello stato, alzò l’inflazione con un altro rincaro dei prezzi. Un editto che uscì sotto il suo regno, la Constitutio Antoniana, diede la cittadinanza romana a tutti i provinciali. Desideroso di imitare il padre e lo stesso Alessandro magno, Caracalla ideò una nuova campagna militare contro i Parti, nella quale venne ucciso da una congiura di militari, che elevò al potere il pretore Macrino.
Elagabalo
Macrino venne ucciso dalle truppe fedeli ai Severi e guidate da Giulia Mesa, che elevò al potere suo nipote Bassiano, di soli 14 anni. Egli, fanatico dell’oriente, si fece chiamare Elegabalo. La sua guida si contrapponeva troppo però ai costumi di Roma e così nel 222 venne ucciso dai pretoriani, e rimpiazzato da Alessandro Severo, figlio adottivo di Giulia Mesa.
Alessandro Severo
Il suo regno fu caratterizzato da un ritorno alle tradizioni, al senato e alle vecchie aristocrazie. La politica economica venne caratterizzata dal controllo sulle corporazioni e sullo sviluppo delle scuole. la sua debolezza derivava però dalla ristrettezza della sua corte e dal controllo di sua madre Giulia Mamea. Le campagne dirette da Alessandro contro i Parti si risolsero in un nulla di fatto e sul fronte Danubiano una rivolta delle truppe uccise lui e sua madre. Alla fine dei Severi si aveva un vuoto di potere, non esercitato dall’aristocrazia, e dagli eserciti, ormai barbarizzati.
Le campagne militari in oriente avevano indebolito il regno Partico, dove nacque un movimento nazionalista che sfociò nella fondazione del regno Sasanide, da parte del re Artaserse. L’ascesa del regno portò a varie conseguenze, come il cambio della lingua, e della cultura, con un conseguente cambio di rapporti con l’impero Romano. La politica di espansione seguita da Sapore I, portò allo scontro i due imperi, con la sconfitta di Roma, la conquista di Antiochia e la cattura di Valeriano.
Dopo la morte di Alessandro, iniziò un periodo di guerre civili durato quarant’anni. Salì al potere Massimino Trace, una persona rozza e violenta, che ignorò Roma, e si insediò a Serminum, per controllare le azioni di guerra sul Reno. Il senato, ribellatosi a Massimino, portò come esponenti Balbino e Pupieno, e le aristocrazie del Nord Africa Gordiano, che elevò al trono suo figlio Gordiano II. Entrambi furono sconfitti da Massimino, il quale però venne ucciso da una rivolta delle sue truppe.
Al potere andò Gordiano III, tredicenne, guidato dal pretore Timesiteo. Dopo la morte del pretore, l’imperatore cadde, e venne al potere Filippo l’Arabo.
Tocco a egli la celebrazione dell’anniversario per i mille anni di Roma, con i giochi secolari. Filippo dovette affrontare i sasanidi ad oriente, rimediando la sconfitta e le popolazioni gote sul Danubio, in Dacia e in Mesia.
Apparve infine Traiano Decio che sconfisse Filippo e regno per due anni, nei quali cercò di riportare alle vecchie tradizioni l’impero, facendo leva sulle persecuzioni cristiane.
Dopo la morte di Decio, una nuova crisi si fece avanti, accompagnata da nuove invasioni barbariche e da un’epidemia di peste. Il potere venne preso da Valeriano, che associò al trono suo figlio Gallieno. Questo impero venne caratterizzato da una frammentazione da parte di usurpatori. La ricca città di Palmira si rese indipendente e governò per conto suo tutto l’oriente, dall’Asia minore all’Egitto. In occidente si costituì in Gallia e in Spagna L’impero Galliarum governato da Postumo, facendo rimanere l’impero di Gallieno solo sull’Italia e in Africa.
Gallieno
Uomo colto e raffinato, aristocratico, entrò in conflitto con i senatori per il suo tentativo di riforma, riprese la libertà di culto e soppresse i senatori militari, separando potere civile da quello militare. Riformò l’esercito, istituendo diversi nuovi corpi. Venne ucciso a Milano mentre combatteva contro un usurpatore.
Crisi
Tra il 256 e il 257 si erano svolti tre eventi inauditi per l’impero. I sasanidi avevano conquistato Antiochia, avevano catturato l’imperatore, e Atene era stata catturata dai barbari. Dopo Settimio Severo, nessuno era morto naturalmente, e ciò era la fine dell’equilibrio sociale che durava dagli antonini. L’imperatore aveva perso prestigio e significato, e gli aristocratici avevano terminato il loro governo. Gli eserciti si erano barbarizzati, e badavano di più ai lori interessi che a quelli dell’impero. Intanto fuori dall’impero, le popolazioni barbare varcavano i limes, e i sasanidi avanzavano da est. Nelle città avveniva l’emigrazione verso le campagne, gli unici a trarre beneficio dalla crisi furono i burocrati e gli eserciti, Intanto l’inflazione saliva, i prezzi aumentavano e avveniva il ristagno dei mercati. Oltre a tutto ciò avvenivano epidemie di peste per lo spostamento degli eserciti.
