Campanella Tommaso

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Testo

TOMMASO CAMPANELLA

Nato a Stilo nel 1568, entrato tredicenne nell'ordine dei Domenicani, Tommaso Campanella formò la sua cultura filosofica leggendo Platone e, nascostamente, Erasmo, Ficino e soprattutto Telesio.
Il naturalismo antiaristotelico e l'interesse per le arti magiche, lo resero ben presto sospetto ai suoi superiori. Fuggì perciò a Napoli, dove studiò con G.B. Della Porta magia naturale ed occultismo. Ne sarà frutto il "De sensu rerum et magia". A Napoli, ispirandosi a Telesio, pubblicò anche la "Philosophia sensibus demonstrata" e nel 1591 fu sottoposto ad un primo processo per eresia.
Successivamente a Padova (ove conobbe Galileo) subì un altro analogo processo ed ancora un terzo a Roma nel 1596, terminato con la condanna e l'abiura.
Poco dopo un altro processo lo obbligò al ritorno a Stilo, ove acquistò fama di taumaturgo e di mago e raccolse numerosi discepoli con i quali, nel 1599, si diede ad infiammare le popolazioni della nativa Calabria per sollevarle contro il governo spagnolo; ma scoperta la congiura egli venne arrestato per il doppio delitto di sedizione e di eresia. Insofferente sia all'oppressione spagnola che alla disciplina ecclesiastica, nella sua aspettazione escatologica la sollevazione delle genti di Calabria doveva essere la prima scintilla di un generale rivolgimento del mondo: appariva al Campanella giunto il momento
segnato nei cieli ed indicato nelle profezie di una riforma religiosa e politica che, nell'imminenza della fine dei tempi, portasse il cristianesimo alla sua radice universale e naturale ed instaurasse una forma di governo repubblicano fondata su principi filosofici. Campanella fu tradotto a Napoli, ove si finse pazzo per evitare la condanna a morte. Sottoposto a tortura resistette fino alla commutazione della pena in carcere perpetuo. Restò in prigione per 27 anni e compose in carcere quasi tutte le sue opere: "Monarchia di Spagna", "La città del sole", "Discorsi ai principi d'Italia", "Philosophia rationalis", "Philosophia realis", "Metaphysica", "Theologia", "Monarchia messiae".
Nel 1616 Campanella scrisse dal carcere in difesa di Galilei.
Liberato nel 1626, fu nuovamente rinchiuso nel carcere del Sant'Uffizio, donde uscì per la benevolenza di Urbano VIII. Difese nuovamente il copernicanesimo di Galilei nel secondo processo del 1632 ma, scoperta la congiura di Pignatelli a Napoli (di cui fu accusato), la Spagna chiese l'estradizione del Campanella che il Papa rifiutò, consigliandogli tuttavia la fuga. Il21 ottobre 1634 Campanella lasciò Roma e l'Italia. A Parigi, dove ebbe accoglienza amichevole, poté finalmente iniziare sotto la protezione del re Luigi XIII e di Richelieu la pubblicazione delle sue opere; ma la morte lo colse nel convento di Saint Honoré quando erano stati pubblicati solo 5 volumi.
Egli pagò, dunque, a caro prezzo un modo di essere e idee che apparvero destabilizzanti per i tempi. Per la complessità dei temi che si intrecciano nel suo pensiero, egli sembra infatti raccogliere da un lato l'ultima eredità Rinascimentale, soprattutto del naturalismo Telesiano e dei Bruniani programmi di riforma, mentre dall'altro si volge a nuovi problemi, quali quelli posti dalla Controriforma, dal nuovo assetto politico sociale dell'Europa e dai nuovi orientamenti legati alle nuove scoperte geografiche ed astronomiche e alla nascita della nuova scienza.
La sua metafisica è la dottrina delle primalità, cioè dei principi basilari dell'essere da cui dipende tutta la struttura dell'universo. Esse sono tre: la potenza, la sapienza e l'amore.
Solo in Dio però potenza, sapienza e amore sono perfetti. Nelle creature, invece, alle tre primalità dell'essere si congiungono tre opposte primalità del non essere: impotenza, ignoranza e odio, che spiegano il disordine dell'universo e l'imperfezione della società umana.
Il mondo delle creature è, perciò, un miscuglio di ordine e di disordine, di contingenza e di armonia, di finalismo e di caso.
Delle tre primalità, la sapienza è innata.
Più precisamente Campanella sostiene che nell'uomo vi è una prima "sapientia innata" o nozione di sé, cui si aggiunge, mediante l'esperienza, la "sapientia addita" delle cose esterne. Tale secondo sapere, sebbene vago ed insicuro, nasconde il primo che si abbassa a "sapientia abdita" o nascosta. L'anima è perciò come alienata nelle cose e dimentica di sé. La filosofia ha allora il compito di risvegliare la primitiva conoscenza di sé, mostrando che neppure il sentire sarebbe possibile senza un preliminare sentire di sentire o senso innato di sé.
