Roma dall'unità al periodo liberale

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Roma dall’Unità al periodo liberale

L’urbanistica e l’architettura

Ė ormai ben documentato da studi storici e urbanistici che le ristrutturazioni subite da Roma con l’acquisizione della funzione di capitale furono improntate a un senso pratico e a una dimensione teorica per nulla relazionate alla storia della città e dei singoli luoghi. Decisioni drastiche e spesso sommarie caratterizzarono l’urbanistica post-unitaria, ma soprattutto una diversa formazione culturale degli architetti e degli ingegneri, l’affermarsi della proprietà fondiaria e l’avversione per i segni culturali del precedente Stato pontificio. Uno degli interventi urbanistici nella Roma appena divenuta capitale fu la creazione dell’asse viario di Corso Vittorio Emanuele II, previsto da due piani regolatori del 1873 e del 1883 come prolungamento di via Nazionale verso Prati di Castello in contrapposizione a via del Corso, l’asse viario centrale della città pontificia. I cataloghi delle due mostre svoltesi a Roma in proposito ci restituiscono l’evento con un’ampia raccolta fotografica e con saggi di approfondimento dei diversi argomenti legati alla via. La costruzione del nuovo asse di corso Vittorio Emanuele interruppe la continuità del tessuto urbanistico-architettonico medioevale e rinascimentale, pur tentando con la flessione del tracciato della via l’integrazione con le Chiese e i palazzi che vi si affacciavano. Ma il significato urbano che l’asse avrebbe dovuto acquisire venne dopo pochi anni inficiato dalla contraddizione della costruzione del monumento a Vittorio Emanuele a piazza Venezia: il monumento non solo interrompeva la continuità dell’asse Termini-Prati e si poneva come terminazione di via del Corso confermandone la funzione di asse, ma si fissava come centro della città facendo saltare così la costruzione della capitale intorno alla retta di Corso Vittorio Emanuele. Se nella costruzione di corso Vittorio Emanuele un’integrazione con i luoghi precedenti fu tentata, lo stesso non si può dire per il complesso di San Carlo ai Catinari. Un’altra parte della città fortemente investita da cambiamenti urbanistici fu l’area dell’attuale corso Rinascimento. La sistemazione della via fu programmata nel tardo Ottocento, ma realizzata molto più tardi durante il fascismo.
Boni fu chiamato nel 1881 a dirigere le operazioni di valorizzazione e tutela del Foro romano nell’ambito dei lavori per la zona monumentale di Roma (tra colle Oppio e l’Aventino, il Campidoglio e la porta Appia), sottratta ormai all’amministrazione ordinaria e sottoposta a regime speciale. L’operato del funzionario fu svolto all’insegna del metodo stratigrafico e contro il progetto dell’attraversamento viario dell’area monumentale. I lavori di risistemazione della zona archeologica, di demolizione e di riedificazione nell’attuale luogo della palazzina La Vignola, avvennero tra il 1911 e il 1912.
Fra i luoghi di Roma e d’Italia che hanno avuto significato politico e simbolico per la storia sia della nazione che della città, Piazza San Pietro è sicuramente tra i più importanti. Prima dell’unità non aveva un ruolo di rilievo per i cattolici che consideravano più importante il Quirinale, residenza del papa, e la basilica si San Giovanni in Laterano. Con la proclamazione di Roma capitale divenne invece il luogo simbolo del contrasto tra il nuovo Stato e la Chiesa: il papa la considerò terreno occupato dai nuovi italiani e tutte la manifestazioni religiose furono spostate all’interno della basilica, a significare che il pontefice era assediato nei suoi palazzi. Fu con il Fascismo che la piazza cessò per i cattolici di essere il simbolo dell’occupazione italiana, per divenire invece il luogo d’incontro tra Stato e Chiesa.
Il nuovo asse bipolare Termini-San Pietro aperto con la costruzione di Corso Vittorio Emanuele, fortemente voluto da una classe dirigente anticlericale, finì per sottolineare la presenza del potere ecclesiale a Roma. Si trattava di una classe dirigente culturalmente arretrata e priva di conoscenza industriale, incapace di capire cosa veramente per Roma fosse progresso e di comprendere come nella città policentrica dei papi fosse impossibile porre un centro. Così la città poté divenire la terza Roma tanto auspicata soltanto con Nathan.
Le trasformazioni urbanistiche a Roma sono quanto mai inscindibili dagli interventi di restauro. La storia del restauro architettonico si è sviluppato in rapporto con l’urbanistica, i suoi presupposti teorici e gli esiti concreti nella trasformazione della città pianificata di volta in volta. L’avvicendarsi delle personalità negli impegni del nuovo Stato per i piani regolatori di Roma, per l’edilizia e per le grandi trasformazioni viarie si suddividono tra gli anni delle trasformazioni della città in capitale, gli anni dell’amministrazione Nathan e la fase fino al primo dopoguerra. I progetti, e le discussioni (la ricerca di un nuovo stile, le disquisizioni sull’unità dello stile, il falso storico), le idee e le molte polemiche non riguardano solo i protagonisti noti ma anche i professionisti meno conosciuti e i funzionari delle Sovrintendenze. La conclusione che emerge dal lavoro è la costanza in quegli anni di un profondo divario tra teoria e prassi del restauro.
Mentre sono proseguite negli ultimi anni le ricerche circa lo sviluppo fisico della città, non si è curata una storia dell’architettura come prodotto industriale e imprenditoriale, in particolare per Roma. Il rapporto tra la cultura artistico-tecnica e la produzione edilizia, e le problematiche relative alla conoscenza specifica delle tecniche di cantiere, dell’organizzazione imprenditoriale e delle modalità di lavoro non hanno sollecitato ricerche.

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