Crisi spirituale e religiosa
La crisi economica si riflesse sugli animi delle persone. Mentre altri potevano guardare alla fine del vecchio mondo con speranza, altri invece guardavano ad essa con orrore. Per molti il nuovo doveva venire violentemente, mentre altri si aggrappavano ad esso per difenderlo.
La religione pagana era così in crisi, veniva a mancare un importante strumento di consenso e di controllo. Negli ambienti intellettuali si diffondeva il neoplatonismo, ideato da Plotino, ricco di idee mistiche e religiose. Tra la popolazione si diffusero nuove religioni di origine orientale, tra le quali le religioni misteriche, legate al mondo della natura, e le religioni cosmiche. Accanto al culto cosmico di Mitra, prendeva piede il Cristianesimo, che si affermò tra le classi meno agiate, tra le varie persecuzioni. Contro le persecuzioni, i cristiani cercarono di entrare nella società, mettendo in campo scritti, detti apologetici, attraverso i quali rispondevano alle accuse dei loro avversari.
Nel cristianesimo intanto si andavano a formare diversi gruppi che andavano in contrapposizione tra di loro (eresie e sette).
Per evitare disgregamenti, la religione cristiana si dette un organizzazione, basata sulle chiese. La religione si diffuse anche nelle zone alte del potere, anche se un cristiano poteva essere denunciato, e perseguito in ogni momento. Alcuni imperatori tradizionalisti, come Decio, iniziarono delle rappresaglie di massa, che portarono solo ad un rinforzamento del cristianesimo e a un proselitismo sempre più attivo.
Dopo Gallieno, successe al trono il generale Claudio. Con lui ebbe inizio una serie di imperatori di origine illirica . Ebbero personalità rudi e decise, che seppero arrestare per un po’ di tempo la caduta dell’impero. Claudio morì di peste, e salì al trono Aureliano. Con lui l’impero recuperò del prestigio sia militare che politico. Riuscì a sconfiggere gli Iutungi che avevano invaso l’Italia. Sul limes danubiano i Vandali vennero respinti mentre veniva abbandonata la Dacia. A Roma Aureliano condusse una politica di sostegno per le classi popolari e risollevò il prestigio della fiducia verso l’imperatore.
Aureliano venne ucciso, e gli successe Tacito, un senatore. Durò poco e venne sostituito da Probo, un militare, che sconfisse i Burgundi, i Vandali, e i Franchi, e iniziò a combattere contro i Sarmati. Il suo rigore con i soldati gli fu fatale, e venne ucciso da una congiura a Sirmium.
In tre anni di lotte per il potere si successero Caro, che morì lottando contro gli Unni, Carino e Numeriano, suoi figli, uccisi dalle truppe, fino a che il dalmata Caio Valerio Diocle, per gli amici Diocleziano, divenne imperatore. Diocle cercò di porre rimedio a tutte le forza disgregatrici nell’impero, e iniziò forti riforme sul piano istituzionale. Diocle impose l’uso del latino a tutte le provincie e cambiò il suo nome in Diocleziano. Trasferì la capitale a Nicomedia, per controllare in modo migliore
il fronte danubiano. Il settore occidentale venne affidato a Massimiano. Vennero pio associati come cesari Galerio, con la regione Illirica, e Costanzo Cloro, con la Gallia e la Britannia. L’obiettivo di Diocleziano era di raggiungere la calma sociale e politica. Venne preso un accordo tra i quattro regnanti che, passati vent’anni, i primi due si sarebbero ritirati, lasciando l’impero nelle mani dei due cesari. Diocleziano rafforzò l’immagine divina attorno a se, fondando un potere assolutistico di carattere teocratico. Sia l’esercito che l’amministrazione vennero riordinate, e vennero fondati dei corpi speciali per la sicurezza dell’imperatore. L’amministrazione venne ulteriormente burocratizzato. Le provincie vennero aumentate di numero, e vennero accorpate di diocesi, a loro volta riunite in prefetture. Sulla politica fiscale, le tasse vennero aumentate, per sostenere le spese per l’esercito e per l’amministrazione. Il calcolo delle tasse da pagare venne affidato ai censori. L’imposta era raccolta per cura del municipio. Le aristocrazie non furono in grado di riscuotere le tasse. Ne derivo una crisi aggravata da quella degli schiavi, ormai sostituiti dai coloni. Le città si andavano spopolando e i centri agricoli conquistavano importanza. Per fronteggiare l’inflazione, Diocleziano emanò un editto che decideva i prezzi di ogni merce e di ogni lavoro, ma senza successo. per quanto riguarda le religioni, Diocleziano iniziò a combatterle, specialmente il Manicheismo e il Cristianesimo. Dopo vent’anni Diocleziano si ritirò insieme a Massimiano, e il trono venne lasciato ai loro successori.
Dopo la rinuncia di Diocleziano, il potere andò ai due cesari, che elessero Massimino Daia e Severo. Questa scelta era in contrasto con le aspettative del figlio di Massimiano che del figlio di Costanzo, Costantino. Dopo la morte di Costanzo le truppe proclamarono imperatore Costantino, e la popolazione di Roma eleggeva Massenzio. Lo scontro tra i due avvenne a ponte Milvio, nei pressi di Roma, che si risolse in favore di Costantino. Nel 313 emanò l’editto di Milano con il quale decretava la libertà di religione in tutto l’impero. Stipulò così un’alleanza con i cristiani che lo portò a un ulteriore distacco da Roma. Per consolidare il potere in occidente, Costatino aveva fatto un’alleanza con Licinio, Ma i contrasti si riaccesero e Costantino sconfisse in due battaglie il suo avversario.