Ogni essere, perciò, deve prima di tutto "sentire" sé stesso, "sapere" di sé (sia pure in modo confuso e nascosto) e poi del mondo, deve amare prima sé stesso e poi con-sente con gli altri, ha potenza su di sé e poi sugli altri esseri.
E questa capacità di "sentire" non è prerogativa esclusiva dell'uomo, ma è insita a tutte le cose.
Alla comune obiezione che il mondo non senta perché non ha occhi, orecchie, mani egli risponde che "tanta sciocchezza è negare il senso alla cose perché non hanno occhi, né bocca, né orecchie, quanto negare il moto al vento perché non ha gambe ed il mangiare al fuoco perché non ha bocca, ed il vedere all’aquila perché non ha occhiali".
Nell'uomo il senso è l'attività fondamentale da cui ogni altra deriva. L'obiezione che, se la conoscenza deriva dai sensi, l'uomo è superato da molti animali non regge secondo il Carnpanella, perché la prestanza non consiste nella bontà dell'organo, ma nell'eccellenza dello spirito che sente nell'organo: un sapiente può abitare in una casa vile ed un insipiente in una casa di lusso, l'aquila può vedere molto lontano ma non sa, come l'uomo, trarre largo partito dalla sua visione. E l'uomo per grandezza di cervello supera tutti gli altri animali.
L'uomo può cogitare e "cogitando pensa sopra il Sole e poi più sopra e poi fuor dal cielo e poi più mondi infinitamente, perciò questo suo tendere all'infinito è atto di cosa partecipe dell'infinito".
L'uomo nasce nudo e inerme e tutti gli altri animali più o meno protetti e non di meno "l'uomo fra poco tempo tutti gli animali vince e se veste de loro pelli e magna le loro carni e li doma e cavalca e s’arma delle loro armi e usa la loro forza come sua. E se ognuno degli animali è buono ad una cosa sola, egli a mille è buono e da tutti piglia esempio e migliora ogni loro arte e l'industria".
In conclusione "tutti gli animali stanno dentro il ventre del mondo e l'uomo con loro, come vermi dentro il ventre dell'animale. E pur solo gli uomini si accorgono che cosa è questo secondo grande animale; dunque l'uomo non sta solo come verme, ma come ammiratore e luogotenente della prima causa, architettrice di ogni cosa".
Con la sua singolare personalità - profeta e predicatore più che filosofo - anticipando vari elementi dell'età delle controriforme, Campanella vagheggiò inoltre una grande riforma politico-spirituale, che sanasse la frattura luterana e ricostituisse l'impero universale della Chiesa.
Strumento secolare di questa unificazione avrebbe dovuto essere la monarchia spagnola ed in seguito, per il declinare dell'egemonia spagnola, la monarchia francese, anche se il suo ideale poetico fu la monarchia universale che fa dell'unico sovrano, riunendo in sé il potere temporale e quello spirituale, il vero luogotenente di Dio sulla Terra.
Nella "Monarchia messiae" egli preconizzò, infatti, una fusione di nazioni sotto lo scettro del Papa; ma è un Papa abditus e non additus quello di cui egli parla, non il capo della Chiesa presente ma il capo di una Chiesa ricondotta ai suoi principi naturali, che avrà il dominio politico sui popoli unificati di una Chiesa che nel contempo avrebbe dovuto rinnovare i fondamenti della sua dogmatica corrotta dall'aristotelismo scolastico.
E, difatti, il suo messaggio più bello è affidato a "La Città del Sole", ispirato ad analoghe utopie politiche di Platone, ove i solari vivono in una repubblica naturale retta da un re sacerdote, il metafisico, e da tre magistrati: Pon (potenza), Sim (sapientia), Mor (amore), che simboleggiano le tre primalità dell'essere teorizzato nella metafisica.
I solari seguono una religione naturale ancora ignara della rivelazione, ed hanno in comune ogni proprietà e le donne.
La generazione dei figli è retta da norme eugenetiche ed astrologiche e l'educazione, che Campanella vuole basata sull'esperienza più che sui libri e su concrete prove di selezione attitudinali, anticipa genialmente i principi della pedagogia moderna.
Idee sovversive? Pericolose? O soltanto innovative?
Forse non importa capirlo. Quel che conta e ci colpisce oggi è soprattutto quella sua straordinaria libertà di giudizio della quale va recuperato lo spirito in una società, come quella odierna, che pare aver allineato tutti in un generale quanto volgare appiattimento.
Quella rivendicazione ostinata, ma coerente, di una libertà interiore e di giudizio che mal si adattava ad ogni orientamento dottrinale e quel suo patire per le sue idee dovrebbero esserci da esempio e spingerci sempre alla ricerca del giusto e del vero, per poter risvegliare la nostra coscienza "addita" e per poter contribuire, con le nostre idee e con i nostri ideali, all'edificazione di una grande casa comune dove tutti gli uomini possano vivere in pace ed in armonia.

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