Richelieu

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Richelieu
Alla morte di Enrico IV (assassinato da un frate cattolico nel1610), data la minore età di Luigi XIII (nove anni), assunse il potere in qualità di reggente Maria de Medici.
Autoritaria e filospagnola era decisa a non seguire l’azione del marito, tollerante in politica interna ed intenzionato ad isolare la potenza asburgica in politica estera.
Maria de Medici intendeva invece inserire la Francia nell’orbita dell’egemonia spagnola e cattolica, si circondò di favoriti creando malcontento fra l’aristocrazia, che contestava soprattutto la paulette (tassa mediante la quale la carica pubblica diveniva ereditaria; favoriva la nascita della nobiltà di toga), fra il Terzo Stato che si lamentava degli sprechi, auspicava il ritorno al mercantilismo di Enrico IV e chiedeva una più equa politica fiscale che obbligasse anche la nobiltà al pagamento della taglia.
Una soluzione fu tentata con la convocazione nel 1614 degli Stati Generali. L’assemblea chiese soprattutto l’abolizione della Paulette ma la corona non poteva rinunciare alle risorse provenienti da questa tassa. La convocazione non ebbe pertanto nessun esito.
Nel frattempo, a coronamento della politica filospagnola di Maria, il giovane Luigi XIII festeggiava le sue nozze (novembre 1615) con Anna d'Austria, figlia del sovrano spagnolo Filippo III, e prendeva formalmente posto sul trono (1617).
Cominciarono per la Francia anni di grandi torbidi: appena più adulto, il re non esitò a far assassinare Concini (favorito della madre) e a sostituirlo con il suo favorito divenuto duca di Luynes in questa occasione. Decise anche di allontanare la madre, pensando di poter agire più liberamente, ma queste soluzioni non valsero a nulla, sottolineando anzi la totale incapacità politica di Luigi XIII e del suo fido Luynes. Le tensioni interne al paese proseguirono, nonostante la scomparsa del Luynes, presentandosi in certi aspetta come riflesso di quelle europee.
Sarà Annand du Plessis di Richelieu (già incaricato per la politica estera durante la reggenza e futuro cardinale) ad assumere nel 1624 la responsabilità di primo ministro, riprendendo le fila del vecchio progetto di Enrico IV. Si trovò subito a dover affrontare una situazione intricatissima nella quale la rivolta sembrava essere una costante: gli Ugonotti si erano riarmati, i contadini sottoposti ad insostenibili imposte si ribellavano, le città non accettavano più i carichi fiscali e i nobili continuavano con le congiure, ansiosi di prendere il potere. A ciò andava aggiunta la guerra europea - nel 1618 era esplosa la guerra dei Trent'anni - che lasciava alla Spagna, priva del contrappeso francese, il vantaggio di unirsi all'Impero in un pericoloso disegno di egemonia e restaurazione cattolica sul quale anche Richelieu aveva il dovere di prendere una posizione.
Una nuova rivolta ugonotta nel 1626 riaprì gli antichi problemi non ancora risolti. Il piano assolutistico di Richelieu prevedeva una politica nazionale al di sopra delle confessioni, che garantisse l'unità del paese, ma, tenuto conto del successo controriformistico in Europa, ogni pur minima concessione al partito cattolico, appoggiato dalla regina madre, diveniva motivo di ribellione per i calvinisti francesi. Costoro, inoltre, con le loro piazzaforti, costituivano praticamente una sorta di Stato nello Stato che ostacolava la realizzazione del centralismo monarchico e creava un precedente che poteva essere rivendicato da altri gruppi. Quindi, quando nel 1627, Richelieu pose l'assedio alla fortezza calvinista di La Rochelle, che sperava nell'aiuto militare dell'Inghilterra, e colse successivamente l'occasione per distruggere tutte le piazzaforti ugonotte, non intendeva tanto far trionfare una politica cattolica oltranzista, quanto affermare il principio dello Stato assoluto. Ne è del resto testimonianza l'atteggiamento assunto dallo stesso ministro dopo la sconfitta dei protestanti (1628): nessuna condanna al rogo, anzi emanazione di un Editto di Grazia (1629) che, seppur con qualche limitazione, confermava la libertà di culto per gli Ugonotti. Il cardinale, insomma, semplicemente pretese che anche i protestanti si sentissero sudditi francesi e che come tali contribuissero alla grandezza del loro Stato, ma appunto in questa ottica era illogico mantenere vivo quel vecchio privilegio militare.
I circa dieci anni intercorsi dall'incarico di governo di Richelieu (1624) all'intervento ufficiale nella guerra dei Trent'anni (1635) furono fitti di relazioni e contatti diplomatici di rilievo, al punto che si può a buon diritto parlare di una «guerra sotterranea» prima del 1635 e di una «guerra aperta»
dopo tale data. Le scelte del ministro andarono naturalmente in direzione antispagnola: la diplomazia francese strinse alleanze con la giovane Repubblica delle Provincie Unite (per la quale nel 1621 era scaduta la tregua di Anversa), intervenne a Casale contro gli Spagnoli appoggiando i diritti di successione del duca Conzaga-Nevers sul Monferrato, appoggiò i principi protestanti in Germania e concesse consistenti aiuti finanziari alla Svezia, anch'essa intervenuta nel grande conflitto. E proprio in funzione di un prossimo ingresso nella «guerra aperta», Richelieu intendeva nondimeno restituire alla Francia la solidità militare e finanziaria. Potenziò quindi l'esercito permanente e l'amministrazione del Regno sostituendo i vecchi governatori locali, scelti fra la nobiltà, con «intendenti» di nomina regia. Per rinsaldare le finanze aumentò le imposte dirette e indirette e proseguì la linea dei suoi predecessori vendendo le cariche, aumentate ulteriormente di numero e nel prezzo. Il peso del prelievo fiscale - unicamente al cattivo andamento dei raccolti agricoli - non tardò però a scatenare numerose e violente rivolte contadine, quali la ribellione dei Croquants (titolo spregiativo che designava i contadini, villani) del Périgord (1637) e quella dei Nupieds, i lavoratori delle saline dell'Avranches, che nel 1639 riuscirono ad organizzare una vera e propria armata di 4000 uomini in guerra per quattro mesi. La popolazione francese si stava ribellando ad ogni livello e appunto l'eterogeneità di un tale fenomeno impone un'osservazione.
I nobili si davano a congiure e complotti, le città sottoposte a tassazioni particolari protestavano, così gli Ugonotti e, come abbiamo visto, i contadini: la rivolta non era più il momento, il culmine del malcontento, ma divenne, «un'istituzione nazionale», conseguenza del processo di centralizzazione che aveva ristretto oltre misura i canali legali di confronto sui problemi contingenti. Se dunque con Richelieu il disegno dello Stato assoluto aveva preso maggior consistenza, ciò non significava ancora la soppressione totale di ogni forma di particolarismo: antichi privilegi feudali della nobiltà e del clero continuavano a sopravvivere, entrando in contraddizione sempre più profonda con la politica dello Stato.
Gli intensi sforzi compiuti dal ministro francese si conclusero con l'intervento in guerra: la Francia, grande assente fino al 1635, ritornò sullo scacchiere internazionale ad affrontare direttamente gli Asburgo. Ma il cardinale morì nel 1642 senza poter vedere gli esiti del conflitto; poco dopo la stessa sorte toccò anche a Luigi XIII. In una Francia sconvolta, sarà compito del nuovo ministro Mazarino negoziare la pace con l'impero e con la Spagna e restituire al paese la stabilità perduta.
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