Nel 321 Costantino riconobbe l’autorità dei tribunali civili ecclesiastici, facendo rinunciare all’impero alla gestione della giustizia in campo pubblico. Costantino si inoltrò sempre di più negli affari della chiesa, fino a partecipare al concilio di Nicea per risolvere la questione dell’eresia di Ario. L’imperatore preferiva di gran lunga l’oriente a l’occidente, così fece fondare la nuova capitale sulla vecchia città di Bisanzio, chiamandola Costantinopoli. Quindi Roma perdeva ogni significato politico, e smetteva di essere il centro dell’impero.
La politica monetaria di Costantino cambiò radicalmente da quelle passate, tramite la creazione del solidus, una moneta d’oro, che favorì solamente le classi più abbienti dell’impero, riducendo il valore delle monete di bronzo, usate dalla maggior parte del popolo. La crisi delle classi medie era giunta al compimento, portando una netta separazione tra l’élite aristocratica, e il popolo. I latifondi si cominciarono ad acquistare sempre più potere, e così anche la chiesa. che iniziò ad accumulare ricchezze grazie alle elargizioni. Altra classe emergente era quella dei burocrati che amministravano la grande macchina dello Stato. Tale potere venne accresciuto dall’aumentare delle tasse, che venivano riscosse da loro. Il pagamento delle tasse portò al fallimento parecchie famiglie che furono costrette a divenire coloni nei latifondi. In questo modo avvenne il definitivo tramonto della schiavitù. e i coloni furono talmente legati al podere che anticiparono la figura medioevale del latifondista. Nei ceti urbani si andò rafforzando il vincolo che legava ciascuno al proprio lavoro, rendendolo di fatto ereditario. La società del IV secolo si presenta come una società rigida, nella quale il potere era nelle mani dei burocrati e della chiesa.
Dopo la morte di Costantino, l’impero fu colpito da una guerra civile tra i figli del vecchio imperatore: nel 340 Costante eliminò il fratello Costantino II, finche non venne ucciso a sua volta dall’usurpatore Magnenzio. L’anno dopo Costanzo II sconfisse Magnenzio e riunificò l’impero. Proclamò cesare suo nipote Giuliano, il quale fu occupato nelle campagne militari in Gallia e ad Oriente, dove le sue truppe lo proclamarono Augusto. Il breve regno di Giuliano segna l’ultimo tentativo di resistere al trionfo del Cristianesimo. Egli disprezzava i cristiani e basava il suo regno sulla cultura greca e latina. Il tentativo di Giuliano non era però seguito dalle classi che avevano guadagnato potere sotto Costantino. Per dare forza al proprio progetto, mosse guerra contro i persiani, nella quale rimase ucciso. il suo successore Gioviano negoziò subito la pace. Alla morte di Gioviano venne scelto come successore Valentiniano, che associò al comando il fratello Valente e il figlio Graziano.
Questo periodo fu caratterizzato dall’aggravamento della situazione nelle frontiere. Morto Valentiniano, Valente proseguì la politica di arginare le popolazioni esterne, pressando i suoi funzionarie aumentando le accuse di magia. Quando i Visigoti varcarono i confini Valente acconsentì, sperando di avere nuove reclute. L’attraversamento del Danubio da parte dei barbari causò la reazione avversa della popolazione; ciò indispettì i barbari che si riversarono in Tracia, saccheggiandola. Giunti
non lontano da Costantinopoli sconfissero i romani nei pressi di Adrianopoli, con la morte dello stesso Valente. A capo dell’impero si ritrovò Graziano e suo fratello Valentiniano II, appena bambino. Venne chiamato allora Teodosio, proclamato Augusto dell’Impero Orientale. Graziano mantenne il controllo dell’Occidente guidato dal vescovo di Milano Ambrogio, il quale ostacolò fermamente il paganesimo facendo togliere l’altare della vittoria al senato. Dopo Adrianopoli, Teodosio inaugurò una politica di compromesso con i barbari; nel 386 l’usurpatore Massimo depose Graziano suscitando la reazione di Teodosio che lo sconfisse nel 388. Da allora, la corte imperiale ebbe spesso sede a Milano sotto l’influenza di Ambrogio; con due editti Teodosio dichiarava il cattolicesimo religione ufficiale dello stato e il paganesimo fuori legge. Questi editti cancellavano ogni traccia di tolleranza religiosa dalla legislazione dell’impero. La reazione pagana fu disperata quanto debole; l’usurpatore Eugenio venne sconfitto sul fiume Frigido da Teodosio. Gli aristocratici sostenitori di Eugenio, Arbocaste e Nicomaco Flaviano, si suicidarono per evitare la cattura. Teodosio moriva l’anno dopo a Milano. Alla fine del IV secolo la popolazione dell’impero era prevalentemente cristiana.
I due giovani figli di Teodosio, Onorio e Arcadio, assunsero rispettivamente il comando dell’Occidente e dell’Oriente; entrambe governavano attraverso ministri e generali. Il giovane Onorio fu sotto la guida di Flavio Stilicone, che combatté le rivolte in Africa e contro i Visigoti. Dopo un anno (401) i Visigoti di Alarico penetrarono in Italia ma furono respinti da Stilicone, mentre la corte imperiale si trasferiva da Milano a Ravenna. Intanto anche gli Ostrogoti varcarono i confini, ma furono respinti ancora da Stilicone. Nel frattempo i Vandali, gli Svevi, gli Alani e i Burgundi attraversavano il Reno e entravano in Gallia. Nel clima di ostilità che esisteva nella corte di Ravenna Stilicone venne accusato di tradimento, arrestato e decapitato. In quello stesso anno moriva anche Arcadio, al quale succedeva Teodosio II; intanto, nel 410, Alarico assediava Roma, saccheggiandola per tre giorni.
I Visigoti in seguito proseguirono verso l’Italia meridionale ma la morte di Alarico li fermò a Cosenza, dove il suo successore Ataulfo decise di dirigersi verso la Spagna. Nel 419 i Visigoti trovarono una sede stabile nella Gallia meridionale, dove fondarono il primo stato autonomo barbaro, riconosciuto anche dal nuovo imperatore Flavio Costanzo che aveva sposato la sorella di Onorio Galla Placidia. Con la morte di Onorio Galla Placidia, rimasta vedova, prese in mano la situazione e mise sul trono il figlio Valentiniano III, il quale regnò dal 425 al 455; a corte in realtà comandava la madre e Ezio, un romano che aveva stretto rapporti di amicizia con gli Unni. Nel 437 Valentiniano III sposò a Costantinopoli la figlia di Teodosio II; questa unione portò alla stesura del Codice Teodosiano. Nel frattempo i Vandali passarono in Africa e assediarono Cartagine, ponendo così fine al dominio di Roma in Africa. Altri regni barbarici si erano intanto formati: i Burgundi in Savoia, gli Svevi in Spagna, gli Angli e i Sassoni in Britannia. Dopo la morte di Teodosio II, il successore Marciano smise la politica di non ostilità con Attila. L’esercito guidato da Ezio riuscì a fermare gli Unni ai Campi Catalaunici, ma non impedì che essi si riversassero in Italia settentrionale, saccheggiando Aquileia, Milano e Pavia; la marcia di Attila su Roma fu fermata dal vescovo Leone. Poco dopo sia Attila che Ezio morivano; nel 455 anche Valentiniano moriva assassinato. Nel vuoto di potere così creato, i Vandali conquistarono la Sardegna e la Corsica e saccheggiavano nuovamente Roma.
Per venti anni si succedettero molti imperatori sul trono d’occidente, tra i quali: Leone, Zenone, Nepote, Oreste e Romolo Augustolo che venne deposto da Odoacre, decretando la fine dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.): da questo momento si fa risalire l’inizio del Medio Evo.
Un fenomeno complesso come il declino e la caduta dell’Impero Romano d’Occidente non può essere fatto risalire ad una sola causa. I motivi reali erano: la decadenza morale dei governanti, il trionfo del Cristianesimo, la prevalenza della civiltà contadina e le invasioni barbariche. Il governo di Costantinopoli mostrò un atteggiamento intransigente verso i barbari, mentre l’aristocrazia terriera non seppe farsi carico della conduzione economica dello stato. La debolezza del governo occidentale fu causata dal rifiuto degli aristocratici, proprietari terrieri, di versare i contributi fiscali allo stato; essi, inoltre, pretendevano l’arruolamento di barbari nell’esercito imperiale per lasciare i contadini ai campi; le capacità produttive delle ricche province occidentali non furono comunque in grado di sostenere le spese statali
Con la fine del V secolo si apre una nuova fase storica caratterizzata dal confronto di culture diverse; in questa epoca emergono chiaramente alcuni nuovi elementi:
1) i processi di normalizzazione della presenza delle popolazioni barbare nei territori europei;
2) la nascita e l’affermazione dell’Impero Bizantino;
3) l’importante ruolo della religione e della chiesa cristiana.
Il potere in Italia viene assunto dal barbaro Odoacre, mentre gli Ostrogoti capeggiati da Teodorico varcavano le Alpi; dopo cinque anni questi sconfissero Odoacre. Gli Ostrogoti si presentarono in Italia non come invasori, bensì come federati dell’impero inviati dall’imperatore bizantino Zenone. Teodorico era un monarca colto che, per trenta anni, governò l’Italia in un clima di pace e prosperità; pur essendo di religione ariana, egli non ostacolò il culto cristiano e si avvalse di un gran numero di consiglieri di Roma. Famoso è il suo editto che si ricollega a quello di Teodosio II, sostituendo al principio della personalità del diritto quello della territorialità del diritto. Tuttavia, nonostante l’opera di Teodorico, alcuni gravi problemi restavano insoluti, come lo spopolamento delle campagne. I rapporti con l’Impero Bizantino diventavano sempre più difficili con l’avvento di Giustino e di suo nipote Giustiniano che avevano intrapreso una politica di espansione territoriale. Giustino emanò un decreto in cui vietava in tutto l’impero la professione della fede ariana; dopo un tentativo di mediazione fallito, Teodorico vietava il culto cristiano nel suo regno. Alla morte di Teodorico, seguirono quindi alcuni anni di incertezze, finché Giustiniano trovò con la morte di Atalarico e di Amalasunta, figlia di Teodorico, scatenò una lunga guerra per la conquista dell’Italia.
L’impero bizantino fu caratterizzato da molteplici aspetti che ne garantirono la durata fino al XV secolo. Primo fra tutti il potere assoluto dell’imperatore: il quale aveva in teoria tutto il potere nelle sue mani, e la sua autorità non venne messa mai in dubbio; la burocrazia: che costituiva la spina dorsale dell’impero, a base piramidale, molto efficiente; l’economia: che si basava soprattutto nell’agricoltura e nel commercio, molto prosperosa, aiutata dalla potente flotta e dall’apparato fiscale; il sistema difensivo: potenziato dagli anni, costituito da veterani che prendevano sul serio la loro missione di difesa della patria e del cristianesimo, aiutati da una potente e raffinata diplomazia.
Dopo il regno di Anastasio I e di Giustino, che avevano potenziato lo stato, venne il regno di Giustiniano, il quale fece diventare Bisanzio una nuova Roma. Iniziò l’ascesa al potere quando suo zio Giustino divenne imperatore e lo associò all’impero. Dopo venne aiutato nel governo da sua moglie Teodora e da alcuni fidi ministri. La sua politica fu quella di espansione territoriale a occidente e di rinforzamento a oriente. la sua politica trovò attuazione nella riconquista dell’Africa grazie al generale Belisario, e nella campagna contro gli ostrogoti, guidati da Totila. dopo alcune sconfitte Belisario venne sostituito da Narsete il quale ebbe la meglio contro i barbari. Molto più facile fu la riconquista della Spagna.
Per fermare gli Slavi Giustiniano fece rafforzare il limes verso il Danubio. Verso oriente, contro i persiani, ricorse alle armi della diplomazia. Venne concluso un trattato di pace perpetua con il re sasanide Cosroe I. Dopo pochi anni però il trattato venne annullato, ma l’imperatore, con tributi e cessioni sempre più alte si assicurò la pace.
Sotto la direzione del giurista Triboriano si procedette in campo legislativo alla stesura del Corpus Iuris Civilis. La raccolta costituisce la base su cui si fonda la moderna concezione del diritto.
L’imperatore applicò il suo moto riformatore anche alla chiesa, la quale veniva considerata da lui sottostante al volere dell’imperatore. Egli quindi non esitò nell’intervenire nelle dispute religiose, che avvenivano soprattutto nell’ambito della natura del Cristo, che divergeva in due tipi. quella umana e quella divina. La disputa non venne però risolta nel concilio ecumenico, e la tensione tra le due parti andò crescendo.
Per quanto riguarda l’economia, vennero incentivati i rapporti commerciali con la Cina e l’India. In questa epoca emissari bizantini riuscirono a carpire il segreto della seta. Con la fase di espansione economica coincise una ripresa della produzione artistica e culturale.
Le grandi campagne militari finanziate dall’imperatore e il suo mecenatismo non giovarono alle casse dello stato, che si risolse in un asprimento fiscale. Le conquiste territoriali si rivelarono effimere: gli Slavi oltrepassarono il Danubio, i Longobardi passarono in Italia e i Visigoti ripresero il controllo della Spagna mentre i Persiani dilagavano in oriente. Alla morte dell’imperatore l’impero era ormai in grave crisi economica e militare. I suoi successori, Giustino II, Tiberio Costantino e Maurizio ritardarono il crollo. La fase più critica fu raggiunta sotto il regno di Foca, un barbaro che aveva deposto Maurizio, dove l’impero stava per soccombere definitivamente, ma venne salvato da Eraclio, un ammiraglio, che depose Foca, e riprese le sorti dell’impero, facendolo risorgere.
La popolazione dei Longobardi aveva valicato le Alpi e si era stabilita nella pianura padana. Questa popolazione proveniva dalla Scandinavia e nel tempo si era sempre spostata verso sud, fino a ricevere contatti dall’impero bizantino che li aveva impiegati nella campagna contro i Goti e in Egitto e in Siria. L’equilibrio stipulato andò a rompersi quando i longobardi migrarono in massa in Italia, rompendo le difese Bizantine e conquistando Aquileia, Treviso, Vicenza, Verona, Brescia e Pavia. La loro spinta finì fino in Calabria, dividendo così la penisola in due parti: l’esarcato bizantino e i vari ducati longobardi. La società longobarda appariva come rozza e primitiva. la popolazione veniva divisa in tre classi: gli arimanni, che erano la casta militare, gli aldii, che erano i coloni, e gli schiavi che lavoravano nei campi e nell’artigianato. La popolazione era inoltre organizzata in farae, che somigliavano a dei clan; la monarchia era elettiva e il potere del re era messo in discussione dalle farae più potenti.
Una volta sul suolo italiano le farae si dispersero e andarono a formare i vari ducati che non riconoscevano il re. Al loro arrivo la loro economia si basava sullo sfruttamento delle foreste. Il contatto con la popolazione latina consisteva nella richiesta di tributi in denaro, in natura e in terreni. Queste richieste gravarono sempre più sull’economia italiana, trasformando l’economia, ripristinando il baratto e il commercio chiuso, facendo nascere villaggi autosufficienti.
A partire dall’inizio del VII secolo, la società longobarda mutò, trasformandosi in un popolo regolato da leggi precise. Punto principale di questa trasformazione fu l’editto di Rotari, nel quale sono raccolte 388 articoli. Questo editto però rimane piuttosto rozzo e primitivo, regolando le pene in base al danno subito, di solito con un pagamento in denaro, detto guidrigildo. Queste leggi andranno a sostituire la faida prima presente. Un ravvicinamento tra i longobardi e le popolazione latine fu la loro conversione al cristianesimo, rendendo il papa di Roma allo stesso tempo loro nemico politico e loro guida spirituale.
Il rinnovamento della chiesa di Roma trae origini in Egitto, dove si andava sviluppando il monachesimo, una corrente che profetizza la vita solitaria e lontana dalle persone, per raggiungere il contatto con Dio. Il padre di questo movimento fu Sant’Antonio, il quale si ritirò nel deserto. Il suo esempio fu seguito da molti altri, facendo nascere delle starne forme di isolamento quali: i dendriti, i reclusi, e gli stiliti. Un’altra corrente fu quella dei cenobiti che prodigavano la realizzazione di una comunità monastica, nel quale si mettessero in comune tutti gli averi dei conviventi. Tra tutte le sue forme il monachesimo ebbe un successo travolgente e i monasteri si svilupparono in tutta Europa. Nell’occidente il monachesimo appariva come una soluzione alla crisi corrente e l’impulso definitivo al successo dei monasteri fu quello dato da Benedetto da Norcia.
Benedetto durante i suoi studi a Roma trovò un clero ormai in piena decadenza morale. Disgustato da ciò scelse all’inizio la via dell’eremitaggio che durò tre anni, e dopo di questa formò un monastero a Montecassino, dove la sua comunità divenne una delle più importanti. Scrisse una Regola, ovvero delle prescrizioni per i monaci . La completezza della Regola venne diffusa anche in altre sedi fino a diventare l’unica accettata. La regola é composta di tre parti: nella prima si esaminano le strutture dei monaci, i loro ruoli, nonché le loro attività. Nella seconda parte si prescrivono i comportamenti da tenere nella preghiera; nella terza parte sono elencate le norme disciplinari. Benedetto non crede che il monaco deve rifuggiarsi dal contatto con il mondo e dedicarsi solo alla vita contemplativa, ma che debba alternare alla preghiera momenti di studio, di lavoro fisico. Il suo motto infatti è Orat et Labora. I monaci inoltre si devono porgere come strumento di comunicazione tra il mondo materiale e quello spirituale.
I monasteri divengono ben presto dei centri spirituali e produttive un punto di riferimento per la popolazione. Rappresentano un ideale di vita egualitaria, e delle isole di cultura che mantengono conoscenze e sapere intatti.
L’esigenza di un rinnovamento spirituale prese corpo con l’elezione al pontificato di Gregorio Magno. La sua opera fu orientata in due direzioni: il rinnovamento spirituale della chiesa e il rafforzamento sociale e politico. Si batté per gli ideali di umiltà, di povertà e di dedizione della cultura monastica. In campo sociale il papa dispose affinché le rendite ecclesiastiche fossero utilizzate in opere pie. Ma il lavoro principale di Gregorio fu quello svolto in campo politico e diplomatico, fungendo da mediatore tra i Longobardi e l’Impero.
La storia umana si divide in quattro grandi epoche: l’antichità, il Medioevo, l’Età moderna e l’Età contemporanea. Il medioevo si divide in Alto e Basso, e questa epoca viene vista come grande momento di incontro e di scambio tra gruppi etnici.
Capitolo 22.
Dopo la morte di Carlo Magno, salì al trono dell’impero Ludovico il Pio. Egli confermò come suo successore e re d’Italia suo nipote Bernardo. Ciò nonostante dopo qualche anno divise il suo impero tra i figli, assegnando il titolo imperiale a Lotario, facendo accecare Bernardo. Il nuovo re, Lotario si disinteressò dell’Italia, facendo accrescere il potere di conti e marchesi. Di conseguenza Ludovico fu costretto a richiamare suo figlio al dovere, ma fra i due si ruppero i rapporti per via della nascita del nuovo figlio di Ludovico, Carlo detto poi il Calvo. Avvenne così una profonda spaccatura nell’impero Carolingio, che si accentuò con la nascita di Ludovico detto il Germanico, anche il quale si ribellò all’autorità del padre. Dopo la morte di Ludovico il Pio, i suoi figli, incapaci di raggiungere un accordo si diedero battaglia a Fontenoy, dove Lotario fu sconfitto dall’alleanza tra Carlo e Ludovico. Con molte difficoltà si trovò un’intesa tra i due imperi a Verdun, che portò alla divisione dell’impero Carolingio in tre parti: la Francia a Carlo, la Germania a Ludovico e la zona centrale a Lotario. Carlo Il Calvo in Francia si trovò a fronteggiare una situazione difficile con ribellioni da parte anche di suo figlio e suo nipote. Ludovico ebbe anche lui una situazione simile in Germania, dove si andava formando la nuova popolazione dei Tiusci. Un anno dopo Verdun al posto di Lotario venne mandato in Italia Ludovico II, suo figlio. Egli intraprese una
politica di risanamento tra i vescovi e i conti e una politica espansionistica a sud, con il pretesto di liberare l’Italia Meridionale dagli arabi, Per far ciò strinse alleanza con i Longobardi e con i Bizantini, ponendo assedio a Bari. In seguito al fallimento della campagna, a causa di una congiura Longobardo Bizantina, si ritirò nel Nord Italia e morì senza lasciare nessun figlio maschio. Carlo il calvo fu allora incoronato imperatore. Purtroppo debole e malato fu costretto ad abdicare da una rivolta di nobili. Finita la dinastia Carolingia la nobiltà italiana elesse Berengario I, che venne però sconfitto dal marchese Guido III di Spoleto. La morte di questi e del suo figlio Lamberto fecero si che Berengario I tornasse al trono, anche se pochi mesi dopo fecero la loro prima incursione in Italia gli Ungari. Berengario fu sconfitto da essi a Brenta, e gli italiani per difendersi furono costretti ad aumentare la costruzione di castelli. Oltre agli Ungari, si affiancarono con le loro razzie i Normanni, detti anche Vichinghi, e dei pirati Saraceni. Contro questi ultimi si schierò Berengario I, che in seguito ad alcuni successi fu incoronato imperatore, anche se dopo poco tempo venne ucciso. Dalle lotte che ne seguirono uscì vincitore Ugo di Arles. Egli regnò con l’ausilio dei suoi familiari, non fidandosi di altri funzionari. Il suo governo fu sanguinario e vi furono numerose rivolte; per questo, quando si presentò come pretendente al trono Berengario II, Ugo fu costretto alla fuga. Berengario fu incoronato re, anche se governava sotto il controllo di Ottone I. Dopo l’estinzione della dinastia Carolingia in Germania, i duchi tedeschi vollero come re Enrico I, fondatore della casata di Sassonia. Egli riuscì a portare a termine numerosi successi contro gli Ungari e contro i Normanni. Dopo la sua morte gli successe suo figlio Ottone I. Nonostante l’affermata autorità regia, Ottone I fu costretto a reprimere numerose rivolte ingaggiate dai duchi tedeschi. Per consolidare il suo potere volle all’inizio un’incoronazione pregna di simbologia. Nonostante questa sua politica le ribellioni ducali aumentarono. Ottone I finito il consolidamento in Germania intervenne in Italia. Qui si intromise nella lotta tra Berengario II e Adelaide, e mise sul trono d’Italia Berengario. La sconfitta definitiva degli Ungari avvenne sul fiume Lech sempre da parte di Ottone. Il successo della politica di Ottone conferì al sovrano un prestigio crescente che si rafforzò dopo la destituzione di Berengario II dal trono italiano. Dopo della sua discesa in Italia venne incoronato Imperatore, dichiarandosi difensore della cristianità e della chiesa, ma di fatto subordinava il papato all’impero. Nel papato ormai da anni governava la corruzione e l’immoralità. Molte lotte per la nomina papale venivano fatte, contrapponendo molti clan romani fra di loro. L’intervento di Ottone cercò di assicurarsi l’utilizzo dei vescovi come propri funzionari. infatti essi furono i sostituti dei duchi ribelli, poiché non potevano avere né eredi e né patrimoni.
Ottone I con i suoi numerosi successi restaurò quindi il Sacro Romano Impero. Questo rinascimento aveva però un’impronta germanica e non più francese. Dopo la sua morte gli successe suo figlio Ottone II il quale si sposò con la principessa Teòfano, figlia dell’Imperatore Bizantino. Ottone II si trovò subito a dover reprimere una rivolta del duca di Baviera. Dovette anche contrastare l’avanzata degli arabi in Italia Meridionale, subendo una sconfitta a Stilo, in Calabria. Ottone II morì un anno dopo per la malaria, lasciando l’Impero nelle mani del figlio Ottone III di soli tre anni. L’impero fu allora retto dalla nonna Adelaide. L’educazione classica ricevuta da Ottone III fece in modo che egli sviluppasse il sogno utopistico della restaurazione dell’Impero Romano, che fu ostacolato da tutta la nobiltà, provocando l’abbandono del potere imperiale. Dopo la morte di Ottone III, l’aristocrazia tedesca scelse come re Enrico II.
Il feudo è un particolare legame di obbligo e di amicizia tra colui che dona e colui che riceve l’omaggio. I legami che si formarono tra i guerrieri e il loro re vennero chiamati vassallaggi. Lo sviluppo della casta guerriera portò difficoltà economiche per chi si doveva far carico del costo delle armature e delle armi. Quindi si tentò di distribuire terre agli armati per permettere loro un agio economico tale che gli potesse consentire di dedicarsi completamente alla guerra. Queste concessioni venivano dette benefici, che erano in usufrutto. tra il vassallo e il suo re si usava prestare giuramento di fedeltà: così il vassallo diveniva un vero e proprio strumento di governo. Sotto ai vassalli, nella scala gerarchica, c’erano i valvassori che prestavano fedeltà ai loro superiori. I vassalli iniziarono a lottare per l’ereditarietà dei loro benefici, ottenuti in usufrutto, finché non gli vennero concessi da Carlo il Calvo con il Capitolare di Quierzy. Il consolidarsi del feudalesimo comportò anche la crescente concessone di immunità ad alcuni territori. Queste portavano il vassallo a comportarsi da vero e proprio sovrano, autoamministrandosi. Le immunità concesse largamente da Berengario I portarono alla formazione delle prime signorie in Italia. Diversa dal feudalesimo è la signoria territoriale che si distingue dal fatto che non è un beneficio ma è una libera proprietà.
Molti signori dei feudi iniziarono a tiranneggiare sui loro contadini. Queste angherie vennero dette bannalità e il sistema che le usava veniva detto signoria bannale. Una grossa fonte di reddito era l’esercito della giustizia e dalle forti pene pecuniarie che poteva imporre. Lo sviluppo del sistema feudale portò alla formazione di feudi che dovevano due o più fedeltà. Questi, in caso di guerra finivano per pagare un feudo sostituto, anche se delle volte avvenivano guerre locali e rivolte.
Nel rapporto tra la chiesa e tra i feudi fu molto importante l’attribuzione ai vescovi di numerosi incarichi in sostituzione di conti. Di conseguenza si verificò una corsa alle cariche ecclesiastiche per il potere economico che ne derivava. Nella chiesa si verificarono tuttavia delle forze riformatrici che intendevano combattere lo stato di degrado morale nel quale stagnava il clero. La società dell’epoca era divisa secondo la teoria dell’ordine trinitario, formata cioè da sacerdoti, da guerrieri e da lavoratori.
Le tendenze riformatrici nella chiesa si svilupparono soprattutto durante il pontificato di Gregorio VII che condannò l’investitura laica di vescovi e abati. Diede così inizio alla lotta delle investiture che terminò non completamente con il trattato di Worms.
L’economia del medioevo era basata sull’azienda curtense che aveva caratteristiche basate sull’autoconsumo e sull’autarchia. Comunque le eccedenze produttive avevano fatto scattare la necessità di reperire spazi di mercato. L’organizzazione della proprietà fondiaria era bipartita nella parte padronale, coltivata da schiavi e nella parte colonica. In
Italia il sistema curtense rimaneva estraneo nelle zone bizantine, ma era molto presente nella Pianura Padana. I proprietari liberi preferivano aderire a un sistema economico più vasto, perdendo la loro piccola proprietà, ma ottenendone un’altra in usufrutto gratuito, più vitto. Un altro modo era quello di affittare la proprietà a una grande azienda. Importanti zone agricole furono le abbazie, i cui proprietari laici lasciavano alla loro morte le zone coltivabili.
La gestione delle aziende curtensi non era facile, per via delle loro dimensioni, e per le distanze tra i fondi agricoli. Il terreno della curtis era diviso in parti incoltivate, occupate da boschi, nella parte padronale, coltivata da schiavi, dalla parte colonica e dalle mansi, che erano poderi tributari. Al centro della parte padronale vi era un gruppo di edifici comprendenti il palazzo signorile e tutti i servizi, oltre alle abitazioni dei servi. I servi erano detti praebendarii. Tuttavia l’uso degli schiavi andò in declino, a favore della coltivazione per mezzo di coloni. Nella parte colonica la zona era divisa in lotti, ognuno assegnato a una famiglia. La casa del colono con il suo terreno in usufrutto era detta manso. Gli attrezzi impiegati per l’agricoltura erano di solito in legno, per via del costo del ferro; la conseguenza principale era che il terreno era arato superficialmente e non in profondità. Per arricchire un terreno veniva usato unicamente il letame, anche se questa pratica era ostacolata dal pascolo brado. Le innovazioni portate all’agricoltura in questo periodo si basavano sull’introduzione della rotazione triennale, che consisteva nel dividere il fondo in tre parti, delle quali la prima era coltivata a grano, la seconda ad avena e la terza lasciata a maggese. Venne inoltre introdotto il cavallo al posto del bue e venne diffuso l’utilizzo dell’aratro pesante e del mulino ad acqua. L’introduzione di nuovi capitali permise di conquistare nuovi spazi coltivabili dove prima vi erano paludi.
L’inserimento di una villa in un mercato era possibile quando si aveva un elevato surplus di produzione. Le abbazie destinavano queste eccedenze ai poveri. Il problema delle aziende era quello di organizzare un sistema di trasporto e di raccolta delle eccedenze: nacquero così le angariae o carroperae. Per la commercializzazione del vino e dei cereali erano sfruttate le vie fluviali. Per recuperare merci esotiche di provenienza orientale si riorganizzarono i traffici con il medio oriente grazie all’intraprendenza dei mercanti veneziani, che riaprirono anche il mercato degli schiavi con il mondo arabo.
Capitolo 22
La nascita delle città in Italia differisce di molto dal resto dell’Europa: nella penisola infatti l’urbanizzazione era in corso prima dei tempi dei romani, anche se nuove città vennero fondate, mentre altre furono abbandonate.